ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 52, comma 1,
del  decreto  legislativo  29 ottobre 1999, n. 490 (Testo unico delle
disposizioni  legislative in materia di beni culturali e ambientali),
promosso  con  ordinanza  del 20 marzo 2002 dal Tribunale di Roma nel
procedimento   civile   vertente  tra  lo  Stato  francese  e  Trozzi
Trombadori Fulvia ed altri, iscritta al n. 247 del registro ordinanze
2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, 1ª
serie speciale, dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti di costituzione dello Stato Francese e di Trozzi
Fulvia  vedova  Trombadori  ed altri nonche' l'atto di intervento del
Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  dell'11 febbraio  2003  il giudice
relatore Fernanda Contri;
    Uditi  gli  avvocati Agatino Alaymo per lo Stato Francese, Sergio
Barenghi  per  Trozzi  Fulvia vedova Trombadori ed altri e l'Avvocato
dello  Stato  Paolo  Cosentino  per  il  Presidente del Consiglio dei
ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - Il  Tribunale di Roma, con ordinanza emessa in data 20 marzo
2002,  ha  sollevato,  in  riferimento agli artt. 42, secondo e terzo
comma,   2   e   3  della  Costituzione,  questione  di  legittimita'
costituzionale  dell'art. 52 del decreto legislativo 29 ottobre 1999,
n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di beni
culturali e ambientali).
    Il  giudice  a  quo  -  richiamate, nelle premesse, la precedente
ordinanza   di   rimessione   della  questione  di  costituzionalita'
dell'art. 4-bis   del   decreto-legge   9 dicembre   1986,  n. 832  e
l'ordinanza  n. 173 del 2001, con la quale la Corte costituzionale ha
disposto  la restituzione degli atti per la verifica della perdurante
rilevanza  della  questione,  a  seguito  della entrata in vigore del
nuovo testo unico in materia di beni culturali - riporta il testo sia
della  norma attualmente in vigore sia di quella abrogata, affermando
che  la nuova formulazione ripete sostanzialmente lo stesso contenuto
della precedente, la quale e' stata espressamente abrogata.
    Ad  avviso  del  giudice  a  quo, l'art. 52 del d.lgs. n. 490 del
1999,  che prevede «l'interdizione ad aeternitatem» dei provvedimenti
di  rilascio  di  immobili  nei  quali  si trovino studi d'artista di
particolare valore storico, si pone in aperto contrasto con l'art. 42
della  Costituzione,  in quanto determina di fatto la soppressione di
uno  dei  modi  con  cui i diritti inviolabili vengono a realizzarsi,
come  quello  di proprieta', e da' luogo a disparita' di trattamento,
comportando per il locatore la conseguenza di essere sottoposto ad un
rapporto  vincolistico  estraneo  a  qualsiasi  norma  giuridica e di
percepire un canone dal valore nullo senza neppure la possibilita' di
patteggiamento  futuro;  e  per  il  conduttore  l'effetto  di godere
dell'oggetto  del  contratto  in  modo  tale  da  apparire  ed essere
«legibus solutus».
    2. - Si  e'  costituito  nel giudizio innanzi alla Corte lo Stato
francese,  attore  nel giudizio a quo, insistendo per la declaratoria
di illegittimita' costituzionale.
    La  detta  parte  afferma  che la norma in questione concreta una
forma di espropriazione, la quale sarebbe attuata non solo in assenza
delle  garanzie  previste  per  tale  istituto  ma  anche privando il
proprietario di ogni forma di indennizzo; non vi sarebbe nella specie
soltanto  una  limitazione  del  diritto  di proprieta' allo scopo di
assicurarne  la  funzione  sociale,  ma  una  elisione  dello stesso,
poiche'  il  proprietario non puo' rientrare in possesso del bene fin
tanto  che  permane  il vincolo amministrativo, che per sua natura ha
durata indeterminata.
    I  limiti  posti  dal legislatore con la norma in esame sarebbero
tali  da  svuotare  di  contenuto  e  di potenzialita' il diritto del
proprietario  di godere dell'immobile secondo la destinazione che gli
e'  propria e di esercitare i poteri connessi a tale diritto, pur nel
rispetto  dei  doveri  ad  esso  inerenti,  tra  i  quali  quello  di
rispettare  i  vincoli all'esercizio della proprieta', legittimamente
posti  dal  legislatore.  Non  si  comprenderebbe, in particolare, la
ragione  per  cui  il  proprietario,  alla  scadenza del contratto di
locazione,  non  possa  conseguire  il  rilascio  dell'immobile,  per
l'esistenza  di  un  provvedimento  amministrativo,  che  comunque il
proprietario e' tenuto ad osservare.
