IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva assunta all'udienza in camera di consiglio del 22 novembre 2002, previa lettura degli atti del procedimento instaurato con ricorso del 30 gennaio 2002 da Geraci Gaetano, nato a Milazzo (Messina) il 23 settembre 1953, ivi residente in via Palmiro Togliatti n. 2, proposto davanti alla Corte di cassazione e da questa qualificato con sentenza n. 28727 del 9 1uglio 2002, depositata il 25 luglio 2002, quale impugnazione ex art. 6, quarto comma, della legge n. 217/1990, con conseguente trasmissione degli atti a questo tribunale, ha emesso la seguente ordinanza. Con decreto depositato il 28 dicembre 2001 la Corte di assise di Messina, seconda sezione, disponeva la revoca del provvedimento del 29 marzo 1999 con cui Geraci Gaetano, imputato del delitto di cui all'art. 416-bis c.p. nell'ambito del procedimento scaturito dalla c.d. Operazione Mare Nostrum, il cui dibattimento e' in corso di celebrazione davanti a quella corte (n. 19/1998 R.G.), era stato ammesso al patrocinio gratuito a spese dello Stato con effetto dal 13 gennaio 1999. Il provvedimento di revoca scaturiva dall'esito degli accertamenti disposti dalla corte con decreto del 12 marzo 2001, con il quale, in ossequio al disposto dell'art. 152 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, era stato richiesto alla amministrazione finanziaria e alla polizia tributaria di procedere ad indagini sulle effettive condizioni patrimoniali e sulle disponibilita' economiche dell'imputato ammesso al citato beneficio. Acquisito l'esito degli accertamenti e verificato il superamento, nell'anno 1999, dei limiti di reddito per l'ammissione al patrocinio e conseguentemente il mancato assolvimento dell'onere di comunicazione della variazione di reddito verificatasi nello stesso anno, la corte ordinava la revoca dell'ammissione «per sopravvenuta mancanza dei presupposti di legge», nonche' il recupero delle somme gia' liquidate ed erogate in favore del difensore con riferimento al periodo 14 gennaio 1999/18 aprile 2000. Avverso il provvedimento di revoca, con atto depositato il 30 gennaio 2002 nella cancelleria del Tribunale di Barcellona P. G., sezione distaccata di Milazzo, proponeva ricorso per cassazione Geraci Gaetano, lamentando la nullita' della decisione a causa della mancata notificazione nei termini e della estensione all'anno 2000 dell'ordine di recupero delle somme, censurando l'utilizzazione ai fini della decisione di una relazione della Guardia di finanza relativa ai redditi percepiti nell'anno 1999 da soggetti diversi dall'imputato, e piu' in generale contestando l'esiguita' della soglia di reddito prevista dalla legge e la mancata applicazione del limite piu' elevato indicato dalla normativa sopravvenuta (art. 3, legge 29 marzo 2001, n. 134). La suprema Corte, in conformita' alle conclusioni del procuratore generale, con sentenza n. 2685 del 9 luglio 2002, depositata il 25 luglio 2002 (della cui motivazione e' stata acquisita copia), qualificata l'impugnazione come ricorso ex art. 6, quarto comma, della legge n. 217/1990, ha ordinato la trasmissione degli atti a questo tribunale, indicato quale organo competente a decidere sul ricorso, ed in esito alla comparizione delle parti questo giudice, designato per la trattazione con provvedimento presidenziale del 4 ottobre 2002, ha riservato la decisione. Ai fini dell'esatto inquadramento delle questioni poste all'attenzione del decidente dal ricorso in esame e del tipo di sbocco che allo stato si impone sono necessarie alcune considerazioni in merito al potere esercitato nel caso di specie dalla Corte di assise di Messina e conseguentemente al tipo di provvedimento adottato, e, in secondo luogo, ai rimedi eventualmente previsti dall'ordinamento. Con riferimento al primo aspetto della questione va rilevato che nel sistema della legge 30 luglio 1990, n. 217, anche come modificato in seguito alla novella del 2001 (legge n. 134 del 29 marzo 2001), il potere di revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato e' attribuito al giudice innanzitutto in caso di mancata comunicazione nei termini delle eventuali variazioni di reddito o di mancata presentazione della documentazione relativa ai redditi prodotti dallo straniero all'estero (l'art. 101, dopo le modifiche del 2001, non si riferisce piu' alla documentazione «prescritta», ma solo a quella «richiesta», ma, eliminato il riferimento al comma 5, dell'art. 5, abrogato il comma 2, dello stesso art. 5, e modificato conseguentemente il comma 4 - ormai di fatto il n. 3 - dello stesso articolo, emerge un difetto di coordinamento della novella piu' recente). Altro possibile presupposto per l'esercizio del potere di revoca, contemplato dallo stesso art. 10 della legge n. 217, e' quello della variazione delle condizioni di reddito risultante dalla comunicazione tempestiva dell'interessato. Tutti i casi elencati sono assimilati quanto alla forma (decreto motivato), all'organo competente a provvedere (il giudice che procede al momento della scadenza dei termini o al momento in cui e' effettuata la comunicazione) e al regime delle impugnazioni (in prima battuta ricorso al