IL TRIBUNALE Ha pronunciato la seguente ordinanza nella causa civile iscritta al n. 5471/01 R.G., avente ad oggetto: risarcimento danni e riservata in decisione all'udienza del 6 giugno 2002 e vertente tra Ascione Luigi, rappresentato e difeso, in virtu' di mandato a margine dell'atto di citazione, dagli avv. Andrea ed Alfonso Iannicelli presso il cui studio e' elettivamente domiciliato in Napoli, alla piazza Amedeo n. 15, attore, e Assitalia - Le Assicurazoni d'Italia - S.p.A., in persona del suo procuratore speciale, avv. Marco Cavicchi, elettivamente domiciliata in Napoli alla via Melisurgo n. 44 presso lo studio dell'avv. Erasmo Augeri che la rappresenta e difende giusta procura in calce alla copia notificata dell'atto di citazione, convenuta. Premesso in fatto Con atto notificato in data 31 marzo 2002, Ascione Luigi esponeva quanto segue: di essere assicurato con polizza di assicurazione infortuni n. 55/50/318581, stipulata con la S.p.A. Assitalia Assicurazioni; che in data 14 settembre 1998, era stato coinvolto in un incidente stradale a seguito del quale aveva riportato un grave infortunio con «trauma contusivo cranico con ematoma regione frontale ed escoriazione cuoio capelluto - contusione spalla destra» per il quale fu prontamente ricoverato presso il P.S. dell'Ospedale S. Paolo di Napoli; che, quale parte attiva del rapporto contrattuale, in data 20 novembre 2000 si sottoponeva a visita medica dal professor A. Palmieri, medico legale fiduciario della societa' di assicurazioni Assitalia, incaricato degli accertamenti, il quale valutava e relazionava prontamente sul danno alla propria committente; che il responsabile della Assitalia preposto alla liquidazione dell'indennizzo spettante all'istante, in data 27 febbraio 2001 comunicava di non voler provvedere alla liquidazione dell'indennizzo, sostenendo che, nelle specie, dagli accertamenti medici effettuati, risultavano postumi nei limiti della franchigia contrattuale; che invece, le conclusioni comunicate dall'ispettore della Assitalia Assicurazioni, non potevano considerarsi rispondenti ai reali postumi residuati ad egli istante. Per tutto quanto esposto, l'Ascione conveniva innanzi a questo tribunale la Assitalia -- Le Assicurazioni d'Italia - S.p.A., al fine di sentir cosi' provvedere: a) dichiarare che, in relazione al sinistro per cui e' causa, la societa' Assitalia non ha adempiuto, in violazione dell'articolo 1891 c.c., gli obblighi derivanti dal contratto assicurativo; b) condannare la convenuta all'indennizzo dei danni nella misura che risultera' provata ed ai sensi dell'art. 1218 c.c., al risarcimento dei danni subiti, il tutto oltre rivalutazione monetaria da determinarsi in base agli indici ISTAT. Costituitasi la Assitalia - Le Assicurazioni d'Italia - S.p.A., eccepiva preliminarmente l'improcedibilita' della domanda attrice per difetto di giurisdizione del giudice ordinario, stante la pattuizione contrattuale di cui all'art. 28 delle condizioni generali di contratto, che devolve a periti la valutazione e la liquidazione dei danni da infortunio; nel merito contestava il fondamento dell'avversa pretesa, eccependo la carenza assoluta di prova dell'avversa domanda e deducendo che il danno lamentato dall'Ascione era pari alla franchigia prevista in contratto. Concludeva pertanto chiedendo dichiararsi l'improponibilita' della domanda, ed in ogni caso il rigetto della stessa, il rigetto con vittoria di spese e competenze. All'udienza dell'11 aprile 2002 la convenuta Assitalia, insistendo per una rapida definizione della eccezione di improponibilita' della domanda, dichiarava di rinunciare alle ulteriori eccezioni pregiudiziali di merito sollevate diverse da quelle relative alla improponibilita' ed inammissibilita' dell'azione giudiziaria per la presenza della clausola compromissoria, sicche' il g.u., ritenuta la pregiudizialita' dell'eccezione di parte convenuta, invitava le parti a precisare le conclusioni. All'udienza del 6 giugno 2002 sulle trascritte conclusioni, si riservava la decisione della causa assegnando alle parti termine di gg. 60 per il deposito della comparsa conclusionale e gg. 20 per l'eventuale replica. Osserva in diritto L'eccezione di improponibilita' dell'azione sollevata dalla convenuta Assitalia S.p.A., con riferimento alla clausola di arbitrato irrituale presente nella polizza per cui e' lite, e' fondata se pur nei limiti qui di seguito esposti. L'art. 28 della polizza di assicurazione infortuni n. 55/50/318581, stipulata tra le parti ed avente efficacia dal 3l luglio 1989 al 31 dicembre 1999 prevede: «Le divergenze sul grado di invalidita' permanente o sul grado o durata dell'invalidita' temporanea, nonche' sull'applicazione