ha pronunciato la seguente

                              Sentenza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 8, lettera b)
della Tariffa, parte prima, allegata al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131
(Approvazione  delle disposizioni concernenti l'imposta di registro),
promosso con ordinanza del 29 marzo 2002 dalla Commissione tributaria
provinciale  di  Pordenone  sul ricorso proposto da Comelli Simona c/
l'Ufficio delle entrate di Pordenone, iscritta al n. 385 del registro
ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 36, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto l'atto di costituzione di Comelli Simona;
    Udito  nella  camera di consiglio del 26 febbraio 2003 il giudice
relatore Alfio Finocchiaro.

                          Ritenuto in fatto

    1. - La  Commissione  tributaria  provinciale  di  Pordenone, nel
ricorso  proposto  da Simona Comelli avverso l'avviso di liquidazione
della  imposta  di  registro  e di bollo di complessive L. 2.004.000,
notificatole  dal  locale Ufficio delle entrate, solleva questione di
legittimita'  costituzionale dell'art. 8, della Tariffa, parte prima,
allegata   al  d.P.R.  26 aprile  1986,  n. 131  (Approvazione  delle
disposizioni  concernenti  l'imposta  di  registro),  in  riferimento
all'art. 3  della  Costituzione,  laddove e' «interpretata in modo da
comprendere  nella  tassazione  i  provvedimenti giudiziari emessi in
applicazione  dell'articolo 148  del  codice  civile, nell'ambito dei
rapporti  tra  genitori  e  figli»,  per  disparita'  di  trattamento
rispetto   agli   stessi   provvedimenti   adottati  nell'ambito  dei
procedimenti di separazione e divorzio.
    L'avviso  di liquidazione riguardava la registrazione di sentenza
emessa  dal  Tribunale  di  Pordenone,  in accoglimento della domanda
proposta  dalla  Comelli, a norma dell'art. 148 del codice civile, di
condanna  di Eliko Joao Godardo, a corrisponderle la somma mensile di
L.  350.000,  per  concorso al mantenimento del figlio naturale Eliko
Julien, riconosciuto dal padre e affidato alla madre.
    La  Commissione, non ritenendo la sussistenza nell'ordinamento di
un  principio  generale  di esenzione fiscale per gli atti giudiziari
attinenti al rapporto genitori-figli, e constatando l'esistenza di un
regime  di  esenzione  per  gli  atti  giudiziari  nelle procedure di
divorzio  e  separazione  (l'assoggettamento  a  tassazione in misura
fissa  non  e' piu' in vigore, in seguito all'entrata in vigore della
legge  6 marzo  1987,  n. 74,  sul divorzio, efficace, per effetto di
sentenza  della  Corte  costituzionale  n. 154  del  1999,  anche nel
procedimento  di separazione) e per quelli relativi alle procedure di
adozione  e affiliazione (art. 82 della legge 4 maggio 1983, n. 184),
non  dubita che oggetto di tali esenzioni siano anche i provvedimenti
di  condanna  al  pagamento  di  assegni di mantenimento a favore dei
figli,  nell'ambito  di  quelle  procedure.  E,  argomentando  che la
finalita'  dell'esenzione  non  sia  tanto  lo  snellimento di quelle
procedure,  quanto  evitare  ostacoli  alla  migliore  disciplina dei
rapporti,  di  rilievo  pubblico, quali quelli fondati sui doveri dei
genitori,  ritiene  privo di ragionevolezza che dal beneficio vengano
esclusi  i  provvedimenti  del  medesimo  contenuto  e  della  stessa
funzione   adottati  al  di  fuori  delle  procedure  di  divorzio  e
separazione,  il che porterebbe a privilegiare la posizione dei figli
legittimi su quella dei figli naturali.
    Sulla  rilevanza  il  rimettente argomenta che la pretesa oggetto
del ricorso si fonda sulla norma denunciata.
    2. - Nel  giudizio  si e' costituita tardivamente Comelli Simona,
la  quale chiede che venga dichiarata l'illegittimita' costituzionale
della norma denunciata.

