Ricorso  per la Regione Basilicata, in persona del suo Presidente
e  legale rappresentante, Filippo Bubbico, rappresentata e difesa, in
virtu'  di  deliberazione della giunta regionale n. 731 del 23 aprile
2003  e  di  mandato  a  margine del presente atto, dall'avv. Mirella
Viggiani  ed  elettivamente  domiciliata  in Roma presso l'ufficio di
rappresentanza della Regione Basilicata in via Nizza n. 56;
    Contro   Presidente   del   Consiglio   dei   ministri,   per  la
dichiarazione   di   illegittimita'  costituzionale  della  legge  14
febbraio  2003,  n. 30,  avente  ad  oggetto:  «Delega  al Governo in
materia  di  occupazione  e  mercto  del  lavoro»,  pubblicata  nella
Gazzetta  Ufficiale  n. 47  del  26 febbraio 2003, limitatamente alle
seguenti disposizioni:
        art. 1, comma 2, lettera b, n. 4;
        art. 1, comma 2, lettera c;
        art. 1, comma 2, lettera d;
        art. 2, comma 1, lettera b;
        art. 2, comma 1, lettera h:
        art. 5, lettera e ed f;
        art. 8, comma 1
per  violazione  degli  articoli 117 e 118 della Costituzione e delle
altre  disposizioni  richiamate  nella  parte in diritto del presente
ricorso.

                              F a t t o

    Con la legge 14 febbraio 2003, n. 30 il Parlamento ha delegato il
Governo all'emanazione di norme di riordino in materia di occupazione
e  mercato  del  lavoro,  dettando  a tal fine i principi e i criteri
direttivi entro i quali la delega dovra' essere esercitata.
    La  legge,  pur  dichiarando  astrattamente  in piu' punti che le
norme  che  l'esecutivo  viene  legittimato  ad adottare non potranno
prescindere dal rispetto dovuto alle competenze affidate alle Regioni
in  materia  di  tutela e sicurezza del lavoro, in realta' travalica,
con   le  disposizioni  oggetto  del  presente  gravame,  gli  ambiti
riservati  dalla  Costituzione,  nel  testo  riformulato  dalla legge
costituzionale  n. 3/2001,  alla  competenza  legislativa statale con
riferimento  non  solo  alle  materie  di  cui  innanzi  per le quali
sussiste  potesta'  legislativa, concorrente delle regioni (art. 117,
terzo comma, Costituzione), ma anche a quella dell'istruzione e della
formazione  professionale, quest'ultima rimessa in via esclusiva alle
regioni  in forza della previsione del quarto comma dello stesso art.
117.
    L'impugnativa  investe  le disposizioni indicate nell'epigrafe di
cui si riporta qui di seguito la testuale previsione.
