IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul ricorso n. 581/2000
R.G.R.  proposto  da  Sechi  Ottavio e Santoru Lucia, rappresentati e
difesi  dagli  avv.ti  M.  Ansaldo e M. Barilati, presso, il quale e'
effettivamente   domiciliato   in   Genova,   Via  Corsica  n. 21/18,
ricorrente;
    Contro:
        l'Azienda  regionale  territoriale  edilizia  -  A.R.T.E., in
persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso
dall'avv.  A. Amati, con domicilio eletto in Genova, Via XX Settembre
19/6 presso l'avv. F. Pellitteri;
        il  comune  di  La  Spezia, in persona del Sindaco in carica,
rappresentato  e  difeso  dall'avvocato  T.  Acordon ed elettivamente
domiciliato   presso   la  segreteria  del  Tribunale  amministrativo
regionale Liguria resistenti;
    Per l'annullamento del decreto n. 18 del 10 novembre 1999, emesso
dall'amministratore   unico   dell'A.R.T.E,  e  di  ogni  altro  atto
preparatorio, presupposto, connesso e/o consequenziale e segnatamente
della  nota  n. 700/9 del 13 marzo 1999 e dell'atto d'intimazione del
3 marzo 2000;
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Visto  l'atto  di  costituzione  in giudizio dell'amministrazione
intimata;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Uditi  alla  pubblica  udienza  del  24 ottobre 2002, relatore il
consigliere  Sergio  Fina,  gli avv.ti M. Barilati, per i ricorrenti,
l'avv.  A.  Amati  per  l'A.R.T.E, di La Spezia e l'avv. E. Furia, in
sostituzione dell'avvocato T. Acordon per il comune di La Spezia;
    Ritenuto e considerato quanto segue:

                        Esposizione del fatto

    I  ricorrenti  espongono  che con il decreto impugnato l'A.RT.E.,
Azienda  regionale  territoriale  per l'edilizia, ha pronunciato, nei
loro  confronti,  la  decadenza  dall'assegnazione  dell'alloggio  di
edilizia residenziale pubblica.
    A sostegno del ricorso gli interessati deducono i seguenti motivi
d'impugnazione:
        1. - Incompetenza;  violazione  e/o  falsa applicazione dagli
artt. 95  del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977,
n. 616,  27  secondo  comma  e 28 della legge regionale 3 marzo 1994,
n. 10; illogicita' e contraddittorieta'.
    Non   rientrerebbe  nelle  competenze  dell'amministratore  unico
dell'A.R.T.E.,   bensi'   in  quelle  del  comune  l'esercizio  delle
funzioni,    inerenti    l'assegnazione   degli   alloggi,   compresi
l'annullamento, la revoca e la decadenza;
        2. - Violazione  e/o  falsa  applicazione  degli artt. 6 e 27
secondo  comma  lettera d) della legge regionale 3 marzo 1994, n. 10,
e, inoltre, dell'art. 14 della legge 9 dicembre 1998, n. 431; difetto
d'istruttoria e di motivazione.
    L'art. 12  della legge n. 392/1978 e' stato abrogato dall'art. 14
della  legge  n. 431/1998  e  dunque  ad esso non poteva farsi valido
riferimento;  inoltre  le  determinazione  del  valore  locativo deve
essere  aggiornata  in  base  alla  variazione  dei prezzi al consumo
calcolata attraverso gli indici ISTAT;
        3. - Violazione  e falsa applicazione degli art. 6, 8, primo,
secondo  e  terzo  comma  e  27, secondo comma lettere d) ed e) della
legge   regionale  n. 10/1994;  illegittimita'  costituzionale  degli
articoli  suindicati  per violazione dei principi di ragionevolezza e
di  buona amministrazione di cui agli artt. 3 e 97 della Costituzione
e   agli   artt. 42,   secondo   comma  e  47,  secondo  comma  della
Costituzione;  violazione  e  falsa  applicazione  dell'art. 19 della
legge n. 241/1990, in relazione alla legge n. 560/1993; illogicita' e
contraddittorieta'.
