ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nei  giudizi di legittimita' costituzionale degli artt. 458, 438, 441
e  442  del  codice  di  procedura  penale,  promossi, nell'ambito di
diversi procedimenti penali, dal Tribunale di Milano con ordinanza in
data  7 maggio 2002 e dalla Corte d'assise di Catanzaro con ordinanza
in  data  11 novembre  2002,  rispettivamente iscritte al n. 369 e al
n. 562  del  registro  ordinanze  2002  e  pubblicate  nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica, 1ª serie speciale, n. 35 dell'anno 2002 e
n. 2 dell'anno 2003.
    Visto  l'atto  di costituzione dell'imputato nel procedimento nel
cui  ambito  e'  stata  sollevata la questione iscritta al n. 562 del
registro   ordinanze   2002,  nonche'  gli  atti  di  intervento  del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza pubblica dell'8 aprile 2003 e nella camera di
consiglio del 9 aprile 2003 il giudice relatore Guido Neppi Modona;
    Uditi nell'udienza pubblica dell'8 aprile 2003 l'avvocato Armando
Veneto  per  la  parte  costituita  e  l'avvocato Nicola Bruni per il
Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - La  Corte  d'assise  di Catanzaro ha sollevato, su eccezione
della  difesa,  in  riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale degli artt. 458, comma 2,
438,  commi 3  e  5,  441 e 442 del codice di procedura penale, nella
parte  in  cui  non  prevedono  la  facolta'  dell'imputato,  la  cui
richiesta  di  giudizio  abbreviato condizionata sia stata dichiarata
inammissibile  dal giudice per le indagini preliminari, di riproporla
in  limine  litis  al  giudice  del  dibattimento  e non consentono a
quest'ultimo,   verificata   l'ammissibilita'   della  richiesta,  di
disporre il giudizio abbreviato.
    Il   rimettente   premette:   che  il  giudice  per  le  indagini
preliminari  del  Tribunale di Catanzaro aveva rigettato la richiesta
di  incidente  probatorio avanzata dalla difesa per l'espletamento di
una perizia psichiatrica finalizzata all'accertamento della capacita'
di intendere e di volere dell'imputato al momento del delitto e aveva
disposto, su richiesta del pubblico ministero, il giudizio immediato;
che  l'imputato  aveva quindi presentato, ai sensi dell'art. 458 cod.
proc.    pen.,   richiesta   di   giudizio   abbreviato   subordinata
all'espletamento  della  perizia  psichiatrica  (gia'  oggetto  della
richiesta  di  incidente probatorio) e che il giudice per le indagini
preliminari aveva dichiarato inammissibile tale richiesta.
    In  limine  al dibattimento l'imputato chiedeva, sulla base della
sentenza della Corte costituzionale n. 54 del 2002, di essere ammesso
al  giudizio  abbreviato «condizionato» nei termini gia' prospettati,
eccependo  in subordine l'illegittimita' costituzionale del combinato
disposto degli artt. 438 e 458 cod. proc. pen.
    Il  giudice  a  quo,  rilevato  che  in  difetto  di una espressa
disposizione  di legge non e' consentito all'imputato di reiterare la
richiesta  di  giudizio  abbreviato  condizionata  e  al  giudice del
dibattimento,  che  ritenga  ingiustificato  il  rigetto, di disporre
dinanzi  a se' il giudizio abbreviato, ritiene che sia «irragionevole
e   contemporaneamente  lesivo  del  diritto  di  difesa  un  sistema
normativo  che  non preveda un "meccanismo di reazione" all'eventuale
errore   di   valutazione   commesso  dal  giudice  per  le  indagini
preliminari,  poiche'  in  tal  modo  si verrebbe irrimediabilmente a
privare  l'imputato dello "sconto di pena" cui pure aveva diritto, in
virtu' della scelta del rito deflattivo».
