IL TRIBUNALE

    All'udienza   del  22  marzo  2003  ha  pronunciato  la  seguente
ordinanza  di  rimesssione  alla Corte costituzionale di questione di
legittimita' sollevata in via incidentale.
    Il  data  21 marzo 2003 personale del Commissariato p.s. Vescovio
traeva  in  arresto  Balasa  Florin  per il reato di cui all'art. 14,
comma  5-quinquies,  d.lgs.  n. 286  del  1998, come modificato dalla
legge  30  luglio  2002 n. 189; presentato all'odierna udienza per la
convalida  dell'arresto  ed  il  contestuale  giudizio  direttissimo,
sentita    la    relazione   dell'agente   operante   ed   effettuato
l'interrogatorio   dell'imputato,   il   p.m.  chiedeva  convalidarsi
l'arresto ai sensi del comma 5-quinquies dell'art. 14 d.lgs. citato;
    Il difensore chiedeva non convalidarsi l'arresto.
    Ritiene  il  giudice  che  debba  essere  sollevata  questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs.
cit. in riferimento agli artt. 13, comma 3, e 3 della Costituzione.
    In  via  preliminare,  va rilevato come non possa dubitarsi della
legittimita'  dell'operato  della  p.g.  che  ha  adottato  la misura
restrittiva  della liberta' personale nella flagranza di un reato per
il  quale  e' attualmente previsto l'arresto obbligatorio; gli stessi
agenti  peraltro  hanno  ritualmente  presentato  l'arrestato  per la
convalida,  onde nessun rilievo puo' essere mosso agli agenti. Sempre
in  via  preliminare va rilevato come la questione che si intende qui
sollevare  non  abbia certamente perso la sua rilevanza anche qualora
il  giudice rimetta in liberta' l'arrestato, atteso che comunque deve
essere  accertata  la  legittimita'  dell'arresto eseguito, che nella
fattispecie  verrebbe  meno  ove  fosse  dichiarata la illegittimita'
costituzionale  della  disposizione  in base alla quale esso e' stato
operato (cfr. Corte cost. 16 febbraio 1993 n. 54).
    Venendo  ora  all'esame  del merito, va rilevato come la norma di
cui  all'art. 13  Cost.,  oltre  ad affermare la inviolabilita' della
liberta'  personale  ed  a prevedere una espressa riserva di legge in
materia,  preveda  un principio generale secondo il quale la liberta'
della   persona   puo'   essere  ristretta  solo  con  atto  motivato
delIautorita'  giudiziaria; l'unica deroga contemplata dalla norma in
esame  e'  prevista  al  comma  3,  ove  si afferma che l'adozione di
provvedimenti  provvisori  e'  consentita  all'autorita'  di pubblica
sicurezza  solo  in  presenza  di casi eccezionali di necessita' e di
urgenza indicati tassativamente dalla legge.
    A  proposito  del  significato  del termine eccezionale, la Corte
costituzionale  ha ritenuto che esso non e' legato alla rarita' della
fattispecie considerata, bensi' al suo porsi al di fuori della regola
ordinaria   e   che   pertanto  tale  requisito  non  puo'  ritenersi
contraddetto  dalla  frequenza  e  dalla  prevedibilita' dei fatti di
violazione  della  norma  incriminatrice (cfr. sentenza n. 64/1977 in
tema  di  art. 9  legge  n. 1423/56).  Nessun  ulteriore  dubbio puo'
pertanto  essere  sollevato  -  alla luce della citata decisione - in
relazione  alla  presenza  nel  caso  in  esame  del  requisito della
eccezionalita'.
    Diversa  conclusione  deve  -  ad  avviso  del  giudice  - essere
raggiunta  a  proposito  degli ulteriori requisiti della necessita' e
dell'urgenza;  sul  punto,  va  ricordato  come la corte stessa abbia
ritenuto che «... gli estremi della necessita' ed urgenza affidati al
prudente  apprezzamento  degli organi di polizia nell'esercizio della
funzione  di  pubblica sicurezza... vanno visti sia in relazione alle
esigenze  dell'acquisizione  e  della  conservazione delle prove, sia
soprattutto  alle  qualita' morali del soggetto attivo, cioe' piu' in
generale  agli elementi subiettivi indicati dall'art. 133 c.p.» (cfr.
Corte cost. 173/1971).
    Nel  sistema  vigente,  la  misura  dell'arresto  obbligatorio e'
prevista  infatti  nei  casi  di  flagranza  di  reati  connotati  da
particolare gravita', ossia quelli per i quali la legge stabilisce la
pena  dell'ergastolo  o  della  reclusione non inferiore nel minimo a
cinque  anni  e  nel massimo a venti (art. 380, primo comma c.p.p.) e
nei  casi  di  flagranza  di  altri  reati,  specificamente  indicati
(art. 380,  secondo  comma  c.p.p.)  che  sono  stati individuati dal
legislatore  come caratterizzati da speciali esigenze di tutela della
collettivita'  (cfr.  legge  delega 16 febbraio 1987 n. 81). In tutti
questi casi la necessita' e l'urgenza sono insite nella natura stessa
dei reati per i quali la misura in esame e' stata prevista, reati che
sono  oggettivamente e concretamente suscettibili di compromettere le
citate esigenze.