dei criteri di indennizabilita' previsti dall'art. 24, sono demandate per iscritto ad un collegio di tre medici nominati uno per parte ed il terzo di comune accordo, o in caso contrario dal Consiglio dell'ordine dei medici avente giurisdizione nel luogo ove deve riunirsi il Collegio dei medici ... Ciascuna delle due parti sostiene le proprie spese e remunera il medico da esso designato, contribuendo per la meta' delle spese e competenze per il terzo medico. E' data facolta' al Collegio medico di rinviare, ove ne riscontri l'opportunita', l'accertamento definitivo dell'invalidita' permanente ad epoca da definirsi dal Collegio stesso, nel qual caso puo' intanto concedere una provvisionale sull'indennizzo. Le decisioni del Collegio medico sono prese a maggioranza di voti, con dispensa di ogni formalita' di legge e sono vincolanti per le parti, anche se uno dei medici rifiuta di firmare il relativo verbale». In materia assicurativa, i giudici di legittimita' hanno costantemente ritenuto che tale clausola abbia natura di arbitrato irrituale, in quanto attribuisce al collegio non semplicemente l'incarico di esprimere un apprezzamento tecnico (nel qual caso sarebbe piu' corretto qualificare il contenuto del fatto come perizia contrattuale), ma altresi' il potere di risolvere le contestazioni («divergenze») mediante una composizione accertativa o transattiva, riconducibile alla volonta' delle parti stesse (sul punto cfr. Cass. civ. 1° aprile 1994 n. 3207; cfr., pure Cass. 16 luglio 4178; Cass. civ. 14 giugno 1979 n. 3348). Premesso che pur cogliendosi il passaggio logico delle motivazioni in base al quale operare il distinguo tra perizia contrattuale ed arbitrato irritale, sorge comunque naturale il rilievo che i tre componenti del collegio, essendo medici, sono tenuti a formulare dapprima un apprezzamento tecnico in relazione a «lesioni» per poi liquidare il danno, il che indurrebbe ad inquadrare il patto contrattuale in questione nello schema di una perizia contrattuale, in ogni caso la conseguenza, in punto di diritto, che la giurisprudenza costante deriva dalla presenza di tale clausola (sia essa qualificabile come arbitrato irrituale o come perizia contrattuale) e' l'improponibilita' dell'azione eventualmente instaurata innanzi al giudice ordinario. Sul punto, si osserva infatti che la volonta' di deferire ad un collegio arbitrale la soluzione delle divergenze eventualmente insorte, nelle ipotesi espressamente contemplate, con l'impegno di accettarne le conclusioni, implica in realta' «la temporanea rinuncia alla tutela giurisdizionale dei diritti nascenti dal rapporto contrattuale, nel senso che, prima e durante il corso della procedura contrattualmente prevista, le parti stesse non possono proporre davanti al giudice ordinario azioni derivanti dal suddetto rapporto» (cosi', Cassazione civile sez. III, 26 febbraio 1999, n. 1680; Cassazione civile n. 9459/1994). Nel caso in esame non v'e' dubbio che la «divergenza» di cui all'art. 28 della polizza di assicurazione infortuni intervenuta tra le parti si sia verificata in punto di fatto, con conseguente operativita' della clausola arbitrale. Ed invero, risulta dagli atti, e non e' contestato dalle parti, che dopo che l'Ascione si sottopose a visita medica dal professor A. Pa1mieri, medico legale fiduciario della societa' di assicurazioni Assitalia, il responsabile della Assitalia all'uopo preposto, in data 27 febbraio 2001 comunicava di non voler provvedere alla liquidazione dell'indennizzo, ritenendo che i postumi residuati rientrassero nei limiti della franchigia contrattuale (v. atto di citazione, comparsa di risposta, richieste di indennizzo e relazione medica del fiduciario dell'Assitalia in atti). In altri termini l'aver ritenuto applicabile la franchigia, contrariamente alla richiesta di indennizzo formulata dall'Ascione, ha in tutta evidenza creato contrasto tra le parti circa il grado d'invalidita' cui parametrare l'indennizzo, ovvero ha generato quella «divergenza» cui e' subordinata l'operativita' della clausola in questione. Ne', contrariamente a quanto sostiene la difesa di parte attrice, l'operativita' di detta clausola sarebbe comunque esclusa in quanto sia il comportamento stragiudiziale della controparte che quello processuale depongono per l'esistenza di un contrasto piu' pregnante relativo all'an debeatur, questione sulla quale ha il potere di pronuciarsi l'AGO. Va sul punto rilevato che la volonta di parte convenuta di rinunciare alle ulteriori eccezioni pregiudiziali di merito sollevate diverse da quelle relative alla improponibilita' ed inammissibilita' dell'azione giudiziaria per la presenza della clausola compromissoria (v. verbale di udienza dell'11 