IL GIUDICE DI PACE Nel procedimento penale pendente nei confronti di Manzoni Valter nato a Milano il 28 agosto 1958, «per il reato previsto e punito dagli artt. 186 C.d.S, perche' conducente della autovettura Fiat Uno targata BZ 438052, guidava in stato di ebbrezza dovuto all'uso di sostanze alcoliche. Con la recidiva specifica infraquinquennale reiterata. In Cappella Maggiore (TV) il 19 ottobre 2001». Atteso che l'art. 64, secondo cpv. secondo comma d.lgs. n. 274/2000 dispone la competenza di questo giudice; Ritenuto che il citato art. d.lgs. n. 274/2002 (da leggersi in stretta correlazione a quanto stabilito dal secondo comma primo cpv. e nel primo comma dello stesso citato articolo) per violazione degli artt. 3 e 25 Cost., laddove fa dipendere, per fatti commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 274/2000 (2 gennaio 2002), l'applicabilita' della diversa normativa processuale dal medesimo stabilita, ha pronunciato la seguente ordinanza depositata in udienza dibattimentale del 10 aprile 2003, sull'eccezione preliminare formulata dalla difesa dell'imputato. 1. - Sulla rilevanza ai fini della causa. In ordine alla rilevanza ai fini della causa, ritiene di condividere e di fare propria l'argomentazione in ordine alla questione di illegittimita' costituzionale della norma di cui all'art. 64, secondo cpv. secondo comma d.lgs. n. 274/2000, cosi' come sollevata dal difensore dell'imputato Manzoni Valter, per violazione degli artt. 3 e 25 Cost., laddove fa dipendere, per fatti commessi anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 274/2000 (2 gennaio 2002), l'applicabilita' della diversa normativa processuale dal medesimo stabilita, dal diverso momento della richiesta e compimento dell'iscrizione del fatto nel registro delle notizie di reato, ossia da un adempimento non soggiacente ad alcun termine perentorio stabilito a pena di «nullita», ma lasciato in sostanza unicamente alla tempestivita' o meno con cui le varie autorita' di polizia giudiziaria trasmettono alla Procura competente le notizie di reato ricevute e quindi alla funzionalita' o meno dei diversi uffici giudiziari e percio' alla loro «discrezionalita» da intendersi nei suddetti termini di varie e diverse tempestivita' e funzionalita'. Dagli atti emerge che il procedimento penale de quo, a carico dell'imputato Manzoni Valter venne iscritto nel RG. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Treviso in data 28 maggio 2002. Questo non solo e' in violazione del principio di cui all'art. 25 Cost., per il quale nessuno puo' essere distolto dal giudice naturale precostituito per legge, giudice naturale da individuarsi con quello costituito esistente e competente al momento della consumazione del reato (nel caso di specie il Tribunale monocratico) ma anche e soprattutto in violazione del principio di uguaglianza costituzionalmente sancito nell'art. 3 Cost. Quest'ultimo principio appare infatti palesemente violato laddove dal diverso tempo di un adempimento «discrezionale» (nei termini suesposti) o «casuale» che dir si voglia, da parte dell'autorita' giudiziaria ossia dalla formalita' dell'iscrizione nel registro delle notizia di reato, fa dipendere l'applicazione di una diversa disciplina processuale meno favorevole a fatti del medesimo disvalore e ugualmente compiuti anteriormente all'entrata in vigore del d.lgs. n. 274/2000. Disciplina processuale quella specificamente prevista dal decreto istitutivo della competenza penale del giudice di Pace che, senza tema di smentita, e' da considerarsi piu' sfavorevole di quella di cui al c.p.p., laddove nega: 1) (art. 2) l'accesso a riti alternativi con riduzioni della pena di 1/3 e fino 1/3 (abbreviato e patteggiamento); 2) (art. 60) il beneficio della sospensione condizionale della «a pene irrogate dal giudice di pace»; 3) (art. 62) l'applicabilita' delle sanzioni sostitutive previste dagli artt. 53 e ss. della legge n. 689/1981 «ai reati di competenza del giudice di pace»; 4) (art. 2) la possibilita' di incidente probatorio. Se infatti da un punto di vista prettamente sanzionatorio disciplina prevista dal d.lgs. n. 274/2000 e' da considerarsi piu' favorevole per il tipo di pene previste, non altrettanto puo' dirsi per la disciplina dei «benefici processuali» dell'accesso ai riti alternativi e della sospensione condizionale della pena. E se il trattamento sanzionatorio piu' favorevole, in linea con il disposto dell'art. 2 c.p., e' applicabile ex art. 2 comma secondo primo cpv. del decreto a tutti i reati commessi anteriormente alla sua entrata in vigore (2 gennaio 2002), la normativa processuale piu' favorevole del c.p.p. e' esclusa per quei reati