ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 2, del
decreto  legislativo 30 luglio 1999, n. 286 (Riordino e potenziamento
dei  meccanismi  e strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi,
dei   rendimenti   e   dei   risultati  dell'attivita'  svolta  dalle
amministrazioni  pubbliche,  a  norma  dell'articolo 11  della  legge
15 marzo  1997, n. 59), promosso con ordinanza del 13 maggio 2002 dal
Tribunale  amministrativo  regionale  del  Lazio  sui ricorsi riuniti
proposti  da Giancarlo Castiglione ed altri contro Corte dei conti ed
altri,  iscritta  al  n. 378 del registro ordinanze 2002 e pubblicata
nella  Gazzetta  Ufficiale della Repubblica n. 35, 1ª serie speciale,
dell'anno 2002.
    Visti  gli atti di costituzione di Giancarlo Castiglione ed altra
e  di  Anna  Maria  Giorgione  Imposimato  ed altri nonche' l'atto di
intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza   pubblica  dell'8 aprile  2003  il  giudice
relatore Piero Alberto Capotosti;
    Uditi  gli  avvocati  Mario  Sanino  per Giancarlo Castiglione ed
altra,  Stefano  Vinti per Anna Maria Giorgione Imposimato ed altri e
l'Avvocato  dello  Stato  Ignazio  F. Caramazza per il Presidente del
Consiglio dei ministri.
    Ritenuto che il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, con
ordinanza   del   13 maggio   2002,  ha  sollevato  la  questione  di
legittimita'   costituzionale   dell'art. 3,   comma 2,  del  decreto
legislativo  30 luglio  1999,  n. 286  (Riordino  e potenziamento dei
meccanismi  e  strumenti di monitoraggio e valutazione dei costi, dei
rendimenti    e    dei    risultati   dell'attivita'   svolta   dalle
amministrazioni  pubbliche,  a  norma  dell'articolo 11  della  legge
15 marzo 1997, n. 59) in riferimento all'art. 76 della Costituzione;
        che  secondo  il  Tribunale  rimettente  la norma in parola -
nella   parte   in  cui  prevede  che  «al  fine  anche  di  adeguare
l'organizzazione  delle  strutture di controllo della Corte dei conti
al  sistema dei controlli interni disciplinato dalle disposizioni del
presente  decreto,  il numero, la composizione e la sede degli organi
della  Corte  dei  conti adibiti a compiti di controllo preventivo su
atti  o  successivo  su pubbliche gestioni e degli organi di supporto
sono  determinati  dalla  Corte  stessa, anche in deroga a previgenti
disposizioni  di  legge»  -  sarebbe in contrasto con l'art. 76 della
Costituzione  per eccesso di delega rispetto alle direttive stabilite
nell'art. 11,  comma 1,  lett.  c), della legge 15 marzo 1997, n. 59,
recante  «Delega al Governo per il conferimento di funzioni e compiti
alle   regioni   ed  enti  locali,  per  la  riforma  della  Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa»;
        che  la  questione  di  legittimita'  costituzionale e' stata
sollevata  nel  corso  di  un  giudizio promosso da alcuni magistrati
della  Corte  dei  conti  per  l'annullamento dei provvedimenti con i
quali la Corte dei conti - in applicazione dell' art. 3, comma 2, del
citato  decreto  legislativo  30 luglio  1999, n. 286 - ha provveduto
alla  riorganizzazione  della funzione del controllo ed ha adottato i
provvedimenti  concorsuali  per  la  copertura dei posti, in tal modo
sostituendo  la  struttura  organizzativa precedente, attuata in base
agli  artt. 17  e 22 del regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214 (testo
unico delle leggi sulla Corte dei conti);
        che  il  Tribunale  rimettente  precisa di avere pronunciato,
all'esito  della medesima udienza in cui e' stata sollevata questione
di  legittimita'  costituzionale,  sentenza parziale con la quale «ha
respinto  il  primo  gruppo di censure» dedotte dai ricorrenti e che,
ciononostante,   la   questione   di  costituzionalita'  assumerebbe,
comunque,   rilievo,   poiche',   qualora   fosse  ritenuta  fondata,
«determinerebbe    l'illegittimita'    derivata   dei   provvedimenti
impugnati»;
        che, secondo il giudice a quo, l'art. 3 del d.lgs. n. 286 del
1999,  nel primo comma, avrebbe introdotto una diversa disciplina dei
controlli  interni,  mediante  l'abrogazione  dell'art. 8 della legge
21 marzo  1958,  n. 259  in  tema  di «Partecipazione della Corte dei
conti  al  controllo  sulla  gestione finanziaria degli enti a cui lo
Stato   contribuisce  in  via  ordinaria»  e,  nel  comma 2,  avrebbe
attribuito  alla  Corte  dei  conti il potere di adottare una diversa
struttura  organizzativa  «al fine anche di adeguare l'organizzazione
delle  strutture  di  controllo» della Corte medesima «al sistema dei
controlli  interni  disciplinato  dalle  disposizioni»  dello  stesso
decreto;
        che,  secondo  il Tribunale, gli articoli 11 e 17 della legge