    Il  reato di cui all'art. 14, quinto comma, d.lgs. citato, che ha
natura    contravvenzionale,    consiste    invece   nella   semplice
inottemperanza  da  parte  dello  straniero  all'ordine di espulsione
emanato  dal  questore,  in  assenza  di  giustificato motivo. Questa
violazione  si  pone  dunque su un piano del tutto diverso rispetto a
quello  dei reati appena considerati: in particolare, la condotta che
lo  integra  non  e'  suscettibile  di  destare  - ne' oggettivamente
considerata,  ne'  valutata  in  relazione alle condizioni soggettive
dell'agente  -  particolare  allarme sociale, tale da giustificare di
per  se'  l'adozione  immediata  di un provvedimento limitativo della
liberta' personale, quale quello previsto dalla nuova normativa.
    Sul  punto,  va  evidenziato come nel caso di specie per espresso
dettato  normativo  non  sia consentita - mancandone i presupposti di
legge  - l'applicazione di alcuna misura cautelare; l'arresto operato
dalla  p.g.  e'  pertanto  destinato ad esaurire i suoi effetti ancor
prima  dell'udienza  di convalida: la norma di cui all'art. 121 disp.
att.  c.p.p.  stabilisce  infatti  che  quando il p.m. ritenga di non
dover  chiedere  l'applicazione  di misure coercitive - ed ancor piu'
evidentemente  quando  non  possa richiedere tali misure - egli debba
disporre  l'immediata  liberazione  dell'arrestato  o del fermato. Il
provvedimento  contemplato dalla norma in esame si discosta dunque da
quella  che  e'  la  finalita'  propria  dell'arresto  - generalmente
precautelare   -   ossia   strettamente  funzionale  alla  successiva
applicazione di una misura cautelare da parte dell'a.g.
    Ne'  puo'  sostenersi  che  i  requisiti  in esame possano essere
individuati con riferimento alla necessita' di instaurare il giudizio
con rito direttissimo, posto che, per le considerazioni sopra svolte,
tale  giudizio  si  svolgera'  necessariamente  nei  confronti  di un
imputato in stato di liberta'. Ancora, va rilevato come la necessita'
e  l'urgenza  di  limitare  la  liberta'  dello straniero nel caso di
specie  non  trovino  giustificazione  nemmeno in relazione al fine -
peraltro  estraneo  alle finalita' proprie dell'istituto - di rendere
possibile la sua successiva espulsione dal territorio dello Stato; il
comma  quinto-ter  dell'art. 14  prevede  infatti  che  in  tale caso
l'espulsione avviene sempre mediante accompagnamento alla frontiera e
dunque  -  in  base  a  tale disposizione - e' in ogni caso garantito
l'effettivo  allontanamento dello straniero dal territorio nazionale.
L'inutilita'  della misura in esame al fine indicato traspare poi con
maggiore  evidenza nell'ipotesi in cui non sia possibile eseguire con
immediatezza  l'espulsione, ipotesi nella quale il questore, ai sensi
del   comma  quinto-quinquies  dell'art. 14,  puo'  disporre  che  lo
straniero  sia  trattenuto in un centro di permanenza temporanea, per
la durata di trenta giorni, prorogabili per ulteriori trenta.
    Infine,  appare di immediata evidenza la assoluta irrilevanza del
provvedimento   restrittivo   in  esame  in  relazione  ad  eventuali
finalita'  di  acquisizione  o  conservazione  della prova del reato,
certamente non compromesse ove il soggetto resti in liberta'.
    La  restrizione della liberta' personale dello straniero prevista
dalla  norma  in  esame  e'  dunque priva di ogni concreta utilita' e
appare   in  conclusione  fine  a  se'  stessa  e  quindi  del  tutto
irragionevole,   in   contrasto  con  quanto  affermato  dalla  Corte
costituzionale  nella  sentenza  n. 244  del  1974,  laddove e' stata
riconosciuta  nella  materia  in  questione ampia discrezionalita' al
legislatore,   discrezionalita'   limitata   solo   dalla   manifesta
irragionevolezza delle scelte operate.
    La   ritenuta   irragionevolezza  della  previsione  dell'arresto
obbligatorio  nel  caso  di  specie consente di ritenere la misura in
esame  manifestamente  discriminatoria nei confronti di una categoria
di  persone socialmente sfavorite e consente dunque di dubitare della
conformita' della stessa al dettato dell'art. 3 Cost.
    Ben  diversa  sarebbe la situazione qualora il legislatore avesse
previsto  -  nel  caso  in  esame  -  la facoltativita' dell'arresto,
lasciando  all'autorita'  di p.s. una discrezionalita' da esercitarsi
in  presenza  di  determinate  situazioni  soggettive  che rendessero
concretamente  necessario  ed  urgente  l'intervento  di  p.s., fermo
restando  il  controllo  dell'autorita'  giudiziaria  sulla effettiva
esistenza  di  tali  requisiti,  cosi' come si puo' argomentare dalla
sentenza  n. 64  del  1977, relativa ad una questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 9, legge n. 1423/1956; in tale occasione la
corte  ha  infatti affermato la conformita' al dettato costituzionale
della  norma  citata proprio in quanto prevede una ipotesi di arresto
facoltativo e non obbligatorio.