    Lo  Stato  francese  ricorda  infine  l'ampio  dibattito  che  si
sviluppo'  durante  i  lavori  parlamentari relativi all'approvazione
della  legge  di  conversione  del  decreto-legge  n. 832  del  1986,
allorche'  furono  posti in evidenza i profili di incostituzionalita'
della norma.
    3. - Si  sono  costituiti  anche  gli eredi del pittore Francesco
Trombadori,  convenuti  nel giudizio a quo, i quali hanno chiesto che
la  questione  sia  dichiarata non rilevante nel giudizio ordinario e
comunque  inammissibile e infondata, «stabilendo eventualmente che il
giudice  ordinario  puo'  disporre la corresponsione di un indennizzo
per  la  mancata  previsione  legislativa  al riguardo (sentenza C.C.
n. 179/1999)».
    La  predetta  parte contesta anzitutto l'affermazione secondo cui
il   locatario  sarebbe  «legibus  solutus»  e  potrebbe  liberamente
utilizzare   il  bene,  sostenendo  che  il  vincolo  cade  non  solo
sull'immobile ma anche sui beni che in esso si trovano, di proprieta'
degli  eredi  dell'artista,  i  quali  hanno  il  dovere di custodire
l'immobile,  di  consentire  le visite al pubblico e la consultazione
della   biblioteca;   e   cio'   costituirebbe  un  sollievo  per  il
proprietario dell'immobile, non gia' un aggravio economico.
    Ad  avviso  della indicata parte privata, non sussisterebbe alcun
contrasto  con l'art. 42 della Costituzione, dal momento che la norma
impugnata  non opera alcuna espropriazione, nemmeno di fatto, ma pone
soltanto   delle   limitazioni   all'uso  del  bene,  per  consentire
l'attuazione della tutela imposta dall'art. 9 della Costituzione; ne'
sarebbe  configurabile  la violazione dell'art. 2 della Costituzione,
non  essendo la proprieta' un diritto inviolabile; cosi' come sarebbe
da  escludere  l'asserita violazione del principio di eguaglianza, il
quale  potrebbe  invece  essere compromesso da una normativa identica
per ogni situazione.
    4. - E'  intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei
ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura  generale  dello
Stato,   concludendo   per  la  declaratoria  di  infondatezza  della
questione.
    Ad  avviso dell'Avvocatura, con la norma censurata il legislatore
avrebbe inteso ampliare la categoria dei beni culturali, comprendendo
in  essi  anche  gli  studi  d'artista;  si  tratterebbe quindi di un
vincolo  analogo  a  quello  previsto  dalla  legislazione di tutela,
imposta   dall'art. 9   della  Costituzione.  Poiche'  tali  beni  si
configurano  come  beni  privati  di  interesse  pubblico,  essi sono
necessariamente  soggetti  a restrizioni, che non rappresentano pero'
atti di espropriazione.
    La  difesa  erariale  sostiene  quindi  che  non sussisterebbe la
dedotta violazione dell'art. 42 della Costituzione e che non potrebbe
dubitarsi  della ragionevolezza della norma, poiche' nella tutela del
patrimonio   culturale   nazionale   l'interesse   pubblico   sarebbe
preminente rispetto ad ogni altro.
    5. - In  prossimita'  dell'udienza,  entrambe le parti costituite
hanno  depositato  memorie,  illustrando  ulteriormente le rispettive
posizioni.
    Lo   Stato   francese  ha  posto  in  luce  come  il  vincolo  di
destinazione gia' gravante sull'immobile sia pienamente sufficiente a
tutelare  l'interesse artistico alla conservazione dello studio e del
suo  contenuto,  sottolineando  che  il divieto di rilascio, previsto
nella   norma   impugnata,   non  sarebbe  percio'  strumentale  alla
protezione  di  interessi culturali, in quanto questi ricevono tutela
attraverso   l'avvenuta   apposizione   del  vincolo  amministrativo.
Risulterebbe  quindi  ancora  piu' evidente la lesione del diritto di
proprieta', poiche' questo viene sacrificato in assenza di indennizzo
ed in forza di un divieto non giustificato dall'esigenza di tutela di
altri interessi giuridici.
    Ad  avviso  dello Stato francese non potrebbe nemmeno ipotizzarsi
una  menomazione  del  godimento  dei  beni da parte del pubblico, in
quanto il predetto vincolo di destinazione non solo non verrebbe meno
a  seguito dell'emanazione del provvedimento di rilascio, ma dovrebbe
essere  rispettato  da  chiunque  a  vario titolo possieda o gestisca
l'immobile.
