IL GIUDICE PER L'UDIENZA PRELIMINARE

    Ha pronunziato la seguente ordinanza.
    Premesso  che  il  difensore  di  ufficio,  avv. Claudio Ciccio',
dell'imputato  Finocchietti  Jean  Bruno, dichiarato irreperibile, ha
sollevato  questione  di  legittimita'  costituzionale dell'art. 438,
comma  3  c.p.p.,  per  contrasto  con  gli  artt. 3,  24,  111 della
Costituzione,  nonche'  6  convenzione  europea dei diritti dell'uomo
come   ratificata  nell'ordinamento  italiano,  nella  parte  in  cui
preclude  che  la richiesta di giudizio abbreviata in forma semplice,
ovvero  condizionata  possa  essere effettuata anche dal difensore di
ufficio  dell'imputato  contumace, irreperibile ovvero latitante, non
munito di procura speciale;
    Lette  le  diffuse  motivazioni  a  sostegno della questione come
depositate dal detto difensore con memoria in data 11 marzo 2001;
    Preso atto delle osservazioni del p.m. e delle altre parti;

                            O s s e r v a

    La  disamina  della  materia  rimessa  alla valutazione di questo
giudice in riferimento alla valutazione di non manifesta infondatezza
della  questione  proposta ed alla rilevanza della stessa ai fini del
giudizio  presuppone  necessariamente  una considerazione della norma
che si assume essere in contrasto con gli indicati principi alla luce
della   evoluzione   normativa   dell'intero  istituto  del  giudizio
abbreviato  quale  si e' avuta a seguito degli interventi della Corte
costituzionale e delle novelle legislative.
    Cio'  in  quanto l'istituto del giudizio abbreviato quale risulta
disciplinato  a  seguito  della c.d. legge Carotti (legge 16 dicembre
1999,   n. 479),   peraltro   preceduta  da  interventi  del  giudice
costituzionale,  e' profondamente diverso dall'istituto regolamentato
nella  prima  stesura  dei  codice  di  rito  di  cui  al decreto del
Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447.
    Differenza  quella conseguente all'intervento del legislatore che
accentua  le  caratteristiche  di  giudizio  di  cognizione piena del
giudizio  abbreviato rispetto a quelle che il medesimo istituto aveva
nella  originaria  formulazione  e  rispetto  all'altro rito speciale
disciplinato  dal  codice,  cioe'  il  rito di applicazione pena, nel
senso che piu' avanti sara' esplicitato.
    Il  parallelismo  tra  i  due  diversi  istituti e la valutazione
comparativa  delle  caratteristiche  di entrambi si impone atteso che
entrambi  gli  istituti,  quello  di cui all'art. 438 e ss. c.p.p., e
quello  di  cui  all'art. 444  e  ss. c.p.p., hanno - allo stato - la
comune   caratteristica   di   necessitare   per   la   loro  rituale
instaurazione  la formulazione della richiesta da parte dell'imputato
personalmente  ovvero tramite il difensore munito di procura speciale
(art. 438 comma 1 e comma 3, ed art. 446, comma 3 c.p.p.).
    Si  insegna  comunemente  in dottrina ed in giurisprudenza che la
ratio  giustificatrice  della previsione (espressa richiesta da parte
dell'imputato  ovvero  da  parte  del  difensore  munito  di  procura
speciale)  risiede nella circostanza che con la richiesta di giudizio
abbreviato   ovvero   di  applicazione  pena  si  decide  di  diritti
personalissimi ed indisponibili, con la conseguenza che necessita una
espressa,   consapevole   e   specifica  manifestazione  di  volonta'
dell'imputato per l'accesso ai due riti alternativi.
    Il difensore del Finocchietti cio' contesta.
    Anche questo giudice condivide le osservazioni avanzate.
    Ed  invero,  per  cogliere  la  assoluta diversita' di situazioni
regolamentate  dai  due  diversi  istituti  del giudizio abbreviata e
della applicazione della pena (gli unici a richiesta di arte privata,
oltre  l'oblazione,  che  consentono  una  definizione anticipata del
procedimento)   basta  elencare  le  differenze  tra  i  due  diversi
istituti,  quali sono state in particolare accentuate a seguito della
novella legislativa.
    L'istituto  del  giudizio abbreviato era originariamente regolato
nel senso che si trattava di giudizio esclusivamente allo stato degli
atti,  sottoposto  a  consenso  da  parte  del p.m. (su questo e' poi
intervenuto    il    giudice   costituzionale),   con   la   assoluta
impossibilita'  per  il  giudice  di  integrare  la prova, ovvero per
l'imputato  di subordinare l'accesso al rito al previo esperimento di
prova.