aprile 2002 nonche' note difensive del 22 aprile 2002), porta a ritenere le questioni non controverse si' da configurare la cessazione della materia del contendere, con conseguente preclusione del loro esame in un eventuale giudizio successivo all'espletamento della perizia contrattuale. Acclarata quindi l'operativita' della clausola compromissoria intervenuta tra le parti, altra questione da esaminare riguarda la fondatezza dell'eccezione d'improponibilita' in relazione alla dedotta applicazione della disciplina concernente le clausole abusive nei contratti stipulati con i consumatori, introdotta dall'art. 25 della legge n. 52/1996, in attuazione della direttiva 93/13/CEE del 5 aprile 1993, con l'aggiunta al codice civile del capo XIV-bis. Tale disposizione, infatti, considera vessatorie le clausole che, malgrado la buona fede, determinano a carico del consumatore un significativo squilibrio dei diritti e degli obblighi derivanti dal contratto; la ratio della disciplina in esame, secondo quanto sostenuto da autorevole dottrina, va ravvisata nella finalita' della legge di riequilibrare le posizioni delle parti contrattuali a fronte di situazioni economiche o istituzionali tipicamente squilibrate, e con cio' nella finalita' di assicurare al contratto la sua funzione essenziale di strumento dell'autonomia privata misurato sui principi di parita' e di libera determinabilita' del contenuto. Si tratterebbe, pertanto, di stabilire se la clausola compromissoria per arbitrato irrituale corrisponda o meno ad uno dei tipi di clausole elencati nell'art. 1469-bis, terzo comma, in ordine alle quali la vessatorieta' si presume fino prova contraria. In particolare, tale quesito interpretativo si pone soprattutto con riferimento alle clausole elencate nel n. 18, comma terzo della norma succitata, con particolare riferimento a quelle che sanciscono a carico del consumatore deroghe alla competenza dell'autorita' giudiziaria. Sul punto non si ignora l'orientamento consolidato - formatasi soprattutto in relazione al disposto di cui all'art. 1341, secondo comma c.c. - secondo cui soltanto le clausole compromissorie che prevedano un arbitrato rituale contengono una deroga alla competenza dell'autorita' giudiziaria (vedi Cass. civ. 5 settembre 1992, n. 10240), mentre le clausole compromissorie per arbitrato irrituale, comportando un mandato agli arbitri per l'espletamento di un'attivita' negoziale in sostituzione delle parti e non per l'esercizio di una funzione di natura giurisdizionale, non danno luogo a difetto ne' di giurisdizione ne' di competenza, ma determinano soltanto l'improponibilita' della domanda per rinuncia convenzionale all'azione (Cass. civ. 26 ottobre 1996, n. 9357). Tuttavia, gli artt. 1469-bis e ss. c.c. vanno interpretati alla luce della direttiva 93/13/CEE che, alla voce q) dell'allegato, prevede come clausola abusiva quella che ha per oggetto o per effetto di «sopprimere o limitare l'esercizio di azioni legali o vie del ricorso del consumatore, in particolare obbligando il consumatore a rivolgersi esclusivamente a una giurisdizione di arbitrato non disciplinata da disposizioni giuridiche ...». Ed infatti, pur se - in base ai principi innanzi evidenziati - nella specie gli arbitri assumono la veste di mandatari, decidendo la controversia mediante un contratto, puo' ritenersi, con specifico riferimento al disposto di cui all'art. 1469-bis, terzo comma n. 18, che anche le clausole che affidino la risoluzione delle controversie ad un arbitrato irrituale costituiscano una deroga alla competenza dell'autorita' giudiziaria, atteso che comunque le stesse comportano una rinuncia dell'aderente alla tutela giurisdizionale. D'altronde, com'e' stato gia' notato dalla giurisprudenza di merito secondo la quale rientra nel novero delle clausole vessatorie previste dall'art. 1469-bis, terzo comma n. 18, anche quella istitutiva di un arbitrato irrituale (Tribunale di Roma, 8 maggio 1998, Movimento federativo democratico c. Ania e Soc. Nuova Tirrena, in il Foro italiano, 1998, I, 1989), l'art. 8 della direttiva 93/13/CEE autorizza gli Stati membri ad adottare o mantenere disposizioni piu' severe compatibili con il Trattato per garantire un livello piu' elevato di tutela del consumatore, di talche' risulta in contrasto con l'istruzione comunitaria procedere ad un'interpretazione del diritto nazionale che ponga in favore del consumatore garanzie di portata inferiore rispetto a quelle assicurate dalla direttiva CEE. Pertanto, a giudizio di questo tribunale puo' senz'altro concludersi per la vessatorieta' della clausola di arbitrato irrituale oggetto del presente giudizio a norma dell'art. 1469-bis, terzo comma n. 18. Proprio sulla base