IL TRIBUNALE

    Provvedendo d'ufficio, ha pronunciato la seguente ordinanza.
    Adrian  Alin  Matei  e'  stato tratto in arresto in flagranza del
reato di cui all'art. 14, comma 5-ter e quinquies decreto legislativo
n. 286,   e   presentato  all'odierna  udienza  per  il  giudizio  di
convalida, richiesta dal pubblico ministero trattandosi di un caso di
arresto obbligatorio.
    La difesa si e' rimessa.
    L'art. 13  della Costituzione, secondo la lettura che ne e' stata
sempre  data  dalla  Corte  costituzionale  (si  vedano  per tutte le
pronunce  n. 173  del  1971  e  n. 503  del  1989)  e  dalla Corte di
cassazione  (ad es. sentenza n. 297 del 1973), legittima il potere di
limitazione  della  liberta'  personale  da  parte  dell'autorita' di
pubblica  sicurezza  solo  in  quanto  anticipazione  e supplenza del
potere dell'autorita' giudiziaria.
    Ed  infatti  ex  art. 386  c.p.p.  la polizia giudiziaria di ogni
arresto  deve  dare immediata notizia al pubblico ministero, cui deve
porre  a disposizione l'arrestato al piu' tardi entro 24 ore; d'altra
parte   il  pubblico  ministero  ha  il  potere/dovere  di  sindacare
immediatamente  l'operato  della  polizia  giudiziaria,  sia sotto il
profilo della legittimita' che sotto quello delle esigenze cautelari,
ex art. 389 c.p.p. e 121 disp. att. c.p.p.
    Nel caso di specie, e' invece attribuito alla polizia giudiziaria
il dovere di procedere all'arresto - obbligatorio - dell'indagato per
un   illecito   contravvenzionale,   cui   non  puo'  seguire  quindi
l'applicazione  di  alcuna  misura  cautelare  (ex  art. 272  e segg.
c.p.p., ed in mancanza di previsione speciale).
    Viene   cosi',  in  contrasto  con  l'art. 13,  comma  2,  Cost.,
riconosciuto   in   materia   di   liberta'  personale  alla  polizia
giudiziaria  un  potere autonomo e superiore rispetto a quello di cui
dispone l'autorita' giudiziaria.
    L'art. 14,  comma  5-quinquies  decreto  legislativo  n. 286/1998
prevede  altresi'  che  si  proceda  con  rito direttissimo: con cio'
parrebbe  risultare  limitato  il  potere/dovere  del  p.m.  di porre
immediatamente  in  liberta' l'indagato ex art. 121 disp. att. c.p.p.
(infatti  nel  caso  in  esame  non  esercitato), in contrasto con il
dovere  di  controllo  dell'operato  della  p.g.  ex art. 13, secondo
comma, Cost.
    Inoltre  si  viene  a  creare  una  ingiustificata  disparita' di
trattamento  fra  coloro  che,  indagati  per  la  contravvenzione in
questione, possono vedere limitata la propria liberta' personale fino
ad  un  massimo  di  48  ore, e coloro che, arrestati per reati anche
molto  piu'  gravi, possono essere comunque rimessi immediatamente in
liberta' secondo i principi generali.
    In  particolare  e'  stridente  la  disparita'  di trattamento in
relazione  a  quanto  previsto  dall'art. 13,  comma  13-ter  decreto
legislativo  n. 286/1998, che non impone l'arresto obbligatorio dello
straniero  espulso  che  rientri  nel  territorio  dello Stato (ed e'
punito  con  pena identica a quella prevista per lo straniero che non
ottempera  all'ordine  di  allontanarsi), neppure se l'espulsione era
stata  disposta  dall'autorita'  giudiziaria (delitto per il quale e'
prevista  una  pena  ben  piu' grave e che consente l'applicazione di
misure cautelari).
    Sussistendo  dunque  seri  dubbi  di  legittimita' della norma in
esame  in relazione agli artt. 3 e 13 della Costituzione, va disposta
la sospensione del procedimento per le valutazioni della Corte.
    In mancanza di titolo detentivo, va altresi' disposta l'immediata
rirnessione  in  liberta'  dell'indagato,  se  non detenuto per altra
causa.