ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 6, terzo comma,
del  decreto-legge  12 settembre  1983,  n. 463  (Misure  urgenti  in
materia  previdenziale  e sanitaria e per il contenimento della spesa
pubblica,    disposizioni    per    vari   settori   della   pubblica
amministrazione   e  proroga  di  taluni  termini),  convertito,  con
modificazioni  nella  legge  11 novembre  1983,  n. 638, promosso con
ordinanza   del   13 febbraio  2002  dal  Tribunale  di  Viterbo  nel
procedimento  civile  vertente tra Benvenuti Petra e l'INPS, iscritta
al  n. 213  del  registro  ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta
Ufficiale della Repubblica n. 20, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti   l'atto   di  costituzione  dell'INPS  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  25 febbraio  2003  il giudice
relatore Fernanda Contri;
    Uditi  l'avvocato Alessandro Riccio per l'INPS e l'avvocato dello
Stato Ivo M. Braguglia per il Presidente del Consiglio dei ministri.
    Ritenuto che il Tribunale di Viterbo, nel corso di un giudizio in
cui  la  ricorrente,  titolare  di  una  pensione diretta e di una ai
superstiti,  entrambe  a carico della gestione lavoratori dipendenti,
aveva  chiesto  che  fosse  riconosciuto  il  suo diritto ad ottenere
l'integrazione  al  minimo del primo trattamento anziche' del secondo
come  disposto dall'INPS, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e
38  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 6, terzo comma, del decreto-legge 12 settembre 1983, n. 463
(Misure  urgenti  in  materia  previdenziale  e  sanitaria  e  per il
contenimento  della  spesa  pubblica,  disposizioni  per vari settori
della   pubblica   amministrazione  e  proroga  di  taluni  termini),
convertito,  con modificazioni, nella legge 11 novembre 1983, n. 638,
nella  parte in cui, in caso di cumulo tra piu' pensioni, prevede per
la scelta del trattamento da integrare al minimo criteri differenti a
seconda  che  le  pensioni appartengano alla stessa gestione ovvero a
gestioni diverse, comprimendo nella prima ipotesi e nella generalita'
dei  casi  il diritto del pensionato a mezzi di sussistenza superiori
al limite di poverta';
        che   il   giudice   rimettente  osserva  che  la  contestata
determinazione  dell'INPS  e'  del  tutto  conforme alla disposizione
censurata,  secondo  la  quale,  in  caso  di titolarita' di pensione
diretta  e  di pensione ai superstiti a carico della stessa gestione,
l'integrazione  al  minimo spetta sulla pensione diretta e se, pero',
uno  dei  due  trattamenti  (nella  specie  la pensione indiretta) e'
costituito  per effetto di non meno di 781 contributi settimanali, e'
su quest'ultimo che spetta l'integrazione;
        che   la   stessa   disposizione   stabilisce,   invece,  che
nell'ipotesi in cui le pensioni sono a carico di gestioni diverse, il
detto  criterio  non opera, dovendosi integrare al minimo la pensione
con decorrenza piu' remota;
        che  il  giudice  a quo, pur conoscendo la sentenza n. 18 del
1998  con  la  quale  questa  Corte ha dichiarato non fondata analoga
questione,   ritiene  di  sottoporre  nuovamente  all'attenzione  del
giudice  delle leggi il menzionato art. 6, terzo comma, affermando di
farlo  «sotto profili almeno parzialmente diversi» e, in particolare,
sostenendo  di  non  voler  effettuare  un  confronto tra due diversi
regimi dell'integrazione al minimo (operazione non consentita secondo
la  citata  sentenza  n. 18  del  1998),  ma  di  porre l'accento sul
differente  trattamento  che  viene  riservato,  in  riferimento alla
scelta  della pensione da integrare, a due diversi gruppi di soggetti
titolari  di  una  pluralita' di pensioni sulla base di un elemento -
l'identita'  o meno della gestione che eroga le pensioni - che non e'
sufficiente a rendere ragione della disparita' stessa;
        che,  secondo  il Tribunale di Viterbo, la norma impugnata si
porrebbe  in  contrasto  anche  con  la garanzia dell'adeguatezza dei
mezzi  alle  esigenze di vita sancita dall'art. 38 della Costituzione
in  quanto,  in  applicazione del criterio di scelta in argomento, si
perviene   a  liquidare  trattamenti  complessivamente  inferiori  al
milione  di  lire,  livello  al  di sotto del quale «recenti studi di
istituti   scientificamente  accreditati»  pongono  la  soglia  della
poverta';
        che  nel  giudizio  dinanzi  a  questa Corte si e' costituito
l'INPS  che ha concluso per l'inammissibilita' o l'infondatezza della
questione,  rilevandone  la  sostanziale  identita' rispetto a quelle
decise  con  la  citata  sentenza n. 18 del 1998 e ponendo, altresi',
l'accento  sulla  perdurante  validita'  delle affermazioni contenute
nella citata decisione e soprattutto di quella secondo cui non esiste
nel  nostro ordinamento alcun principio costituzionale che garantisca
all'assicurato il trattamento pensionistico piu' favorevole;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato  e  difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso
per l'infondatezza della questione, richiamandosi principalmente alla
sentenza   n. 18   del  1998  di  questa  Corte  e  facendo  altresi'
riferimento   -  con  riguardo  alla  censura  relativa  all'asserita
inadeguatezza  del  trattamento  complessivo  determinato  sulla base
della  norma  impugnata  -  all'art. 38, comma 1, della recente legge
28 dicembre 2001, n. 448 (Disposizioni per la formazione del bilancio
annuale  e  pluriennale  dello  Stato - legge finanziaria 2002), che,
attraverso  l'aumento  delle  maggiorazioni  sociali  dei trattamenti
pensionistici,  ha  garantito un reddito minimo pari ad un milione di
vecchie  lire  a  diverse  categorie  di  pensionati,  ivi compresi i
titolari di pensioni integrate al minimo.
