IL TRIBUNALE Vista la richiesta di convalida dell'arresto, operato nei confronti di Grancea Raitan in atti generalizzato, interrogato l'imputato, rilevato che e' stato rispettato il termine di 48 ore per la sua presentazione davanti a questo giudice e che l'arresto e' stato effettuato dai carabinieri di Pontassieve ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, in relazione al reato previsto dal comma 5-ter dello stesso articolo; Rilevato che appare non manifestamente infondata la questione di incostituzionalita' della previsione dell'art. 14, comma 5-quinquies, del decreto legislativo n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 185/2002; Ritenuto che la questione e' rilevante ai fini della decisione sulla convalida dell'arresto, in quanto attinente anche alla costituzionalita' della previsione dell'arresto obbligatorio in flagranza per la fattispecie di cui si tratta; Rilevato che la stessa non e' manifestamente infondata, in quanto, come gia' sostenuto dal Tribunale di Firenze, seconda sezione penale, la novella del testo unico sull'immigrazione (art. 14, comma 5-quinquies) prevede l'arresto obbligatorio per un reato, quello di cui al comma 5-ter, punito nel massimo con un anno di arresto, quindi con un massimo edittale lontano da quello generale previsto per le contravvenzioni, il che e' significativo di una valutazione di non eccessiva gravita' da parte del legislatore. Nel codice di procedura penale, invece, l'arresto in flagranza - misura fortemente restrittiva della liberta' personale - in generale e salvi i casi tassativamente previsti al comma 2 dell'art. 381, non e' consentito per i delitti - puniti con la pena della reclusione pari o inferiore, nel massimo a tre anni. Ancor piu' ristretti sono i casi di arresto obbligatorio previsti dall'art. 380 c.p.p., con i quali, occorre istituire il raffronto in questo caso, dato che la novella prevede tale categoria di arresto. Il sistema penale, in altri termini, prescrive l'obbligatorieta' della misura restrittiva della liberta' personale solo per reali, obiettive situazioni di singolare gravita', ma in questo caso, derogando in maniera evidente alla disciplina generale, introduce l'arresto obbligatorio per una contravvenzione neppure particolarmente grave. Ne' puo' obiettarsi che il principio di ragionevolezza, prima implicitamente richiamato, che trova la sua fonte normativa costituzionale nell'art. 3 della carta fondamentale, non puo' venire in rilievo in quanto si tratta di normativa dettata solo in relazione agli stranieri, dal momento che lo stesso art. 3 limita il suo ambito di applicazione ai cittadini. Infatti, e' del tutto pacifico che la norma richiamata deve coordinarsi con gli artt. 2 Cost., che garantisce i diritti inviolabili dell'uomo indipendentemeite dalla nazionalita', e con l'art. 10 Cost. comma 2, che prevede che la condizione giuridica dello straniero e' regolata dalla legge in conformita' delle norme dei trattati internazionali. Ne consegue che, ove la disciplina giuridica applicabile allo straniero attenga a diritti inviolabili, o comunque a materie oggetto di trattati internazionali, il diverso trattamento debba garantire i diritti inviolabili dell'uomo e essere rispettoso dei principi dettati dai trattati. Ora ampie garanzie in materia di arresto sono oggetto degli artt. 5 e 6 della convenzione per la salvaguardia dei diritti dell'uomo e delle liberta' fondamentali, ratificata dall'Italia con la legge 4 agosto 1955, n. 848, per cui pare inammissibile la discriminazione dello straniero in relazione a tale materia. Altro profilo di incostituzionalita' e' dato dalla violazione dell'art. 13 Cost., in quanto lo straniero viene privato della liberta' per una contravvenzione non grave, come si e' gia' detto, ad opera dell'autorita' di polizia senza un vaglio preventivo del giudice; tuttavia questo in sede di convalida non puo' applicare alcuna misura cautelare, ma solo concedere il nulla osta all'espulsione, provvedimento questo che ha una natura amministrativa e attiene alla valutazione delle esigenze processuali particolari indicate nella norma. La limitazione della liberta' personale nel nostro ordinamento costituzionale puo' avvenire solo quando ci sono esigenze gravi in ordine alla prevenzione dei reati o alla loro repressione. Nella previsione dell'art. 14, comma 5-quinquies, la privazione della liberta' personale avviene per consentire l'esecuzione coatta di un provvedimento di espulsione che non e' stato eseguito, il piu' delle volte neanche per colpa dello straniero, che non ha mezzi materiali o i documenti per tornare al proprio Paese. La rilevanza delle questioni sollevate in sede di giudizio di convalida, impedisce che l'arresto possa essere convalidato e che possa procedersi con il rito direttissimo, che consegue necessariamente. Pertanto occorre restituire gli atti al p.m. per l'esercizio dell'azione penale nelle forme del rito ordinario. Quanto al rilascio del nulla-osta, in ordine al quale nel caso di arresto in flagranza e' competente il giudice della convalida, si ritiene che la sua concessione all'autorita' amministrativa prescinda dalla convalida dell'arresto e dalla sussistenza del reato, in quanto attiene alla valutazione dell'esigenze processuali relative all'accertamento della responsabilita' di eventuali concorrenti nel reato o imputati di procedimenti connessi e all'interesse della persona offesa, che per il reato in esame non vengono in rilievo ed e' solo funzionale alla esecuzione del provvedimento amministrativo di espulsione, che rinviene i propri presupposti di legge di cui all'art. 13, comma 2, del decreto legislativo e non nell'arresto per non aver ottemperato all'ordine del questore. Quanto alla liberta' personale occorre ribadire che non e' consentita alcuna misura cautelare in materia contravvenzionale, e quindi occorre disporre la scarcerazione del prevenuto.