commessi anteriormente al 2 gennaio 2002, ma che siano pero' stati iscritti nel registro delle notizie di reato successivamente a tale data. Con la inaccettabile conseguenza che a fronte di reati tutti ugualmente commessi prima dell'entrata in vigore del d.lgs. n. 274/2000, alcuni imputati per il solo fatto che l'iscrizione nel registro delle notizie di reato sia avvenuta entro il 1° gennaio 2002 (radicando cosi' il procedimento avanti il Tribunale monocratico) hanno la possibilita', relativamente alle sanzioni previste per i procedimenti davanti al giudice di pace (agli stessi comunque applicabili ex art. 64 comma secondo primo cpv, unicamente alla possibilita' di beneficiare di ulteriori - rispetto a quelle previste dal c.p.p. - cause di esclusione della procedibilita' e di estinzione del reato ex artt. 34 e 35 d.lgs. n. 274/200), di accedere a riti alternativi, nonche' di beneficiare della sospensione condizionale della pena e di richiedere l'incidente probatorio. Altri imputati, invece, per il solo fatto che l'iscrizione nel registro delle notizia di reato e' avvenuta dopo il 2 gennaio 2002 (radicando cosi' il procedimento avanti il giudice di pace competente per territorio), ferme anche per loro le pene piu' favorevoli previste avanti il giudice di pace ex art. 64 comma secondo (e le cause di esclusione e di estinzione del reato previsto dagli artt. 34 e 35 d.lgs. cit.) non possono per le medesime pene chiedere la sospensione condizionale ne' nel procedimento cosi' radicato accedere prima dell'apertura del dibattimento a riti alternativi, quali il giudizio abbreviato o il patteggiamento che consentono una riduzione di pena rispettivamente di 1/3 e fino ad 1/3 ne' giovarsi della facolta/necessita' di vedere ammesso il mezzo di istruzione preventiva dell'incidente probatorio. La disuguaglianza e disparita' di trattamento e' palese ed assolutamente ingiustificata, ed impone il vaglio del giudice delle Leggi. La rilevanza della questione nel presente procedimento emerge chiaramente sol che si voglia considerare che il fatto/contravvenzione ex art. 186 N.C.S. (d.lgs. n. 285 del 30 aprile 1992), per il quale e' imputato il signor Manzoni Valter, sarebbe stato commesso, secondo la prospettazione accusatoria il 19 ottobre 2001, ma la relativa iscrizione nel registro delle notizie di reato e' stata chiesta solo nel maggio 2002. Dal che in ragione dell'applicabilita' del titolo I del d.lgs. n. 274/2000, ex art. 64 secondo comma secondo cpv., al signor Manzoni in caso di condanna non e' concedibile la sospensione condizionale della pena ne' lo stesso puo' avanzare, prima dell'apertura del dibattimento, la richiesta di ammissione dei riti alternativi. All'imputato e' preclusa, insomma, la possibilita' di quel trattamento processuale complessivamente piu' favorevole (che e' dato dall'insieme di: sanzioni applicabili dal giudice di pace piu' la sospensione condizionale, nonche' i riti alternativi) che invece viene di fatto pacificamente concessa ad altri imputati accusati di fatti-reato come il suo avvenuti e consumati anteriormente il 2 gennaio 2002, ma, a differenza di quello del prevenuto odierno, anteriormente a tale data, ma del tutto «discrezionalmente» o «casualmente», iscritti nel registro delle notizie di reato successivamente. Dal che emerge la piena rilevanza nel procedimento de quo della questione cosi' sollevata, tenuto anche conto del disvalore che il legislatore ha tenuto in alcun cale. E' vero che il giudice di pace irroga pene «minori» ed effettive; pur tuttavia, non gli si puo' precludere il c.d. favor rei. Basterebbe, come gia' avviene presso il giudice monocratico di Tribunale, a discrezione, applicare il contenuto dell'art. 444 c.p.p. E' un «tamponamento», che in alcuni casi potrebbe costituire un utile deterrente; cosi' come gli altri «riti alternativi». 2. - Sulla non manifesta infondatezza della questione. Poiche' l'art. 21, secondo comma legge delega n. 468/1999 prevede espressamente che il d.lgs. (n. 274/2000) entri in vigore centottanta giorni dopo la sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale, il legislatore ha ritenuto opportuno dettare una disciplina di verifiche per i reati - contravvenzioni commessi nell'arco temporale della vacatio legis. Il punto cronologico di discrimine tra l'applicazione della precedente e della sopravvenuta disciplina viene individuato nel momento dell'iscrizione della notizia criminis sull'apposito registro. In particolare, se il reato commesso nell'interregno dei centottanta giorni, dalla pubblicazione all'entrata in vigore, sara' nello stesso periodo anche menzionato a registro, troveranno applicazione il comma 