                       Considerato in diritto

    1. - Il    giudice    rimettente    dubita   della   legittimita'
costituzionale,   in   riferimento   all'art. 3  della  Costituzione,
dell'art. 8,  lettera b),  della  Tariffa,  parte  prima, allegata al
d.P.R.   26 aprile  1986,  n. 131  (Approvazione  delle  disposizioni
concernenti  l'imposta  di  registro),  nella parte in cui assoggetta
all'imposta di registro, nella misura del 3%, gli atti dell'autorita'
giudiziaria  ordinaria  e speciale, in materia di controversie civili
che definiscono, anche parzialmente, il giudizio, recanti condanna al
pagamento  di  somme  o  valori,  interpretata in modo da comprendere
nella   tassazione   anche   i  provvedimenti  giudiziari  emessi  in
applicazione  dell'art. 148  cod.  civ.  nell'ambito dei rapporti fra
genitori e figli.
    1.1. - La questione e' fondata.
    L'art. 19  della  legge  6 marzo  1987,  n. 74 (Nuove norme sulla
disciplina  dei  casi  di scioglimento del matrimonio) stabilisce che
«tutti   gli  atti,  i  documenti  ed  i  provvedimenti  relativi  al
procedimento di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del
matrimonio  nonche'  ai  procedimenti  anche  esecutivi  e  cautelari
diretti ad ottenere la corresponsione o la revisione degli assegni di
cui agli artt. 5 e 6 della legge 1° dicembre 1970, n. 898 (Disciplina
dei casi di scioglimento del matrimonio), sono esenti dall'imposta di
bollo, di registro e da ogni altra tassa».
    Questa norma ha parzialmente abrogato l'art. 8, lettera f), della
Tariffa  allegata  al d.P.R. 26 aprile 1986, n. 131, che prevedeva la
sottoposizione ad imposta fissa di registro degli atti dell'autorita'
giudiziaria  ordinaria  e  speciale in materia di controversie civili
che  definiscono,  anche parzialmente, il giudizio, aventi ad oggetto
lo scioglimento o la cessazione degli effetti civili del matrimonio o
la  separazione personale, ancorche' recanti condanne al pagamento di
assegni  o  attribuzione  di  beni patrimoniali gia' facenti parte di
comunione fra i coniugi.
    Su  questa disposizione e' poi intervenuta la sentenza n. 154 del
1999,  che ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 19
della  legge  6 marzo  1987,  n. 74,  nella  parte in cui non estende
l'esenzione  in  esso  prevista  a  tutti  gli atti, i documenti ed i
provvedimenti  relativi  al procedimento di separazione personale dei
coniugi.
    Nel  motivare la decisione questa Corte - richiamando la sentenza
n. 176  del  1992  che  ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale
dell'art. 19 della citata legge n. 74 del 1987 nella parte in cui non
comprende  nell'esenzione  dal tributo anche le iscrizioni di ipoteca
effettuate  a  garanzia  delle  obbligazioni  assunte dal coniuge nel
giudizio   di   separazione  -  ha  testualmente  affermato  che  «il
parallelismo,  le  analogie  e  la  complementarita'  funzionale  dei
procedimenti di scioglimento o di cessazione degli effetti civili del
matrimonio  e  del  procedimento  di  separazione dei coniugi sotto i
profili  che  rilevano  ai presenti fini, gia' sottolineati da questa
Corte  nella  decisione  richiamata,  portano  anche in questo caso a
concludere   che  il  profilo  tributario  non  puo'  ragionevolmente
riflettere un momento di diversificazione delle due procedure, atteso
che  l'esigenza  di  agevolare l'accesso alla tutela giurisdizionale,
che  motiva  e giustifica il beneficio fiscale con riguardo agli atti