delega  -  ai quali avrebbe fatto riferimento la Corte costituzionale
per  annullare con la sentenza n. 139 del 2001 il comma 1 dell'art. 3
del  d.lgs.  n. 286 del 1999 - oltre ad escludere ogni riferimento ai
controlli sugli enti ai quali lo Stato contribuisce in via ordinaria,
riguarderebbero soltanto la riforma dei controlli interni;
        che,  secondo  il  giudice rimettente, al Governo non sarebbe
stata,  pertanto, attribuita la delega per introdurre la disposizione
di  cui  all'art. 3, comma 2, del d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286 e per
conferire  alla  Corte  dei  conti  il potere di adottare regolamenti
diretti  a  stabilire  il  «  numero, la composizione e la sede degli
organi   della  Corte  dei  conti  adibiti  a  compiti  di  controllo
preventivo  su  atti o successivo su pubbliche amministrazioni, anche
in deroga a previgenti disposizioni di legge»;
        che  nel  giudizio e' intervenuto il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  Corte dichiari inammissibile e, comunque,
manifestamente  infondata  la  sollevata  questione  di  legittimita'
costituzionale;
        che,   preliminarmente,   la   difesa  erariale  ha  eccepito
l'irrilevanza   della  questione,  in  quanto  il  Tribunale  avrebbe
pronunciato,  unitamente  all'ordinanza  con la quale ha sollevato la
questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 3, comma 2, del
d.lgs.   30 luglio  1999,  n. 286,  una  sentenza  parziale  che,  in
applicazione  del  medesimo  art. 3,  comma 2, ha respinto le censure
formulate  dai  ricorrenti ai provvedimenti attuativi del regolamento
per  l'organizzazione  delle  funzioni  della  Corte dei conti e cio'
avrebbe  determinato  il  venire  meno  della  pregiudizialita' della
questione di costituzionalita' rispetto al giudizio principale;
        che  si  sono costituiti, con due distinti atti depositati il
17 settembre  2002 ed il 23 settembre 2002, i ricorrenti nel processo
principale,   i   quali   hanno   fatto   proprie   integralmente  le
argomentazioni  svolte  dal  rimettente ed hanno chiesto che la Corte
dichiari l'illegittimita' costituzionale della norma impugnata;
        che,   con   ulteriore   memoria   depositata   dopo   l'atto
d'intervento  del  Presidente  del  Consiglio  dei ministri, le parti
private  hanno insistito per l'accoglimento delle proprie conclusioni
sostenendo  l'assoluta infondatezza del difetto di rilevanza eccepito
dalla difesa erariale.
    Considerato  che  il Tribunale amministrativo regionale del Lazio
ha sollevato la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 3,
comma 2,   del   decreto   legislativo  30 luglio  1999,  n. 286,  in
riferimento   all'art. 76   della   Costituzione,   dichiarando,   in
particolare,   che  non  «spettasse  al  Governo  adottare  l'art. 3,
comma 2,  del  d.lgs.  30 luglio 1999, n. 286, e conferire alla Corte
dei   conti   un  potere  regolamentare  concernente  il  numero,  la
composizione  e  la sede degli organi della Corte dei conti adibiti a
compiti  di  controllo  preventivo  su atti o successivo su pubbliche
amministrazioni,  anche in deroga a previgenti disposizioni di legge,
al  fine di definire e ampliare il potere di organizzazione di cui la
Corte dispone ai sensi dell'art. 4 della legge n. 20 del 1994»;
        che  lo  stesso  giudice  rimettente  pur precisando di avere
respinto,  con  sentenza  parziale,  i  motivi del ricorso esaminati,
riservando  invece  le  censure  «di  illegittimita'  derivata  (...)
all'esito della pronuncia della Corte costituzionale», tuttavia nella
stessa  sentenza  parziale  ha motivato il rigetto, facendo esplicito
riferimento,  tra l'altro, al «nuovo disegno organizzativo» contenuto
nel  regolamento,  che  appunto  «traeva  la  sua legittimazione» nel
citato d.lgs. 30 luglio 1999, n. 286;
        che    il    carattere    incidentale    del    giudizio   di
costituzionalita'   non   consente   di  sollevare  la  questione  di
legittimita'  dopo la decisione del merito della causa, quando il suo
oggetto   comporti  la  necessaria  applicazione  della  disposizione
censurata;
        che  la  questione  e',  dunque,  irrilevante  per difetto di
pregiudizialita',  in  quanto il giudice amministrativo, pronunziando
nel  corso  dello  stesso  giudizio la sentenza parziale con la quale
proprio in applicazione della norma denunciata ha respinto le censure
proposte  con  il  ricorso, ha esaurito la propria cognizione e si e'
precluso  la  possibilita'  «di sollevare l'eccezione di legittimita'
costituzionale» (ordinanza n. 264 del 1998, sentenze n. 315 del 1992;
n. 116  del  1992;  n. 242  del  1990),  sicche'  essa  va dichiarata
manifestamente inammissibile.