ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'articolo 2, commi 1,
4,  5,  6,  7,  9 e 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 499, recante
«Razionalizzazione    degli    interventi   nei   settori   agricolo,
agroalimentare,  agroindustriale  e  forestale», promosso con ricorso
della  Provincia  autonoma  di  Trento notificato il 28 gennaio 2002,
depositato  in  cancelleria  il  7 febbraio successivo ed iscritto al
n. 5 del registro ricorsi 2000.
    Visto  l'atto  di  costituzione  del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nell'udienza  pubblica  del  28 gennaio  2003  il  giudice
relatore Carlo Mezzanotte;
    Uditi  gli  avvocati  Giandomenico  Falcon  e Andrea Manzi per la
Provincia  autonoma  di Trento e l'avvocato dello Stato Oscar Fiumara
per il Presidente del Consiglio dei ministri.

                          Ritenuto in fatto

    1. - La  Provincia  autonoma  di  Trento ha proposto questione di
legittimita'  costituzionale  in  via principale, in riferimento agli
articoli 8,  numeri  21  e  29;  9,  numero  8;  16; 69-85 del d.P.R.
31 agosto  1972,  n. 670  (Approvazione  del  testo unico delle leggi
costituzionali  concernenti  lo statuto speciale per il Trentino-Alto
Adige),  agli  artt. 2,  3 e 4 del decreto legislativo 16 marzo 1992,
n. 266   (Norme   di   attuazione   dello  statuto  speciale  per  il
Trentino-Alto  Adige  concernenti  il  rapporto  tra atti legislativi
statali  e leggi regionali e provinciali, nonche' la potesta' statale
di  indirizzo e coordinamento), nonche' ai principi costituzionali in
materia  di  funzione  di  indirizzo  e  coordinamento,  dell'art. 2,
commi 1,  4,  5,  6, 7, 9 e 10, della legge 23 dicembre 1999, n. 499,
recante  «Razionalizzazione  degli  interventi  nei settori agricolo,
agroalimentare,   agroindustriale   e   forestale».  La  disposizione
impugnata, anche al fine di armonizzare il mercato interno con quello
europeo,  accrescere  la concorrenzialita' del sistema agroalimentare
italiano  e  promuovere  politiche  di  sviluppo  del  mondo  rurale,
definisce un percorso procedimentale contestato, in piu' punti, dalla
Provincia ricorrente.
    2. - A  giudizio  della  difesa  provinciale sarebbe innanzitutto
incostituzionale  la  previsione  del comma 4 dell'art. 2, secondo il
quale  il  Ministro delle politiche agricole e forestali definisce le
«linee  di  indirizzo e coordinamento» degli interventi da realizzare
nei  settori  agricolo,  agroindustriale, agroalimentare e forestale.
L'esercizio  di una funzione di indirizzo e coordinamento, si osserva
nel ricorso, dovrebbe essere riferibile non a un singolo Ministro, ma
al  Governo  nella  sua collegialita'. Ne' - prosegue la ricorrente -
varrebbe   in   contrario  rilevare  che  la  disposizione  impugnata
espressamente  subordina  l'emanazione  ministeriale di tali linee di
indirizzo all'intesa con la Conferenza Stato-Regioni, giacche' questa
Corte  avrebbe  chiarito  nella  sentenza  n. 408  del 1998 che «tale
competenza   collegiale   necessaria  non  puo'  venir  meno  neanche
nell'ipotesi  di  atti  di indirizzo su cui si sia raggiunta l'intesa
nella  conferenza  Stato-Regioni».  Sotto  un convergente profilo, il
potere   di  indirizzo  e  coordinamento  conferito  al  Ministro  si
dimostrerebbe   incompatibile   con   il   principio   di   legalita'
sostanziale,  a  causa della mancata predeterminazione legislativa di
un contenuto tipico e proprio dell'atto di esercizio di tale potere.