        art.  1,  comma  2, lettera b, n. 4: «La delega e' esercitata
nel  rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi: ......... b)
modernizzazione  e  razzionalizzazione  del  sistema del collocamento
pubblico,  al fine di renderlo maggiormente efficiente e competitivo,
secondo  una  disciplina incentrata su: ............. 4) mantenimento
da  parte  dello  Stato  delle  funzioni amministrative in materia di
conduzione  coordinata  ed integrata del sistema informativo lavoro»;
art.  1,  comma 2, lett. c): «mantenimento da parte dello Stato delle
funzioni    amministrative    relative   alla   conciliazione   delle
controversie   di   lavoro   individuali   e  plurime,  nonche'  alla
risoluzione    delle    controversie    collettive    di    rilevanza
pluriregionale;
        art.  1,  comma  2,  lettera d): «mantenimento da parte dello
Stato  delle  funzioni  amministrative  relative  alla  vigilanza  in
materia di lavoro, alla gestione dei flussi di entrata dei lavoratori
non appartenenti all'Unione europea, all'autorizzazione per attivita'
lavorative all'estero»;
        art.  2,  comma  1,  lettera  b):  «Il Governo e' delegato ad
adottare,  su  proposta  del  Ministro  del  lavoro e delle politiche
sociali,  sentito  il  Ministro per le pari opportunita', di concerto
con   il   Ministro   per  la  funzione  pubblica,  con  il  Ministro
dell'istruzione,  dell'universita'  e della ricerca e con il Ministro
per  gli affari regionali, entro il termine di sei mesi dalla data di
entrata   in   vigore  della  presente  legge,  uno  o  piu'  decreti
legislativi  diretti  a  stabilire,  nel  rispetto  delle  competenze
affidate  alle  regioni  in  materia di tutela e sicurezza del lavoro
dalla  Legge  costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, e degli obiettivi
indicati dagli orientamenti annuali dell'Unione europea in materia di
occupazione,  la  revisione  e  la  razionalizzazione dei rapporti di
lavoro  con contenuto formativo, nel rispetto dei seguenti principi e
criteri   direttivi:   .....................   b)   attuazione  degli
obiettivi  e  rispetto dei criteri di cui all'art. 16, comma 5, della
legge  24  giugno  1997,  n. 196,  al fine di riordinare gli speciali
rapporti  di  lavoro  con  contenuti  formativi, cosi' da valorizzare
l'attivita'  formativa svolta in azienda, confermando l'apprendistato
come  strumento  formativo anche nella prospettiva di una formazione,
nonche'  il  passaggio  da  un  sistema all'altro e, riconoscendo nel
contempo  agli  enti  bilaterali e alle strutture pubbliche designate
competenze  autorizzatorie in materia, specializzando il contratto di
formazione   e   lavoro   al   fine  di  realizzare  l'inserimento  e
reinserimento mirato del lavoratore in azienda»;
        art.   2,   comma   1,   lettera   h):   «sperimentazione  di
orientamenti,  linee-guida  e  codici  di  comportamento,  al fine di
determinare  i  contenuti  dell'attivita'  formativa,  concordati  da
associazioni  dei datori e prestatori di lavoro comparativamente piu'
rappresentative sul piano nazionale e territoriale, anche all'interno
di  enti  bilaterali,  ovvero, in difetto di accordo, determinati con
atti  delle  regioni,  d'intesa  con  il  Ministro del lavoro e delle
politiche sociali»;
        art.  5,  lettere e) ed f) «Al fine di ridurre il contenzioso
in  materia  di qualificazione dei rapporti di lavoro, con esclusione
dei  rapporti di lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche,
il  Governo  e'  delegato  ad  adottare, su proposta del Ministro del
lavoro  e  delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla
data  di  entrata  in vigore della presente legge, uno o piu' decreti
legislativi  recanti  disposizioni  in  materia di certificazione del
relativo  contratto stipulato tra le parti, nel rispetto dei seguenti
principi e criteri direttivi: ................
