IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa penale contro Jarosz Jan (alias Novak Maria) sottoposto ad indagini per il reato di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, e difeso di ufficio dall'avv. Andrea Di Renzo. Alle ore 19,50 del giorno 17 marzo 2003, Jarosz Jan e' stato tratto in arresto nella flagranza del reato sopra indicato perche' sorpreso nel territorio nazionale dopo la scadenza dei termine di giorni cinque entro cui avrebbe dovuto lasciare l'Italia, in ottemperanza al provvedimento dal Questore di Roma, emesso ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis del d.lgs. n. 286/1998. Il predetto e' stato presentato in stato di arresto il giorno 18 marzo 2003 davanti a questo giudice, per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo, a norma dell'art. 5-quinquies del citato art. 14. Dopo la relazione orale dell'agente operante e l'interrogatorio dell'arrestato p.m. ha chiesto la convalida dell'arresto, senza richiedere l'applicazione di alcuna misura cautelare. Questo giudice - che ha disposto l'immediata liberazione dell'arrestato - pur ritenendo conforme alle norme vigenti l'operato della p.g., che ha adottato la misura restrittiva della liberta' personale nella flagranza di un reato per il quale e' attualmente previsto l'arresto obbligatorio ed ha inoltre presentato l'arrestato per la convalida, nei termini di legge, dubita di poter convalidare l'arresto, ritenendo di dover sollevare d'ufficio una questione di legittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 14, comma 5-quinquies della citata legge, con riferimento, in particolare, al disposto dell'art. 13, comma terzo e dell'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui dispone che per il reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter sia obbligatorio l'arresto dell'autore del fatto. Si osserva che la rilevanza della questione non viene meno per il fatto che l'arrestato e' stato rimesso in liberta', atteso che comunque deve essere accertata la legittimita' dell'arresto eseguito, che nella fattispecie verrebbe meno ove fosse dichiarata l'illegittimita' costituzionale della disposizione in base alla quale esso e' stato operato (si richiama, in proposito, la sentenza della Corte costituzionale n. 54 del 16 febbraio 1993). Nel merito si rileva che la norma di cui all'art. 13 Cost., dopo l'affermazione del principio della inviolabilita' della liberta' personale, oltre a stabilire, al secondo comma, una riserva di legge in materia, prevede, quale regola generale, che ogni provvedimento restrittivo della liberta' della persona debba essere comunque adottato con «atto motivato dell'autorita' giudiziaria». Nel terzo comma essa contempla una deroga, limitata ai soli «casi eccezionali di necessita' e di urgenza indicati tassativamente dalla legge», in presenza dei quali e' possibile l'adozione di «provvedimenti provvisori» da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza. In merito al significato del termine «eccezionale» la Corte costituzionale ha ritenuto, nella sentenza n. 64 del 1977, che esso non e' «legato alla rarita' della fattispecie considerata, bensi' al suo porsi al di fuori della regola ordinaria», e che pertanto tale requisito «non puo' ritenersi contraddetto dalla frequenza e prevedibilita' dei fatti di violazione» della norma incriminatrice, e cosi' motivando ha gia' ritenuto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale sollevata con due ordinanze di rinvio relative alla fattispecie di reato di cui all'art. 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come modificato dall'art. 8 della legge 14 ottobre 1974, n 497, norma che consente l'arresto dei contravventori agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale anche fuori dei casi di flagranza. Se, alla luce della richiamata decisione, non si evidenziano dubbi di costituzionalita' della norma di cui trattasi in relazione al requisito appena considerato, ad opposta conclusione deve pervenirsi con riferimento agli altri due requisiti richiesti, ossia quelli della necessita' e dell'urgenza, che non appaiono ravvisabili nella fattispecie in esame. La Corte ha ritenuto nella sentenza n. 173 del 1971, che «gli estremi della necessita' ed urgenza, affidati al prudente