    Con  un  secondo  motivo  di censura si denunciano la previsione,
contenuta   nell'art. 2,   comma 5,  dell'inserimento  dei  programmi
regionali nel Documento programmatico agroalimentare e l'attribuzione
al  Comitato interministeriale per la programmazione economica (CIPE)
di  un  potere  di verifica ed approvazione dei programmi regionali e
provinciali  (comma 6 dell'articolo 2). A giudizio della Provincia si
subordinerebbe  in  tal modo l'efficacia dei piani della Provincia di
Trento  ad  un atto di approvazione statale, che si ingerirebbe nella
funzione  amministrativa statutariamente spettante alla Provincia, in
diretto e puntuale contrasto con l'art. 4 del d.lgs. n. 266 del 1992,
ai sensi del quale «nelle materie di competenza propria della Regione
o  delle  Province  autonome la legge non puo' attribuire agli organi
statali  funzioni  amministrative,  comprese  quelle di vigilanza, di
polizia    amministrativa    e    di   accertamento   di   violazioni
amministrative,  diverse  da  quelle  spettanti allo Stato secondo lo
statuto speciale e le relative norme di attuazione».
    Il  vincolo  all'approvazione  dei piani provinciali da parte del
CIPE,   si   argomenta   nel   ricorso,   sarebbe  costituzionalmente
illegittimo  anche  se  fosse  riferito  ai  soli  fondi che non sono
attribuiti  contestualmente  all'approvazione.  Anche in questo caso,
infatti,  tale  vincolo  continuerebbe  a contrastare con la norma di
attuazione  poc'anzi  menzionata  nonche'  con  l'art. 5  della legge
30 novembre  1989,  n. 386  (Norme per il coordinamento della finanza
della Regione Trentino-Alto Adige e delle Province autonome di Trento
e  di Bolzano con la riforma tributaria), il quale stabilisce che per
l'erogazione  dei  finanziamenti assegnati alle Province autonome «si
prescinde  da  qualunque  adempimento» imposto dalle leggi statali in
cui  sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore delle Regioni, «ad
eccezione di quelli relativi all'individuazione dei parametri o delle
quote  di  riparto».  Del  pari  incostituzionale  sarebbe inoltre la
previsione  di  un  potere  di  aggiornamento  del Documento, che non
sarebbe  coordinato  con  la  previa  elaborazione in sede locale dei
programmi da aggiornare.
    E' oggetto di impugnativa anche il comma 9 dell'art. 2, che fonda
in capo al Ministro delle politiche agricole e forestali il potere di
sostituirsi  alle  Province  autonome  inadempienti nell'attivita' di
programmazione  agricola  locale.  Tale disposizione, ad avviso della
difesa  provinciale, sarebbe incostituzionale gia' avendo riguardo ai
presupposti  ai  quali  e'  vincolato,  in base all'art. 5 del d.lgs.
31 marzo   1998,   n. 112   (Conferimento   di   funzioni  e  compiti
amministrativi  dello  Stato  alle  regioni  ed  agli enti locali, in
attuazione  del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59), l'esercizio
del  potere sostitutivo: non verrebbero infatti in rilievo ipotesi di
inadempimento  di  specifici obblighi di derivazione comunitaria, ne'
un'inerzia  che  comporti  il  pericolo  di  grave  pregiudizio  agli
interessi  nazionali.  Pur  volendo  omettere  di  considerare che il
decreto  legislativo  n. 112  trova  applicazione  solo nei confronti
delle  Regioni  a statuto ordinario, continua la Provincia, il potere
sostitutivo  delineato dall'impugnato comma 9 sarebbe comunque lesivo
della  esclusiva  riserva  alla Provincia di Trento di ogni attivita'
amministrativa,   riserva   espressa   mediante  il  divieto  di  cui
all'art. 4 del d.lgs. 16 marzo 1992, n. 266.
    La  ricorrente  contesta infine il comma 10 dell'articolo 2 della
legge  n. 499  del 1999, il quale impone la notifica alla Commissione
delle  comunita'  europee dei regimi di aiuto contenuti nel Documento
programmatico  agroalimentare.  Secondo  la  difesa provinciale, tale
onere  non  potrebbe fare riferimento a regimi di aiuto contenuti nel
Documento,  giacche'  non potrebbero esistere regimi di aiuto che non
siano  gia'  specificamente  previsti  dalle leggi provinciali, quale
diretta  conseguenza  del principio di legalita'. L'onere di notifica
dovrebbe  quindi  considerarsi soddisfatto al momento di approvazione
della  legge,  sicche'  il  menzionato  comma 10 sarebbe lesivo delle
attribuzioni  provinciali  sia  perche' prevede una fase di ulteriore
verifica   dei   regimi  di  aiuto,  sia  in  quanto  ne  dispone  la
centralizzazione in un documento unico.