          e) attribuzione   di   piena   forza  legale  al  contratto
certificato  ai  sensi  della  procedura  di cui alla lettera d), con
esclusione  della possibilita' del ricorso in giudizio se non in caso
di   erronea   qualificazione   del   programma  negoziale  da  parte
dell'organo  preposto  alla  certificazione  e  di difformita' tra il
programma  negoziale  effettivamente  realizzato  dalle  parti  e  il
programma negoziale concordato dalle parti in sede di certificazione;
          f) previsione  di  espletare  il  tentativo obbligatorio di
conciliazione  previsto  dall'articolo  410  del  codice di procedura
civile  innanzi  all'organo  preposto  alla  certificazione quando si
intenda   impugnare   l'erronea  qualificazione  dello  stesso  o  la
difformita'   tra   il  programma  negoziale  certificato  e  la  sua
successiva  attuazione,  prevedendo che gli effetti dell'accertamento
svolto  dall'organo  preposto  alla certificazione permangano fino al
momento  in  cui venga provata l'erronea qualificazione del programma
negoziale  o  la  difformita'  tra  il programma negoziale concordato
dalle parti in sede di certificazione e il programma attuato. In caso
del   ricorso   in   giudizio,   introduzione  dell'obbligo  in  capo
all'autorita'    giudiziaria   compente   di   accertare   anche   le
dichiarazioni   e   il   comportamento  tenuto  dalle  parti  davanti
all'organo preposto alla certificazione del contratto di lavoro;
        art.  8, comma 1: «Allo scopo di definire un sistema organico
e  coerente  di tutela del lavoro con interventi omogenei, il Governo
e'  delegato ad adottare, nel rispetto delle competenze affidate alle
regioni,  su  proposta  del  Ministro  del  lavoro  e delle politiche
sociali  ed  entro  il  termine  di  un anno dalla data di entrata in
vigore  della  presente  legge, uno o piu' decreti legislativi per il
riassetto  della  disciplina  vigente  sulle  ispezioni in materia di
previdenza  sociale  e  di  lavoro,  nonche' per la definizione di un
quadro  regolatorio  finalizzato  alla prevenzione delle controversie
individuali  di  lavoro  in  sede conciliativa, ispirato a criteri di
equita' ed efficienza».
    Avverso   le  enunciate  disposizioni  palesemente  lesive  delle
competenze  regionali  costituzionalmente  garantite  e delle norme e
principi  che saranno illustrati ricorre, chiedendone l'annullamento,
la Regione Basilicata alla luce delle seguenti considerazioni in

                            D i r i t t o

    1. - Illegittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera
b),  n. 4,  per  violazione  degli  articoli  117, terzo comma, e 118
Costituzione    con   particolare   riferimento   al   principio   di
sussidiarieta'.
    La  disposizione,  che  individua fra i criteri direttivi entro i
quali  va  esercitata  la  delega  conferita al Governo in materia di
servizi  per  l'impiego,  la  modernizzazione e razionalizzazione del
sistema  del collocamento pubblico secondo una disciplina che prevede
il  mantenimento allo Stato delle competenze in materia di conduzione
coordinata  e  integrata  del  sistema  informativo  lavoro, viene ad
incidere   sulla  potesta'  legislativa  concorrente  demandata  alla
regione  dall'art. 117, terzo comma, della Costituzione in materia di
tutela  del lavoro attesoche' la gestione delle informazioni relative
a  questo  settore  e'  parte  integrante della piu' ampia materia di
competenza regionale.
    Ne'  la  disposizione  censurata  della legge delega puo' trovare
fondamento  nel  punto 2) del secondo comma dell'art. 117 che demanda
allo Stato in via esclusiva «il coordinamento informativo, statistico
e  informatico  dei  dati,  dall'amministrazione statale, regionale e
locale»,  che  e'  altra  cosa  rispetto  alla «conduzione», e lascia
intendere un'ingerenza molto piu' penetrante nella gestione dei dati,
inammissibile  rispetto  ad  una  materia  nella  quale la disciplina
statale  puo'  intervenire  a  dettare  solo i principi fondamentali,
mentre  spetta al livello decentrato regolare con proprie norme anche
l'acquisizione, conservazione e trasmissione delle informazioni.
    2. - Illegittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 2, lettera
c),  per  violazione  degli  art.  117,  secondo e terzo comma, e 118
Costituzione,   con   particolare   riferimento   al   principio   di
sussidiarieta'.
    La  norma,  nello  stabilire  il  mantenimento  allo  Stato delle
funzioni    amministrative    relative   alla   conciliazione   delle
controversie   di   lavoro   individuali   e  plurime,  nonche'  alla
risoluzione    delle    controversie    collettive    di    rilevanza
pluriregionale,  si  pone anch'essa in contrasto col nuovo assetto di
ripartizione   della  competenza  legislativa  fra  Stato  e  Regioni
introdotto dalla legge costituzionale n. 3/2001.
