IL TRIBUNALE Vista la richiesta di convalida dell'arresto operato nei confronti di Touhami Ben Arbi, nato il 2 aprile 1971 in Marocco, imputato per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 ed altro; Rilevato: che in data 9 febbraio 2003 veniva effettuato l'arresto dell'imputato in relazione al reato di cui all'art. 14, comma 5-ter d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, come modificato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189; che in data 10 febbraio 2003 il p.m., ritenuta la legittimita' dell'arresto nella nuova ipotesi di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, dal momento che il Touhami si tratteneva senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartitogli dal questore di Firenze ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998, ordine notificato all'imputato in data 16 ottobre 2002, chiedeva la convalida dell'arresto e procedersi per rito direttissimo; Il che il p.m., all'odierna udienza, si riportava alle conclusioni scritte; che l'imputato veniva interrogato; che il difensore si opponeva alla convalida, formulando eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies nel testo novellato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189, osservando che la previsione ivi contenuta, imponendo l'arresto obbligatorio per un'ipotesi di reato contravvenzionale in ragione del quale non puo' richiedersi misura cautelare coercitiva, risulterebbe in contrasto con gli artt. 2, 3, 10, 13, primo comma, 27, secondo comma, e 101 Cost.; che questo giudice si riservava sulla questione sollevata. Cio' posto, ritenuto che l'eccezione di costituzionalita' formulata dal difensore debba essere esaminata preliminarmente alla decisione sulla convalida dell'arresto, questo giudice, condividendo la prospettazione del difensore, solleva dinanzi alla Corte costituzionale questione di costituzionalita' della norma di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. 25 luglio 1998, n. 286, nel testo novellato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 sulla base delle seguenti motivazioni in merito alla rilevanza e alla non manifesta infondatezza. Sul carattere di pregiudizialita' e rilevanza della questione. A norma dell'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87, il giudice a quo e' chiamato, in primo luogo, a verificare la rilevanza della questione che intende sottoporre al vaglio della Corte costituzionale, al fine di accertare il carattere di pregiudizialita' rispetto alla decisione di merito di cui trovasi ad essere investito. In tanto una questione di costituzionalita' potra' reputarsi rilevante nel giudizio a quo in quanto dalla sua risoluzione possano scaturire effetti per la decisione di merito. La verifica della rilevanza impone pertanto al giudice a qua l'esigenza di operare una valutazione di prevedibile applicabilita' della norma impugnata. Ebbene, nel caso in esame il giudice ritiene di dover convalidare l'arresto, emergendo dagli atti che il medesimo e' avvenuto in presenza dei presupposti contemplati dal disposto di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, nel testo novellato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. Non puo' pertanto dubitarsi della rilevanza della questione di costituzionalita' della norma citata. Sulla non manifesta infondatezza della questione. Come noto, la possibilita' di attivare il giudizio incidentale sulla costituzionalita' di una norma e' condizionato alla previa verifica della non manifesta infondatezza della medesima, ossia da una preventiva e forzatamente sommaria delibazione, all'esito della quale emergano profili di contrasto con norme di rango costituzionale. Operato tale sommario vaglio, questo giudice reputa sussistenti profili di dubbia costituzionalita' dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, nel testo novellato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189 alla stregua degli artt. 3, 13, primo comma, 27, secondo comma, della Cost. Occorre premettere che la disposizione citata prevede l'arresto obbligatorio nonche' la necessita' di procedere con rito direttissimo nei confronti degli autori dei reati rispettivamente previsti dall'art. 14, comma 5-ter e dall'art. 14, comma 5-quater d.lgs. n. 286/1998, nel testo novellato