    La perdita dei requisiti di cui all'art. 6 lettera d) della legge
regionale  n. 10/1994  non  e'  sufficiente  ai fini della decadenza,
occorrendo  allo  scopo  anche  il  superamento del limite di reddito
richiesta  dall'art. 8  della stessa legge. I due parametri, infatti,
devono  essere posti in correlazione tra loro e l'uno non puo' essere
autonomo rispetto all'altro;
        4. - Violazione e/o falsa applicazione degli artt. 6, secondo
comma   legge  regionale  n. 27/1996,  settimo  e  nono  comma  legge
n. 560/1993,  10,  legge  n. 241/1990;  difetto  d'istruttoria  e  di
motivazione;    contraddittorieta';    illogicita';    illegittimita'
costituzionale come sopra delineata.
    Vengono,  sostanzialmente,  riproposte le medesime argomentazioni
sviluppate con il precedente motivo.
    A  seguito  della  produzione  di  nuovi  documenti  i ricorrenti
proponevano   motivi   aggiunti   i   cui   contenuti  si  riportano,
essenzialmente, agli enunciati profili di gravame.
    Si  e'  costituita  l'amministrazione  resistente  opponendosi al
ricorso e chiedendo che il medesimo venga respinto nel merito.
    Con  ordinanza,  depositata  in  data  20 aprile  2000, l'istanza
cautelare e' stata accolta.
    Chiamata all'odierna udienza il ricorso passava in decisione.

                       Motivi della decisione

    La  questione  che  viene  sottoposta  al Collegio consiste nella
stabilire  se  sia  legittimo il provvedimento con il quale l'Azienda
regionale  territoriale  per  l'edilizia  A.R.T.E.,  in  applicazione
dell'art. 6   della   legge  regionale  3 marzo  1994,  n. 10,  abbia
dichiarato,    nei    confronti    del   ricorrente,   la   decadenza
dall'assegnazione  di  alloggio  di edilizia residenziale pubblica in
ragione  del  possesso  a  titolo  di  proprieta',  di  quest'ultimo,
nell'ambito  del  territorio  nazionale,  d'immobili  il  cui  valore
locativo  e'  risultato  superiore  alla  soglia fissata dalla Giunta
regionale  in  base  alle  modalita'  di calcolo previste dalla legge
n. 392/1978, legge relativa all'equo canone.
    Invero  tutti  gli  altri  motivi  dedotti  appaiono  palesemente
infondati  mentre,  esclusivamente  dalla  risoluzione della indicata
questione di merito dipende il giudizio di fondatezza del ricorso.
    Nella  situazione  specifica,  il ricorrente rileva come la norma
regionale abbia operato un vero e proprio rinvio alla legge 27 luglio
1978,  n. 392,  il  cui art. 12 sul valore locativo e' stato abrogato
dall'art. 14  della legge 9 dicembre 1998, n. 431 e, dunque, esso non
rappresenti,  come  prospettato  dall'amministrazione,  un  parametro
autonomo  fissato  dalla  disciplina  regionale, ma, al contrario, la
riproposizione di meccanismi espunti dalla normativa statale vigente.
    Ne  conseguirebbe, ad avviso del ricorrente, l'illegittimita' del
provvedimento  assunto  dall'azienda  regionale  per  violazione  dei
principi d'imparzialita' e di ragionevolezza di cui agli artt. 3 e 97
della Costituzione.
    Il   Collegio   osserva,  anzitutto,  che  l'art. 6  della  legge
regionale  Liguria  3 marzo  1994,  n. 10,  richiamato  dall'art. 27,
lettera  d)  della  medesima  legge  ai  fini  della  pronuncia della
decadenza,  prevede,  tra  i  requisiti  negativi, per l'assegnazione
degli   alloggi   di  edilizia  residenziale  pubblica  in  locazione
semplice,   la  non  titolarita'  di  diritti  reali  di  proprieta',
usufrutto,  uso,  abitazione  su  uno  o  piu' alloggi, anche sfitti,
ubicati  in  qualsiasi  localita',  la  cui  quota di valore locativo
complessivo, determinato ai sensi della legge 27 luglio 1978, n. 392,
sia   almeno  pari  al  valore  locativo  di  alloggio  adeguato  con
condizioni  abitative medie nell'ambito territoriale cui si riferisce
il bando di concorso.