    Le  funzioni  di  cui  si  discute rientrano a pieno titolo nella
tutela  del  lavoro  in quanto afferiscono naturalmente alla gestione
sostanziale  dei  rapporti  di  lavoro  rimessi  dal legisiatore alla
disciplina regionale. La fase della conciliazione, delle controversie
di  lavoro, oltre ad essere meramente eventuale nello svolgimento del
rapporto,  si  consuma ad un livello amministrativo che non coinvolge
ancora  gli organi giurisdizionali dinanzi ai quali soltanto le norme
cui deve farsi riferimento non possono che essere di matrice statale.
L'art.  117,  comma  2, lett. e) della Costituzione, infatti, demanda
allo  Stato in via esclusiva la competenza a legiferare in materia di
giurisdizione e di processo.
    L'opzione  rinvenibile  nella  norma  impugnata di attestare allo
Stato anziche' alle regioni le funzioni de quibus, che avrebbe potuto
dirsi  legittima  prima  della  novella  alla  Costituzione del 2001,
appare oggi non solo lesiva della vigente, diversa suddivisione delle
competenze,  ma  anche del principio di sussidiarieta' che privilegia
l'affidamento  delle  funzioni  all'autorita'  territorialmente  piu'
vicina  agli  interessi da tutelare. Anche sotto questo profilo sulle
funzioni  amministrative relative alla composizione dei conflitti che
possono  insorgere  nell'ambito  di  un  rapporto di lavoro e' giusto
pertanto  che  sia  chiamato  a provvedere il soggetto nel cui ambito
territoriale 1e stesse vengono in essere e si risolvono.
    Analoga   censura   per  contrasto  con  le  stesse  disposizioni
costituzionali  e fondata sulle medesime ragioni appena esposte viene
formulata  nei confronti della previsione del primo comma dell'art. 8
la'  dove  conferisce  la  delega  al  Governo  ad emanare uno o piu'
decreti  legislativi  «per  la,  definizione di un quadro regolatorio
finalizzato alla prevenzione delle controversie individuali di lavoro
in sede conciliativa, ispirato a criteri di equita' e di efficienza».
    3.  - Illegittimita' costituzionale per violazione dell'art. 117,
terzo comma e 118 Costituzione, dell'art. 1, comma 2, lettera d), che
dispone  il  mantenimento  allo  Stato  delle funzioni amministrative
relative alla vigilanza in materia di lavoro alla gestione dei flussi
di  entrata  dei  lavoratori  non  appartenenti  all'Unione  europea,
all'autorizzazione per attivita' lavorativa all'estero.
    La  previsione  generale contenuta nella norma costituzionale che
si assume violata di conferimento alle regioni della materia inerente
alla  tutela  del lavoro induce a ritenere comprese anche le funzioni
di  vigilanza  e  la  relativa  disciplina,  essendo  queste naturale
corollario delle piu' ampie e sostanziali funzioni assegnate.
    Appare percio' illegittimo lo stralcio operato dalla disposizione
censurata  in  favore  dello  Stato  che  non e' supportata da alcuna
interrelazione  delle  prerogative  accordate  con  altre  competenze
appartenenti in via esclusiva allo Stato.
    Cio'  vale  non  solo  per le funzioni di vigilanza in materia di
lavoro,  ma anche, per quanto attiene a quelle relative alla gestione
dei    flussi    di    entrata    dei   lavoratori   extraeuropei   e
all'autorizzazione per attivita' lavorative all'estero, per le quali,
benche'  sia  ravvisabile  un  qualche collegamento con le competenze
esclusive  statali  in  materia di immigrazionee e di politica estera
(art. 117,   secondo  comma,  lett.  a)  e  b),  cio'  non  legittima
ugualmente  l'espropriazione  delle  funzioni in danno delle regioni.
L'ingresso  di lavoratori stranieri infatti va sempre rapportato alla
domanda  e  offerta  di  lavoro  che spetta alle regioni monitorare e
gestire.