dalla legge 30 luglio 2002, n. 189. La prima fattispecie incriminatrice - contestata nel caso che ci occupa - punisce con la pena dell'arresto da sei mesi ad un anno la condotta dello straniero che si trattenga senza giustificato motivo nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine del questore impartitogli ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis. Preme osservare che in questa ipotesi contravvenzionale il legislatore ha stabilito che deve altresi' procedersi a nuova espulsione, tramite accompagnamento alla frontiera a mezzo della forza pubblica. Per completezza deve soggiungersi che la seconda fattispecie (quella contemplata dall'art. 14, comma 5-quater) descrive un'ipotesi delittuosa, punendo con la pena della reclusione da uno a quattro anni il comportamento dello straniero, che colpito da provvedimento di espulsione ai sensi dell'art. 14, comma 5-ter, venga trovato nel territorio dello Stato. Cio' posto e considerato, la circostanza che il legislatore abbia inteso prevedere un ipotesi di arresto obbligatorio per una fattispecie di reato contravvenzionale, quale quella contestata all'imputato, solleva ictu oculi soverchie perplessita' sotto il profilo del fondamentale canone della ragionevolezza ex art. 3 Cost., cui deve informarsi l'attivita' del legislatore nell'esercizio delle sue prerogative istituzionali. Occorre, a tal proposito, evidenziare come nel codice di procedura penale l'arresto in flagranza - misura fortemente restrittiva della liberta' personale - in generale, e salvi i casi tassativamente previsti dal secondo comma dell'art. 381, non sia consentito per i delitti puniti con la pena della reclusione pari o inferiore, nel massimo, a tre anni. Ancor piu' ristretti sono i casi di arresto obbligatorio previsti dall'art. 380 c.p.p., con i quali occorre istituire il raffronto in questo caso, dato che, come s'e' gia' detto, la novella prevede tale categoria di arresto. Il sistema penale, in altri termini, prescrive l'obbligatorieta' della misura restrittiva della liberta' personale solo per reali, obiettive situazioni di singolare gravita'. Orbene, in deroga ai criteri generali, nel caso in esame, viene introdotta nell'ordinamento un ipotesi di arresto obbligatorio per una contravvenzione neppure particolarmente grave, soprattutto ove la si raffronti con ipotesi delittuose per le quali e' consentito l'arresto in flagranza al di sotto dei limiti sanciti dall'art. 380 c.p.p. (si pensi al delitto di furto, in relazione al quale il legislatore ha previsto la misura limitativa della liberta' personale sulla base dell'apprezzamento della spiccata pericolosita' sociale del fatto). Ne' puo' sottacersi che il nostro ordinamento, mentre, da un lato, introduce l'arresto obbligatorio per l'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 14, comma 5-ter, dall'altro, lo esclude per altre fattispecie contravvenzionali, punite con altrettanta, quando non maggiore, severita'. Si pensi, a tal proposito, alla fattispecie di cui all'art. 678 c.p. che incrimina la fabbricazione o il commercio abusivo di materie esplodenti, punendola con la pena dell'arresto fino a diciotto mesi oltre all'ammenda, per tacere del reato di porto di armi per cui non e' ammessa la licenza (art. 699, secondo comma, c.p.), reato sanzionato con la pena dell'arresto da diciotto mesi a tre anni. Quanto evidenziato vale a palesare chiari sintomi di irragionevolezza nella scelta del legislatore, al punto da configurarla come prodotto di logiche non del tutto in armonia con il principio di ragionevolezza costituzionalmente codificato. Cio' posto, se e' innegabile che, in un ordinamento che accoglie il principio della separazione dei poteri, competa al legislatore qualsiasi scelta di politica criminale, con la conseguenza che rientra nell'ambito di discrezionalita' propria del legislatore ogni opzione in ordine alla determinazione della quantita' e della qualita' della sanzione, non puo' pero' trascurarsi che spetta alla Corte costituzionale il ruolo di giudicare in concreto l'esercizio di detta discrezionalita', allo scopo di verificarne la conformita' o meno ai parametri costituzionali. Si richiama, a tal proposito, quanto ebbe ad enunciare la Corte costituzionale nella sentenza n. 408 del 1989, laddove si sostiene