    Completano  il  quadro  normativo in cui l'originario istituto si
inseriva  la  assenza  di  previsioni  riferite  allo  svolgimento di
indagini  difensive  (titolo  VI-bis  del  libro  V del codice, se si
eccettua  la  limitata  possibilita' per i difensori di esercizio del
diritto  alla prova di cui all'art. 38 disp. att.) e la previsione di
cui  all'art. 571,  comma 3  c.p.p.  parte seconda, che consentiva al
difensore  di proporre impugnazione avverso una sentenza contumaciale
solo se munito di procura speciale, previsione abolita dalla medesima
novella  legislativa  introdotta  con legge 16 dicembre 1999, n. 479.
Per  vero  pero'  in  allora la sentenza emessa a seguito di giudizio
abbreviato   non   era   tecnicamente  qualificabile  quale  sentenza
contumaciale,  atteso  che  la  previsione di cui all'art. 420-quater
c.p.p.,   relativa   alla   contumacia  dell'imputato  nella  udienza
preliminare  e'  stata  introdotta  dalla  novella legislativa teste'
citata.
    Pertanto,  con l'assetto normativo del giudizio abbreviato or ora
riepilogato  e'  ben  piu'  fondato  sostenere  che  in  realta'  con
l'accesso a quel genere di giudizio poteva effettivamente realizzarsi
la  disposizione  di  diritti  personalissimi e indisponibili. E cio'
principalmente  per  la  rinunzia  preventivamente operata al diritto
alla prova ed al contraddittorio.
    Tutta  la  tematica  del giudizio abbreviato e' invero incentrata
proprio sulla prova e sul diritto alla prova.
    Come  e'  noto, a partire dal 24 ottobre 1988, con la abrogazione
del  vecchio  codice di rito, la assunzione della prova, che prima si
operava  fin  dal  primo  atto  di  indagine  - rectius di istruzione
sommaria  -,  puo'  avvenire soltanto nel contraddittorio delle parti
nella  fase  del  giudizio,  tecnicamente qualificata dibattimentale,
salvo  talune  eccezioni  di  acquisizione  anticipata  espressamente
disciplinate.
    Il   giudizio  abbreviato,  invece,  si  avvale  appunto  per  il
giudizio, di tutti quegli atti che nel corso dell'iter procedimentale
vengono assunti in una fase - quella delle indagini preliminari - che
tecnicamente  e'  preposta  alla  raccolta  di quelle che l'art. 429,
lettera  d) c.p.p., qualifica fonti di prova e che concettualmente il
legislatore  del  nuovo  codice  tende  a  differenziare,  sul  piano
ontologico,  ma  anche  nominativo  dalle  vere e proprie prove, alla
raccolta delle quali e' preposta l'istruttoria dibattimentale.
    Si  vedra'  che  anche nell'uso della terminologia il legislatore
non e' preciso, qualificando talora prove anche quelle raccolte nella
fase   delle  indagini  preliminari,  laddove  nell'art. 421  c.p.p.,
statuisce che il p.m. espone i risultati delle indagini preliminari e
gli  elementi  di  prova  che  giustificano  la richiesta di rinvio a
giudizio, e nell'art. 422 c.p.p. prevede la assunzione di prove delle
quali  appare  evidente  la decisivita' ai fini della sentenza di non
luogo a procedere.
    A  tal  punto e' necessario puntualizzare che gli elementi che ad
esito   del   giudizio  abbreviato  l'art. 442  c.p.p.,  consente  di
utilizzare,  da un lato, e' materiale inutilizzabile tout court nella
successiva  eventuale  fase  del  giudizio  a cognizione piena, salvo
talune  eccezioni che appare superfluo elencare; dall'altro lato, non
e'  materiale  inutilizzabile  perche'  affetto  da inutilizzabilita'
patologica.
    In   altri   termini,  il  materiale  di  cui  e'  consentita  la
utilizzazione  ai  fini  della  pronunzia  di  giudizio abbreviato e'
materiale inutilizzabile nel tipo di rito di impronta accusatoria che
regola  la  fase  tecnicamente  qualificata  del  giudizio, in cui la
inutilizzabilita'  attiene non gia' a vizi dell'atto. In tal senso si
tratta   di   materiale   probatorio   assunto   secundum  legem,  ma
inutilizzabile   perche'   incompatibile  con  i  principi  del  rito
accusatorio.
    Laddove   poi   assolutamente   inutilizzabile   anche  nel  rito
abbreviato  e'  il  materiale  in  cui la inutilizzabilita' ovvero la
nullita'  e'  di  natura  patologica,  in  quanto  trattasi  di  atti
probatori  assunti  contra legem, la cui utilizzazione e' vietata non
soltanto  in dibattimento, ma anche in modo assoluto in tutte le fasi
del   processo,  ivi  comprese  quelle  delle  indagini  preliminari,
dell'udienza preliminare, dei procedimenti speciali.
