IL TRIBUNALE Sciogliendo la riserva che precede, osserva quanto segue: A) con ricorso, depositato in cancelleria il 20 marzo 1996, Mighali Annunziata, dedotto di avere prestato nel 1993 lavoro subordinato quale bracciante agricola a tempo determinato per un numero complessivo di 51 giornate, ha impugnato giudizialmente il provvedimento amministrativo di sua non inclusione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli per l'anno in questione, divenuto definitivo in data 10 settembre 1995 ai sensi dell'art. 11, comma secondo del d.lgs. 11 agosto 1993, n. 375, per effetto del silenzio protrattosi per novanta giorni a decorrere dalla proposizione del ricorso amministrativo in secondo grado alla commissione centrale preposta al Servizio C.A.U.; ha concluso quindi per l'accertamento del proprio diritto di essere iscritta negli elenchi in parola, tenuti dal comune di residenza. B) l'I.N.P.S., subentrato al Servizio C.A.U. e costituitosi in giudizio, ha eccepito in via preliminare la decadenza della ricorrente dall'azione giudiziaria, ai sensi del combinato disposto degli articoli 22 del decreto-legge n. 7/1970 (convertito nella legge n. 83/1970) e 11 del gia' citato d.lgs. n. 375/1993, per essere decorsi oltre centoventi giorni tra la definizione dell'iter amministrativo ed il deposito del ricorso giudiziale. C) a fronte di tale eccezione, peraltro non necessaria (atteso che in materia previdenziale la decadenza e' rilevabile dal giudice d'ufficio, vertendosi nel campo di interessi pubblici), parte ricorrente ha prospettato, previo invito giudiziale alla discussione sul punto in contraddittorio, una questione di legittimita' costituzionale dell'art. 22 del d.l. n. 7/1970 (convertito in legge n. 83/1970), assertivamente in contrasto con gli articoli 3, 4, 24, 38 e 113 della Costituzione. D) ritiene il giudicante che la questione di legittimita' costituzionale sia rilevante, nonche' non manifestamente infondata, sebbene in relazione ad argomentazioni in parte differenti rispetto a quelle sviluppate dalla difesa dell'attrice. E) in punto di rilevanza, occorre premettere che questo giudice non ignora il contenuto di una pronuncia, ormai peralto piuttosto risalente, della Corte costituzionale (la ordinanza n. 88 del 14 gennaio/26 gennaio 1988) con la quale e' stata ritenuta la manifesta infondatezza della questione di costituzionalita' della medesima norma, sul presupposto dell'esistenza di un diritto vivente, rappresentato da un allora consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimita', in base al quale l'art. 8 della legge n. 533/1973 e l'art. 148 disp. att. c.p.p. avrebbero rimosso i termini di decadenza dell'azione giudiziaria strettamente collegati all'ambito delle procedure amministrative, in guisa che l'inutile decorso del termine previsto dal citato art. 22 non avrebbe piu' esplicato alcun effetto esclusivo della proponibilita' della domanda giudiziale. Il cennato orientamento e' stato tuttavia successivamente sottoposto, non senza ragione, a revisione critica; in particolare la Sezione Lavoro della S.C., con la sentenza n. 5942/2001, ribadendo il principio gia' affermato dalla precedente sentenza n. 9595/1997 del medesimo organo giudicante, ha sottolineato la perdurante vigenza del termine decadenziale di cui al mentovato art. 22, comma primo del decreto-legge n. 7/1970, attribuendo allo stesso una natura sostanziale incidente sulla possibilita', per l'interessato, di far valere il diritto di opporsi in sede giurisdizionale alla mancata iscrizione o alla cancellazione dagli elenchi nominativi dei braccianti agricoli. E-bis) sicche', in definitiva, la rilevanza della questione nella concreta fattispecie emerge in maniera evidente laddove si consideri da un lato che l'iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli per un numero minimo di giornate nell'anno costituisce una condizione necessaria - ancorche' non sufficiente, occorrendo anche la dimostrazione dell'effettivo svolgimento di un'attivita' di lavoro subordinato agricolo - per l'accesso alle prestazioni previdenziali da parte dei lavoratori del settore (vedansi, in questi termini, la sentenza n. 1133/2000 emessa dalle Sezioni Unite Civili della S.C. e quella successiva, ad essa conforme, n. 3975/2001 della Sezione Lavoro); dall'altro che il pacifico decorso di un lasso di tempo superiore a 120 giorni fra il momento di perfezionamento del provvedimento amministrativo definitivo di non inclusione negli elenchi e la doverosa applicazione della norma sospettata di incostituzionalita' condurrebbero inevitabilmente ad una pronuncia di inammissibilita' della domanda della Mighali per decadenza dall'azione giudiziaria, con conseguente definitiva compromissione della tutela giurisdizionale del rivendicato diritto di iscrizione negli elenchi, presupposto imprescindibile per ottenere benefici previdenziali. F) per quanto attiene invece al profilo della non manifesta infondatezza della questione, reputa il giudicante che la previsione di un termine