IL GIUDICE PER L'UDIENZA PRELIMINARE Ha pronunziato la seguente ordinanza. Premesso che il difensore di ufficio, avv. Claudio Ciccio', dell'imputato Finocchietti Jean Bruno, dichiarato irreperibile, ha sollevato questione di legittimita' costituzionale dell'art. 438, comma 3 c.p.p., per contrasto con gli artt. 3, 24, 111 della Costituzione, nonche' 6 convenzione europea dei diritti dell'uomo come ratificata nell'ordinamento italiano, nella parte in cui preclude che la richiesta di giudizio abbreviata in forma semplice, ovvero condizionata possa essere effettuata anche dal difensore di ufficio dell'imputato contumace, irreperibile ovvero latitante, non munito di procura speciale; Lette le diffuse motivazioni a sostegno della questione come depositate dal detto difensore con memoria in data 11 marzo 2001; Preso atto delle osservazioni del p.m. e delle altre parti; O s s e r v a La disamina della materia rimessa alla valutazione di questo giudice in riferimento alla valutazione di non manifesta infondatezza della questione proposta ed alla rilevanza della stessa ai fini del giudizio presuppone necessariamente una considerazione della norma che si assume essere in contrasto con gli indicati principi alla luce della evoluzione normativa dell'intero istituto del giudizio abbreviato quale si e' avuta a seguito degli interventi della Corte costituzionale e delle novelle legislative. Cio' in quanto l'istituto del giudizio abbreviato quale risulta disciplinato a seguito della c.d. legge Carotti (legge 16 dicembre 1999, n. 479), peraltro preceduta da interventi del giudice costituzionale, e' profondamente diverso dall'istituto regolamentato nella prima stesura dei codice di rito di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 settembre 1988, n. 447. Differenza quella conseguente all'intervento del legislatore che accentua le caratteristiche di giudizio di cognizione piena del giudizio abbreviato rispetto a quelle che il medesimo istituto aveva nella originaria formulazione e rispetto all'altro rito speciale disciplinato dal codice, cioe' il rito di applicazione pena, nel senso che piu' avanti sara' esplicitato. Il parallelismo tra i due diversi istituti e la valutazione comparativa delle caratteristiche di entrambi si impone atteso che entrambi gli istituti, quello di cui all'art. 438 e ss. c.p.p., e quello di cui all'art. 444 e ss. c.p.p., hanno - allo stato - la comune caratteristica di necessitare per la loro rituale instaurazione la formulazione della richiesta da parte dell'imputato personalmente ovvero tramite il difensore munito di procura speciale (art. 438 comma 1 e comma 3, ed art. 446, comma 3 c.p.p.). Si insegna comunemente in dottrina ed in giurisprudenza che la ratio giustificatrice della previsione (espressa richiesta da parte dell'imputato ovvero da parte del difensore munito di procura speciale) risiede nella circostanza che con la richiesta di giudizio abbreviato ovvero di applicazione pena si decide di diritti personalissimi ed indisponibili, con la conseguenza che necessita una espressa, consapevole e specifica manifestazione di volonta' dell'imputato per l'accesso ai due riti alternativi. Il difensore del Finocchietti cio' contesta. Anche questo giudice condivide le osservazioni avanzate. Ed invero, per cogliere la assoluta diversita' di situazioni regolamentate dai due diversi istituti del giudizio abbreviata e della applicazione della pena (gli unici a richiesta di arte privata, oltre l'oblazione, che consentono una definizione anticipata del procedimento) basta elencare le differenze tra i due diversi istituti, quali sono state in particolare accentuate a seguito della novella legislativa. L'istituto del giudizio abbreviato era originariamente regolato nel senso che si trattava di giudizio esclusivamente allo stato degli atti, sottoposto a consenso da parte del p.m. (su questo e' poi intervenuto il giudice costituzionale), con la assoluta impossibilita' per il giudice di integrare la prova, ovvero per l'imputato di subordinare l'accesso al rito al previo esperimento di prova. Completano il quadro normativo in cui l'originario istituto si inseriva la assenza di previsioni riferite allo svolgimento di indagini difensive (titolo VI-bis del libro V del codice, se si eccettua la limitata possibilita' per i difensori di esercizio del diritto alla prova di cui all'art. 38 disp. att.) e la previsione