    Quanto ai permessi a svo1gere attivita' lavorative all'estero, la
competenza  regionale  trova  connessione  con  la  facolta' a queste
riconosciuta  dall'ultimo  comma  dell'art. 117 di concludere accordi
con   Stati   esteri  nelle  materie  di  propria  competenza;  nella
fattispecie   la   funzione  mantenuta  illegittimamente  allo  Stato
dovrebbe  invece  trovare disciplina in intese che le singole regioni
vanno   a  concludere  con  altri  Stati,  articolandone  secondo  le
specifiche  esigenze  e  in  modo  da non penalizzare, all'interno di
ciascuna regione, l'equilibrio tra domanda e offerta del lavoro.
    Sotto   i   medesimi   profili   viene  censurata  la  previsione
dell'art. 8,  comma 1, che abilita il Governo a dettare norme «per il
riassetto  della  disciplina  vigente  sulle  pezioni  in  materia di
previdenza sociale e lavoro».
    Le  ispezioni  in  materia di lavoro, infatti, rientrano nel piu'
ampio  concetto  della  vigilanza per la quale si e' gia' evidenziata
l'illegittimita'   del   conferimento  allo  Stato  di  funzioni  che
ineriscono  strettamente  alla  competenza  regionale  in  materia di
tutela del lavoro.
    4. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 9, comma 1, lett. b)
per violazione dell'art. 117, terzo e quarto comma, Costituzione, che
delega il Governo ad emanare norme di riordino dei rapporti di lavoro
con  contenuti  formativi individuando anche soluzioni che consentano
il  raccordo  tra  i  sistemi dell'istruzione e della formazione e il
passaggio  da un sistema all'altro, riconoscendo agli enti bilaterali
e  alle  strutture  pubbliche  designate competenze autorizzatorie in
materia   e  specializzando  il  contratto  di  formazione  e  lavoro
nell'intento  di  realizzare l'inserimento e reinserimento mirato del
lavoratore in azienda.
    La  disposizione  e' lesiva delle competenze delle regioni che in
materia  di  istruzione  hanno  potesta' legislativa concorrente e in
materia  di formazione professionale competenza esclusiva prevista in
via residuale dal quarto comma dell'art. 117.
    La  norma  demanda  allo  Stato  la  potesta'  di individuare una
disciplina  di  raccordo  tra  i  sistemi  della  istruzione  e della
formazione  e  il  passaggio  da  un  sistema all'altro. Una siffatta
prerogativa  esula  dalle  competenze  dello Stato che, in materia di
istruzione,  puo' solo dettare principi fondamentali da valere per la
legislazione  di  dettaglio  rimessa alle regioni e che in materia di
formazione  professionale  non  e'  legittimato a legiferare, essendo
essa in toto attribuita alle regioni.
    La  disposizione censurata ignora completamente il ruolo centrale
riconosciuto   in   questo   settore  alle  regioni  dal  legislatore
costituzionale,     rendendo    invece    protagonista    lo    Stato
nell'effettuazione   di   scelte  che  non  gli  appartengono  e  che
potrebbero porsi in contraddizione col complessivo sistema desumibile
dal quadro legislativo regionale, con possibili ricadute negative sul
funzionamento del mercato del lavoro.
    Parimenti illegittima e' l'attribuzione allo Stato della facolta'
di  dettare  norme  che  riconoscano  agli  enti  bilaterali  e  alle
strutture pubbliche autorizzate competenze autorizzatorie in materia.
Si  tratta  di  una  previsione  che dovrebbe operare nel campo della
formazione  professionale sottratta allo Stato anche sotto il profilo
della  competenza  a  fornire  i principi fondamentali cui le regioni
devono   uniformarsi   nell'elaborare  la  disciplina  legislativa  d
riferimento.
