IL GIUDICE DI PACE A scioglimento della riserva espressa nell'udienza predibattimentale del 30 gennaio 2003 nel procedimento penale R.G. n. 62/2002 contro Pedorno' Sergio, imputato del reato di cui all'art. 186, secondo, quarto e sesto comma, del codice della strada, sulla questione legittimita' costituzionale dell'art. 20 d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274, per violazione degli artt. 3, 24, secondo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, nella parte in cui non prevede che il decreto di citazione a giudizio dinanzi al giudice di pace debba, a pena di nullita', contenere l'avviso che l'imputato, qualora ne ricorrano i presupposti, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento (ex art. 29, sesto comma, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274) puo' presentare domanda di oblazione, ha emanato la seguente ordinanza Premesso L'art. 52 del d.lgs. n. 274/2000, mutando radicalmente - ad eccezione dei reati attribuiti alla competenza del giudice di pace per cui e' prevista la sola pena della multa o dell'ammenda, per i quali continuano ad applicarsi le pene pecuniarie vigenti - il quadro sanzionatorio, privilegia la pena pecuniaria ponendo in successione alternativa le altre pene. Cio' consente l'applicazione oltre che della oblazione volontaria ex art. 162 c.p., anche dell'obbligazione discrezionale ex art. 162-bis, fermi i requisiti soggettivi, alle contravvenzioni gia' punite con pena congiunta dell'arresto e dell'ammenda, oggi puniti, dinanzi al giudice di pace, con pena alternativa dell'ammenda o della permanenza domiciliare o del lavoro di pubblica utilita', considerati questi ultimi, ai sensi dell'art. 58, primo comma «come pena detentiva della specie corrispondente a quella della pena originaria». L'art. 20 del richiamato decreto legislativo che disciplina il contenuto della citazione a giudizio disposta dalla polizia giudiziaria omette qualsiasi riferimento sulla possibilita' fornita all'imputato dall'art. 29 del medesimo decreto legislativo di accedere, qualora ne ricorrano i presupposti, all'oblazione ai sensi degli artt. 162 o 162-bis c.p. (cosi' come omette anche ogni riferimento alla possibilita' di accedere a forme alternative di definizione del procedimento tipiche del giudizio dinanzi al giudice di pace, disciplinate dall'art. 35) l'eccezione di incostituzionalita' del richiamato art. 20 del d.lgs. cosi' come sollevata, si appalesa non manifestamente infondata in relazione agli artt. 3, 24 primo comma, e 97, primo comma della Costituzione. Viola infatti: l'art. 3 della Costituzione, nella enunciazione dei principi di uguaglianza e di ragionevolezza cui debbono ispirarsi le scelte normative, venendo cosi' a porre in essere una ingiustificata ed irragionevole disparita' di trattamento tra situazioni sostanzialmente identiche. L'art. 552 c.p.p. alla lett. f) sancisce che nel decreto di citazione a giudizio avanti al Tribunale sia contenuto: «l'avviso che, qualora ne ricorrano i presupposti, l'imputato, prima della dichiarazione di apertura del dibattimento, puo' presentare domanda di oblazione». In assenza di tale avvertimento, per quanto espressamente previsto dal secondo comma della disposizione in esame, il decreto e' nullo. La normativa che disciplina il processo avanti il giudice di pace, allorche' non prevede analoga prescrizione, comporta conseguenze ingiustificatamente discriminatorie e sfavorevoli all'imputato che ivi sia citato a giudizio, rispetto all'imputato citato in giudizio avanti al tribunale. Risultano cosi' lesi sia il principio di uguaglianza tra le persone, sia quello di ragionevolezza che esige che le disposizioni normative contenute nelle leggi siano adeguate e congruenti rispetto al fine perseguito dal legislatore; l'art. 24, secondo comma, della Costituzione nella enunciazione del diritto di difesa dell'imputato. La disposizione censurata preclude all'imputato, che non puo' considerarsi inerte se non vi e' espresso obbligo di avviso ed informazione, la facolta' di decidere se aderire o meno alla richiesta di applicazione della procedura di oblazione, con le favorevoli conseguenze che ne derivano. L'oblazione, infatti, e' un istituto che trova la sua ratio nell'interesse da parte dello Stato a definire (con risparmio di tempo e di spese) i procedimenti relativi a reati di minore importanza ed altresi' nell'interesse del contravventore di evitare la lungaggine di un procedimento e l'eventuale condanna, con tutte le conseguenze di essa (Corte costituzionale n. 207 del 1974 e costantemente ribadito da successive pronunce della Consulta sul punto, anche sent. 530 del 1995). La conseguenza tipica di tale istituto consiste nella estinzione del reato. Si evince quindi, come la scelta da parte dell'imputato di richiesta d'essere ammesso all'oblazione esprima una concreta espressione del diritto di difesa. Il legislatore, nel procedimento avanti al giudice di pace mira inoltre palesemente a realizzare i principi di massima semplificazione e di deflazione del dibattimento. La disposizione de quo risulta quindi irragionevole, in quanto in contrasto con le suddette esigenze senza che sussista un apprezzabile interesse pubblico che giustifichi un trattamento differenziato rispetto alla disciplina dettata per il procedimento avanti il tribunale. La stessa Corte costituzionale con la sentenza n. 497 del 1995 ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 555 c.c.p. (i cui contenuti sono ora rifluiti nell'art. 552, secondo comma, c.p.p.), nella parte in cui non prevedeva espressamente la nullita' della citazione a giudizio in caso di mancata indicazione nell'avviso di avvalersi di riti alternativi al dibattimento - lacuna colmata dalla legge n. 479/1999 con il nuovo art. 552 c.p. - sostenendo che l'omissione di tale avviso concretizzasse violazione dell'art. 24, secondo comma, della Costituzione implicante una diminuzione irragionevole delle potenzialita' difensive dell'imputato rispetto alle quali non puo' ritenersi sufficiente la garanzia dell'assistenza tecnica. l'art. 97, primo comma, della Costituzione, nella enunciazione dei criteri di efficienza cui ogni attivita' pubblica deve uniformarsi. La mancata previsione a pena di nullita' dell'obbligo di avvisare l'imputato nel decreto di citazione a giudizio della facolta' di presentare domanda di oblazione (art. 20, d.lgs. 28 agosto 2000, n. 274) comporta ritardi nella fase del dibattimento, in quanto l'imputato, stante l'assenza dell'informazione non e' posto nella condizione di scegliere tale strada alternativa, in anticipo rispetto alla fase dibattimentale: il dibattimento di conseguenza, diviene in effetti una fase del procedimento del tutto obbligata.