    Fin qui la disciplina del rito abbreviato precedente alla novella
legislativa 16 dicembre 1999, n. 479.
    A  ben  vedere tale tipo di giudizio, pertanto, si caratterizzava
per due peculiarita': la prima che atteneva - come detto - al tipo di
materiale  probatorio  utilizzabile, in cui la differenza rispetto al
materiale  probatorio  utilizzabile nella diversa fase dibattimentale
del  giudizio era riferita soltanto ai principi - rispettivamente del
rito  inquisitorio,  ovvero  di  quello  accusatorio - in ordine alla
raccolta della prova.
    La  seconda  che  atteneva  alla  limitazione  alla  integrazione
probatoria   e,   quindi  al  diritto  alla  prova,  limitazione  che
riguardava tutte le parti, p.m. ed imputato, ma anche il giudice.
    Si  ricordera'  infatti,  come  sopra  anche  accennato, che quel
giudizio  andava  necessariamente svolto allo stato degli atti, senza
che il p.m. ovvero l'imputato, infine il giudice, potessero procedere
alle   integrazioni   probatorie   ritenute   rispetto  alle  proprie
prospettazioni necessarie o utili.
    Necessario  corollario  era,  nel  rispetto dell'equilibrio delle
parti, che intanto il rito poteva avere luogo in quanto l'imputato lo
richiedeva,   il   p.m.  vi  acconsentiva,  il  giudice  riteneva  il
procedimento definibile allo stato degli atti.
    Sotto  questo  profilo  la comune rinunzia ad articolare prova da
parte  dell'imputato  e del p.m. costituiva disposizione di diritti e
rinunzia  agli  stessi, specie ove si consideri che il soggetto terzo
chiamato  a  giudicare, nella specie il g.u.p., non poteva provvedere
ad  alcuna  integrazione  probatoria  qualora eventualmente a seguito
delle  discussione  ritenuta  utile  o  necessaria  nell'interesse di
taluna  delle  parti  del  procedimento e della amministrazione della
giustizia in genere.
    Tale situazione e' radicalmente mutata con la novella legislativa
piu' volte richiamata.
    I punti fondamentali della quale attengono alla impossibilita' da
parte  del  p.m. di precludere l'accesso al giudizio abbreviato, alla
possibilita'  da  parte  dell'imputato  di  condizionare  il giudizio
abbreviato  alla  assunzione  di  prova  ed  alla possibilita' per il
giudice,  e  cioe' per il soggetto imparziale chiamato a decidere, di
integrare  il  materiale  probatorio  qualora  ritenuto insufficiente
(art. 441, comma 5 c.p.p.).
    Potere   quest'ultimo  indicato  dal  legislatore  nel  superiore
interesse   della   giustizia  e,  comunque,  a  bilanciamento  della
impossibilita'   adesso   prevista   per   il  p.m.  di  impedire  la
celebrazione  del giudizio abbreviato con un diniego di consenso allo
svolgimento dello stesso.
    Sempre  per  l'equilibrio  delle  parti  del processo al p.m., e'
consentito   in   caso   di  abbreviato  condizionato  ad  assunzione
probatoria richiedere prova contraria.
    Ne  consegue  che  il  giudizio  abbreviato  come  disciplinato a
seguito della riforma legislativa non e' da ricondurre al concetto di
disponibilita'  di diritti che soltanto la persona interessata, quale
appunto  l'imputato personalmente o a mezzo di procura speciale, puo'
esercitare.
    E cio' per una serie di considerazioni che si passa ad elencare.
    Come   gia'  detto,  gli  elementi  utilizzabili  ai  fini  della
decisione  di  cui  all'art. 442  comma 1-bis  c.p.p.  sono  elementi
probatori  raccolti  non gia' contra legem ovvero liberamente secondo
regole  non  prestabilite,  bensi'  sulla  scorta  delle  regole  che
presidiano   la  raccolta  di  elementi  nella  fase  delle  indagini
preliminari,   utilizzabili  oltre  che  espressamente  nel  giudizio
speciale di cui agli artt. 438 e ss. c.p.p., anche ai fini del rinvio
a giudizio ovvero in giudizi incidentali quali quello - delicatissimo
- di natura cautelare.
    La peculiarita' rispetto al tipo di materiale probatorio raccolto
nel  giudizio  sta  soltanto  nel  riferimento  al  sistema  di  tipo
accusatorio  che presiede quest'ultimo, rispetto ai connotati di tipo
inquisitorio  che caratterizzano la raccolta del materiale nella fase
delle  indagini  preliminari, ferma l'osservanza delle norme di legge
che  regolano  comunque  anche  detta  fase  ed  anche  tale  tipo di
acquisizione probatoria.