    3. - Si  e'  costituito  nel giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato, e ha chiesto che il ricorso sia respinto.
    La  difesa  erariale,  dopo  aver  affermato  che  il  meccanismo
programmatorio  descritto  dalla  disposizione oggetto di impugnativa
risponderebbe  all'interesse  nazionale  di  accrescere  le capacita'
concorrenziali   del  sistema  agroalimentare  italiano  nel  mercato
europeo  e  internazionale,  contesta  che  i  programmi  provinciali
sarebbero  assoggettati  alle  linee  di  indirizzo  e  coordinamento
ministeriali.  Tale  assoggettamento  non sussisterebbe, in quanto il
Documento   programmatico  agroalimentare  avrebbe  natura  puramente
compilativa,  si  limiterebbe  a  censire  i  programmi agricoli e di
formazione  regionali e provinciali, le attivita' del Ministero delle
politiche  agricole  e  forestali, i regimi di aiuto di cui al d.lgs.
30 aprile  1998,  n. 173 (Disposizioni in materia di contenimento dei
costi  di produzione e per il rafforzamento strutturale delle imprese
agricole,   a   norma   dell'art. 55,  commi 14  e  15,  della  legge
27 dicembre 1997, n. 449) e gli interventi di Sviluppo Italia S.p.a.,
senza  in  alcun  modo  vincolare le Regioni, ma lasciando che ognuna
delle  diverse attivita' che confluiscono nel Documento in parola sia
regolata autonomamente e mantenga la propria efficacia.
    Le  linee  di  indirizzo  e  coordinamento  cui fa riferimento la
Provincia di Trento, continua l'Avvocatura dello Stato, devono essere
concordate  con la Conferenza Stato-Regioni ed attenersi al Documento
di    programmazione   economico-finanziaria   e   alla   Piattaforma
programmatica  di politica agricola nazionale, e pertanto indirizzano
la  sola  attivita'  del Ministero e degli organi statali, non quella
delle  Regioni  e  Province  autonome.  Il Documento, diversamente da
quanto  la  ricorrente  ritiene,  servirebbe  inoltre  ad attribuire,
previa  approvazione  del CIPE, le sole somme assegnate dalla legge e
non  tutti  gli  altri  fondi che siano eventualmente stanziati dalle
Regioni  o  dalle  Province  autonome.  L'approvazione  del  CIPE non
toccherebbe  insomma  i  programmi  regionali  e provinciali, sicche'
verrebbe  a  cadere anche il secondo motivo di censura, non potendosi
configurare  alcuna  subordinazione  dell'efficacia  dei  piani della
Provincia   ricorrente  all'approvazione  statale  e  non  risultando
d'altro   canto   apposto  alcun  vincolo  esterno  ai  finanziamenti
destinati alla Provincia.
    Infondata  sarebbe  pure  la censura avente ad oggetto il comma 9
dell'art. 2,  il  quale,  nell'attribuire al Ministro delle politiche
agricole  un  potere  sostitutivo,  fa  rinvio  all'art. 5 del d.lgs.
n. 112  del  1998.  Secondo la difesa erariale la norma impugnata non
sarebbe  applicabile  alla  Provincia  di  Trento,  giacche'  farebbe
testualmente  riferimento solo a «programmi agricoli regionali» e non
anche provinciali, e comunque per la assorbente considerazione che il
d.lgs.  n. 112  teste' menzionato opererebbe nei confronti delle sole
Regioni  ad  autonomia ordinaria, come la stessa ricorrente mostra di
ritenere.
    Pure  da  respingere  sarebbe  infine  la  questione  concernente
l'onere di notifica alla Commissione delle comunita' europee, poiche'
tale notifica non vanificherebbe ne' annullerebbe quella provinciale.
    4. - In  prossimita'  della  data  fissata  per la discussione in
udienza  pubblica  la  Provincia autonoma di Trento ha presentato una
memoria nella quale insiste per l'accoglimento del ricorso.