di cui all'art. 571, comma 3 c.p.p. parte seconda, che consentiva al difensore di proporre impugnazione avverso una sentenza contumaciale solo se munito di procura speciale, previsione abolita dalla medesima novella legislativa introdotta con legge 16 dicembre 1999, n. 479. Per vero pero' in allora la sentenza emessa a seguito di giudizio abbreviato non era tecnicamente qualificabile quale sentenza contumaciale, atteso che la previsione di cui all'art. 420-quater c.p.p., relativa alla contumacia dell'imputato nella udienza preliminare e' stata introdotta dalla novella legislativa teste' citata. Pertanto, con l'assetto normativo del giudizio abbreviato or ora riepilogato e' ben piu' fondato sostenere che in realta' con l'accesso a quel genere di giudizio poteva effettivamente realizzarsi la disposizione di diritti personalissimi e indisponibili. E cio' principalmente per la rinunzia preventivamente operata al diritto alla prova ed al contraddittorio. Tutta la tematica del giudizio abbreviato e' invero incentrata proprio sulla prova e sul diritto alla prova. Come e' noto, a partire dal 24 ottobre 1988, con la abrogazione del vecchio codice di rito, la assunzione della prova, che prima si operava fin dal primo atto di indagine - rectius di istruzione sommaria -, puo' avvenire soltanto nel contraddittorio delle parti nella fase del giudizio, tecnicamente qualificata dibattimentale, salvo talune eccezioni di acquisizione anticipata espressamente disciplinate. Il giudizio abbreviato, invece, si avvale appunto per il giudizio, di tutti quegli atti che nel corso dell'iter procedimentale vengono assunti in una fase - quella delle indagini preliminari - che tecnicamente e' preposta alla raccolta di quelle che l'art. 429, lettera d) c.p.p., qualifica fonti di prova e che concettualmente il legislatore del nuovo codice tende a differenziare, sul piano ontologico, ma anche nominativo dalle vere e proprie prove, alla raccolta delle quali e' preposta l'istruttoria dibattimentale. Si vedra' che anche nell'uso della terminologia il legislatore non e' preciso, qualificando talora prove anche quelle raccolte nella fase delle indagini preliminari, laddove nell'art. 421 c.p.p., statuisce che il p.m. espone i risultati delle indagini preliminari e gli elementi di prova che giustificano la richiesta di rinvio a giudizio, e nell'art. 422 c.p.p. prevede la assunzione di prove delle quali appare evidente la decisivita' ai fini della sentenza di non luogo a procedere. A tal punto e' necessario puntualizzare che gli elementi che ad esito del giudizio abbreviato l'art. 442 c.p.p., consente di utilizzare, da un lato, e' materiale inutilizzabile tout court nella successiva eventuale fase del giudizio a cognizione piena, salvo talune eccezioni che appare superfluo elencare; dall'altro lato, non e' materiale inutilizzabile perche' affetto da inutilizzabilita' patologica. In altri termini, il materiale di cui e' consentita la utilizzazione ai fini della pronunzia di giudizio abbreviato e' materiale inutilizzabile nel tipo di rito di impronta accusatoria che regola la fase tecnicamente qualificata del giudizio, in cui la inutilizzabilita' attiene non gia' a vizi dell'atto. In tal senso si tratta di materiale probatorio assunto secundum legem, ma inutilizzabile perche' incompatibile con i principi del rito accusatorio. Laddove poi assolutamente inutilizzabile anche nel rito abbreviato e' il materiale in cui la inutilizzabilita' ovvero la nullita' e' di natura patologica, in quanto trattasi di atti probatori assunti contra legem, la cui utilizzazione e' vietata non soltanto in dibattimento, ma anche in modo assoluto in tutte le fasi del processo, ivi comprese quelle delle indagini preliminari, dell'udienza preliminare, dei procedimenti speciali. Fin qui la disciplina del rito abbreviato precedente alla novella legislativa 16 dicembre 1999, n. 479. A ben vedere tale tipo di giudizio, pertanto, si caratterizzava per due peculiarita': la prima che atteneva - come detto - al tipo di materiale probatorio utilizzabile, in cui la differenza rispetto al materiale probatorio utilizzabile nella diversa fase dibattimentale del giudizio era riferita soltanto ai principi - rispettivamente del rito inquisitorio, ovvero di quello accusatorio - in ordine alla raccolta della prova. La seconda che atteneva alla limitazione alla integrazione probatoria e, quindi