    Peraltro  il  tipo  di  sistema  di  riferimento  - accusatorio o
inquisitorio   -   non  si  traduce  nella  compressione  di  diritti
disponibili soltanto personalmente dall'imputato, dipendendo la detta
scelta  dalla  volonta' del legislatore, che ferma la possibilita' di
aderire all'uno o all'altro sistema (salve le limitazioni imposte con
la recente formulazione dell'art. 111 Cost.), prevede nell'ambito del
medesimo codice di rito soluzioni diverse non soltanto in riferimento
alle  diverse  fasi processuali (indagini preliminari o giudizio), ma
anche  a  fini  decisori,  mediante  le  previsioni di riti di stampo
assolutamente  inquisitorio  e  decisioni  inaudita  altera parte (si
pensi  al  giudizio  per  decreto, mitigato soltanto dalla previsione
della  opposizione  esperibile  da  parte  dell'imputato),  ovvero di
ispirazione piu' prettamente accusatoria.
    In   ogni   caso  e'  prevista  la  possibilita'  del  ricorso  a
sollecitazione  - rectius richiesta - di integrazione probatoria, nel
senso  della  condizione  posta  al giudizio abbreviato riferita alla
assunzione  di specifico materiale probatorio segnalato dall'imputato
ovvero dal suo difensore.
    Il  giudice,  nell'interesse  superiore  del  sistema,  ma  anche
nell'interesse particolare dell'imputato ovvero della parte pubblica,
puo' autonomamente proporre assunzione probatoria integrativa.
    Ma  il quadro di riferimento normativo del giudizio abbreviato e'
radicalmente   mutato   rispetto   al   passato   non   soltanto   in
considerazione  della nuova regolamentazione dell'istituto conseguito
alla  legge  16 dicembre 1999, n. 479, ma anche a seguito della legge
7 dicembre  2000,  n. 397. L'imputato (piu' tecnicamente il difensore
dello  stesso),  infatti,  in  ogni  caso,  ha, fin dal primo atto di
indagine,  la possibilita' di esperire tutte le indagini difensive, i
risultati  delle  quali  compongono  il materiale probatorio utile ai
fini della decisione di cui al comma 1-bis dell'art. 442 c.p.p.
    Sulla   scorta   di   quanto   precede,  e,  segnatamente,  della
considerazione  che il materiale probatorio valutabile dal giudice ai
fini  della  decisione  non  e'  piu', come nel sistema precedente la
legge  c.d.  Carotti,  soltanto  quello  che il p.m. aveva raccolto e
sottoposto   alla   attenzione   del   giudice   (salva  la  limitata
possibilita'  anche  in  allora del ricorso all'art. 38 disp. att. da
parte  del difensore), ma e' il piu' composito, raccolto dal p.m. nel
corso  delle  indagini  preliminari,  dal  difensore  nel corso dello
svolgimento  delle  indagini  difensive,  dal  giudice  nel superiore
interesse di tutte le parti e della giustizia, non si vede, pertanto,
in  quale  misura  la richiesta di definizione del procedimento nelle
forme  del giudizio abbreviato possa tradursi nella disponibilita' di
diritti  personalissimi,  che  puo'  essere autorizzata appositamente
soltanto dall'imputato, personalmente o a mezzo di procura speciale.
    La   differenza  pertanto  rispetto  al  diverso  istituto  della
applicazione   pena,   per   il   quale  e'  parimenti  richiesta  la
manifestazione  di  volonta' dell'imputato espressa personalmente o a
mezzo di procuratore speciale, e' piu' che evidente, ove si consideri
che  in  tale  forma  di  giudizio l'imputato in definitiva chiede la
applicazione  di  una pena, rinunziando al diritto alla prova ed alla
prova contraria, e senza possibilita' che il giudice, salva sempre il
ricorso all'art. 129 c.p.p., possa avere la possibilita' di integrare
il materiale probatorio.
    Pare superfluo aggiungere che il rito di cui all'art. 444 c.p.p.,
si  conclude  sempre con la applicazione di una pena mentre quello di
cui agli artt. 438 e ss. c.p.p., puo' essere oltre che affermativo di
penale responsabilita', anche assolutorio.
    Se cosi' e', non si vede effettivamente la ratio della diversita'
di  trattamento tra la posizione dell'imputato presente ovvero che ha
rilasciato   procura   speciale  e  quella  dell'imputato  contumace,
irreperibile o latitante assistito dal difensore.
    E  cio'  va  detto  specialmente  ove si consideri che il sistema
sopra  riassunto, delineato dal nuovo legislatore non soltanto con la
legge  n. 479/1999  ma  anche  con  la  legge  n. 397/2000, accentua,
correlativamente ai poteri ed alle facolta' difensive nell'ambito del
procedimento l'aspetto e la rilevanza della difesa tecnica.