    La  difesa  provinciale  contesta innanzitutto l'argomento svolto
dall'Avvocatura   secondo   il   quale   il  documento  programmatico
agroalimentare  sarebbe uno strumento meramente compilativo, incapace
di  produrre  vincoli nei confronti delle competenze provinciali. Dal
comma 5  dell'impugnato  art. 2, il quale stabilisce che «le somme di
cui  ai  commi 1  e  2  sono  destinate  a  finanziare gli interventi
previsti  dal  Documento  programmatico»,  sarebbe  infatti possibile
desumere che l'approvazione del documento da parte del CIPE incide su
tutti i fondi destinati all'agricoltura, vincolando in tal modo fondi
gestiti   dalla  Provincia  a  interventi  soggetti  ad  approvazione
statale.  Il  fatto  che  l'approvazione del documento sia condizione
indefettibile  per  l'assegnazione dei fondi di cui alla legge n. 499
del  1999 dimostrerebbe che esso non ha valore puramente ricognitivo,
ma  costitutivo,  come sarebbe confermato anche dalla previsione, nel
comma 9,  di  un  intervento  sostitutivo statale per l'ipotesi della
«mancanza  della  presentazione  di  uno  o  piu'  programmi agricoli
regionali».  Neppure  si  potrebbe sostenere, secondo la Provincia di
Trento,  che  la  norma  impugnata  avrebbe carattere sollecitatorio,
poiche'  tale  finalita'  viene usualmente perseguita dal legislatore
con  la  fissazione  di  un termine ordinatorio, non gia', come nella
specie,  con  la  previsione  di  un  potere sostitutivo, che sarebbe
giustificabile  solo  ove  si  rendesse  necessario  per  tutelare un
cogente interesse nazionale.
    In   relazione   all'impugnato   art. 2,  comma 10,  che  secondo
l'Avvocatura  porrebbe  un  onere  di  notifica  dei  regimi di aiuto
meramente  sussidiario  rispetto alla eventuale notifica provinciale,
la  difesa  della  ricorrente  rileva,  da  un  lato,  che  la natura
sussidiaria  della  notifica  non  risulta  affatto  dal tenore della
disposizione;  dall'altro  che  una  funzione sussidiaria non sarebbe
comunque  legittima, dal momento che i poteri sostitutivi dello Stato
in  relazione  agli  obblighi  comunitari  sono  disciplinati, per la
Provincia  autonoma  di Trento, dalle norme di attuazione portate dal
d.P.R.    19 novembre   1987,   n. 526   (Estensione   alla   Regione
Trentino-Alto  Adige  ed  alle  Province autonome di Trento e Bolzano
delle  disposizioni  del  decreto  del  Presidente  della  Repubblica
24 luglio 1977, n. 616).

                       Considerato in diritto

    1. - La  Provincia  autonoma  di  Trento ha proposto questione di
legittimita'  costituzionale  in  via  principale,  in  riferimento a
numerose  disposizioni  dello  statuto  di autonomia e delle relative
norme di attuazione, nonche' ai principi costituzionali in materia di
funzione  di  indirizzo e coordinamento, dell'articolo 2, commi 1, 4,
5,   6,   7,   9   e   10   della   legge  23 dicembre  1999,  n. 499
(Razionalizzazione    degli    interventi   nei   settori   agricolo,
agroalimentare, agroindustriale e forestale).
    2. - Una  prima  questione  concerne  il  comma 4 dell'art. 2. La
ricorrente  lamenta  che  il  potere  di  indirizzo  e  coordinamento
attribuito  dal  comma 4  dell'art. 2  al  Ministro  delle  politiche
agricole  e  forestali  difetterebbe  dei  requisiti  di  forma  e di
sostanza   ai   quali,   nella   giurisprudenza   costituzionale,  e'
subordinato  il  legittimo  esercizio della relativa funzione (v., da
ultimo,  sentenze  n. 63  del 2000, n. 169 del 1999, n. 408 del 1998,
n. 121  del  1997,  n. 359 del 1991). Specificamente, sarebbero stati
violati  il  principio  di  legalita'  sostanziale,  per  la  mancata
predeterminazione  legale  di  un  qualunque  contenuto  dell'atto di
indirizzo, e la regola della competenza del Consiglio dei ministri in
ordine all'adozione di esso.