    5. - Illegittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 1, lett. h)
per  violazione  dell'art. 117,  quarto comma, Costituzione che fra i
criteri  direttivi  dati  al  Governo  in  materia  di  riordino  dei
contratti   a  contenuto  formativo  e  di  tirocinio,  individua  la
sperimentazione    di   orientamenti,   linee-guida   e   codici   di
comportamento  al  fine  di  determinare  i  contenuti dell'attivita'
formativa,  concordati  da  associazioni  dei  datori e prestatori di
lavoro  comparativamente  piu'  rappresentative sul piano nazionale e
territoriale,  anche all'interno di bilaterali, ovvero, in difetto di
accordo,  determinati con atti delle regioni d'intesa con il Ministro
del lavoro e delle politiche sociali.
    Anche  questa  disposizione  non  tiene  in alcuna considerazione
l'esclusiva   competenza   regionale  nel  settore  della  formazione
professionale,  ribaltando  addirittura  la posizione primaria che la
Costituzione   le  assegna  e  restringendone  l'intervento  (non  si
comprende   bene   nemmeno   se  a  livello  legislativo  o  di  atti
amministrativi)  in  una  fase eventuale di mancato raggiungimento di
accordi  fra altri soggetti individuati dal Governo, ai quali sarebbe
invece  demandata  l'effettiva  scelta  dei  contenuti dell'attivita'
formativa.
    E'  evidente  dunque  la  violazione dell'art. 117, quarto comma,
Costituzione  e  del  riparto  delle  competenze  in  esso contenuto,
violazione  che  interessa  anche  la  previsione  dell'intesa con il
Ministro  del lavoro e delle politiche sociali, cui le regioni devono
immotivatamente  addivenire  prima  di adottare i propri atti, stante
l'assenza  di alcuna competenza riconosciuta allo Stato nella materia
de qua.
    6.  - Illegittimita' costituzionale dell'art. 5 avente ad oggetto
la  delega  al  Governo  in materia di certificazione dei rapporti di
lavoro,  con  particolare  riguardo alle lett. e ed f, per violazione
degli artt. 117, terzo comma e 24 Costituzione.
    La   norma  mira  a  conseguire  una  riduzione  del  contenzioso
riguardante  la  qualificazione  dei rapporti di lavoro attraverso la
creazione  di un sistema di certificazione dei contratti che dovrebbe
risultare  idoneo  a  prevenire  eventuali conflitti che involgano la
loro  natura  giuridica  e  che  trovera'  concreta,  definizione nei
decreti legislativi che il Governo e' autorizzato ad emanare.
    Al  riguardo  va  rilevato  che  la funzione certificativa e' una
tipica  funzione amministrativa che, nel caso di specie, afferendo ad
una  materia  di competenza regionale, non si comprende perche' debba
trovare  disciplina  in norme statali; di qui la lamentata violazione
dell'art 117, secondo comma, Costituzione.
    Si  presta  ancora a censura di incostituzionalita' la previsione
del  punto  e),  la'  dove,  nel  lodevole  intento di ridimensionare
l'entita'   del   contenzioso,  restringe  a  specifiche  ipotesi  la
possibilita'  di  agire  in  giudizio,  pregiudicando il diritto alla
tutela    giurisdizionale   in   evidente   violazione   dell'art. 24
Costituzione.
    Altro  rilievo  investe  il punto f), per contrasto con lo stesso
art. 24  Costituzione,  nella parte in cui mantiene fermi gli effetti
degli  accertamenti dell'organo certificatore fino a quando sia stata
provata   l'erronea   qualificazione  del  pogramma  negoziale  o  la
difformita' tra il programma negoziale concordato dalle parti in sede
di  certificazione  e  il  programma attuato, qualora la disposizione
vada  interpretata  nel  senso  di  penalizzare i diritti delle parti
oggetto     di     contestazione,     disconoscendo,    nelle    more
dell'accertamento, la facolta' di promuovere l'azione giudiziaria.