IL TRIBUNALE

    Letti gli atti del fascicolo n. 7521/2000 reg. gen. Aff. Cont.;
    Premesso  che con ricorso depositato il 12 luglio 2000, la S.n.c.
Ambient  2000  S.n.c.  di Michele Marzetti & c. la reintegrazione nel
possesso  di un immobile, nei confronti di Beccaceci Lorena e Fraboni
Franco;
        che  lo  scrivente  magistrato,  esperita l'istruttoria nella
fase  sommaria  rigettava  il ricorso, con provvedimento che peraltro
veniva  riformato  in  sede di reclamo dal collegio, che concedeva la
reintegrazione del possesso;
        che  nel  corso  del  susseguente  giudizio di merito, questo
magistrato chiedeva al capo dell'ufficio di potersi astenere ai sensi
dell'ultimo  comma dell'art. 51 c.p.c., ma il presidente rigettava la
richiesta;
        che  il  giudice  invitava  le  parti  a  precisare  le  loro
conclusioni  senza  assunzione  di  ulteriori  prove  costituende  da
compiersi nella fase di merito;
    Tanto premesso, ritiene questo giudice che sia rilevante, ai fini
del  proseguimento,  la  questione  dell'incompatibilita'  di  questo
giudice, che ha emesso i primi provvedimenti interdittali, a decidere
del merito possessorio, non prevista dall'attuale assetto normativo.
    Occorre premettere che lo scrivente giudice non ritiene che nella
fattispecie  possa  costituire una precisione alla proposizione della
questione il precedente costituito da Corte cost. n. 220/2000.
    Nella predetta ordinanza si sottolinea che gli atti di istruzione
esperiti  nel  rito  sommario  assumono  una  «valenza tutta propria,
intesa a consentire valutazioni meramente sommarie, indispensabili (e
sufficienti)  in relazione ai presupposti e ai fini del provvedimento
(provvisorio)   richiesto   (art. 669-sexies  cod.  proc.  civ.),  ma
normalmente  inidonei di per se' a consentire la decisione definitiva
della causa» e che il materiale istruttorio del giudizio a cognizione
ordinaria  e'  «niente  affatto  necessariamente  identico  a  quello
acquisito  senza  formalita'  nella  precedente  fase»  (V. ordinanza
cit.);
    Orbene, la giurisprudenza assolutamente costante prevede:
        per   i   giudizi   sommari   in  generale  e  possessori  in
particolare,  che  le  prove  assunte  in  generale  nei procedimenti
sommari   ed   in   particolare  nella  fase  sommaria  del  giudizio
possessorio  possono  essere  utilizzate  quali  prove nel successivo
giudizio  di  merito  (V.  Cass.,  30 luglio 1964, n. 2185 in tema di
convalida  di  sequestro, 11 giugno 1964, n. 1462 in tema di giudizio
possessorio;  25 settembre  1991, n. 10011 e 29 ottobre 1974, n. 3286
in  tema  di  informazioni  sommarie fornite da soggetti non sotto il
vincolo  del  giuramento;  15 marzo  1980 i tema di informazioni alla
polizia  giudiziaria  utilizzabili  in  tema  di  giudizio  di merito
possessorio  utilizzabili  quale  fonte accessoria complementare alla
prova testimoniale o con altre fonti qualificate);
        qualora  le  prove  nella  fase sommaria siano assunte con le
formalita'  proprie  del giudizio di cognizione ordinaria, esse hanno
valore  di  testimonianza  in  senso proprio nel seguente giudizio di
merito,  con  la  conseguenza  che potenzialmente appare superflua la
deduzione  di  ulteriore  prove  (v.  cass.  17 luglio 1967, n. 1801;
27 giugno  1968,  n. 2182;  6 marzo  1980, n. 1511; 17 febbraio 1981,
n. 962; 9 giugno 1986 n. 3820).
    Per coloro i quali dubitano, se non della conformita' a diritto -
dopo  che  sia  le sezioni unite della Cassazione sia la stessa Corte
costituzionale   hanno   ribadito  la  natura  bifasica  del  giudizi
possessori - quantomeno dell'utilita' pratica di separare le fasi del
giudizio possessorio nella maggioranza dei casi concreti, due opzioni
si presentano:
        la  prima  consiste  nell'unificare  fase  sommaria e fase di
merito,   concentrando  l'attivita'  istruttoria  in  una  sola  fase
all'esito   della   quale  emettere  sentenza.  La  possibilita'  era
pacificamente  riconosciuta anche prima della novella che introduceva
il  procedimento  cautelare  uniforme,  di talche' non si verrebbe ad
attuare nulla di eterodosso. Nondimeno, poiche' viene riconosciuta la
possibilita'  di  reclamo  ex  art. 669-terdecies  c.p.c. anche per i
provvedimenti interinali in materia possessoria, verrebbe in tal modo
sottratta  una  forma di tutela, essendo la sentenza solo soggetta ad
appello. Quindi tale opzione puo' rivelarsi inopportuna;
        la  seconda  opzione  consiste  nell'esperire  un'istruttoria
avente  caratteri  di  completezza  anche dal punto di vista formale.
Cio'  consente  di  limitare  un'eventuale  appendice istruttoria nel
giudizio  sul  «merito  possessorio»  solo  in relazione alle domande
connesse  (es.,  risarcimento  dei  danni)  poiche' la prova esperita
nella  fase  sommaria,  quanto  al possesso, e' del tutto sufficiente
anche per il merito. Questa e' l'opzione che solitamente segue questo
decidente, e che e' stata operata anche nella fattispecie in esame.