    L'irragionevolezza   risulterebbe   ancora   piu'   evidente  dal
raffronto   di   tale   disciplina   con   quella   prevista  per  il
patteggiamento:  infatti,  a norma dell'art. 448 cod. proc. pen., nel
caso  di  dissenso da parte del pubblico ministero o di rigetto della
richiesta   da   parte  del  giudice  per  le  indagini  preliminari,
l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento di
primo  grado, puo' rinnovare la richiesta e il giudice, se la ritiene
fondata,  pronuncia  immediatamente  sentenza;  nello  stesso modo il
giudice  provvede  dopo  la  chiusura del dibattimento di primo grado
quando ritiene ingiustificato il dissenso del pubblico ministero o il
rigetto della richiesta.
    Ai fini della rilevanza della questione il rimettente osserva che
la perizia psichiatrica cui l'imputato aveva subordinato la richiesta
di  giudizio  abbreviato risulta necessaria ai fini della decisione e
compatibile  con  le  finalita'  di  economia processuale proprie del
giudizio abbreviato.
    2. - Si   e'   costituito  l'imputato  nel  procedimento  a  quo,
rappresentato  e  difeso dall'avvocato Armando Veneto, insistendo per
l'accoglimento della questione.
    La    parte,    nello   sviluppare   le   argomentazioni   svolte
nell'ordinanza  di  rimessione,  si  sofferma  in  particolare  sulla
portata  e  sul  significato  della sentenza n. 54 del 2002, in forza
della  quale ritiene di poter essere ammessa a reiterare in limine la
richiesta  di  giudizio  abbreviato  condizionata.  Secondo  la parte
privata,  pur  trattandosi  di  una pronuncia di inammissibilita', la
richiamata  decisione  «ipotizza  chiaramente,  a fronte di una grave
lacuna  normativa,  la  possibilita'  di  un  rimedio  da esperire in
presenza  di  una  erronea  valutazione  del  giudice per le indagini
preliminari   che   rigetta   la  richiesta  di  giudizio  abbreviato
condizionata,  avanzata  in seguito al decreto di giudizio immediato,
dal momento in cui, affermando che "l'eventuale riesame non deve piu'
necessariamente  essere  collocato  in  esito  al  dibattimento",  ne
conferma l'esperibilita' in un momento anteriore».
    La  difesa rileva inoltre che, in caso di rigetto della richiesta
di  giudizio  abbreviato  condizionata  avanzata dopo l'emissione del
decreto  che  dispone il giudizio immediato, l'imputato non puo' piu'
formulare  neppure  richiesta  di  giudizio abbreviato «semplice» una
volta   che   siano   decorsi   i   termini   di  decadenza  previsti
dall'art. 458, comma 1, cod. proc. pen.
    3. - Nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile o non
fondata, con riserva di illustrare le proprie ragioni.
    4. - Nell'udienza pubblica le parti hanno precisato e chiarito le
argomentazioni a sostegno delle loro richieste.
    5. - Il  Tribunale  di  Milano  ha  sollevato  su eccezione della
difesa,   in  riferimento  agli  artt. 3  e  24  della  Costituzione,
questione  di  legittimita' costituzionale degli artt. 438, 441 e 442
del  codice  di  procedura  penale,  nella  parte  in cui, in caso di
rigetto da parte del giudice dell'udienza preliminare della richiesta
di  giudizio  abbreviato  subordinata ad una integrazione probatoria,
non  consentono  all'imputato  di  reiterare  la richiesta negli atti
introduttivi   del   dibattimento   e  al  giudice  di  sindacare  il
provvedimento di rigetto.
    Il  rimettente premette che l'imputato aveva formulato in udienza
preliminare    richiesta    di    giudizio   abbreviato   subordinata
all'espletamento  di  una  formale ricognizione di persona, rigettata
dal   giudice   che  aveva  ritenuto  l'integrazione  probatoria  non
necessaria  ai  fini della decisione e incompatibile con le finalita'
di economia processuale proprie del procedimento.