    Gli  eredi  del pittore Trombadori hanno affermato che il fine di
tutela  perseguito dal legislatore comporta l'assoggettamento sia del
proprietario  dell'immobile  sia  dei  proprietari  dei  beni in esso
contenuti   al   vincolo  di  destinazione,  di  immutabilita'  della
collocazione,  di  conservazione  dei  beni,  nonche' di fruizione da
parte  del  pubblico; con la conseguenza che l'eventuale declaratoria
di incostituzionalita' inciderebbe sia sul divieto di mutamento della
destinazione  del  bene sia sulla disponibilita' dei beni mobili, che
non sarebbero piu' vincolati all'immobile.
    La    difesa    Trombadori,    richiamando    la   giurisprudenza
costituzionale   in  tema  di  vincoli  espropriativi,  sostiene  che
l'obbligo  di  indennizzo, diretto al ristoro del pregiudizio causato
dal  protrarsi  della  durata del vincolo (sentenza n. 411 del 2001),
dovrebbe  essere  riferito  sia  al proprietario dell'immobile sia al
proprietario  dei  beni derivati dall'attivita' dell'artista, essendo
meritevoli di tutela entrambe le posizioni soggettive.

                       Considerato in diritto

    1. - La  questione  di  legittimita' costituzionale sollevata dal
Tribunale  di  Roma  in  riferimento  agli  artt. 2,  3  e  42  della
Costituzione   ha   ad  oggetto  l'art. 52  del  decreto  legislativo
29 ottobre  1999,  n. 490 (Testo unico delle disposizioni legislative
in  materia  di  beni culturali e ambientali), a tenore del quale non
sono  soggetti  ai provvedimenti di rilascio previsti dalla normativa
vigente  in  materia  di  locazione  di  immobili urbani quegli studi
d'artista  il  cui  contenuto in opere, documenti, cimeli e simili e'
tutelato, per il suo storico valore, da un provvedimento ministeriale
che   ne   prescrive   l'inamovibilita'  da  uno  stabile  del  quale
contestualmente si vieta la modificazione della destinazione d'uso.
    Il  rimettente  lamenta,  in  particolare, che l'interdizione dei
provvedimenti  di  rilascio  di  immobili  nei quali si trovino studi
d'artista  di particolare valore storico determinerebbe, di fatto, la
soppressione  del  diritto di proprieta' e darebbe luogo a disparita'
di  trattamento,  in considerazione della circostanza che il locatore
sarebbe  sottoposto  ad un regime vincolistico immodificabile e senza
fine, con esclusivo vantaggio del conduttore.
    Benche' il giudice a quo abbia impugnato l'intera norma, tuttavia
dalle  motivazioni  espresse  nell'ordinanza  di  rimessione  risulta
evidente  come  le  censure  siano  indirizzate  unicamente  verso il
comma 1   del  citato  art. 52,  nella  parte  in  cui  non  consente
l'emanazione di provvedimenti di rilascio, non anche verso il comma 2
del  medesimo  articolo,  relativo  ad  una  fattispecie  - gli studi
d'artista  rispondenti  alla  tradizionale  tipologia  a lucernario -
estranea  al  giudizio  a  quo,  o  comunque in esso non dedotta, ne'
richiamata.
    2. - La questione e' fondata.
    2.1.  -  Il  decreto  legislativo n. 490 del 1999, nel quale sono
state  riunite e coordinate tutte le disposizioni legislative vigenti
in materia di beni culturali e ambientali, ai sensi dell'art. 1 della
legge   delega   8 ottobre   1997,   n. 352  (Disposizioni  sui  beni
culturali),  ha  previsto nell'art. 52 forme di protezione analoghe a
quelle  stabilite  nell'art. 4-bis del decreto-legge 9 dicembre 1986,
n. 832  (Misure  urgenti  in  materia  di  contratti  di locazione di
immobili  adibiti ad uso diverso da quello di abitazione), convertito
nella  legge  6 febbraio 1987, n. 15; la predetta norma gia' tutelava
gli  studi d'artista di riconosciuto valore storico con la previsione
di  varie  misure,  tra  cui  la  non  assoggettabilita' del relativo
immobile  a  provvedimenti  di rilascio, il vincolo di inamovibilita'
dallo stabile e il divieto di modificazione della destinazione d'uso.
    La  nuova normativa, oltre a dettare un regime analogo per i beni
in  questione,  ha  voluto espressamente inserire gli studi d'artista
nelle  categorie  speciali  di  beni  culturali, indicate nell'art. 3
dello  stesso  testo  unico,  indipendentemente dalla loro inclusione
nelle  categorie  elencate nell'art. 2, soggette alle disposizioni di
tutela contenute nel Titolo I.