di decadenza di soli centoventi giorni sia collidente con il precetto costituzionale di eguaglianza ragionevolezza (art. 3, primo comma della Costituzione), nonche' con l'art. 38, secondo comma della carta costituzionale, laddove contempla il diritto di ogni lavoratore che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidita' e vecchiaia, disoccupazione involontaria, prestazioni ed indennita' tutte delle quali, come sopra evidenziato, l'iscrizione negli elenchi nominativi dei lavoratori agricoli di cui al r.d. 24 settembre 1940, n. 1949 e successive modificazioni, rappresenta una conditio sine qua non. Il termine di paragone, nel raffronto con il quale non si giustifica la disparita' di trattamento, stante la medesimezza delle relative condizioni, e' costituito anzitutto dalla situazione della generalita' degli altri lavoratori subordinati (quelli cioe' del settore industriale e terziario), per i quali l'ordinamento previdenziale non pone analoga preclusione, se si eccettuano i termini, comuni peraltro ai lavoratori del settore agricolo, di decadenza triennale ed annuale sanciti dall'art. 47 del d.P.R. n. 639/1970 (come modificato ex art. 4 del decreto-legge n. 384/1992, convertito nella legge n. 438/1992) rispettivamente per le controversie in materia di trattamenti pensionistici e per quelle aventi ad oggetto le prestazioni previdenziali temporanee. Orbene, con riferimento alla posizione dei lavoratori agricoli, gia' di fatto penalizzati dalla parziale deroga al principio generale di automaticita' delle prestazioni previdenziali per effetto della necessita' di iscrizione negli elenchi ai fini della fruizione delle prestazioni stesse, potrebbe di fallo verificarsi una abbreviazione di tali ultimi termini nell'ipotesi, tutt'altro che infrequente, in cui durante la loro pendenza sopravvenga un provvedimento di cancellazione del lavoratore dagli elenchi di pertinenza, cio' che imporrebbe, stante la sanzione comminata dall'art. 22 della legge n. 83/1970, una reazione molto piu' tempestiva per non perdere il diritto alla stessa prestazione, condizionato - lo si ribadice - da una valida iscrizione negli elenchi. In sostanza si configura una situazione paradossale per cui, rispetto ai termini di decadenza per il conseguimento delle singole prestazioni previdenziali, e' assoggettato ad un termine inspiegabilmente molto piu' breve l'esercizio in sede giurisdizionale del diritto alla iscrizione (o reiscrizione) negli elenchi anagrafici, che di tutte costituisce un requisito indispensabile. F-bis) quand'anche il sistema degli elenchi nominativi fosse ritenuto giustificato dall'obbiettiva difficolta' di rilevamento della effettivita' della prestazione di lavoro, in un settore peculiare come quello agricolo, caratterizzato dall'essere l'attivita' lavorativa spesso discontinua e spesso prestata in favore di una pluralita' di diversi datori di lavoro nel corso dell'anno e quand'anche volesse ritenersi legittima la previsione di un termine decadenziale per contestare i provvedimenti amministrativi di non inclusione ovvero di cancellazione in ragione di una oggettiva difficolta' di accertamento dei fatti (crescente in funzione del decorso del tempo), resterebbe ad avviso del remittente una significativa ed incoerente disparita' di trattamento addirittura rispetto ai lavoratori autonomi del settore commerciale, per i quali, pur essendo condizionato per legge (legge n. 1397/1960) il diritto di conseguire le prestazioni previdenziali a descrizione nei relativi elenchi (proprio come per i lavoratori agricoli subordinati), non di meno non sono previsti dalla legge termini di decadenza per insorgere in sede giurisdizionale (e precisamente innanzi al giudice ordinario, trattandosi della tutela di diritti soggettivi) avverso i provvedimenti amministrativi di non iscrizione ovvero di cancellazione; appare in distonia con i suddetti precetti costituzionali il trattamento deteriore riservato ad una particolare categoria (quella agricola) di lavoratori subordinati, che come tali dovrebbero poter contare su una tutela previdenziale non meno incisiva rispetto a quella che il legislatore garantisce in favore di lavoratori autonomi (stante l'imminente principio dell'ordinamento giuridico, anche previdenziale, del favor per il lavoratore subordinato, di cui il principio di automatismo delle prestazioni previdenziali costituisce l'espressione piu' pregnante). E sono evidenti ictu oculi le gravi conseguenze che potrebbero derivare dalla preclusione alla possibilita' di far valere in via giudiziale l'accertamento della effettivita' della prestazione di lavoro subordinato agricolo ed il correlato diritto di iscrizione negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli, con conseguente perdita definitiva di accreditamenti contributivi spesso decisivi per l'accesso ai benefici previdenziali, ivi compresi quelli pensionistici (si pensi esemplificativamente al caso del soggetto che non raggiunga per questo il relativo minimale contributivo).