tribunale o alla Corte d'appello a cui appartiene il giudice che ha emesso il provvedimento di revoca o modifica, il quale provvede nelle forme di cui all'art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e quindi ricorso per cassazione per violazione di legge). L'art. 10 della legge n. 217 prevede poi, al secondo comma, un potere di revoca o di modifica del provvedimento di ammissione, esercitatile in ogni momento, su richiesta del competente organo dell'amministrazione finanziaria (non piu' de1 pubblico ministero dopo il breve periodo di vigenza dell'art. 152 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, abrogato espressamente dall'art. 23 della legge 29 marzo 2001, n. 134), richiesta che puo' tuttavia essere avanzata - di fatto condizionando il potere di revoca o modifica - solo finche' non siano decorsi cinque anni dalla definizione del procedimento per il quale l'interessato ha ottenuto l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. In questo caso il procedimento, disciplinato ancora dall'art. 29 della legge 13 giugno 1942, n. 794, e' direttamente attribuito alla cognizione del tribunale o della Corte d'appello a cui appartiene il giudice che ha provveduto all'ammissione (e' stato ritenuto illegittimo e suscettibile di annullamento senza rinvio il provvedimento di revoca emesso, ad es., dal g.i.p. che a suo tempo aveva concesso il beneficio: Cass. 4 ottobre 1999, Terranova), e contro l'ordinanza che decide sulla richiesta e' ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge. Significative divergenze di opinione ha invece evidenziato in giurisprudenza la soluzione della questione dell'ammissibilita' di una revoca ex officio del provvedimento di ammissione al beneficio, disposta dallo stesso giudice che ha accordato il patrocinio in relazione al difetto di un presupposto di ammissibilita', ovvero alla mancanza, originaria o sopravvenuta, delle condizioni reddituali. Rileva sotto il primo profilo soprattutto l'ammissione erroneamente disposta con riguardo a reati contravvenzionali per i quali la legge n. 217 originariamente escludeva l'accesso al patrocinio a spese dello Stato: in tale ipotesi, destinata ormai a perdere di attualita' in seguito all'abrogazione del comma 8 dell'art. 1 della legge n. 217 (art. 2, legge 29 marzo 2001, n. 134), la giurisprudenza ammette da tempo la revoca ex officio, ritenendola espressione del generale potere di autotutela della pubblica amministrazione, escludendo che sia ostativa la mancata previsione di tale possibilita' tra i casi di revoca di cui all'art. 10 della legge n. 217, ed assoggettando il relativo provvedimento al «reclamo» di cui all'art. 6, quarto comma, con la correlativa esclusione della ricorribilita' diretta per cassazione (cosi', oltre a Cass. 26 marzo 1998, Sinisi, citata nella sentenza della S. C. emessa in questo procedimento, v. gia' Cass. 19 ottobre 1994, Carriere, e quindi Cass. 14 aprile 1995, Marinaci). Piu' problematica l'ammissibilita' di una revoca per difetto delle condizioni di reddito legittimanti, ovviamente consentita dall'art. 10 se preceduta dalla richiesta del competente organo dell'amministrazione finanziaria, ma non sempre ritenuta possibile in assenza di tale richiesta. Secondo un primo gruppo di pronunce infatti anche in questo caso, ed anche se la mancanza dei requisiti reddituali e' originaria, non potendo il giudice essere condizionato dalla richiesta dell'intendente di finanza (ora direttore regionale delle entrate), il potere di revoca, pur se non esplicitamente contemplato dall'art. 10 della legge, e' espressione della generale potesta' di autotutela della pubblica amministrazione, assumendo la decisione in ordine al patrocinio a spese dello Stato natura sostanzialmente amministrativa (Cass. 29 novembre 2001, PM in proc. Di Stefano; Cass. 12 ottobre 1999, Carbonelli). A questa opinione si contrappone quella illustrata in altre decisioni, secondo le quali la revoca per mancanza del requisito reddituale e' esercizio di vero e proprio potere giurisdizionale che non puo' essere attivato d'ufficio, ma presuppone necessariamente la richiesta dell'amministrazione finanziaria (Cass. 24 aprile 2001, Meci; Cass. 3 dicembre 2001, PM in proc. Musumeci), con la conseguente illegittimita' del provvedimento adottato in difetto di tale imprescindibile condizione (Cass. 6 giugno 2001, Venuto). Sul piano della tutela la questione del rimedio esperibile non forma oggetto di specifiche affermazioni di principio, poiche' per un verso incidentalmente si afferma che in caso di modifica della condizione reddituale lo strumento utilizzabile secondo il citato art. 10 sarebbe il ricorso per cassazione (cosi' la citata Cass. 26 marzo 1998, Sinisi) mentre per altro verso si reputa implicitamente ammissibile, in caso di revoca disposta d'ufficio per mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito, l'impugnazione di cui all'art. 6, quarto comma, della legge n. 217 (cosi' Cass. 12 ottobre 1999, Carbonelli). Orbene, se da un lato un criterio di ragionevolezza induce a ritenere sempre consentito al giudice che procede il controllo sul diritto alla conservazione del beneficio in relazione al