    Si  e' invero fatto riferimento a tutta una serie di possibilita'
normativamente  recentemente  previste  che  anticipano  la  fase del
contraddittorio (non gia' contraddittorio in senso tecnico, ma inteso
in senso lato, quale raccolta di prove ovvero di fonti di prova anche
da  parte del difensore dell'imputato) fin dall'inizio delle indagini
preliminari.  A  tali  fini  la figura preponderante e normativamente
regolamentata e' quella del difensore, che esercita tutte le facolta'
di  cui  alle  investigazioni  difensive introdotte nel codice con la
novella 7 dicembre 2000, n. 397.
    Il  presupposto  alla  base del concetto di indagini difensive e'
costituito oltre che da una situazione di auspicata (e perseguita dal
legislatore)  parita'  tra  difesa  e  accusa, dalla preminenza della
figura  del difensore rispetto a quella dell'imputato, che a tal fine
svolge   tutte   le   facolta'   finalizzate   a   compiere  indagini
specificamente rivolte in senso difensivo.
    Pertanto,  sul  duplice  presupposto  della  assenza  di  diritti
indisponibili e personali nella scelta del rito abbreviato, nel senso
sopra  precisato,  e  della  nuova figura del difensore quale risulta
delineata  nel  titolo  VI-bis  del  libro V del codice di rito, puo'
sostenersi  -  da  un  lato  -  che  nulla  dovrebbe  ostare a che la
richiesta  di  giudizio  abbreviato  nella  specifica  materia  della
assistenza  e  della  difesa  tecnica  possa  essere  articolata  dal
difensore  autonomamente, in assenza dell'imputato che sia contumace,
irreperibile  o  latitante, non munito di procura speciale dall'altro
lato,   che  ritenere  preclusa  tale  possibilita'  concretizzi  una
situazione di contrasto con norme costituzionali.
    A   tal  riguardo  il  difensore  dell'imputato  irreperibile  ha
argomentato  la  disparita'  di  trattamento  tra l'imputato presente
ovvero  che  ha  rilasciato  procura speciale e l'imputato contumace,
irreperibile  o  latitante, e quindi, la violazione dell'art. 3 della
Costituzione.
    Specie  se il ricorso al rito alternativo del giudizio abbreviato
viene   guardato  dal  punto  di  vista  dell'imputato  in  specifico
riferimento al ben piu' favorevole trattamento sanzionatorio rispetto
al  rito  ordinario,  nel caso in cui il giudizio dovesse concludersi
con  la  affermazione di responsabilita', non vi e' chi non veda come
si  profili  una  disparita'  di  trattamento  che  appare tanto piu'
ingiustificata  ove  si consideri che non vi sono ragioni sostanziali
(nel  senso  sopra  precisato,  nella  specie disposizione di diritti
personalissimi  dell'imputato)  che  tale  disparita'  di trattamento
legittimino.
    Ne'  puo' sostenersi che tale disparita' di trattamento riposa su
una  sostanziale  differenza  di  situazioni  connessa  alla presenza
ovvero  alla  diligenza  dell'imputato,  che  si  e'  reso contumace,
irreperibile  ovvero  latitante  senza rilasciare previamente procura
speciale,  ove  si consideri che quella di partecipare al processo e'
una  facolta'  per  l'imputato,  al cui mancato esercizio non possono
riconnettersi previsioni negative o in qualche modo pregiudizievoli.
    Ma  anche l'ulteriore profilo di contrasto sollevato dalla difesa
tra  la previsione di cui all'art. 438, comma 3 c.p.p. nella parte in
cui  esclude  che  il  giudizio abbreviato possa essere richiesto dal
difensore  non  munito  di  procura speciale e la disposizione di cui
all'art. 24 della Costituzione puo' essere condiviso.
    Deve  considerarsi,  infatti,che il mandato difensivo relativo ad
imputato  contumace,  irreperibile  ovvero  latitante,  che non possa
esplicarsi liberamente mediante il ricorso alle plurime soluzioni che
il  codice  di rito consente, tra le quali quella di accedere al rito
abbreviato  nel caso in cui il difensore lo reputi vantaggioso per il
proprio  assistito  (si  pensi ad esempio a reato di cui il difensore
ritiene  provata  la  sussistenza a carico del suo patrocinato punito
con  elevata  pena edittale, ovvero addirittura con l'ergastolo), non
si  traduce in altro che in una preventiva ingiustificata rinunzia ad
usufruire  del  piu'  favorevole  trattamento  sanzionatorio  di  cui
all'art. 442,   comma 2  c.p.p.,  solo  perche'  difetta  la  procura
speciale,   ed,   in   definitiva,   nella  grave  limitazione  delle
prerogative difensive.