    Cio'  posto,  appare  evidente  che  la decisione del giudizio di
merito  sulla  base  dello  stesso materiale probatorio gia' valutato
nella  fase sommaria non e' una mera eventualita', bensi' una realta'
processuale   di   cui   si  deve  fare  carico  questo  giudice,  e,
conseguentemente, il Giudice delle leggi. Infatti, delle due l'una:
        o   la   fattispecie   in  rilievo  non  e'  stata  presa  in
considerazione,   neppure   in  maniera  eventuale,  da  Corte  cost.
n. 220/2000,  sopra  richiamata,  e  la  questione  si  presenta  con
carattere di novita';
        ovvero  la  questione  e'  stata  esaminata,  sia pure in via
eventuale,  ed  e'  da ritenere che sia passata indenne da censure di
costituzionalita' ma in questo caso s'impone una riproposizione della
questione.  Appare  infatti  evidente  che  la  scelta del giudice di
spostare  il baricentro probatorio, anche dal punto di vista formale,
nella   fase   sommaria,   e'   insindacabile  essendo  corredata  da
motivazioni  che  appaiono rispondere a reali esigenze (necessita' di
dare  una  pronta  risposta,  anche  dal punto di vista del riscontro
probatorio,  alla  richiesta  di  tutela  possessoria, perche' spesso
vengono  in  rilievo  istanze  di necessita' ed urgenza che postulano
un'adeguata indagine gia' nella fase interdettale).
    Vero e' che sull'identita' di materiale probatorio pone l'accento
anche  il  Pretore  di  Palmi  sez.  dist.  di Cinquefrondi nella sua
ordinanza di rimessione disattesa dalla Corte cost., ma l'elemento di
novita'   che  ritiene  di  rilevare  questo  giudice  non  e'  tanto
l'identita'  del  materiale probatorio, ma la sua identica dignita' e
valenza probatoria ricollegata all'esperimento di tutte le formalita'
richieste  per  il  giudizio  di cognizione ordinaria gia' nella fase
sommaria.
    Tanto   premesso,   questo   giudice   ritiene  rilevante  e  non
manifestamente  infondata la questione di legittimita' costituzionale
dell'art. 51  c.p.c. la' dove non prevede che risulti incompatibile a
giudicare  del procedimento avente ad oggetto il «merito possessorio»
il  giudice  che  abbia  deciso,  sulla  base  dello stesso materiale
probatorio,  in esito alla fase sommaria, in quanto l'attuale assetto
normativo contrasta:
        con  il principio di ragionevolezza sotteso all'art. 3 Cost.,
poiche'  viene svuotata di qualsiasi effettiva tutela la funzione che
dovrebbe   avere   la  fase  di  merito.  Sarebbe  infatti  incongruo
aspettarsi, nella materia possessoria, che il giudice che ha concesso
o  negato  i primi provvedimenti, e senza che il materiale probatorio
al  suo  esame muti, smentisca se stesso decidendo in senso contrario
rispetto   al   suo  primo  provvedimento,  salva  l'ipotesi  di  una
particolare   valenza   persuasiva   della  motivazione  del  giudice
tricefalo  del  reclamo  che  eventualmente  sia  stato investito del
gravame  ed  eventualmente  abbia  disatteso le prime conclusioni del
giudice monocratico;
        con  il  diritto di difesa ex art. 24 Cost., sotto il profilo
della  probabile  vanificazione  dell'ottenuta  riforma,  in  sede di
eventuale reclamo, del provvedimento emesso dal giudice monocratico a
seguito  della  fase  sommaria.  Laddove infatti, come nella presente
fattispecie,  una parte abbia chiesto ed ottenuto la riforma totale o
parziale  del  provvedimento  interinale  del  giudice monocratico da
parte  del  giudice  collegiale  del  reclamo  ex  art. 669-terdecies
c.p.c.,   tale  provvedimento  verrebbe  di  nuovo  vanificato  dalla
decisione  di merito dello stesso giudice monocratico, verosimilmente
confermativa, nei fatti, del proprio precedente provvedimento. Con il
che  la  tutela  concessa  alle  parti  attraverso la possibilita' di
proporre  reclamo diventa meramente formale, dal momento che comunque
e' il giudice del merito possessorio che decide, da ultimo (e sino ad
un'eventuale pronuncia della Corte d'appello quale giudice di secondo
grado), sulla materia possessoria;
        con il diritto di difesa ex art. 24 Cost., dal momento che e'
indubitabile  che  lo svolgimento del giudizio a cognizione ordinaria
innanzi  ad un giudice che si e' gia' pronunciato nella fase sommaria
obiettivamente  turberebbe  l'atmosfera di imparzialita' che deve non
solo  esservi  in  ogni  giudizio, ma anche apparire all'esterno: ne'
potrebbe  apparire  rimedio  idoneo  il  ricorso  a  dichiarazioni di
astensione.  Trattasi  infatti  di  procedimento  che  si  collega  a
valutazioni   discrezionali   di  opportunita'  effettuate  del  capo
dell'ufficio  e che non possono, in quanto tali, costituire un'idonea
salvaguardia   a   carattere  generale  (il  rigetto  della  proposta
astensione nella fattispecie ne e' la conferma).