    Per  effetto  di  tale  riconoscimento,  gli  studi d'artista che
vantano  le prescritte caratteristiche fruiscono delle particolari ed
incisive  misure  di  protezione  atte  a  mantenere  integro il loro
dichiarato  valore  storico-artistico,  tra  le  quali, il divieto di
adibire  il  bene ad usi incompatibili con il suo carattere storico o
artistico, la necessita' della preventiva autorizzazione del ministro
o   del   soprintendente   per   eseguire  opere,  l'obbligo  per  il
proprietario,  possessore  o  detentore  di realizzare gli interventi
necessari ad impedire il deterioramento del bene.
    Alle  menzionate  disposizioni  protettive,  si  aggiunge  poi la
previsione  di  ulteriori specifici strumenti di tutela, quali quelli
indicati    nell'art. 52   del   decreto,   consistenti   nella   non
assoggettabilita'  dello studio ai provvedimenti di rilascio previsti
dalla  normativa  vigente in materia di locazione di immobili urbani,
nella prescrizione di inamovibilita' del contenuto dello studio dallo
stabile   in   cui  esso  e'  situato  e  nella  immutabilita'  della
destinazione d'uso.
    2.2.  -  In quest'ampio contesto di misure di cura e salvaguardia
si  inserisce  la  disposizione censurata, la quale risulta essere in
contrasto  con  il  canone  della  ragionevolezza, la' dove impedisce
l'emanazione  dei  provvedimenti di rilascio, prolungando il rapporto
di locazione per un tempo indefinito.
    E'  da considerare che mentre le prescrizioni di inamovibilita' e
di  immutabilita'  della  destinazione  d'uso,  contenute nella norma
impugnata,  appaiono  come integrazione e specificazione dei generali
obblighi  di  conservazione  dei  beni culturali e sono quindi misure
coerenti  all'attuazione di questi obblighi, la esenzione degli studi
d'artista  dai  provvedimenti  di  rilascio  previsti dalla normativa
vigente  in  materia di locazione di immobili urbani si rivela invece
una misura assolutamente esuberante rispetto alla finalita' di tutela
perseguita.
    Per  effetto  della  disposizione  in esame, benche' possa essere
dedotto  in  giudizio l'inadempimento delle obbligazioni derivanti da
contratti di locazione aventi ad oggetto i predetti beni, non essendo
consentita  l'emanazione  dell'ordine  di  rilascio  si  verifica  la
protrazione  forzata  di  un  rapporto nato come contrattuale, la cui
causa  e' venuta meno. Analoga situazione ricorre allorche' si giunga
alla  scadenza  contrattualmente  prevista  e  sia  stata idoneamente
manifestata la volonta' di non rinnovare il contratto.
    Nei  casi  considerati,  si  manifesta un evidente sacrificio dei
diritti del locatore, poiche' l'assoluta indeterminatezza del periodo
di  tempo  nel  quale  gli  studi  d'artista  non  sono  soggetti  ai
provvedimenti  di  rilascio  genera  una illimitata continuazione del
rapporto.  Mantenendo  ferma la sottoposizione del bene ai vincoli di
inamovibilita'  e  immutabilita'  di  destinazione  appare  manifesta
l'incongruenza della disciplina in esame, che non consente giammai il
rilascio a favore del locatore.
    La scelta del legislatore e' nella fattispecie irragionevole, dal
momento  che  l'intento  perseguito  in  attuazione dell'art. 9 della
Costituzione  poteva  gia'  considerarsi attuato mediante le numerose
altre  previsioni  contenute  nella medesima norma, che costituiscono
mezzi  ampiamente  idonei  a  rendere  immodificabile  l'ambiente e i
luoghi  nei  quali opero' l'artista, al fine di conservare intatta la
testimonianza  dei  valori  culturali  in  esso  insiti.  Non essendo
consentita,  gia'  in  forza  dei  predetti  vincoli, la rimozione di
alcuno dei beni contenuti nello studio ne' tanto meno l'attuazione di
una  diversa  destinazione  dell'immobile,  risultano evidenti per un
verso  la ridondanza della prescrizione di non soggezione degli studi
a  provvedimenti  di  rilascio,  che nulla aggiunge alle modalita' di
salvaguardia  gia'  previste,  ma  soprattutto  per  l'altro verso la
eccessiva  compressione  dei diritti del locatore, costretto a subire
la  protrazione  nel  tempo,  persino in assenza di un corrispettivo,
sino a perdere indefinitamente la disponibilita' dell'immobile.
    La   disposizione   in  esame,  discostandosi  dal  proprio  fine
ispiratore  per la compresenza di pari ed altrettanto efficaci misure
di  difesa  e  garanzia,  di  cui si e' fatto cenno, che permangono a
tutela  della  conservazione  dei  beni  culturali,  si rivela dunque
irragionevole   e   lesiva   del  diritto  di  proprieta'  e  percio'
illegittima.