    La questione non e' fondata.
    Ai  sensi  dell'art. 2,  comma 4,  «il  Ministro  delle politiche
agricole  e  forestali, in coerenza con i vincoli posti dagli accordi
internazionali e dalla politica agricola dell'Unione europea e con le
indicazioni  del  Documento di programmazione economico-finanziaria e
sulla  base  della  Piattaforma  programmatica  di  politica agricola
nazionale,  definisce  le  linee di indirizzo e coordinamento per gli
interventi  da  realizzare  nei  settori  agricolo,  agroindustriale,
agroalimentare  e  forestale,  nonche'  le indicazioni per l'omogenea
redazione  dei  programmi  regionali,  di  intesa  con  la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le regioni e le province
autonome di Trento e di Bolzano».
    Diversamente  da  quanto  la  denominazione  impiegata  (linee di
indirizzo  e  coordinamento) potrebbe indurre prima facie a ritenere,
la  disposizione  in  oggetto,  letta  insieme al successivo comma 5,
mostra  chiaramente  come  il  Ministro  delle  politiche  agricole e
forestali  sia  chiamato a svolgere attivita', le quali sono inserite
in  un  articolato  percorso procedimentale che sfocia in un atto non
qualificabile  come  atto  di indirizzo e coordinamento. Tale atto si
pone  al culmine di una procedura concertativa alla quale partecipano
soggetti  diversi:  l'anzidetto  comma 5 prevede il coinvolgimento di
organizzazioni  professionali  agricole,  organizzazioni cooperative,
organizzazioni  sindacali  degli operatori agricoli, associazioni dei
produttori  e  dei  consumatori,  organizzazioni  agroindustriali  di
settore  e  comunque  impone  al  Ministro  di  sentire la Conferenza
permanente  per  i  rapporti  tra  lo Stato, le Regioni e le Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano  e  di acquisire il parere delle
competenti  Commissioni parlamentari. In questa cornice, che vede una
pluralita'  di enti sociali e istituzionali cooperare alla formazione
del Documento di programmazione nazionale in agricoltura, le linee di
indirizzo  ministeriali,  lungi  dal  comportare  vincoli diretti nei
confronti  delle  amministrazioni regionali - salvo l'onere, peraltro
non  contestato,  di  uniformarsi  ai  criteri dettati per l'omogenea
redazione  dei  programmi regionali - rappresentano soltanto una fase
di un procedimento complesso, destinato a concludersi con la delibera
da   parte  del  Comitato  interministeriale  per  la  programmazione
economica  (CIPE).  Ne'  la  circostanza  che  il  legislatore  abbia
utilizzato  una  terminologia impropria potrebbe dirsi sufficiente ad
imprimere  all'atto caratteri ed effetti giuridici che oggettivamente
non gli sono propri.
    3. - La  Provincia  di  Trento  solleva,  altresi',  questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 2, comma 7, della legge n. 499
del  1999,  nella  parte  in  cui prevede l'inserimento dei programmi
regionali   nel  Documento  programmatico  agricolo,  agroalimentare,
agroindustriale e forestale (DPAAF) e dell'art. 2, commi 5 e 6, della
medesima  legge,  i quali disciplinano il potere di approvazione e di
aggiornamento del Documento, affidandolo al CIPE. La ricorrente muove
dall'assunto  che  l'efficacia  dei propri programmi agricoli sarebbe
condizionata  al loro inserimento in un atto di approvazione statale,
il che darebbe luogo a un'indebita interferenza con l'esercizio delle
funzioni  amministrative  provinciali. Specificamente sarebbe violato
l'art. 4  del  decreto  legislativo  16 marzo  1992, n. 266 (Norme di
attuazione   dello   statuto  speciale  per  il  Trentino-Alto  Adige
concernenti   il  rapporto  tra  atti  legislativi  statali  e  leggi
regionali  e  provinciali, nonche' la potesta' statale di indirizzo e
coordinamento),  il  quale  prevede  che  la  legge, nelle materie di
competenza  propria  della  Provincia  autonoma, non possa attribuire
agli   organi  statali  funzioni  amministrative  diverse  da  quelle
spettanti  allo  Stato  secondo  lo  statuto  speciale  e le norme di
attuazione  (e'  fatta  salva  solo la possibilita' per il Presidente
della  Regione  di richiedere l'intervento della polizia di Stato per
assicurare l'osservanza delle leggi e dei regolamenti provinciali).