al diritto alla prova, limitazione che riguardava tutte le parti, p.m. ed imputato, ma anche il giudice. Si ricordera' infatti, come sopra anche accennato, che quel giudizio andava necessariamente svolto allo stato degli atti, senza che il p.m. ovvero l'imputato, infine il giudice, potessero procedere alle integrazioni probatorie ritenute rispetto alle proprie prospettazioni necessarie o utili. Necessario corollario era, nel rispetto dell'equilibrio delle parti, che intanto il rito poteva avere luogo in quanto l'imputato lo richiedeva, il p.m. vi acconsentiva, il giudice riteneva il procedimento definibile allo stato degli atti. Sotto questo profilo la comune rinunzia ad articolare prova da parte dell'imputato e del p.m. costituiva disposizione di diritti e rinunzia agli stessi, specie ove si consideri che il soggetto terzo chiamato a giudicare, nella specie il g.u.p., non poteva provvedere ad alcuna integrazione probatoria qualora eventualmente a seguito delle discussione ritenuta utile o necessaria nell'interesse di taluna delle parti del procedimento e della amministrazione della giustizia in genere. Tale situazione e' radicalmente mutata con la novella legislativa piu' volte richiamata. I punti fondamentali della quale attengono alla impossibilita' da parte del p.m. di precludere l'accesso al giudizio abbreviato, alla possibilita' da parte dell'imputato di condizionare il giudizio abbreviato alla assunzione di prova ed alla possibilita' per il giudice, e cioe' per il soggetto imparziale chiamato a decidere, di integrare il materiale probatorio qualora ritenuto insufficiente (art. 441, comma 5 c.p.p.). Potere quest'ultimo indicato dal legislatore nel superiore interesse della giustizia e, comunque, a bilanciamento della impossibilita' adesso prevista per il p.m. di impedire la celebrazione del giudizio abbreviato con un diniego di consenso allo svolgimento dello stesso. Sempre per l'equilibrio delle parti del processo al p.m., e' consentito in caso di abbreviato condizionato ad assunzione probatoria richiedere prova contraria. Ne consegue che il giudizio abbreviato come disciplinato a seguito della riforma legislativa non e' da ricondurre al concetto di disponibilita' di diritti che soltanto la persona interessata, quale appunto l'imputato personalmente o a mezzo di procura speciale, puo' esercitare. E cio' per una serie di considerazioni che si passa ad elencare. Come gia' detto, gli elementi utilizzabili ai fini della decisione di cui all'art. 442 comma 1-bis c.p.p. sono elementi probatori raccolti non gia' contra legem ovvero liberamente secondo regole non prestabilite, bensi' sulla scorta delle regole che presidiano la raccolta di elementi nella fase delle indagini preliminari, utilizzabili oltre che espressamente nel giudizio speciale di cui agli artt. 438 e ss. c.p.p., anche ai fini del rinvio a giudizio ovvero in giudizi incidentali quali quello - delicatissimo - di natura cautelare. La peculiarita' rispetto al tipo di materiale probatorio raccolto nel giudizio sta soltanto nel riferimento al sistema di tipo accusatorio che presiede quest'ultimo, rispetto ai connotati di tipo inquisitorio che caratterizzano la raccolta del materiale nella fase delle indagini preliminari, ferma l'osservanza delle norme di legge che regolano comunque anche detta fase ed anche tale tipo di acquisizione probatoria. Peraltro il tipo di sistema di riferimento - accusatorio o inquisitorio - non si traduce nella compressione di diritti disponibili soltanto personalmente dall'imputato, dipendendo la detta scelta dalla volonta' del legislatore, che ferma la possibilita' di aderire all'uno o all'altro sistema (salve le limitazioni imposte con la recente formulazione dell'art. 111 Cost.), prevede nell'ambito del medesimo codice di rito soluzioni diverse non soltanto in riferimento alle diverse fasi processuali (indagini preliminari o giudizio), ma anche a fini decisori, mediante le previsioni di riti di stampo assolutamente inquisitorio e decisioni inaudita altera parte (si pensi al giudizio per decreto, mitigato soltanto dalla previsione della opposizione esperibile da parte dell'imputato), ovvero di ispirazione piu' prettamente accusatoria. In ogni caso e' prevista la possibilita' del ricorso a sollecitazione - rectius richiesta - di integrazione probatoria, nel senso della condizione posta al giudizio abbreviato riferita alla