    Nella  fase  degli  atti introduttivi del dibattimento l'imputato
aveva  rinnovato  la  richiesta  di giudizio abbreviato condizionata,
eccependo,  qualora  la richiesta fosse stata ritenuta inammissibile,
l'illegittimita' costituzionale degli artt. 438, 441 e 442 cod. proc.
pen. nei termini sopra precisati.
    Nell'aderire all'eccezione proposta, il rimettente osserva che la
decisione con la quale il giudice dell'udienza preliminare rigetta la
richiesta  di  giudizio  abbreviato  condizionata  non  e' allo stato
sindacabile  da alcun organo giurisdizionale, in quanto nessuna norma
consente  al  giudice  del  dibattimento  di  valutare  nel merito la
fondatezza della decisione del giudice dell'udienza preliminare e non
e'  ipotizzabile  il conflitto fra giudice del dibattimento e giudice
dell'udienza    preliminare,    ammesso   dalla   giurisprudenza   di
legittimita'  esclusivamente  per  la  differente  ipotesi in cui con
provvedimento  abnorme  o  comunque  illegittimo  venga  rigettata la
richiesta di giudizio abbreviato «semplice».
    Nell'ordinanza  si  da' inoltre atto che nella sentenza n. 54 del
2002  la Corte costituzionale ha affermato che la soluzione, adottata
nella   sentenza   n. 23   del   1992,  di  applicare,  in  esito  al
dibattimento,  la  diminuzione  di  pena  prevista dall'art. 442 cod.
proc.  pen.  risulta incongrua alla luce delle innovazioni introdotte
dalla legge n. 479 del 1999 e che l'eventuale riesame della decisione
del giudice «non deve essere piu' necessariamente collocato all'esito
del dibattimento».
    Sulla  base  dei principi espressi dalla Corte nelle sentenze ora
citate,  il  rimettente  ritiene  che  la  questione  di legittimita'
costituzionale,   cosi'   come  prospettata  dalla  difesa,  sia  non
manifestamente infondata. In riferimento all'art. 3 Cost., il giudice
a  quo denuncia la disparita' di trattamento rispetto alla disciplina
del  patteggiamento  e in particolare alle situazioni nelle quali, in
caso  di  dissenso  del  pubblico ministero o di rigetto da parte del
giudice  per  le  indagini preliminari, e' consentito all'imputato di
rinnovare   la   richiesta   al  giudice  del  dibattimento  a  norma
dell'art. 448   cod.   proc.  pen.  Il  diverso  trattamento  sarebbe
palesemente  irragionevole, posto che si tratta in entrambi i casi di
procedimenti  alternativi, rimessi alla disponibilita' delle parti, e
che anzi il rito abbreviato puo' essere richiesto solo dall'imputato.
    Sarebbe    inoltre    violato    l'art. 24   Cost.,   in   quanto
l'insindacabilita'  del  provvedimento  di rigetto della richiesta di
giudizio  abbreviato  condizionata  determina per l'imputato «effetti
sostanziali pregiudizievoli, consistenti nella omessa riduzione della
pena, prevista per legge».
    Infine,  quanto  alla  rilevanza  della  questione  il rimettente
osserva  che  la  prova  alla  quale  l'imputato  ha  subordinato  la
richiesta   di  giudizio  abbreviato  e'  necessaria  ai  fini  della
decisione,  poiche'  «le  modalita'  della individuazione fotografica
effettuata  nel  corso  delle indagini preliminari sono state tali da
non  garantire  la  genuinita'  dell'atto  istruttorio,  come risulta
dall'esame  del  fascicolo  fotografico  prodotto dalla difesa con il
consenso del pubblico ministero».
    6. - Nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione venga dichiarata manifestamente
infondata alla luce delle sentenze n. 54 del 2002 e n. 115 del 2001.

