LA CORTE D'APPELLO

    A   scioglimento   della   riserva,  formulata  nell'udienza  del
19 dicembre   2002,   ha   pronunciato   la  seguente  ordinanza  nel
procedimento   iscritto  al  n. 979/2001  R.G.  Lavoro  promosso  da:
I.P.O.S.T.   (Istituto   postelegrafonici)   in  persona  del  legale
rappresentante  in  carica,  rappresentato  e  difeso dall'avvocatura
dello Stato di Bologna, presso cui, ope legis, e' domiciliato;
    Contro Zucchini Edi, contumace.
    Premesso che:
        Zucchini  Edi ha convenuto in giudizio l'I.P.O.S.T. (Istituto
postelegrafonici),  dinanzi  al  tribunale  di Bologna in funzione di
giudice del lavoro, deducendo:
        che  era  stato  dipendente  dell'Ente  Poste  Italiane,  poi
divenuto Poste Italiane S.p.a., e di essere stato posto in quiescenza
in data 25 settembre 1995;
        che  l'I.P.O.S.T.,  ai  fini del conteggio dell'indennita' di
buonuscita dovuta, aveva calcolato l'indennita' integrativa speciale,
nella misura del 48% anziche' del 60%.
    Tanto  premesso,  Zucchini  Edi  ha  chiesto  la  condanna  della
societa'  convenuta  a  ricalcolare l'indennita' di buonuscita, sulla
base  del  conteggio  del  60%  dell'indennita' integrativa speciale,
anziche' del 48%.
    Si  e'  costituito in giudizio l'I.P.O.S.T. sostenendo che l'art.
3,  comma  2  del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre
1973, n. 1032, lega l'indennita' di buonuscita alla base contributiva
di  cui  all'art. 38  e  che per effetto del combinato disposto delle
norme anzidette, la base contributiva costituita dall'80% dell'ultimo
stipendio e di una serie di assegni accessori espressamente indicati,
con eselusione dell'indennita' integrativa speciale.
    Ha   poi  aggiunto  che,  nella  vigenza  di  tale  sistema,  era
intervenuta  la  sentenza n. 243/1993 della Corte costituzionale, che
aveva   dichiarato   l'illegittimita'  delle  norme  che  escludevano
l'indennita'  integrativa  speciale  dal  calcolo  dell'indennita' di
buonuscita,  rimettendo  alla  discrezionalita'  del  legislatore, la
definizione  dei  meccanismi  atti  a  realizzare l'equivalenza tra i
diversi trattamenti di fine rapporto.
    Ha  poi rilevato che il legislatore aveva recepito le indicazioni
della sentenza costituzionale, con legge 29 gennaio 1994, n. 87, che,
all'art. 1,  comma  1,  prevede che l'indennita' integrativa speciale
venga  computata,  dal  1° dicembre 1994, nella base di calcolo della
indennita'  di  buonuscita,  nella  misura  del  60%  dell'indennita'
integrativa  speciale,  in  godimento  alla data della cessazione dal
servizio, sottolineando che sulla base di tale quadro normativo, esso
istituto  aveva inserito il 60% della indennita' integrativa speciale
nella  base  di  calcolo,  ed  aveva poi calcolato l'80% dell'importo
risultante, determinando in tal modo la base contributiva.
    Con  sentenza n. 981/2000, il giudice del lavoro del Tribunale di
Bologna  ha  accolto la domanda di Zucchini Edi, ed ha affermato che,
in applicazione dell'art. 1, legge n. 87/1994, interpretato alla luce
della  sentenza  n. 243/1993  della  Corte  costituzionale,  la  base
contributiva  doveva  essere  determinata aggiungendo direttamente il
60%  della  indennita'  integrativa  speciale, alla base contributiva
determinata  secondo  il  meccanismo di cui al decreto del Presidente
della  Repubblica  n. 1032/1973,  e non poteva invece essere inserita
nella  base  di  calcolo  della  base contributiva di cui allo stesso
decreto del Presidente della Repubblica n. 103/1973.
    Ha  pertanto  condannato  I.P.O.S.T.  alla  corresponsione  delle
differenze  dovute.  Con  ricorso  depositato  in data 8 agosto 2001,
I.P.O.S.T. ha appellato la detta sentenza, deducendo che per costante
orientamento della Suprema Corte di cassazione, «l'art. 1 della legge
29 gennaio 1994, n. 87, nello stabilire l'inclusione della indennita'
integrativa   speciale  nella  base  di  computo  dell'indennita'  di
buonuscita,  e  nel  limitare contestualmente tale inclusione, ad una
determinata  percentuale,  ha  perseguito  esclusivamente lo scopo di
fissare   la  misura  nella  quale  il  primo  di  tali  elementi  da
comprendere  nel  coacervo di quelli destinati a confluire nella base
contributiva  necessaria  alla liquidazione del secondo, non anche di
impedire  che  la  determinazione  della  consistenza di quest'ultima
avvenga  mediante  applicazione  generalizzata  a tutte le componenti
della   base   di   computo   e   quindi  alla  suddetta  percentuale
dell'indennita'  integrativa  speciale,  della  falcidia  imposta per
giungere   alla  quantificazione  della  frazione  di  indennita'  di
buonuscita   riferibile   a   ciascun   anno   di   servizio   (Cass.
n. 13634/2000).
    Tale   principio   e'   stato   ribadito   anche  dalla  sentenza
n. 13499/2000, sicche' esso costituisce ormai, «diritto vivente».
    Ha chiesto pertanto la riforma della appellata sentenza.