    Si realizza, pertanto, per tale via la pratica frustrazione della
assistenza  tecnica  del  difensore e delle facolta' difensive che il
legislatore  ha  pure previsto nell'interesse dell'imputato, mediante
la  limitazione  all'accesso  a  rito  che consentirebbe all'imputato
celerita'  nella definizione della sua posizione (si pensi al caso di
imputato  che  puo'  essere  assolto  gia'  nel  corso  della udienza
preliminare,  anche  se  a  tal  punto le differenze tra la soluzione
favorevole  di  cui  all'art. 442  e 530 c.p.p., e quella ex art. 425
c.p.p., sono assolutamente sfumate), ovvero trattamento sanzionatorio
piu' favorevole.
    Non  vi  e'  chi  non  veda  infatti  l'aperto  contrasto  tra la
impossibilita'  per  il difensore di seguire la soluzione processuale
che  meglio egli ritenga - nell'esercizio del suo mandato difensivo -
si attagli al caso di specie nel senso piu' favorevole all'imputato e
l'art. 24,  secondo comma Cost., laddove espressamente il legislatore
costituzionale ha previsto che la difesa e cioe' la difesa tecnica e'
diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento.
    I  principi  teste'  esposti  devono essere raccordati alle nuove
prescrizioni  in  tema  di  prova  provenienti  dal  dettato  di  cui
all'art. 111  della  Costituzione  nel  testo  novellato  dalla legge
costituzionale 23 gennaio 1999, n. 2.
    Puo'   sinteticamente  affermarsi  che  tale  disposizione  rende
costituzionale il principio del contraddittorio nel processo penale.
    Pare  superfluo  sottolineare  che il principio e' dettato per il
processo penale e non gia' per il procedimento.
    Nondimeno, due osservazioni sono formulabili.
    La  prima:  in  senso  lato  anche  nel procedimento per giudizio
abbreviato,  quale  puo'  ritenersi essere il risultato delle novelle
legislative  16 dicembre  1999,  n. 479 e 7 dicembre 2000, n. 397, e'
rispettato il diritto al contraddittorio, nel senso sopra specificato
(possibilita'  di  subordinare il giudizio abbreviato ad integrazione
probatoria,   possibilita'   di   integrazione  probatoria  da  parte
dell'organo  terzo,  possibilita'  di  svolgere sin dal primo atto di
indagine indagini difensive).
    La  seconda: il contraddittorio in senso stretto, nel senso della
realizzazione  immediata  del  contraddittorio nella formazione della
prova,  che  risulta  assicurato  dalle  norme  che  disciplinano  il
giudizio,   nei   riti  alternativi  e,  segnatamente,  nel  giudizio
abbreviato anche richiesto dall'imputato personalmente ovvero tramite
il difensore munito di procura speciale non si realizza mai.
    Delle  due  l'una:  o  vi  e'  contrasto dell'intero istituto del
giudizio  abbreviato  con  il  dettato dell'art. 111 Cost., ovvero il
contrasto non vi e' mai, e cioe', neppure nel caso in cui l'eventuale
giudizio abbreviato sia richiesto dal difensore non munito di procura
speciale.
    Ne'   pare   possa   sostenersi   che   l'art. 111   Cost.,   nel
costituzionalizzare   il   diritto   al  contraddittorio  abbia  reso
rinunziabile  e quindi disponibile tale diritto solo espressamente da
parte   dell'avente   diritto,  nella  specie  l'imputato,  che  puo'
rinunziarvi chiedendo personalmente o a mezzo di procuratore speciale
l'accesso al rito alternativo del giudizio abbreviato. E cio' perche'
la  norma  da  un  lato  non  sembra  costruita  in  forma di diritto
disponibile, bensi' di principio generale dell'ordinamento diretto al
legislatore  ordinario  e  immediatamente  vincolante  per lo stesso;
secondariamente  perche'  la medesima norma e' dettata in riguardo al
processo   in  senso  stretto  e  non  gia'  anche  genericamente  al
procedimento.
    Le   valutazioni   che  immediatamente  precedono  riferite  alla
sintonia  in  termini  costituzionali  della prospettazione difensiva
relativa  alla  possibilita'  di  accesso  al  rito  alternativo  del
giudizio  abbreviato  da  parte  del  difensore non munito di procura
speciale,  nulla  tolgono alla esistenza di contrasto tra l'art. 438,
comma 3  c.p.p.  e  l'art. 111,  terzo  comma  Cost.,  come  peraltro
rilevato dal difensore.