    Anche questa questione non e' fondata.
    E'    decisivo    chiarire   che   il   Documento   programmatico
agroalimentare,  ai  sensi  del  comma 7  dell'art. 2, e' costituito,
oltre  che  da  una  serie di programmi e di interventi realizzati da
enti   statali   [lettere d),  e),  f)],  o  in  forma  co-finanziata
Stato-Regioni    [lettera c)],    anche   dai   programmi   agricoli,
agroalimentari,  agroindustriali  e  forestali,  nonche'  di sviluppo
rurale  predisposti  da  ogni  singola  Regione  e Provincia autonoma
[lettera a)]   nonche'  dai  programmi  di  formazione  professionale
realizzati dalle Regioni e dalle Province autonome e dagli interventi
a   favore  della  imprenditoria  giovanile  [lettera b)].  Non  puo'
dubitarsi  che  programmi  e  interventi  predisposti  dalle  Regioni
nell'ambito  delle  rispettive  attribuzioni  entrino  a  comporre il
DPAAF;  e'  tuttavia  inesatto ritenere, come fa la ricorrente, che i
programmi  agricoli  regionali siano condizionati all'inserimento nel
Documento  e  dunque  ad  un atto di approvazione statale che darebbe
corpo  a  un'illegittima  ingerenza  sull'attivita'  programmatoria e
finanziaria  delle  Regioni.  Una  simile  conclusione prende infatti
l'avvio  dalla premessa che l'approvazione da parte del CIPE valga ad
assegnare,  e  quindi  a  sbloccare,  tutti  i  fondi  relativi  agli
interventi  da  inserire  nel  Documento,  dunque anche quelli che le
Regioni abbiano gia' autonomamente iscritto nei propri bilanci. Cio',
tuttavia,  non solo condurrebbe a conseguenze manifestamente assurde,
attribuendo  al  CIPE  il potere di incidere sui bilanci regionali in
relazione  a somme che potrebbero essere gia' impegnate o addirittura
in  via  di  erogazione,  ma  contrasta con l'art. 2, comma 5, ultima
frase. Questo statuisce che l'approvazione del documento da parte del
CIPE  «comporta  la  contestuale  attribuzione  dei  fondi  di cui al
comma 2»,  vale  a  dire,  inequivocabilmente, dei soli fondi statali
specificamente  recati,  limitatamente  al  periodo  1999-2002, dalla
legge  n. 499  del  1999,  non  anche  di  tutte  le  altre  fonti di
finanziamento di cui al comma 1 dell'art. 2, tra cui figurano i fondi
«che le regioni iscrivono autonomamente nei propri bilanci» e «quelli
destinati   alle   competenze   regionali   nei   settori   agricolo,
agroalimentare,   agroindustriale  e  forestale».  Cosi'  inteso,  in
definitiva,  l'atto  di  approvazione  del  CIPE  assume  una duplice
funzione:  nei confronti degli interventi statali destinati ad essere
finanziati  con  i  fondi  recati  dalla legge impugnata determina lo
sblocco  e la contestuale erogazione delle somme; nei confronti degli
interventi  e  dei  programmi  regionali  assume  carattere meramente
ricognitivo  delle previsioni di bilancio delle singole Regioni e dei
relativi  trasferimenti statali. La rappresentazione, in un documento
unitario, del quadro riassuntivo e generale degli interventi, statali
e  regionali,  da  realizzare  nei  settori agricolo, agroalimentare,
agroindustriale  e forestale diviene cosi' lo strumento per garantire
la  piu' ampia conoscenza da parte degli operatori delle opportunita'
di sviluppo e di investimento che il mercato offre.