    La Corte di appello di Bologna, all'esito della discussione orale
rileva:
        1)  Il  principio  stabilito  dalle  sentenze n. 13499/2000 e
13634/2000  della Suprema Corte di cassazione, ha trovato riscontro e
conferma nella successiva giurisprudenza, di guisa che puo' ritenersi
diritto vivente.
        2)  Tale  interpretazione  appare a questa Corte in contrasto
con  gli  indirizzi  espressi  dalla sentenza n. 243/1993 della Corte
costituzionale,   ed  in  contrasto  con  gli  artt. 36  e  38  della
Costituzione.  Si  prospetta,  quindi,  un  conflitto  tra  le  norme
ordinate  e  quelle  costituzionali, che puo' essere risolto soltanto
dal Giudice delle Leggi.
        3)   Va  premesso  che  la  questione  e'  rilevante  per  la
definizione  del presente giudizio. Occorre infatti osservare che, la
Corte  costituzionale,  con  la sentenza n. 243/1993, ha stabilito la
natura   retributiva   e   non   previdenziale  della  indennita'  di
buonuscita, ed ha altresi' stabilito il principio che le compressioni
nel  computo  della  stessa,  ai  fini del calcolo dell'indennita' di
buonuscita,  non  debbano  pregiudicare  il  principio costituzionale
della  sufficienza  della  retribuzione,  soprattutto  per  le  fasce
salariali  meno  retribuite,  ed  il  principio  costituzionale della
proporzionalita'  della  retribuzione  alla  quantita' e qualita' del
lavoro prestato.
    Alla  luce  di  tali  principi,  la  scelta  del  legislatore  di
includere  l'indennita' integrativa speciale nella base contributiva,
nella   misura   del   solo  60%  della  quota  annua,  puo'  trovare
giustificazione  costituzionale  nelle esigenze di bilancio, solo ove
tale  percentuale  sia  interpretata  come  percentuale  da  inserire
direttamente   nella   base   contributiva,  e  conseguentemente  con
salvaguardia integrale della percentuale stessa.
    Ove  invece  la  percentuale del 60% della indennita' integrativa
speciale, sia interpretata come percentuale da inserire nella base di
calcolo,   ai   fini   della  successiva  determinazione  della  base
retributiva,  e  sulla  stessa  sia poi operata la riduzione all'80%,
come   previsto   dal   decreto   del   Presidente  della  Repubblica
n. 1032/1973,  deriva  che  la  percentuale  realmente ed in concreto
applicata,  e'  determinata  nella  misura del 48%, senza piu' alcuna
giustificazione   sotto  il  profilo  della  ragionevolezza,  di  una
siffatta compressione.
    Non  e'  poi  razionalmente  e  giuridicamente  comprensibile  la
ragione  del  trattamento  penalizzante  e  deteriore  riservato alla
indennita'   integrativa   speciale,   rispetto   alle   altre   voci
stipendiali,   utili   per  la  determinazione  della  indennita'  di
buonuscita.  L'applicazione  in  concreto  della percentuale del solo
48%,   realizza   pertanto,   un'aperta   lesione  del  principio  di
adeguatezza   e   proporzionalita'   della   retribuzione   garantito
dall'art. 36  della  Costituzione,  poiche'  determina  un computo in
misura  addirittura inferiore al 50%, misura palesemente non adeguata
alla  natura  retributiva dell'indennita' in questione, specie per le
retribuzioni   piu'  basse,  ed  in  aperto  contrasto  altresi'  con
l'art. 38,  primo  e secondo comma della Costituzione, nella parte in
cui  prevede  il  diritto  dei  lavoratori a mezzi adeguati alle loro
esigenze di vita, nel caso di vecchiaia.
    L'indennita'  in  questione, infatti interviene normalmente in un
periodo  che  coincide  con  la  cessazione  del lavoro per raggiunti
limiti di eta', e con la conseguente diminuzione, anche significativa
del reddito percepito, posto che il trattamento di pensione non copre
mai integralmente il reddito percepito in costanza di lavoro.
    In tale contesto, l'indennita' di buonuscita, nella sua natura di
retribuzione   differita,  svolge  tale  funzione  di  concorrere  ad
assicurare  mezzi  adeguati alle esigenze di vita dei lavoratori, nel
corso della vecchiaia.
    Per   gli  stessi  motivi,  l'applicazione  in  concreto  di  una
percentuale  del  solo  48%,  contrasta  con le indicazioni contenute
nella  sentenza  n. 243/1993  della Corte costituzionale. E' pertanto
rilevante   e   non   manifestamente   infondata   la   questione  di
illegittimita'  costituzionale dell'art. 1, comma 1 della legge n. 87
del 29 gennaio 1994, nell'interpretazione seguita uniformemente dalla
Suprema  Corte  di cassazione e costituente ormai diritto vivente, in
relazione agli artt. 36 e 38 della Costituzione.
    La questione e' altresi' rilevante nel giudizio in corso, poiche'
l'acccoglimento   della  medesima  determinerebbe  un  aumento  della
indennita'  di  buonuscita  dovuta  a Zucchini Edi, che passerebbe da
L. 20.949.256   a   L. 22.570.370   lorde,  pari  rispettivamente  ad
Euro 10.819,39 e ad Euro 11.656,62.
    Il   presente   giudizio   deve   pertanto  essere  sospeso,  con
trasmissione  degli atti alla Corte costituzionale, al Presidente del
Consiglio  dei ministri, e con comunicazione della presente ordinanza
ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.