    Ed invero, il disposto di cui all'art. 111, terzo comma Cost., da
un  lato,  rappresenta  una  specificazione del piu' generale diritto
alla difesa di cui all'art. 24, secondo comma Cost.; dall'altro lato,
impone  al  legislatore ordinario di rendere concrete le condizioni -
ovviamente  normative  -  volte  a far si che l'imputato sia posto in
condizioni di preparare adeguata difesa.
    Orbene,   il   precludere,   come   nella   attuale  formulazione
dell'art. 438,  comma terzo  c.p.p.,  la  possibilita' del ricorso al
giudizio   abbreviato  all'imputato  contumace,  irreperibile  ovvero
latitante,  a  null'altro  equivarrebbe  che  a  frustrare proprio la
preparazione  della difesa nel senso precisato dal disposto di cui al
comma terzo dell'art. 111 Cost., laddove si consideri che a fronte di
una preparazione e predisposizione di difesa tecnica che preveda - in
termini  utili ed efficaci per l'interesse dell'imputato - il ricorso
al  giudizio  abbreviato, tale possibilita' risulterebbe preclusa ove
solo il difensore non fosse munito della procura speciale.
    Peraltro  la  valutazione della questione del ricorso al giudizio
abbreviato  anche  da  parte  del  difensore  non  munito  di procura
speciale  condotta  anche  avuto riguardo all'esperimento di mezzi di
impugnazione,   conduce  ad  escludere  la  esistenza  di  situazioni
pregiudizievoli  per  l'imputato  contumace, irreperibile o latitante
che non abbia rilasciato procura speciale al proprio difensore.
    Ed  invero, ancora una volta la legge 16 dicembre 1999, n. 497 ha
abrogato  quella parte dell'art. 571 comma terzo ultima parte c.p.p.,
che  prevedeva che il difensore potesse proporre impugnazione avverso
una sentenza contumaciale solo se munito di specifico mandato.
    Al  contempo  la medesima novella legislativa ha previsto che nel
caso di mancata comparizione dell'imputato alla udienza preliminare -
nel  corso  della  quale,  come e' noto, puo' essere chiesto anche il
giudizio abbreviato - il giudice, in assenza di legittimo impedimento
a comparire, dichiari la contumacia dell'imputato.
    Pertanto, alla possibilita' del ricorso al giudizio abbreviato da
parte  del  difensore  non  munito  di  procura  speciale, in caso di
contumacia   dell'imputato,   ovvero   anche   di  irreperibilita'  o
latitanza,  non  ostano  neppure  -  sotto il profilo della eventuale
indisponibilita'   di   diritti   -   le   norme   che   disciplinano
l'impugnazione,  essendo  consentito  senza  limitazioni  di sorta la
possibilita'   di   esperire   appello  per  conto  e  nell'interesse
dell'imputato autonomamente e pienamente da parte del difensore.
    Ne'  l'indisponibilita'  del  diritto  e,  quindi,  il necessario
espresso   consenso   dell'imputato  formulato  personalmente  ovvero
mediante   procura   speciale,  pare  possa  essere  argomentata  con
riferimento alla composizione del giudice, monocratico, innanzi a cui
si  svolge  il giudizio abbreviato, ove si consideri, da un lato, che
la  gran parte dei giudizi si svolge innanzi a giudice monocratico ex
art. 33-ter  c.p.p.;  dall'altro  lato,  che il legislatore ha inteso
nutrire  fiducia anche in un giudice a composizione monocratica quale
e' il g.u.p., attribuendogli la possibilita' di giudicare anche reati
di competenza della Corte di assise.
    Tutte  le considerazioni che precedono dovrebbero riguardare - ad
avviso  di questo decidente - sia l'imputato genericamente contumace,
che   quello   irreperibile,   che,   ancora,  quello  latitante,  in
considerazione  del  fatto che i rilievi sopra formulati privilegiano
l'aspetto della difesa tecnica, che spetta al difensore a prescindere
dalla  veste  formale che la mancata presenza dell'imputato ha finito
con il rivestire.
    Nondimeno  non  puo' omettersi di rilevare che tutte le questioni
sollevate  accentuano  la  loro rilevanza nei confronti dell'imputato
irreperibile.
    E  cio'  per  la  considerazione  che  la  irreperibilita' e' una
condizione  non necessariamente volontaria dell'imputato, trattandosi
invero  di una situazione di fatto che puo' anche essere involontaria
e  incolpevole  e  che  diviene processualmente rilevante per effetto
della   chiamata   in   giudizio,  oltre  che  per  le  modalita'  di
accertamento  ed  i  corrispondenti  effetti. Laddove, invece, sia la
situazione  di  latitanza  che  quella  di contumacia in qualche modo
presuppongono    la   volonta'   e   comunque   l'inerzia   difensiva
dell'imputato, con la conseguenza che, in astratto, potrebbero essere
riconnesse   a   tali   scelte  personali  dell'imputato  conseguenze
negative.