del  giudizio  divorzile,  e'  con  ancor  piu'  accentuata  evidenza
presente  nel  giudizio  di  separazione»,  anche  «in considerazione
dell'esigenza  di  agevolare, e promuovere, nel piu' breve tempo, una
soluzione  idonea  a  garantire  l'adempimento delle obbligazioni che
gravano, ad esempio, sul coniuge non affidatario della prole».
    L'esenzione  tributaria disposta in tema di atti recanti condanna
al  pagamento di somme in materia di procedimenti relativi ai giudizi
di  separazione e divorzio ricomprende anche i provvedimenti relativi
alla prole, come e' dimostrato dal richiamo, nell'art. 19 della legge
n. 74  del  1987,  all'art. 6  della legge n. 898 del 1970, e da cio'
deriva  che  e' irragionevole la mancata estensione di tale esenzione
anche  ai provvedimenti adottati ai sensi dell'art. 148 cod. civ., in
tema  di  determinazione  del  contributo  di  mantenimento fissato a
carico  del  genitore  naturale  obbligato  ed  a favore del genitore
affidatario.
    La  mancanza  del  rapporto  di  coniugio  fra  le parti non puo'
giustificare la diversita' di disciplina tributaria del provvedimento
di  condanna,  in  quanto cio' che rileva e' che si e' in presenza di
identico   provvedimento   di   quantificazione   del  contributo  di
mantenimento a favore della prole, in relazione al quale ricorrono le
stesse considerazioni che militano a favore dell'esenzione tributaria
qualora  lo  stesso sia assunto in tema di separazione e di divorzio.
La  circostanza che tale provvedimento e' stato adottato, in un caso,
in  costanza  di  un  rapporto  di  coniugio  esistente o esistito e,
nell'altro,  in  mancanza  di  tale rapporto, non giustifica in alcun
modo la diversita' di disciplina fiscale.
    Si deve, poi, rilevare che, in caso di divorzio e di separazione,
l'esenzione  e'  prevista  anche  con riferimento ai provvedimenti di
revisione  degli  assegni e, cioe', in relazione ad ipotesi in cui il
rapporto di coniugio non viene in considerazione.
    L'esenzione, seppure posta a favore del destinatario delle somme,
in  realta'  tutela  il  figlio  minore  per  il  cui mantenimento e'
disposta,  con la conseguenza che la sua omessa previsione, quando si
e'  in presenza di prole naturale, oltre ad essere irragionevole, con
violazione   dell'art. 3   della   Costituzione,  si  risolve  in  un
trattamento deteriore dei figli naturali rispetto ai figli legittimi,
come  esattamente  rilevato  dal giudice rimettente, in contrasto con
l'art. 30 della Costituzione.
    Ne'  in  senso contrario puo' invocarsi la giurisprudenza secondo
cui  le  disposizioni legislative concernenti agevolazioni e benefici
tributari  di  qualsiasi  specie,  quali  che  ne siano le finalita',
costituiscono  il  frutto  di  scelte  discrezionali del legislatore,
sicche'  la  Corte  non puo' estenderne l'ambito di applicazione, dal
momento che la stessa giurisprudenza riconosce che tale estensione e'
consentita  quando  lo esiga - come nel caso di specie - la ratio dei
benefici  stessi  (v.  sentenze  n. 431  del  1997  e n. 86 del 1985;
ordinanze n. 27 del 2001 e n. 10 del 1999).
    2.2. - L'art. 8, lettera b), della Tariffa, parte prima, allegata
al  d.P.R.  26 aprile  1986,  n. 131,  nella  parte in cui non esenta
dall'imposta  ivi  prevista  i  provvedimenti  emessi in applicazione
dell'art. 148  cod.  civ.  nell'ambito  dei  rapporti  fra genitori e
figli,  non  puo',  pertanto,  ritenersi  conforme  all'art. 3  della
Costituzione, sotto il profilo del principio di uguaglianza.