                       Considerato in diritto

    1. - Sia  la  Corte  d'assise  di  Catanzaro, sia il Tribunale di
Milano,  censurando  rispettivamente  gli  artt. 458,  comma 2,  438,
commi 3  e  5,  441  e  442  e gli artt. 438, 441 e 442 del codice di
procedura  penale,  lamentano che, in caso di rigetto della richiesta
di  giudizio abbreviato subordinata ad una integrazione probatoria ex
art. 438,  comma 5,  cod. proc. pen., non sia previsto che l'imputato
possa   rinnovare   la   richiesta   negli   atti   introduttivi  del
dibattimento.
    Comuni  sono  i  parametri costituzionali evocati dai rimettenti:
l'art. 24  della  Costituzione,  in  quanto  una  disciplina  che non
prevede  alcuna  forma di sindacato giurisdizionale sul rigetto della
richiesta   di  giudizio  abbreviato  condizionata  appare  priva  di
ragionevolezza  e lesiva del diritto di difesa, determinando «effetti
sostanziali  pregiudizievoli»  per  l'imputato  cui  venga  negata la
possibilita'  di  fruire della riduzione di pena prevista per il rito
speciale;  l'art. 3  Cost., a cagione della ingiustificata disparita'
di trattamento rispetto alla disciplina della applicazione della pena
su richiesta, che prevede, in caso di dissenso del pubblico ministero
o  di  rigetto  del  giudice per le indagini preliminari, la facolta'
dell'imputato di rinnovare la richiesta al giudice del dibattimento a
norma dell'art. 448, comma 1, cod. proc. pen.
    La  parziale difformita' delle disposizioni censurate, dipendendo
esclusivamente  dalla  diversita'  dei percorsi processuali che hanno
dato  origine  ai  giudizi a quibus, non incide sulla identita' delle
questioni  sollevate dai rimettenti, i quali nella sostanza lamentano
che   l'art. 458,   comma 2,   nel  caso  di  giudizio  immediato,  e
l'art. 438,   comma 6,   cod.   proc.   pen.,  nel  caso  di  udienza
preliminare, non prevedano che il rigetto della richiesta di giudizio
abbreviato  condizionata  sia  suscettibile di sindacato ad opera del
giudice  del  dibattimento: i relativi giudizi vanno pertanto riuniti
per essere decisi con un'unica pronuncia.
    2. - Le questioni sono fondate.
    3. - Prima delle modifiche apportate alla disciplina del giudizio
abbreviato  dalla  legge  16 dicembre  1999,  n. 479,  in un contesto
normativo  in  cui presupposti per l'instaurazione del rito erano, da
un  lato,  la  richiesta  dell'imputato  e  il  consenso del pubblico
ministero,  dall'altro,  una  valutazione positiva del giudice per le
indagini  preliminari  in  ordine  alla  possibilita'  di definire il
processo  allo  stato degli atti, questa Corte, con la sentenza n. 23
del  1992, aveva affermato che l'assenza di qualsiasi controllo sulla
decisione del giudice contraria all'adozione del rito determinava, in
considerazione   delle   conseguenze  che  ne  derivavano  sul  piano
sanzionatorio,  una  irragionevole  limitazione del diritto di difesa
dell'imputato.   La  soluzione  per  porre  rimedio  alla  violazione
dell'art. 24 Cost. venne allora individuata attribuendo al giudice il
potere   di  sindacare,  in  esito  al  dibattimento,  la  precedente
decisione  del  giudice per le indagini preliminari e di applicare la
riduzione della pena.
    Entrata  in  vigore  la nuova disciplina del giudizio abbreviato,
che  non  presuppone piu' alcuna valutazione circa la possibilita' di
definire  il  processo  allo  stato  degli  atti, ne' il consenso del
pubblico  ministero,  la  Corte ha ritenuto con la sentenza n. 54 del
2002  che  una soluzione che ricalchi pedissequamente quella indicata
dalla  sentenza  n. 23 del 1992 appare incongrua rispetto all'attuale
assetto normativo, rilevando, in particolare, che l'eventuale riesame
del  provvedimento  che  nega  l'accesso al rito non deve piu' essere
necessariamente collocato in esito al dibattimento.
