IL GIUDICE PER LE INDAGINI PRELIMINARI

    Sulla  richiesta  di  convalida  di decreto di intercettazione di
conversazioni telefoniche emesso dal p.m. sede, il 19 febbraio 2003,

                            O s s e r v a

    Il  p.m.  chiedeva  la  convalida di un proprio decreto emesso di
urgenza  e  con cui disponeva l'intercettazione di utenze nell'ambito
di  procedimento penale relativo a traffico di droga e nel cui ambito
erano  state  avviate  attivita'  di  ricerca  di  latitante - il cui
nominativo  si  omette,  per  evidenti  ragioni di riservatezza delle
indagini,  posto  che  l'ordinanza  verra' resa pubblica e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale  -,  risultato  costui  essere collegato a
coloro  che sono indagati nel procedimento, per i delitti di cui agli
artt. 73 e 74, decreto del Presidente della Repubblica n. 309/1990.
    Nel   corpo   del   decreto,  il  p.m.  giustificava  le  ragioni
dell'urgenza  nel  provvedere evocando il «caso di urgenza potendo da
ritardo  derivare  grave pregiudizio per le indagini stesse in quanto
non  altrimenti  conseguibile  la  fonte  di  prova». Inoltre, faceva
menzione  dell'indisponibilita'  di  apparecchiature idonee presso la
Procura  sede, trascurando di giustificare la legittimazione dell'uso
di   apparecchiature   esterne   alla   Procura,  in  relazione  alle
eccezionali  ragioni  di  urgenza, come ulteriormente richiesto dalla
normativa di cui all'art. 268/3 c.p.p.
    Si  ritiene  che  il  difetto  dell'esposizione delle eccezionali
ragioni  di  urgenza  richieste  dall'art. 268/3  c.p.p.,  rendera' i
risultati  delle  intercettazioni  -  in  futura  sede di delibazione
cautelare  o  di  merito - inutilizzabili, a mente di quanto disposto
dall'art. 271/1  c.p.p.  Cio'  senza  che il giudice, in questa fase,
abbia  nemmeno  la  possibilita'  giuridica di intervenire al fine di
porre  rimedio ad una situazione che, gia' da ora, si puo' senz'altro
pronosticare come pregiudizievole per il procedimento, dovendosi - in
sede  di  futura  valutazione  degli  esiti  delle  intercettazioni -
prendere  atto  del  difetto  segnalato  e  delle  sue  irrimediabili
conseguenze.
    L'art. 268   c.p.p.,   prevede   che   il   p.m.,   in   caso  di
indisponibilita'   di   impianti  presso  la  Procura  e  sussistendo
eccezionali ragioni di urgenza, possa disporre che le intercettazioni
-  anche da lui disposte d'urgenza, oltre che autorizzate dal giudice
-  siano  eseguite  presso impianti esterni alla Procura medesima, in
deroga alla regola generale sul punto, imposta dall'art. 268/3, primo
periodo, c.p.p.
    Il  provvedimento  del  p.m.,  sul  punto, si pone come meramente
esecutivo  -  di  operazioni  autorizzate  dal  giudice,  o  disposte
d'urgenza   dallo  stesso  p.m.  -,  con  deliberazione  autonoma,  e
rappresenta il titolo di legittimazione delle modalita' di esecuzione
delle   operazioni   medesime.   Spesso   accade,   inoltre,  che  il
provvedimento  che dispone in punto di esecuzione delle operazioni di
intercettazione,  sia  contenuto  nel corpo stesso del decreto emesso
d'urgenza del p.m., ma cio' non toglie che, comunque, si tratti di un
provvedimento  isolabile  da  quello  principale  e  che mantiene una
propria autonomia, pur risultando incorporato nel principale.
    Ora,  cio'  ehe  puo'  essere  sindacato  dal giudice, al fine di
verificare  se  sussistano o meno i presupposti di legittimita' delle
operazioni    di    intercettazione,   soltanto   la   richiesta   di
autorizzazione alle operazioni, ovvero il provvedimento d'urgenza del
p.m.,  con cui sono, sin dall'immediato, disposte le intercettazioni.
Non,  invece,  il provvedimento relativo alle modalita' di esecuzione
delle  operazioni,  che, in ipotesi, disponesse la deroga alla regola
generale  di  cui  all'art. 268/3,  primo periodo, c.p.p.. Esso e' di
esclusiva  spettanza  del  p.m.  ed attiene esclusivamente ai modi di
esecuzione di operazioni gia' assentite, ovvero da convalidare.
    Tuttavia, tale difetto di potere da parte del giudice finisce per
rendere  l'aspetto  esecutivo  delle  operazioni  di intercettazioni,
cosi'  rappresentato, un momento franco da vigilanza giurisdizionale.
Cio'  puo'  comportare  effetti perniciosi per la stessa economia del
procedimento,  senza possibilita' di alcun rimedio per la sorte delle
prove acquisite mediante le intercettazioni.