possesso delle condizioni reddituali necessarie per l'ammissione al beneficio del patrocinio a spese dello Stato, a prescindere dall'eventuale inerzia di altri organi, dall'altro lato appare problematica, nel contesto normativo richiamato, l'individuazione di un soddisfacente e completo sistema di tutele avverso una tipologia di provvedimenti destinati ad incidere in modo significativo sull'effettivita' del diritto di difesa. Da un lato il ricorso per cassazione, concretamente utilizzato dal Geraci nel caso di specie, e' previsto dall'art. 10 in caso di revoca del provvedimento quando risulti provata la mancanza originaria o sopravvenuta delle condizioni di reddito, ma sul presupposto di una richiesta del competente organo dell'amministrazione finanziaria rivolta al giudice naturalmente individuato dalla legge per la decisione sulle impugnazioni relative ai provvedimenti in materia di patrocinio per i non abbienti (art. 6, quarto comma), e conseguentemente di un provvedimento adottato da quest'ultimo: non appare assimilabile a questa la situazione della revoca disposta d'ufficio dallo stesso giudice che ha concesso il beneficio o comunque dal giudice che procede. Dall'altro lato l'ammissibilita' dell'impugnazione prevista dall'art. 6, quarto comma, della legge n. 217 incontra il limite della tassativita', che appare insuperabile in caso di revoca disposta in relazione alla sopravvenuta mancanza delle condizioni di reddito necessarie per la fruizione del patrocinio per i non abbienti. Mentre infatti con qualche sforzo l'ipotesi di accertato difetto iniziale del requisito puo' essere assimilata a quella del diniego, con la conseguente applicazione diretta del sistema delineato nei commi 4 e 5 del citato art. 6 (secondo la linea interpretativa delineata per l'ipotesi della erronea concessione del beneficio in relazione a procedimento per reati contravvenzionali), del tutto impraticabile si presenta tale percorso in caso di accertata mancanza sopravvenuta del requisito reddituale: in questa ipotesi l'impugnazione di cui all'art. 6, quarto comma - cosi' come la S. C. ha riqualificato l'impugnazione proposta da Geraci Gaetano - non e' ammissibile perche' la legge non la prevede e non e' suscettibile sul punto di interpretazione adeguatrice, con la conseguenza di privare gli interessati di adeguata tutela giurisdizionale in un settore nevralgico per la garanzia della effettivita' della tutela giurisdizionale; e cio' sia in violazione dell'art. 3 Cost., in quanto in presenza di provvedimenti che muovono da presupposti comuni (l'accertata mancanza del requisito reddituale) non e' assicurata la medesima garanzia giurisdizionale, sia in contrasto con la garanzia del diritto di difesa apprestata dall'art. 24 Cost., la cui effettivita' puo' risultare compromessa in caso di mancata previsione di adeguate forme di tutela relativamente ai provvedimenti che concernono l'ammissione al patrocinio a spese dello Stato. Non appare pertanto manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale degli artt. 6 e 10 della legge 30 luglio 1990, n. 217, e successive modificazioni, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, nella parte in cui non prevedono, in caso di revoca del provvedimento di ammissione al patrocinio a spese dello Stato, disposta d'ufficio dal giudice in seguito ad accertata mancanza dei requisiti reddituali, originaria o sopravvenuta, la possibilita' per l'interessato di proporre impugnazione davanti al tribunale o alla Corte d'appello ai quali appartiene il giudice che ha disposto la revoca del beneficio. Va infine rilevato - ma la notazione assume carattere meramente incidentale e conferma piuttosto la necessita' di un intervento diretto ad orientare eventuali aggiustamenti normativi - che la situazione non e' destinata a mutare in seguito al mutamento del quadro di riferimento normativo determinato dall'entrata in vigore, dal 1° luglio 2002 (in epoca precedente tanto al deposito del provvedimento che alla presentazione dell'impugnazione in esame), del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, che ha tra l'altro espressamente abrogato tanto la legge 30 luglio 1990, n. 217, che buona parte della successiva novella del 2001 (art. 299). Mentre infatti l'art. 99 del citato d.P.R. prevede e disciplina, con norma che sostanzialmente ricalca quella dell'art. 6, quarto e quinto comma, della legge n. 217, l'impugnazione dei provvedimenti di rigetto dell'istanza di ammissione, in tema di revoca (a causa della riproduzione solo parziale dell'art. 10 della legge del 1990) l'attuale art. 113 del d.P.R. n. 115 (inserito in un apposito capo VII del titolo II della parte III del provvedimento, dedicato alla Revoca del decreto di ammissione al patrocinio) ha riprodotto la possibilita' del ricorso per cassazione nell'ipotesi di revoca chiesta dall'amministrazione, ma il testo unico non contempla la possibilita' di impugnare la revoca del beneficio negli altri casi (che sia qualificabile quale «revoca» anche il provvedimento emesso in seguito ad accertata insussistenza iniziale dei limiti di reddito emerge testualmente dall'art. 112, primo comma, lettera d, del d.P.R.).