assunzione di specifico materiale probatorio segnalato dall'imputato ovvero dal suo difensore. Il giudice, nell'interesse superiore del sistema, ma anche nell'interesse particolare dell'imputato ovvero della parte pubblica, puo' autonomamente proporre assunzione probatoria integrativa. Ma il quadro di riferimento normativo del giudizio abbreviato e' radicalmente mutato rispetto al passato non soltanto in considerazione della nuova regolamentazione dell'istituto conseguito alla legge 16 dicembre 1999, n. 479, ma anche a seguito della legge 7 dicembre 2000, n. 397. L'imputato (piu' tecnicamente il difensore dello stesso), infatti, in ogni caso, ha, fin dal primo atto di indagine, la possibilita' di esperire tutte le indagini difensive, i risultati delle quali compongono il materiale probatorio utile ai fini della decisione di cui al comma 1-bis dell'art. 442 c.p.p. Sulla scorta di quanto precede, e, segnatamente, della considerazione che il materiale probatorio valutabile dal giudice ai fini della decisione non e' piu', come nel sistema precedente la legge c.d. Carotti, soltanto quello che il p.m. aveva raccolto e sottoposto alla attenzione del giudice (salva la limitata possibilita' anche in allora del ricorso all'art. 38 disp. att. da parte del difensore), ma e' il piu' composito, raccolto dal p.m. nel corso delle indagini preliminari, dal difensore nel corso dello svolgimento delle indagini difensive, dal giudice nel superiore interesse di tutte le parti e della giustizia, non si vede, pertanto, in quale misura la richiesta di definizione del procedimento nelle forme del giudizio abbreviato possa tradursi nella disponibilita' di diritti personalissimi, che puo' essere autorizzata appositamente soltanto dall'imputato, personalmente o a mezzo di procura speciale. La differenza pertanto rispetto al diverso istituto della applicazione pena, per il quale e' parimenti richiesta la manifestazione di volonta' dell'imputato espressa personalmente o a mezzo di procuratore speciale, e' piu' che evidente, ove si consideri che in tale forma di giudizio l'imputato in definitiva chiede la applicazione di una pena, rinunziando al diritto alla prova ed alla prova contraria, e senza possibilita' che il giudice, salva sempre il ricorso all'art. 129 c.p.p., possa avere la possibilita' di integrare il materiale probatorio. Pare superfluo aggiungere che il rito di cui all'art. 444 c.p.p., si conclude sempre con la applicazione di una pena mentre quello di cui agli artt. 438 e ss. c.p.p., puo' essere oltre che affermativo di penale responsabilita', anche assolutorio. Se cosi' e', non si vede effettivamente la ratio della diversita' di trattamento tra la posizione dell'imputato presente ovvero che ha rilasciato procura speciale e quella dell'imputato contumace, irreperibile o latitante assistito dal difensore. E cio' va detto specialmente ove si consideri che il sistema sopra riassunto, delineato dal nuovo legislatore non soltanto con la legge n. 479/1999 ma anche con la legge n. 397/2000, accentua, correlativamente ai poteri ed alle facolta' difensive nell'ambito del procedimento l'aspetto e la rilevanza della difesa tecnica. Si e' invero fatto riferimento a tutta una serie di possibilita' normativamente recentemente previste che anticipano la fase del contraddittorio (non gia' contraddittorio in senso tecnico, ma inteso in senso lato, quale raccolta di prove ovvero di fonti di prova anche da parte del difensore dell'imputato) fin dall'inizio delle indagini preliminari. A tali fini la figura preponderante e normativamente regolamentata e' quella del difensore, che esercita tutte le facolta' di cui alle investigazioni difensive introdotte nel codice con la novella 7 dicembre 2000, n. 397. Il presupposto alla base del concetto di indagini difensive e' costituito oltre che da una situazione di auspicata (e perseguita dal legislatore) parita' tra difesa e accusa, dalla preminenza della figura del difensore rispetto a quella dell'imputato, che a tal fine svolge tutte le facolta' finalizzate a compiere indagini specificamente rivolte in senso difensivo. Pertanto, sul duplice presupposto della assenza di diritti indisponibili e personali nella scelta del rito abbreviato, nel senso sopra precisato, e della nuova figura del difensore quale risulta delineata nel titolo VI-bis del libro V del codice di rito, puo' sostenersi - da un lato - che