    Infatti,  il  p.m.,  per disporre legittimamente le operazioni di
intercettazione  con  strumentazione  esterna alla Procura, deve dare
adeguatamente  ed  indefettibilmente  conto,  oltre che delle ragioni
dell'insufficienza  o  indisponibilita' degli impianti interni, anche
delle  eccezionali  ragioni  di  urgenza,  che  rendono  opportuno un
intervento ab externo. Il difetto di motivazione sul punto - che puo'
mancare in senso fisico, come in questo caso, ovvero essere apparente
o,     ancora,    insufficiente    -    implica,    conseguentemente,
l'inutilizzabilita'  delle  intercettazioni  compiute,  a norma degli
artt. 268/3  e  271/1  c.p.p.  -  giacche' quest'ultima norma commina
espressamente la sanzione dell'inutilizzabilita' anche per il difetto
in  argomento  -,  senza  che  a tale grave prospettiva sia possibile
porre  alcun  rimedio  in  via  preventiva,  mediante  un  intervento
correttivo  o  censorio  del giudice, che sostituisca, ovvero allerti
l'organo  preposto  alla rituale dazione dei provvedimenti sul punto,
ad  esempio, facendo cessare le operazioni medesime, che potranno poi
essere ritualmente riprese.
    Il rimedio a tale pernicioso vuoto normativo - almeno per il caso
di  mancanza  assoluta e fisica della motivazione saliente, ovvero di
motivazione  apparente,  giacche'  sarebbe  congruo  opinare  che  un
eventuale insufficiente motivazione possa essere adeguata dall'organo
giurisdizionale  di  controllo  che  intervenisse successivamente, in
sede   cautelare   o  di  giudizio,  in  esplicazione  di  un  potere
integrativo,  al  pari  di  cio'  che  accade  in  sede  di  giudizio
rescissorio  -  potrebbe essere quello del controllo preventivo della
congruita'  delle  motivazioni  del provvedimento del p.m. sul punto,
affidato   al   giudice,  in  sede  di  richiesta  di  convalida  del
provvedimento  d'urgenza  del  p.m.,  ovvero in sede di prima proroga
seguente alla autorizzazione alle operazioni richieste dal p.m.
    La mancata previsione di un intervento del genere - che consente,
oltretutto, un immediato controllo della legittimita' dell'intervento
del   p.m.  in  sede  di  modalita'  esecutive  delle  operazioni  di
intercettazioni,  proprio  in  funzione di garanzia nello svolgimento
delle medesime, secondo quella stessa ratio che, per regola generale,
le  impone  come da eseguire presso i locali della Procura procedente
-,  determina, certamente, un detrimento per la corretta ed economica
amministrazione  della  giustizia, inteso quest'ultimo aggettivo come
esigenza  di  esercizio del relativo potere pubblico con la capacita'
di  coniugare il risultato ottimale da perseguire con il minor costo,
in termini di dispersione di energie ed attivita' lavorative, nonche'
di esiti di indagine, oltre che prettamente economiche. Nella specie,
il  buon  andamento dell'amministrazione della giustizia e' obiettivo
da  perseguire evitando di porre in essere attivita' di indagine che,
gia'  in origine, potrebbero essere stimate del tutto inutilizzabili,
percio' processualmente inutili ed economicamente improduttive.
    Cio'  accade,  infatti,  per  il  caso in cui il p.m. errasse nel
confezionamento  materiale  del  proprio  provvedimento,  nei termini
prospettati, come nel nostro caso. Il giudice non sarebbe, allo stato
della   legislazione,  legittimato  a  sindacarne  il  contenuto.  Le
intercettazioni   compiute   potrebbero   essere,   poi,   dichiarate
inutilizzabili  dalgiudice  che  dovesse valutarle ai fini cautelari,
ovvero  ai  fini  del  giudizio  di  merito.  Con  la conseguenza che
l'attivita'  saliente  -  spesso  lungamente  protrattasi nel tempo e
molto dispendiosa, oltre che foriera di decisivi apporti probatori -,
potrebbe essere posta nel nulla senza che in sede giurisdizionale sia
possibile  un  qualche  rimedio  a tale situazione, irragionevolmente
preclusa al sindacato preventivo del giudice.
    Lo   stato   della  legislazione  evidenzia  un  difetto  che  la
giurisprudenza  tende  a  rimediare  con  ardite  interpretazioni, da
stimare  scarsamente compatibili con i principi generali, come quella
secondo  cui  il p.m. stesso, anche in un momento successivo, purche'
anteriore  al  vaglio  del  giudice,  potrebbe integrare gli elementi
mancanti  nella  motivazione  del provvedimento con cui si dispongono
delle   modalita'   esecutive  delle  intercettazioni  ab  extra  («i
presupposti di legittimita' del ricorso ad apparati diversi da quelli
installati presso la Procura consistono in situazioni oggettive delle
quali   il  decreto  attuativo  opera  una  mera  ricognizione;  cio'
significa  che  se  e' inderogabilmente richiesto che esse sussistano
nel  momento  in  cui  le  operazioni  vengono eseguite con modalita'
straordinarie,  e'  tuttavia  consentito  che della loro esistenza il
p.m.  possa  dare  atto  durante  la  (o  anche  successivamente alla
conclusione  della)  fase esecutiva delle stesse, purche' ovviamente,
in  un  momento  anteriore  a  quello  dell'utilizzazione degli esiti
dell'intercettazione»,  in  Cass.  Sez II, 6 novembre 2002, n. 42161,
ric.  Osala,  che,  per vero, aveva trattato un'ipotesi di difetto di
indicazione   dell'indisponibilita'   degli   impianti  in  Procura).
