ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 1 del decreto
legislativo  2 marzo  2000, n. 49 (Disposizioni correttive del d.lgs.
19  giugno 1999,  n. 229,  concernenti  il  termine di opzione per il
rapporto  esclusivo  da  parte  dei dirigenti sanitari), promosso con
ordinanza   del   31 dicembre   2001  dal  Tribunale  di  Milano  nel
procedimento  civile  vertente  tra  M. M. e l'Azienda ospedaliera S.
Paolo  di  Milano,  iscritta  al n. 118 del registro ordinanze 2002 e
pubblicata  nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, 1ª serie
speciale, dell'anno 2002.
    Visti  l'atto  di  costituzione  di  M.  M.,  nonche'  l'atto  di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il giudice
relatore Piero Alberto Capotosti.
    Ritenuto  che  il Tribunale di Milano, in funzione di giudice del
lavoro  ed in composizione monocratica, con ordinanza del 31 dicembre
2001,   ha   sollevato   questione   di  legittimita'  costituzionale
dell'art. 1 del decreto legislativo 2 marzo 2000, n. 49 (Disposizioni
correttive  del d.lgs. 19 giugno 1999, n. 229, concernenti il termine
di   opzione  per  il  rapporto  esclusivo  da  parte  dei  dirigenti
sanitari),  in  riferimento all'art. 73 [recte: art. 73, terzo comma]
della Costituzione;
        che  nel  processo principale un dirigente medico, dipendente
del  Servizio  sanitario  nazionale  (Ssn),  ha convenuto in giudizio
l'Azienda  ospedaliera  S.  Paolo di Milano, chiedendo l'accertamento
dell'insussistenza  dell'obbligo di esercitare l'opzione in ordine al
rapporto  di  lavoro esclusivo ex art. 15-quater, comma 3, del d.lgs.
30 dicembre  1992,  n. 502,  introdotto  dall'art. 13  del  d.lgs. 19
giugno 1999,   n. 299,   ottenendo   la  pronuncia  di  provvedimento
cautelare;
        che  l'art. 1  del  d.lgs. n. 49 del 2000 ha stabilito che il
termine  per l'esercizio dell'opzione in ordine al rapporto esclusivo
previsto  dall'art. 15-quater,  comma 3,  del d.lgs. n. 502 del 1992,
«e'  fissato al 14 marzo 2000», ma, secondo il giudice a quo, poiche'
il d.lgs. n. 49 del 2000 e' stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale
del  10 marzo  2000, detto termine, in violazione dell'art. 73, terzo
comma,  della  Costituzione, scadeva in data anteriore all'entrata in
vigore  del  decreto  delegato,  anche  perche' l'avviso di rettifica
pubblicato  nella Gazzetta Ufficiale del 14 marzo 2000, in virtu' del
quale  nel  testo  del  d.lgs.  n. 49  del  2000, dopo l'art. 1 «deve
intendersi  pubblicato»  l'art. 2,  che  fissa  la data di entrata in
vigore  di  detto  decreto  nel  giorno successivo a quello della sua
pubblicazione,  non sarebbe ne' «tempestivo», ne' idoneo a realizzare
detto scopo;
        che  nel  giudizio  innanzi  alla  Corte  e'  intervenuto  il
Presidente   del  Consiglio  dei  ministri,  rappresentato  e  difeso
dall'Avvocatura  generale  dello Stato, chiedendo che la Corte ordini
la  restituzione  degli  atti  al  giudice a quo per un riesame della
rilevanza della questione;
        che, inoltre, nel giudizio si e' costituito il ricorrente nel
processo   principale,   facendo  proprie  le  argomentazioni  svolte
nell'ordinanza  di  rimessione  e  chiedendo  che  la  Corte dichiari
l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata.
    Considerato  che, secondo l'ordinanza di rimessione, nel processo
principale   il   ricorrente   ha  convenuto  in  giudizio  l'Azienda
ospedaliera  di  cui  e'  dipendente  «per  chiedere  al  giudice  la
declaratoria    di    insussistenza    dell'obbligo    dell'esercizio
dell'opzione» stabilito dalla norma impugnata;
        che,  in  mancanza  di  ulteriori  puntualizzazioni,  risulta
palese  che  la  questione  di  costituzionalita'  non e' preordinata
all'applicazione di una norma indispensabile per assicurare la tutela
richiesta  al  giudice  rimettente,  ma  esaurisce  immediatamente il
petitum del processo principale;
        che  la sollevata questione di legittimita' costituzionale si
presenta,  quindi, impropriamente come azione diretta contro la norma
censurata,  in quanto l'eventuale pronunzia di accoglimento di questa
Corte  verrebbe  a  concretare  di  per  se'  e ad esaurire la tutela
richiesta   nel   giudizio  principale  al  rimettente,  non  essendo
possibile  individuare,  una  volta  venuta  meno la norma censurata,
quale  provvedimento  ulteriore  dovrebbe essere emesso dal giudice a
quo  per realizzare la tutela della situazione giuridica fatta valere
dal ricorrente;
        che,   pertanto,   difetta   nella  specie  il  carattere  di
incidentalita',  il  quale  necessariamente presuppone che il petitum
del  giudizio,  nel corso del quale viene sollevata la questione, non
coincida  con  la proposizione della questione stessa (sentenza n. 17
del 1999);
        che, pertanto, la questione e' manifestamente inammissibile.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.