nulla dovrebbe ostare a che la richiesta di giudizio abbreviato nella specifica materia della assistenza e della difesa tecnica possa essere articolata dal difensore autonomamente, in assenza dell'imputato che sia contumace, irreperibile o latitante, non munito di procura speciale dall'altro lato, che ritenere preclusa tale possibilita' concretizzi una situazione di contrasto con norme costituzionali. A tal riguardo il difensore dell'imputato irreperibile ha argomentato la disparita' di trattamento tra l'imputato presente ovvero che ha rilasciato procura speciale e l'imputato contumace, irreperibile o latitante, e quindi, la violazione dell'art. 3 della Costituzione. Specie se il ricorso al rito alternativo del giudizio abbreviato viene guardato dal punto di vista dell'imputato in specifico riferimento al ben piu' favorevole trattamento sanzionatorio rispetto al rito ordinario, nel caso in cui il giudizio dovesse concludersi con la affermazione di responsabilita', non vi e' chi non veda come si profili una disparita' di trattamento che appare tanto piu' ingiustificata ove si consideri che non vi sono ragioni sostanziali (nel senso sopra precisato, nella specie disposizione di diritti personalissimi dell'imputato) che tale disparita' di trattamento legittimino. Ne' puo' sostenersi che tale disparita' di trattamento riposa su una sostanziale differenza di situazioni connessa alla presenza ovvero alla diligenza dell'imputato, che si e' reso contumace, irreperibile ovvero latitante senza rilasciare previamente procura speciale, ove si consideri che quella di partecipare al processo e' una facolta' per l'imputato, al cui mancato esercizio non possono riconnettersi previsioni negative o in qualche modo pregiudizievoli. Ma anche l'ulteriore profilo di contrasto sollevato dalla difesa tra la previsione di cui all'art. 438, comma 3 c.p.p. nella parte in cui esclude che il giudizio abbreviato possa essere richiesto dal difensore non munito di procura speciale e la disposizione di cui all'art. 24 della Costituzione puo' essere condiviso. Deve considerarsi, infatti,che il mandato difensivo relativo ad imputato contumace, irreperibile ovvero latitante, che non possa esplicarsi liberamente mediante il ricorso alle plurime soluzioni che il codice di rito consente, tra le quali quella di accedere al rito abbreviato nel caso in cui il difensore lo reputi vantaggioso per il proprio assistito (si pensi ad esempio a reato di cui il difensore ritiene provata la sussistenza a carico del suo patrocinato punito con elevata pena edittale, ovvero addirittura con l'ergastolo), non si traduce in altro che in una preventiva ingiustificata rinunzia ad usufruire del piu' favorevole trattamento sanzionatorio di cui all'art. 442, comma 2 c.p.p., solo perche' difetta la procura speciale, ed, in definitiva, nella grave limitazione delle prerogative difensive. Si realizza, pertanto, per tale via la pratica frustrazione della assistenza tecnica del difensore e delle facolta' difensive che il legislatore ha pure previsto nell'interesse dell'imputato, mediante la limitazione all'accesso a rito che consentirebbe all'imputato celerita' nella definizione della sua posizione (si pensi al caso di imputato che puo' essere assolto gia' nel corso della udienza preliminare, anche se a tal punto le differenze tra la soluzione favorevole di cui all'art. 442 e 530 c.p.p., e quella ex art. 425 c.p.p., sono assolutamente sfumate), ovvero trattamento sanzionatorio piu' favorevole. Non vi e' chi non veda infatti l'aperto contrasto tra la impossibilita' per il difensore di seguire la soluzione processuale che meglio egli ritenga - nell'esercizio del suo mandato difensivo - si attagli al caso di specie nel senso piu' favorevole all'imputato e l'art. 24, secondo comma Cost., laddove espressamente il legislatore costituzionale ha previsto che la difesa e cioe' la difesa tecnica e' diritto inviolabile in ogni stato e grado del procedimento. I principi teste' esposti devono essere raccordati alle nuove prescrizioni in tema di prova provenienti dal dettato di cui all'art. 111 della Costituzione nel testo novellato dalla legge costituzionale 23 gennaio 1999, n. 2. Puo' sinteticamente affermarsi che tale disposizione rende costituzionale il principio del contraddittorio nel processo penale. Pare superfluo sottolineare che il principio e' dettato per il processo penale e