Opinione  che  -  se  puo'  essere accolta per la mancata indicazione
dell'indisponibilita' dei mezzi idonei in Procura, non consentendo il
requisito  apprezzamenti discrezionali, trattandosi di circostanza di
mero  fatto  circa l'esistenza o inesistenza degli impianti - risulta
di dubbia ragionevolezza con riferimento al difetto della motivazione
sulle  eccezionali ragioni di urgenza. Essa pone nel nulla l'esigenza
di  un  provvedimento  rituale preventivo, suscettivo di controllo ed
inteso  ad  evitare possibili abusi e strumentali interventi tardivi,
in  funzione  del  salvataggio  di  difetti pregressi. Infatti, cosi'
ragionando,  ogni provvedimento preventivo - che legittimi operazioni
ed  attivita'  il  cui  presupposto  sia una situazione oggettiva, di
fatto,  ma  suscettiva  di  un  qualche apprezzamento discrezionale -
potrebbe essere surrogato da altro, di volta in volta da collocare in
un    tempo    qualificabile   come   ragionevolmente   tardivo,   ma
artificiosamente  emesso al solo fine di salvaguardare gli effetti di
un'attivita'  non  ritualmente  compiuta, poiche' non preventivamente
assentita in maniera legale.
    Tanto  e'  discutibile il principio espresso dalla giurisprudenza
citata,  che  si  richiama anche ad altre pronunce di analogo tenore,
che  la  stessa  Corte  di cassazione citata qualifica come, «atipica
prassi»  quella  dell'intervento  ex post del p.m. sul punto, laddove
non  appare  chiarissimo  lo  scrimine tra l'atipicita' dell'atto, la
mera  irregolarita'  della fattispecie complessa che ne sortisce e la
sanzione di inutilizzabilita' incombente sulla stessa.
    Sicche',  si lamenta l'incostituzionalita' della normativa di cui
all'art. 268  c.p.p.,  nella  parte in cui non prevede che, una volta
emesso il provvedimento con cui il p.m. - nel corpo del provvedimento
di  urgenza, ovvero separatamente - abbia disposto l'esecuzione delle
operazioni  di intercettazioni extra moenia, tale provvedimento possa
essere  verificato  dal  giudice chiamato a vagliare le operazioni di
intercettazioni,  al  fine  di  valutarne  la  congruita' rispetto ai
parametri legali. Cio' non solo in sede di richiesta di convalida del
provvedimento di urgenza del p.m., ma anche in sede di autorizzazione
alle  intercettazioni,  allorche' il provvedimento esecutivo del p.m.
segua  -  in  tal  caso  -  quello del giudice, potendosi compiere il
sindacato  giurisdizionale alla prima occasione utile, vale a dire in
sede di prima richiesta di proroga delle intercettazioni.
    Le   argomentazioni   esposte   evidenziano   la   non  manifesta
infondatezza  del  dubbio di costituzionalita' in argomento, rispetto
al  parametro  costituzionale  della garanzia e della tutela del buon
andamento  della  pubblica  amministrazione, inteso, nello specifico,
come  buon  governo  dell'amministrazione  della  giustizia,  imposto
dall'art. 97 Cost.
    La rilevanza della questione sta nella considerazione secondo cui
l'impossibilita'  di  eseguire  il controllo ex ante in questione, da
parte  del  giudice  richiesta  di  convalidare  il  provvedimento di
urgenza  del  p.m., renderebbe, nel caso di specie, inutilizzabili le
future  intercettazioni  svolte,  giacche'  risulta priva di adeguata
motivazione  il  provvedimento  del  p.m. che dispone sulle modalita'
esecutive  delle operazioni al di fuori dei locali di Procura, quanto
alla   sussistenza  delle  eccezionali  ragioni  di  urgenza  che  le
renderebbero opportune.
    L'inutilizzabilita'   degli   esiti   delle  operazioni  eseguite
dovrebbe  essere dichiarata, inevitabilmente, nella prima occasione -
cautelare  o di merito - in cui il giudice si trovasse a dover fruire
del  materiale  relativo,  verificando allora, ex post, il difetto di
uno  dei presupposti di cui all'art. 268/3 c.p.p. per l'esecuzione di
intercettazioni fuori Procura.