che «il principio di uguaglianza di cui all'art. 3, primo comma, Cost. esige che la pena sia proporzionata al disvalore del fatto illecito commesso, in modo che il sistema sanzionatorio adempia nel contempo alla funzione di difesa sociale ed a quella di tutela delle posizioni individuali; ... le valutazioni all'uopo necessarie rientrano nell'ambito del potere discrezionale del legislatore, il cui esercizio puo' essere censurato, sotto il profilo della legittimita' costituzionale, soltanto nei casi in cui non sia stato rispettato il limite della ragionevolezza». L'art. 13 Cost. proclama l'inviolabilita' della liberta' personale, ammettendone la limitazione per atto motivato dell'autorita' giudiziaria nei soli casi e modi previsti dalla legge. In casi eccezionali di necessita' ed urgenza, la polizia giudiziaria, per finalita' di pubblica sicurezza puo' adottare provvedimenti provvisori che limitino la liberta' personale da sottoporre, entro breve tempo predeterminato, a convalida dell'autorita' giudiziaria. L'intento del legislatore costituzionale traspare nitidamente: la liberta' personale - massima espressione della liberta' individuale - puo' cedere solo di fronte a particolari esigenze di rilevanza costituzionale non altrimenti tutelabili, e pur sempre, nel pieno rispetto di procedure costituzionalmente garantite. Cio' premesso, occorre verificare quali possano risultare nell'ipotesi di cui all'art. 14, comma 5-ter le situazioni «eccezionali di necessita' ed urgenza» idonee a giustificare l'adozione della misura restrittiva della liberta' personale. A parere del giudice, tali situazioni non ricorrono nella fattispecie. Quanto al requisito della necessita', e' sufficiente porre in rilievo che, ad avviso unanime di dottrina e giurisprudenza, l'arresto costituisce mezzo di coazione preordinato a preparare le condizioni per l'attuazione di misura custodiale preventiva. Laddove, peraltro, come nel caso in esame, il reato per cui si procede all'esecuzione del provvedimento restrittivo della liberta' personale non consenta al p.m. di chiedere al giudice della convalida l'applicazione di una misura custodiale coercitiva, obbligandolo quindi, in forza del disposto dell'art. 121 disp. att., a rimettere l'arrestato immediatamente in liberta', risulta di tutta evidenza l'assenza di qualunque esigenza di necessita'. Anche il requisito dell'urgenza pare non ricorrere nella fattispecie. Non sembra certo possibile identificare l'urgenza nell'esigenza di provvedere ad un'immediata espulsione dello straniero, eventualita' quest'ultima consentita di per se' gia' in via amministrativa, ancor prima del configurarsi dell'ipotesi contravvenzionale di cui all'art. 14, comma 5-ter, di permanenza sul territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartita dal questore ex art. 14, comma 5-bis. In ultima analisi, per le ragioni sopra esposte, deve ritenersi contrario al principio della liberta' personale l'arresto obbligatorio in questione. Evidente, a giudizio di questo giudice, risulta infine la violazione dell'art. 27 Cost. E' sufficiente porre in luce l'intrinseca irragionevolezza .della disciplina dettata dall'art. 14, comma 5-ter, laddove si prevede l'immediata espulsione dello straniero contravventore, rendendo in tal modo praticamente ineseguibile - almeno nell'immediatezza - la pena irrogata e negando, al contempo, la funzione ontologicamente assegnata alla pena quale strumento volto alla rieducazione del condannato. Conclusivamente, evidenziati i suddetti profili di incostituzionalita', non sembra superfluo sottolineare che l'arresto di cui si tratta dovrebbe essere convalidato in forza di una norma che si ritiene sospetta di incostituzionalita' e che, dopo la convalida, si dovrebbe procedere ad un giudizio direttissimo contrassegnato da alcuni aspetti di anomalia. Conseguentemente, l'incidente di costituzionalita' dev'essere sollevato gia' in questa fase, come richiesto dal difensore, con la sospensione dello stesso giudizio di convalida. Ne deriva che non puo' farsi luogo al giudizio direttissimo, la cui celebrazione presuppone l'avvenuta convalida dell'arresto, che in questo caso difetta, in forza della sospensione. Va altresi' disposta l'immediata liberazione dell'imputato, se non detenuto per altra causa.