delle considerazioni che precedono, la risoluzione della questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1469-bis, secondo comma, c.c. sollevata da parte attrice si presenta necessariamente pregiudiziale rispetto alla decisione della controversia in esame. Ed infatti, vi sono sufficienti ragioni per dubitare della legittimita' costituzionale della norma impugnata nella parte in cui non equipara l'assicurato beneficiario della polizza infortuni cumulativa al «consumatore». Invero, il rapporto contrattuale oggetto di lite in ogni caso non potrebbe considerarsi assoggettato al regime di cui all'art. 1469-bis c.c., non rivestendo il contraente Comune di Napoli la qualita' di consumatore cosi' come descritta dall'art. 1469-bis, secondo, atteso che se in base alle definizioni contenute nelle direttive comunitarie e recepite nel nostro ordinamento «consumatore» e' la persona fisica che agisce per scopi estranei all'attivita' professionale o imprenditoriale svolta e che fruisca di servizi o di beni per scopi non riferibili alla predetta attivita' (cfr. art. 2 legge 30 luglio 1998 n. 281), tale non puo' considerarsi il Comune di Napoli, ente pubblico contraente della polizza per cui e' causa. Tuttavia se l'ente contraente non puo' considerasi consumatore, e' innegabile he il «fruitore» nei termini appena esposti, nonche' benificiario del servizio assicurativo oggetto della polizza, sia l'Ascione il quale quindi, in concreto, rispetto alla compagnia assicurativa (professionista) si trova in una posizione identica dell'infortunato diretto contraente della polizza: egli infatti e' esclusivo titolare dell'interesse assicurato, del diritto all'indennizzo, nonche' della facolta' dell'azione giurisdizionale al fine dell'accertamento sia dell'an che del quantum. La posizione dell'Ascione, cioe', e' perfettamente identica a quella del consumatore cui la normativa richiamata fa riferimento quale «parte debole» destinataria finale del servizio. In particolare, l'Ascione - e per esso i soggetti beneficiari di una polizza cumulativa infortuni - non ha avuto alcuno spazio di contrattazione rispetto allo schema contrattuale che gli e' stato imposto nell'ambito di un rapporto sinallagmatico (quello col suo datore di lavoro), e del quale, cosi' come il «consumatore» di cui alla citata normativa, si e' trovato a subirne gli effetti anche rispetto a clausole vessatorie. A conferma di tanto basta considerare il meccanismo relativo all'obbligo di pagamento del premio assicurativo, obbligo che benche' formalmente faccia capo al datore di lavoro, in realta' sostanzialmente ricade a carico del terzo benificiario della polizza (sul punto si e' affermato che «I premi assicurativi corrisposti dal datore di lavoro a seguito della stipulazione di una polizza cumulativa per infortuni professionali ed extraprofessionali dei propri dipendenti fanno parte della retribuzione imponibile, in quanto erogazioni trovanti la loro giustificazione nel rapporto di lavoro»: Cassazione civile sez. lav., 19 giugno 1999, n. 6169). In altri termini pur se il beneficiario della polizza infortuni cumulativa non e' parte direttamente contraente, essa tuttavia risulta essere in concreto parte debole destinataria finale del servizio (fruitore), ovvero quel «consumatore» alla cui tutela e' finalizzata tutta la normativa innanzi richiamata. Le diverse conseguenze che ne discenderebbero escludendo sulla base del tenore letterale dell'art. 1469-bis c.c., il terzo beneficiario della polizza cumulativa dai benefici che invece sono riservati al «consumatore», palesano in tutta evidenza, ed in relazione alla omogeneita' della situazione da tutelare come appena evidenziata, l'irragionevole ed immotivata disparita' di trattamento tra colui che abbia stipulato direttamente il contratto ed il beneficiario non contraente della polizza cumulativa infortuni. Deve essere sollevata pertanto, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita' costituzionale dell'art. 1469, secondo comma c.c., nella parte in cui non include il beneficiario non contraente della polizza cumulativa infortuni nella nozione di «consumatore». Va infine rilevato che non puo' escludersi la rilevanza della questione sul rilievo che nella specie il contratto per cui e' causa sia stato stipulato antecedentemente all'entrata in vigore della legge n. 52/1996 che ha introdotto la specifica sezione dedicata ai contratti con il consumatore, osservandosi al contrario che poiche' trattasi di contratto di durata, i cui effetti non erano esauriti al momento di entrata in vigore della suddetta legge, il rapporto contrattuale per cui e' lite e' senz'altro soggetto alla disciplina di cui agli artt. 1469-bis c.c. e ss.