apprezzamento degli organi di polizia, nell'esercizio della loro funzione di pubblica sicurezza ... vanno visti sia in relazione alle esigenze dell'acquisizione e della conservazione delle prove, sia, soprattutto, alle qualita' morali del soggetto attivo, cioe', piu' in generale agli elementi subiettivi indicati dall'art. 133 cod. pen.». Nel sistema delineato dal nostro codice di rito la misura dell'arresto obbligatorio e' prevista nei casi di flagranza di reati connotati da particolare gravita', ossia quelli per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti (art. 380 c.p.p., primo comma), e nei casi di flagranza di altri reati, specificamente indicati (art. 380, secondo comma), che sono stati individuati dal legislatore in base al criterio stabilito nella legge delega 16 febbraio 1987, n. 81, che prevedeva la possibilita' di contemplare l'arresto obbligatorio, oltre che nelle ipotesi suddette, anche in caso di flagranza di reati puniti meno gravemente, in relazione ai quali la misura fosse pero' imposta da «speciali esigenze di tutela della collettivita». Va osservato che tale individuazione e' avvenuta nel pieno rispetto della direttiva appena indicata, come facilmente riscontrabile esaminando i reati che sono stati inclusi nella previsione, comunque connotati da particolare gravita'. In tutti questi casi la necessita' e l'urgenza sono insite nella stessa natura dei reati per i quali la misura in esame e' stata prevista, reati che sono oggettivamente e concretamente suscettibili di compromettere le suddette esigenze di tutela. Il reato di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, che ha natura contravvenzionale, consiste invece nella semplice inottemperanza da parte dello straniero irregolare all'ordine di espulsione emanato dal questore, in assenza di giustificato motivo. Questa violazione si pone, dunque, su di un piano del tutto diverso rispetto a quello dei reati appena considerati. In particolare la condotta che lo integra non e' suscettibile di destare, ne' oggettivamente ne' dal punto di vista della condizione soggettiva dell'agente, astrattamente considerata, particolare allarme sociale, tale cioe' da giustificare, di per se', l'adozione immediata di un provvedimento limitativo della liberta' personale quale quello previsto dalla nuova normativa. E' importante sottolineare che nei confronti dello straniero tratto in arresto per non aver ottemperato all'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato non e' consentita, per carenza dei presupposti di legge, l'applicazione di alcuna misura cautelare. La misura adottata dalla p.g. e' quindi destinata ad esaurire i suoi effetti ancor prima dell'udienza di convalida, La norma dell'art. 121 delle disposizioni di attuazione del c.p.p. stabilisce infatti che quando il p.m. ritenga di non dover chiedere l'applicazione di misure coercitive, deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato; e' ovvio che tale disposizione deve trovare a maggior ragione applicazione nell'ipotesi in cui il p.m. non possa richiedere dette misure, come nel caso di specie, a causa della pena edittale prevista. Il provvedimento contemplato dalla norma di cui trattasi si discosta, dunque, da quella che e' la finalita' propria dell'arresto, che e' generalmente misura di natura precautelare, ossia da adottarsi per ragioni di necessita' ed urgenza in funzione della successiva applicazione, da parte dell'autorita' giudiziaria, di misure privative o limitative della liberta' personale. La necessita' e l'urgenza dell'arresto non appare individuabile neppure con riferimento alla finalita' di rendere concretamente possibile l'instaurazione del giudizio direttissimo, atteso che, come appena visto, quest'ultimo dovra' necessariamente svolgersi nei confronti dell'imputato in stato di liberta'. Peraltro nel nostro sistema processuale, come e' noto, il rito direttissimo non e' necessariamente collegato ad un arresto in flagranza, e ben puo' essere adottato nei confronti di un imputato libero (esso e' previsto, ad esempio, nei confronti dell'imputato libero che abbia reso confessione, e quindi nell'ipotesi di evidenza della prova). Tanto meno puo' profilarsi la necessita' e l'urgenza dell'arresto in relazione al fine, estraneo, peraltro, alle