1 e la prima parte del comma 2 dell'art. 64: vale a dire, si osserveranno le norme vigenti al momento della commissione del fatto con le eccezioni, in favore dell'imputato, esaminate nel paragrafo precedente. Viceversa, per i reati commessi sempre nell'intervallo di vacatio ma iscritti successivamente all'entrata in vigore del decreto, si applicheranno anche le disposizioni del titolo I. Dalla constatazione che il titolo I contiene la disposizione sulla competenza del giudice di pace, oltre alle norme procedimentali, sembrerebbe doversi dedurre l'immediata applicabilita' di tutta la normativa sopravvenuta ai procedimenti iniziati, a seguito dell'iscrizione della notizia di reato nell'apposito registro, successivamente alla data di entrata in vigore del decreto. E cio', per fatti commessi nella vigenza della vecchia disciplina. In buona sostanza, l'indicazione dell'inizio del procedimento quale momento per cristallizzare la competenza del giudice finisce inevitabilmente per consentire la retroattivita' della modifica legislativa in relazione ai fatti avvenuti prima della sua entrata in vigore. Sennonche', tale ricostruzione, derogando al comma 1 dello stesso art. 64 che detta la regola generale del dies delicti per determinare la competenza del nuovo giudice, viola il principio della «precostituzione» del giudice. Se con il disposto dell'art. 25, comma 1 il costituente ha inteso tutelare «nel cittadino il diritto ad una previa, non dubbia conoscenza, del giudice competente o, ancor piu' nettamente, il diritto alla certezza che a giudicare non sara' un giudice creato a posteriori in relazione ad un fatto gia' verificatosi», non c'e' dubbio che nel caso in esame l'autore di un reato commesso nei centottanta giorni di vacatio non sara' in grado di conoscere a priori quale giudice dovra' giudicarlo. A ben vedere, la scelta di uno spartiacque convenzionale, quale l'iscrizione nel registro delle notizie di reato, per differenziare l'efficacia della disciplina sopravvenuta puo' lasciare alla discrezionalita' del pubblico ministero la determinazione del giudice competente. Infatti, il comma 1 dell'art. 335 c.p.p., pur imponendo al p.m. di iscrivere immediatamente «ogni notizia di reato pervenutagli o acquisita di propria iniziativa, non fissa tuttavia alcun termine, entro il quale quest'organo deve procedere a detta iscrizione, ne' prevede sanzioni in caso di inottemperanza. Una tardiva iscrizione potrebbe solo determinare, allorquando ne ricorrano gli estremi, sanzioni disciplinari. Del resto, la stessa previsione che l'iscrizione del nome dell'indagato debba avvenire «contestualmente» ovvero «dal momento in cui risulta» consente al p.m., almeno in questa seconda ipotesi, di fruire di un ampio ambito di valutazione discrezionale circa il momento di effettiva iscrizione. Lungi quindi, dal costruire un criterio rigorosamente oggettivo di determinazione della competenza, il momento dell'iscrizione nel registro delle notizie di reato lascia spazio all'accusa di scegliere il giudice che dovra' prendere cognizione del fatto, in violazione della riserva assoluta di legge di cui all'art. 25, primo comma Cost. L'interpretazione ora esposta, prospettata nella relazione al decreto legislativo sul giudice di pace, non sembra tuttavia, tener conto della formulazione letterale del disposto del comma 2, seconda parte, dell'art. 64. Qui', con riferimento ai reati commessi dopo la pubblicazione del decreto, si prescrive che si osservano «anche» le disposizioni del titolo. La particella copulativa «anche» congiunge inequivocabilmente la prescrizone a cui afferisce alla precedente. Per cui secondo l'interpretazione letterale, il significato della disposizione non puo' essere altro che il seguente: quando si tratta di reati commessi dopo la pubblicazione del decreto ed iscritti dopo la sua entrata in vigore, si osservano non solo le disposizioni dell'art. 63, commi 1 e 2, ma anche le disposizioni del titolo I, esclusa quella sulla competenza del nuovo giudice. In altri termini, ferma restando la normativa sulla competenza vigente al momento della commissione del fatto, vale a dire la competenza del giudice ordinario (art. 63), si applicano anche le norme procedimentali previste dal titolo I. La ricostruzione in questo senso del disposto normativo oltre ad avere il supporto dell'interpretazione letterale, si presenta conforme ai principi costituzionali in tema di successione di leggi sulla competenza. In conclusione, se la relazione deve considerarsi manifestazione delle intenzioni dei deliberanti, puo' essere che in questo caso la formula abbia tradito il pensiero, cosicche' debba essere emendata.