    Considerato  che  il  Tribunale di Viterbo dubita, in riferimento
agli   artt. 3   e   38   della   Costituzione,   della  legittimita'
costituzionale    dell'art. 6,   terzo   comma,   del   decreto-legge
12 settembre  1983, n. 463 (Misure urgenti in materia previdenziale e
sanitaria  e  per  il contenimento della spesa pubblica, disposizioni
per  vari  settori della pubblica amministrazione e proroga di taluni
termini),  convertito,  con  modificazioni,  nella  legge 11 novembre
1983,  n. 638,  nella  parte  in  cui,  in  caso  di  cumulo tra piu'
pensioni,  prevede  per  la  scelta  del  trattamento da integrare al
minimo criteri differenti a seconda che le pensioni appartengano alla
stessa  gestione  ovvero  a gestioni diverse, comprimendo nella prima
ipotesi  e  nella  generalita'  dei  casi il diritto del pensionato a
mezzi di sussistenza superiori al limite di poverta';
        che,  per  quanto  riguarda il profilo attinente alla pretesa
violazione  dell'art. 3  della  Costituzione,  gli  argomenti addotti
dall'odierno  remittente  non  presentano  alcun  elemento di novita'
rispetto a quelli gia' esaminati da questa Corte nella sentenza n. 18
del 1998 in riferimento ad analoghe questioni;
        che,  in  particolare, anche nel presente giudizio si discute
di alcune asimmetrie che possono riscontrarsi nel momento applicativo
del  sistema  di individuazione della pensione da integrare al minimo
discrezionalmente  e non irragionevolmente prescelto dal legislatore,
le  quali,  come  si  e'  detto  nella citata sentenza, costituiscono
disparita'  di  mero fatto insuscettibili di dare luogo a problemi di
costituzionalita'   con  riferimento  al  principio  di  eguaglianza,
secondo  quanto  piu' volte affermato da questa Corte (v., da ultimo,
sentenza n. 374 del 2002 e ordinanza n. 267 del 2002);
        che,   quanto   alla   censura   riferita  all'art. 38  della
Costituzione, va rilevato che l'integrazione al minimo delle pensioni
e'  gia',  di  per se', finalizzata ad assicurare mezzi adeguati alle
esigenze  di  vita al lavoratore che, in mancanza di altri redditi di
una certa consistenza, abbia maturato, sulla sola base dei contributi
accreditati,  il  diritto  ad un trattamento pensionistico di importo
troppo  esiguo  per  soddisfare  i bisogni minimi di protezione della
persona,    sicche'    il   riconoscimento   dell'integrazione   puo'
considerarsi  sufficiente  per  garantire  il  rispetto del principio
costituzionale  invocato, mentre in merito all'eventuale attribuzione
di  ulteriori  benefici  va riconosciuto al legislatore un margine di
discrezionalita', anche in relazione alle risorse disponibili (v., da
ultimo, sentenza n. 180 del 2001 e ordinanza n. 342 del 2002);
        che,   nell'esercizio  della  suddetta  discrezionalita',  di
recente  il  legislatore  con l'art. 38 della legge 28 dicembre 2001,
n. 448  ha,  attraverso  l'aumento  delle  maggiorazioni  sociali dei
trattamenti   pensionistici,   inteso   garantire,  a  decorrere  dal
1° gennaio 2002, il raggiungimento di un reddito minimo pari a 516,46
euro  al  mese  a  diverse  categorie  di  pensionati, ivi compresi i
titolari di pensioni integrate al minimo;
        che,  pertanto,  la  questione  va  dichiarata manifestamente
infondata in relazione a tutti i parametri invocati.