    Non  varrebbe  neppure  rilevare  che l'inserimento dei programmi
regionali  nel  Documento  programmatico  e la previsione che i fondi
recati  dalla  legge  e destinati a finanziare gli interventi in esso
previsti  siano  attribuiti  solo  per  effetto dell'approvazione del
Documento  da  parte  del  CIPE determinino la violazione dell'art. 5
della  legge  30 novembre  1989,  n. 386  (Norme per il coordinamento
della  finanza  della  Regione  Trentino-Alto  Adige e delle Province
autonome  di  Trento  e  di  Bolzano con la riforma tributaria). Tale
disposizione  stabilisce  in  effetti  che  i finanziamenti recati da
legge  statale  di  cui sia previsto il riparto o l'utilizzo a favore
delle Regioni sono assegnati alle Province autonome ed affluiscono al
bilancio  di  queste  per  essere  utilizzati  nel rispettivo settore
secondo   normative   provinciali   e  continua  disponendo  che  per
l'assegnazione   e  l'erogazione  dei  finanziamenti  de  quibus  «si
prescinde  da  qualunque  adempimento previsto dalle stesse leggi, ad
eccezione  di  quelli  relativi  alla  individuazione dei parametri e
delle   quote   di   riparto».  In  tal  modo  si  intende  escludere
l'assoggettamento    della   Provincia   ad   adempimenti   o   oneri
amministrativi successivi all'erogazione del finanziamento e relativi
alla  concreta  gestione  dello  stesso,  mentre la presentazione del
programma   regionale   ai   fini   dell'inserimento   nel  documento
programmatico nazionale approvato dal CIPE costituisce un presupposto
formale per accedere ai finanziamenti recati dalla legge statale, non
potendo  lo  Stato finanziare progetti regionali senza conoscerne gli
elementi  costitutivi.  Ne', d'altro canto, l'articolo impugnato pone
alla  Provincia  vincoli  organizzativi  aggiuntivi  per  la concreta
gestione delle somme erogate.
    4. - Un'ulteriore  questione di legittimita' costituzionale ha ad
oggetto   il  comma 9  dell'art. 2,  che,  per  l'ipotesi  di  omessa
presentazione  dei  programmi agricoli regionali o (per il primo anno
di  attuazione  della legge) dei documenti di programmazione agricola
previsti   dalla  programmazione  regionale,  contempla  l'intervento
sostitutivo disciplinato nell'art. 5 del d.lgs. 31 marzo 1998, n. 112
(Conferimento  di  funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle
regioni  ed  agli  enti  locali, in attuazione del capo I della legge
15 marzo 1997, n. 59).
    La questione, nei termini in cui e' prospettata, e' inammissibile
per sopravvenuta carenza di interesse.
    La Provincia autonoma di Trento ha infatti presentato i programmi
agricoli,  agroalimentari,  agroindustriali  e  forestali, nonche' di
sviluppo  rurale,  ai  sensi  dell'art. 7,  lettera a),  della  legge
impugnata, la cui omessa presentazione era condizione per attivare il
procedimento  sostitutivo  previsto  nel  censurato art. 9. In questi
termini,  la  disposizione  di  cui  si  chiede l'annullamento non ha
trovato  attuazione,  per il passato, nei confronti della ricorrente,
ne' d'altro canto potra' trovarne in futuro, avendo la legge esaurito
i suoi effetti alla data del 31 dicembre 2002.
    5. - La   Provincia  di  Trento  solleva,  infine,  questione  di
legittimita' costituzionale dell'art. 2, comma 10, della legge n. 499
del  1999,  il  quale  stabilisce che i regimi di aiuto contenuti nel
Documento   programmatico   agroalimentare   siano   notificati  alla
Commissione   delle   comunita'   europee   entro   quindici   giorni
dall'approvazione  di quest'ultimo. La ricorrente, sulla premessa che
tutte le leggi provinciali che prevedono regimi di aiuto inseriti nel
Documento sono gia' autonomamente notificate dalla Provincia, lamenta
che  l'ulteriore  notifica  statale  sarebbe  inutile e anzi fonte di
complicazioni  procedurali.  Per negare ogni consistenza alla censura
e'  sufficiente rilevare che la notifica statale, la cui opportunita'
non deve essere qui valutata, non vanifica quella provinciale che sia
gia'  intervenuta  e non e' idonea, di per se', a ledere attribuzioni
costituzionalmente spettanti alla ricorrente.
    La questione deve essere pertanto dichiarata inammissibile.