finalita' proprie dell'istituto di rendere possibile l'espulsione prevista per l'ipotesi che lo straniero si trattenga senza giustificato motivo nel territorio dello Stato. Il comma 5-ter dell'art. 14 prevede infatti che in tale caso l'espulsione avviene sempre mediante accompagnamento alla frontiera, e dunque, in base a tale disposizione, e' in ogni caso garantita l'effettivita' dell'espulsione, e non si vede come quest'ultima possa essere agevolata dall'arresto. L'inutilita' dell'arresto al suddetto fine, attesa la breve durata dei suoi effetti, traspare poi con maggiore evidenza nell'ipotesi in cui non sia possibile eseguire con immediatezza l'espulsione, ipotesi nella quale il questore, in base al comma 5-quinquies dell'art. 14, puo' disporre che lo straniero sia trattenuto in un centro di permanenza temporanea, per la durata di trenta giorni, prorogabili per altri trenta. Da ultimo va sottolineato come sia del tutto da escludersi che il provvedimento coercitivo in questione possa presentarsi come necessario ed urgente in relazione allo scopo dell'acquisizione o conservazione della prova del reato, finalita' che non vi e' alcun pericolo che possa essere compromessa ove l'autore del reato rimanga libero. La restrizione della liberta' personale dello straniero prevista dalla norma in esame e' dunque priva di qualsivoglia concreta utilita', e appare, in definitiva, fine a se' stessa e quindi del tutto irragionevole. A questo riguardo va richiamata la decisione della Corte costituzionale n. 244 del 1974, nella quale la stessa ha affermato che «la mancanza nello straniero di un legame ontologico con la comunita' nazionale e, quindi, di un nesso giuridico costitutivo con lo Stato Italiano, conduce a negare allo stesso una posizione di liberta' in ordine ... alla permanenza nello Stato Italiano, dal momento che egli puo' soggiornarvi solo conseguendo determinate autorizzazioni ...»; ha poi aggiunto che la ponderazione degli svariati interessi pubblici che presiedono a tali determinazioni «spetta in via primaria al legislatore ordinario, il quale possiede in materia ampia discrezionalita', limitata, sotto il profilo della conformita' alla Costituzione, soltanto dal vincolo che le scelte non risultino» per l'appunto «manifestamente irragionevoli». La ritenuta non ragionevolezza della previsione dell'obbligatorieta' dell'arresto, nella fattispecie considerata, consente di ritenere manifestamente discriminatoria la stessa, nei confronti di una categoria di persone peraltro socialmente sfavorite, e dunque di dubitare della conformita' della stessa al dettato dell'art. 3 della Costituzione. La Corte costituzionale, nella sentenza n. 64 del 1977, relativa ad una questione di legittimita' costituzionale concernente l'art. 9 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423 - nella parte in cui consente che l'autorita' di p.s. possa procedere all'arresto dei contravventori agli obblighi inerenti alla sorveglianza speciale anche fuori dei casi di flagranza - e sollevata in riferimento all'art. 13, comma terzo della Costituzione, ha dichiarato la stessa manifestamente infondata, avendo ritenuto «sufficiente, perche' i detti estremi siano realizzati, che la situazione contemplata dalla legge sia tale da prospettare come possibile la necessita' del provvedimento ..., salvo poi rimanendo all'autorita' di pubblica sicurezza di verificare la ricorrenza in concreto della necessita' ed urgenza dell'intervento, in base alla valutazione degli elementi indicati nella sentenza n. 173 del 1971». La norma e' stata quindi ritenuta conforme al dettato costituzionale in quanto prevede l'arresto come misura non obbligatoria ma facoltativa ed ancorata alla sussistenza in concreto della necessita' ed urgenza del provvedimento. Tale decisione fa comprendere con riferimento alla fattispecie di reato di cui trattasi, come sarebbe stata ragionevole, tutt'al piu', la previsione dell'arresto facoltativo, ossia di una misura lasciata al potere discrezionale dell'autorita' di pubblica sicurezza, da esercitarsi in presenza di determinate situazioni soggettive, che rendessero urgente e necessario l'intervento di p.s., salvo ovviamente il controllo circa la effettiva ricorrenza di tali estremi da parte dell'autorita' giudiziaria.