IL TRIBUNALE

    Visti  gli atti del procedimento n. 11688/2003 RGNR nei confronti
di Zhuk Alik;
    Premesso che:
        il  medesimo e' stato tratto in arresto in data 2 aprile 2003
in  flagranza  del reato previsto e punito dall'art. 14, comma 5-ter,
d.lgs.   n. 286/1998  come  modificato  dalla  legge  n. 189/2002,  e
presentato   all'odierna   udienza   per   la  convalida,  essendogli
contestato  di  essersi  trattenuto  sul  territorio  dello  Stato in
violazione   del   decreto  di  espulsione  del  questore  di  Milano
notificatogli in data 20 marzo 2003;
        il p.m. ha chiesto la convalida dell'arresto;
        emergono  profili  di  incostituzionalita'  nella  disciplina
delineata  dall'art. 14,  commi 5-ter e quinquies, del decreto citato
sotto il profilo del contrasto con gli artt. 13 e 3 Cost., che paiono
non  manifestamente  infondati  e rilevanti ai fini del decidere, con
conseguente necessita' di sottoporre detta normativa alla valutazione
della Corte costituzionale;

                            O s s e r v a

    L'art. 13  Cost. prevede che qualsiasi restrizione della liberta'
personale  possa  essere  disposta  solo  in  base  ad  atto motivato
dell'A.G.  secondo  modalita'  e  in  relazione a casi tassativamente
indicati  dalla  legge;  solo  in  ipotesi  eccezionali, connotate da
necessita'  ed  urgenza,  e'  previsto  che  l'autorita'  di pubblica
sicurezza  possa  adottare  provvedimenti provvisoriamente limitativi
della  liberta'  personale,  da  sottoporre  entro termini brevi alla
convalida  dell'A.G.,  previa  comunicazione  alla  medesima entro un
termine altrettanto ristretto.
    La  disciplina costituzionale dunque attribuisce in via esclusiva
all'autorita'   giudiziaria   il   potere  di  limitare  la  liberta'
personale,   riconoscendosi   all'autorita'   di  P.S.  solamente  la
possibilita'  di  applicare  anticipatamente  dette  restrizioni  con
successiva  valutazione,  da  parte dell'autorita' giudiziaria a cio'
deputata,   dell'effettiva   legittimita'   dell'operato   urgente  e
necessitato.
    Deve pertanto escludersi che all'autorita' di P.S. sia attribuito
il  potere  di incidere sulla sfera della liberta' personale autonomo
rispetto a quello dell'A.G.
    La  disciplina  contenuta negli articoli sopra indicati appare in
conflitto  con  il  sistema  delineato  dalla Carta costituzionale in
quanto  attribuisce alla P.G. poteri in concreto piu' estesi rispetto
a  quelli  del  giudice:  infatti,  di fronte al dovere della P.G. di
procedere   all'arresto   nei  casi  indicati  dalla  norma,  non  e'
riconosciuto  all'autorita'  giudiziaria  alcun potere di limitazione
della  liberta'  personale  in  quanto  il reato introdotto dai commi
5-ter  e 5-quinquies e' illecito contravvenzionale, rispetto al quale
e'  legislativamente  preclusa  la  possibilita'  di applicare misure
cautelari.
    Posto   che   il  provvedimento  coercitivo  in  esame  non  puo'
conseguire  il  suo  scopo  naturale  (anticipare  gli effetti di una
misura  cautelare  eventualmente  ritenuta  necessaria dal giuclice),
sfuggono  del  tutto  le  ragioni  che  giustificano  una  pur  breve
privazione  della liberta' personale tramite un arresto i cui effetti
sono destinati a cessare nell'immediato.
    Ne'  puo'  dirsi  che  l'arresto  sia finalizzato alla successiva
instaurazione  - ed immediata definizione - del giudizio direttissimo
posto che:
        il giudizio direttissimo non e' ancorato al presupposto della
detenzione,  bensi'  a  quello della particolare evidenza della prova
(cfr. artt. 449, 450 c.p.p.; art. 6 legge n. 122/1993);
        anche  in  tale  rito  sono  previste  norme  che  consentono
all'imputato  di  chiedere  termine,  di  comparire  e  difendersi in
giudizio oltre che di impugnare un'eventuale sentenza di condanna.
    Infine, l'arresto obbligatorio in flagranza e' giustificato dalla
gravita'   delle   violazioni  e  dall'allarme  sociale  conseguente;
inoltre,    trattandosi   esclusivamente   di   delitti,   viene   in
considerazione  essenzialmente l'elemento psicologico del dolo, cioe'
della deliberata volonta' dell'agente di violare la legge.
    Orbene, la natura (arresto) e la modestia (da sei mesi a un anno)
della  sanzione  comminata  nella  fattispecie legislativa nonche' la
punibilita' a titolo di mera colpa inducono ad avvicinare il reato de
quo ai numerosissimi reati contravvenzionali in relazione ai quali e'
escluso  non solo l'obbligo, ma anche la facolta' di arresto; onde la
disciplina  introduce  un'ingiustificata  disparita'  di  trattamento
rispetto  a  quello  - assai meno afflittivo - previsto per tutti gli
autori di reati contravvenzionali anche di maggiore gravita'.