ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di ammissibilita' del conflitto tra poteri dello Stato sorto a seguito della delibera della Camera dei deputati del 26 gennaio 2000 relativa alla insindacabilita' delle opinioni espresse dall'onorevole Umberto Bossi nei confronti di Ersilia Carbone, promosso dalla Corte d'appello di Milano - sezione seconda civile - con ricorso depositato il 9 maggio 2002 ed iscritto al n. 222 del registro ammissibilita' conflitti. Udito nella camera di consiglio del 9 aprile 2003 il giudice relatore Riccardo Chieppa; Ritenuto che con ricorso del 24 aprile 2002 - depositato il 9 maggio 2002 - la Corte d'appello di Milano, sezione seconda civile, ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti della Camera dei deputati, in relazione alla deliberazione, adottata il 26 gennaio 2000 (doc. IV-quater, n. 102), secondo la quale le dichiarazioni, asseritamente offensive della reputazione della giornalista Ersilia Carbone, oggetto del procedimento civile a carico del deputato Umberto Bossi per risarcimento danni da reato (art. 594 cod. pen.), costituiscono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni, con conseguente insindacabilita' a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che, secondo la Corte d'appello di Milano, la Camera dei deputati, con la deliberazione di insindacabilita', oggetto di conflitto, non ha legittimamente esercitato il proprio potere, difettando nella specie il presupposto del collegamento tra le opinioni espresse e la funzione parlamentare: cio' in quanto le dichiarazioni incriminate esulerebbero completamente dalle funzioni parlamentari, perche' espresse durante una conferenza stampa, tenutasi presso la sede della Lega Nord, con invettive dirette nei confronti della giornalista Carbone, la cui professionalita' e' stata oggetto di contestazione nel momento in cui la stessa svolgeva la propria attivita'; che, pertanto, il giudice ricorrente ritiene che la deliberazione interferisca nelle proprie attribuzioni costituzionalmente garantite, concretando un illegittimo esercizio del potere spettante alla Camera, ai sensi dell'art. 68, primo comma, della Costituzione; che la Corte d'appello di Milano conclude chiedendo che questa Corte voglia dichiarare che non spetta alla Camera dei deputati deliberare che i fatti per i quali pende in appello il giudizio civile di risarcimento danni tra le parti concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni a norma dell'art. 68, primo comma, della Costituzione, e che, di conseguenza, venga annullata per incompetenza la deliberazione in tal senso adottata dalla Camera. Considerato che, in questa sede di mera delibazione senza contraddittorio, possono ritenersi sussistenti, sia sotto il profilo soggettivo, sia sotto quello oggettivo, i requisiti di cui all'art. 37 della legge 11 marzo 1953, n. 87, ai fini della configurabilita' di un conflitto di attribuzione fra poteri dello Stato la cui risoluzione spetta alla competenza di questa Corte; che, d'altro canto, si lamenta la lesione di una attribuzione costituzionalmente garantita ad un organo giurisdizionale; che, pertanto, deve essere dichiarata l'ammissibilita' del ricorso ai sensi dell'art. 37 della citata legge n. 87 del 1953, restando impregiudicata - secondo la giurisprudenza di questa Corte - ogni pronuncia definitiva, anche in ordine alla ammissibilita' del ricorso.