    4. - Restano  peraltro  valide  le ragioni che avevano indotto la
Corte,  con  la sentenza n. 23 del 1992 (e con le precedenti sentenze
n. 66  e n. 183 del 1990, n. 81 del 1991, relative a situazioni nelle
quali  l'accesso  al  giudizio  abbreviato  era precluso dal dissenso
ingiustificato  del  pubblico ministero), a dichiarare illegittima la
mancata  previsione di un sindacato giurisdizionale sul rigetto della
richiesta  del  rito abbreviato. Anche nell'attuale sistema, infatti,
la  decisione  negativa del giudice per le indagini preliminari sulla
richiesta  di  giudizio  abbreviato  subordinata  ad una integrazione
probatoria  e' sottratta a qualsiasi forma di sindacato e preclude in
via definitiva l'ammissione dell'imputato al rito alternativo.
    Alla  luce  del  nuovo  quadro  normativo non vi e' d'altro canto
alcun   ostacolo   a   che,   qualora   l'imputato  riproponga  prima
dell'apertura  del  dibattimento  la richiesta di giudizio abbreviato
condizionata,  sia  lo  stesso  giudice del dibattimento, ove ritenga
ingiustificato  il  rigetto  della precedente richiesta, a disporre e
celebrare il giudizio abbreviato.
    Anzi,  tale  soluzione  e'  conforme  alle  finalita' di economia
processuale   che   connotano   il  giudizio  abbreviato  quale  rito
alternativo  al  dibattimento. Non vi e' infatti dubbio che, rispetto
al  dibattimento,  la definizione del processo con il rito abbreviato
consente  comunque  un  sensibile  risparmio  di  tempo  e di risorse
(sentenza  n. 115  del  2001), in coerenza con il principio enunciato
dall'art. 111, secondo comma, ultimo periodo, Cost.
    Del  resto  l'ordinamento  gia' prevede che sia lo stesso giudice
del  dibattimento a celebrare il giudizio abbreviato nelle ipotesi di
cui  agli  artt. 452,  comma 2,  e  555,  comma 2,  cod.  proc.  pen.
(giudizio direttissimo e citazione diretta a giudizio).
    Infine,  sebbene  le  differenze  di  struttura  e di presupposti
rispetto  al  giudizio  abbreviato  non  consentano  di  assumere  la
disciplina  del patteggiamento come termine omogeneo di comparazione,
non  si  puo'  non  rilevare  che un'ipotesi di recupero in limine al
dibattimento  di  un  rito  ingiustamente  negato  e'  gia'  prevista
dall'art. 448,  comma 1,  cod.  proc.  pen. nel caso di rigetto della
richiesta  di  applicazione  della  pena  da parte del giudice per le
indagini preliminari.
    5. - Sulla   base   delle   considerazioni   sinora   svolte,  va
dichiarata,  per  l'irragionevole  limitazione del diritto di difesa,
l'illegittimita'   costituzionale  sia  dell'art. 438,  comma 6,  sia
dell'art. 458,  comma 2,  cod.  proc.  pen.,  nella  parte in cui non
prevedono  che,  in  caso  di  rigetto  della  richiesta  di giudizio
abbreviato  subordinata  ad  una  integrazione probatoria, l'imputato
possa  rinnovare  la  richiesta prima della dichiarazione di apertura
del  dibattimento  di  primo  grado  e  il  giudice possa disporre il
giudizio abbreviato.
    6. - Alla  stregua dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87,
la   declaratoria  di  illegittimita'  costituzionale  dell'art. 458,
comma 2,   cod.   proc.   pen.   va  estesa,  negli  stessi  termini,
all'art. 464, comma 1, secondo periodo, cod. proc. pen., in relazione
alla  richiesta  di  giudizio  abbreviato presentata dall'opponente a
decreto penale.