    Cio'  non  puo'  affermarsi  nel  caso  dell'irreperibile, in cui
l'imputato  il  piu' delle volte e' del tutto ignaro del procedimento
penale a suo carico, dipendendo la detta condizione dalla circostanza
che  semplicemente  si  sconosce  e  non  si  e'  stati  in  grado di
individuare il recapito dell'imputato.
    Orbene non vi e' chi non veda come privare oltre che il contumace
ed   il  latitante,  anche  l'irreperibile  delle  facolta'  e  delle
strategie  difensive che la difesa tecnica e' in grado di approntare,
costituisce  un  ulteriore e ben piu' rilevante contrasto della norma
di cui all'art. 438, comma 3 c.p.p., con gli artt. 3, 24 e 111 Cost.
    Nella  tematica  del  rilevato  contrasto  tra  la  norma  di cui
all'art. 438  comma 3  c.p.p.,  nella  parte  in  cui  prevede che la
volonta'  dell'imputato  debba essere espressa personalmente ovvero a
mezzo   di  procura  speciale,  con  gli  artt. 3,  24  e  111  della
Costituzione,  non  possono  non  essere considerati anche i risvolti
pratici.
    E  cio'  soprattutto  ove si osservi che costante del legislatore
ogni   qual   volta   ha  posto  mano  a  modifiche  legislative  del
procedimento  penale  e  dei  procedimenti  speciali  in particolare,
ovvero  del  giudice  costituzionale nelle pronunzie susseguitesi, e'
quella  di  agevolare  il  piu'  possibile la speditezza e l'economia
processuale, facilitando il ricorso a riti alternativi, quali appunto
quello abbreviato o di applicazione della pena.
    La  pratica  giudiziaria  che  si  osserva presso questo ufficio,
strettamente  connessa  alla  impossibilita'  per  il  difensore  del
contumace, dell'irreperibile ovvero del latitante di accedere al rito
alternativo del giudizio abbreviato, e' quella - in taluni dei casi -
della  pratica  frustrazione  della economia processuale, atteso che,
specie  in  procedimenti  complessi  a  carico  di piu' imputati, con
posizioni  definibili  allo  stato  degli  atti innanzi al g.u.p., la
definizione  che  tale  giudice  opera  mediante  il rito di cui agli
artt. 438 e ss. c.p.p. a carico di taluni imputati finisce, di fatto,
con  il non sollevare il tribunale dalla celebrazione - e in sostanza
dalla  duplicazione  -  del  procedimento,  posto  che  in assenza di
procura  speciale  per  taluni  imputati  contumaci,  irreperibili  o
latitanti  e'  doverosa la separazione della posizione processuale di
costoro  ed  il rinvio al giudizio del tribunale, che si trova in tal
modo  a  celebrare  un  processo (o meglio a ricelebrare il processo,
trattandosi spesso di posizioni processuali del tutto simili) che ben
poteva  essere  definito allo stato degli atti innanzi al g.u.p., con
grave dispendio di energia processuale (basti pensare alle operazioni
di  formazione  del  fascicolo  processuale  in copia a seguito della
separazione  dei  procedimenti,  alla  deposizione di testimoni, alla
necessita'  di  procedere  a  complesse operazioni di trascrizione di
conversazioni  telefoniche  o  tra  presenti fatte oggetto di ascolto
autorizzato, alla necessita' di esperire perizie, e quant'altro).
    Per  altro  aspetto,  e,  segnatamente,  sotto  il  profilo della
rilevanza   della   questione  di  legittimita'  costituzionale  come
sollevata  dal  difensore  del Finocchietti nel presente giudizio, la
detta  rilevanza  si  coglie pienamente ove si consideri che si e' in
fase   di   celebrazione  della  udienza  preliminare  immediatamente
precedente la discussione, con la conseguenza che l'impossibilita' di
chiedere  subito  il  giudizio  abbreviato da parte del difensore non
munito  di  procura  speciale  dell'imputato irreperibile condurrebbe
all'effetto  preclusivo  di  cui  all'art. 438,  comma 2  c.p.p.,  e,
quindi, alla impossibilita' per l'imputato - nel caso astratto in cui
si  dovesse  pervenire  ad  una  pronunzia di condanna - di usufruire
della diminuzione di pena di cui all'art. 442, comma 2 c.p.p.
    La  questione  come  proposta va ritenuta, pertanto, alla stregua
delle  argomentazioni  che  precedono, non manifestamente infondata e
rilevante  nell'ambito  del  presente  procedimento,  con conseguente
doveroso   interessamento   della   Corte   costituzionale   per   la
risoluzione.