    La  legge  n. 392/1978  sull'equo  canone,  a cui la disposizione
appena sopra citata fa espresso riferimento, quanto alle modalita' di
determinazione   del   valore   locativo,  e'  stata,  profondamente,
modificata  dalla  legge  9 dicembre 1998, n. 431 che ha adottato una
impostazione   ed  una  disciplina  convenzionale  del  tutto  nuova,
abrogando  molte  delle  disposizioni  della  vecchia  legge, tra cui
l'art. 12 che regolava la base di calcolo del valore locativo ai fini
della determinazione dell'equo canone per le locazioni abitative.
    Cosi'  operando  la  nuova  disciplina  delle locazioni ha inteso
attribuire,  per fini di liberalizzazione del mercato immobiliare, la
determinazione   del   canone   al   libero   accordo   delle  parti,
svincolandolo,   pertanto,  da  qualsiasi  prescrizione  normativa  o
regolamentare,  sicche'  deve  ritenersi  contrario  al  principio di
ragionevolezza   il   mantenimento   di   un   valore  non  idoneo  a
rappresentare il fabbisogno abitativo e che, comunque, non rispecchia
piu',   nel   quadro   delle   transazioni  immobiliari,  la  realta'
economica-sociale del Paese.
    Peraltro l'incongruenza appare ancora piu' evidente ove si rilevi
che   i  valori  relativi  agli  immobili,  eventualmente,  posseduti
dall'assegnatario,   questa   volta,   sotto   forma  di  redditi  di
fabbricati,  concorrono  alla  determinazione  del reddito imponibile
complessivo del soggetto, misura la cui entita' gia' puo' costituire,
ai  sensi  dell'art. 8  della  legge  regionale n. 10/1994, motivo di
esclusione,  qualora  essa  risulti  superiore,  per  due  annualita'
consecutive,  oltre  quella  di  rilevamento,  al  limite  di reddito
fissato dal Consiglio regionale.
    Ora da tale ragionamento non deriva che la regione non possa, con
norme  specificative,  regolare  l'accesso  ad  alloggi  di  edilizia
residenziale   pubblica,   prevedendo,   tra   le  altre  condizioni,
l'esclusione  per  coloro  i quali siano proprietari di beni immobili
della  stessa  natura  di  quelli attribuiti in concessione, ma tutto
cio'  l'Ente  deve  fare,  predisponendo,  se non in contrasto con la
disciplina  ordinaria  di riferimento, criteri propri di valutazione,
preferibilmente,  ancorati  ad  indici  oggettivi,  quali  potrebbero
considerarsi  la superficie abitabile o il valore di mercato del bene
determinato  dagli  uffici  tecnici  erariali.  Nella  fattispecie il
riferimento al reddito dell'immobile, commisurato al valore locativo,
e'  stato  soppresso con delibera 13 marzo 1995 del C.I.P.E, Comitato
interministeriale  per  la  programmazione economica, organo a cui e'
attribuita  per legge la fissazione dei criteri di assegnazione degli
alloggi  di  edilizia  residenziale pubblica e, dunque tale contrasto
sussiste.
    Ne  discende  che  sotto  l'aspetto  appena  descritto  l'art. 27
lettera  d)  della legge regionale della Liguria 3 marzo 1994, n. 10,
nel richiamare e recepire l'art. 6 della medesima legge regionale, si
pone in contrasto con l'art. 3 e con l'art. 97 della Costituzione.
    In  conclusione, della questione deve essere, pertanto, investita
la Corte costituzionale affinche' venga stabilito se questo tribunale
amministrativo  regionale possa, ai fini della decisione sul ricorso,
considerare legittimo, alla stregua dei principi costituzionali sopra
ricordati,  il  parametro  di  valutazione  fissato dall'art. 6 della
legge  regionale  3 marzo  1994, n. 10, sulla base del quale e' stata
pronunciata    la    decadenza   del   ricorrente   dall'assegnazione
dell'alloggio di e.r.p.
    Sulla   non  manifesta  infondatezza  della  questione  posta  e'
sufficiente  il  richiamo  alle  sentenze  della Corte costituzionale
5 giugno 2000, n. 176 e 19 luglio 2000, n. 299.
    Il  giudizio  deve  essere,  pertanto  sospeso  in  attesa  della
decisione sulla questione cosi' sollevata.