non gia' per il procedimento. Nondimeno, due osservazioni sono formulabili. La prima: in senso lato anche nel procedimento per giudizio abbreviato, quale puo' ritenersi essere il risultato delle novelle legislative 16 dicembre 1999, n. 479 e 7 dicembre 2000, n. 397, e' rispettato il diritto al contraddittorio, nel senso sopra specificato (possibilita' di subordinare il giudizio abbreviato ad integrazione probatoria, possibilita' di integrazione probatoria da parte dell'organo terzo, possibilita' di svolgere sin dal primo atto di indagine indagini difensive). La seconda: il contraddittorio in senso stretto, nel senso della realizzazione immediata del contraddittorio nella formazione della prova, che risulta assicurato dalle norme che disciplinano il giudizio, nei riti alternativi e, segnatamente, nel giudizio abbreviato anche richiesto dall'imputato personalmente ovvero tramite il difensore munito di procura speciale non si realizza mai. Delle due l'una: o vi e' contrasto dell'intero istituto del giudizio abbreviato con il dettato dell'art. 111 Cost., ovvero il contrasto non vi e' mai, e cioe', neppure nel caso in cui l'eventuale giudizio abbreviato sia richiesto dal difensore non munito di procura speciale. Ne' pare possa sostenersi che l'art. 111 Cost., nel costituzionalizzare il diritto al contraddittorio abbia reso rinunziabile e quindi disponibile tale diritto solo espressamente da parte dell'avente diritto, nella specie l'imputato, che puo' rinunziarvi chiedendo personalmente o a mezzo di procuratore speciale l'accesso al rito alternativo del giudizio abbreviato. E cio' perche' la norma da un lato non sembra costruita in forma di diritto disponibile, bensi' di principio generale dell'ordinamento diretto al legislatore ordinario e immediatamente vincolante per lo stesso; secondariamente perche' la medesima norma e' dettata in riguardo al processo in senso stretto e non gia' anche genericamente al procedimento. Le valutazioni che immediatamente precedono riferite alla sintonia in termini costituzionali della prospettazione difensiva relativa alla possibilita' di accesso al rito alternativo del giudizio abbreviato da parte del difensore non munito di procura speciale, nulla tolgono alla esistenza di contrasto tra l'art. 438, comma 3 c.p.p. e l'art. 111, terzo comma Cost., come peraltro rilevato dal difensore. Ed invero, il disposto di cui all'art. 111, terzo comma Cost., da un lato, rappresenta una specificazione del piu' generale diritto alla difesa di cui all'art. 24, secondo comma Cost.; dall'altro lato, impone al legislatore ordinario di rendere concrete le condizioni - ovviamente normative - volte a far si che l'imputato sia posto in condizioni di preparare adeguata difesa. Orbene, il precludere, come nella attuale formulazione dell'art. 438, comma terzo c.p.p., la possibilita' del ricorso al giudizio abbreviato all'imputato contumace, irreperibile ovvero latitante, a null'altro equivarrebbe che a frustrare proprio la preparazione della difesa nel senso precisato dal disposto di cui al comma terzo dell'art. 111 Cost., laddove si consideri che a fronte di una preparazione e predisposizione di difesa tecnica che preveda - in termini utili ed efficaci per l'interesse dell'imputato - il ricorso al giudizio abbreviato, tale possibilita' risulterebbe preclusa ove solo il difensore non fosse munito della procura speciale. Peraltro la valutazione della questione del ricorso al giudizio abbreviato anche da parte del difensore non munito di procura speciale condotta anche avuto riguardo all'esperimento di mezzi di impugnazione, conduce ad escludere la esistenza di situazioni pregiudizievoli per l'imputato contumace, irreperibile o latitante che non abbia rilasciato procura speciale al proprio difensore. Ed invero, ancora una volta la legge 16 dicembre 1999, n. 497 ha abrogato quella parte dell'art. 571 comma terzo ultima parte c.p.p., che prevedeva che il difensore potesse proporre impugnazione avverso una sentenza contumaciale solo se munito di specifico mandato. Al contempo la medesima novella legislativa ha previsto che nel caso di mancata comparizione dell'imputato alla udienza preliminare - nel corso della quale, come e' noto, puo' essere chiesto anche il giudizio abbreviato - il giudice, in assenza di legittimo impedimento a comparire, dichiari la contumacia dell'imputato. Pertanto, alla possibilita' del ricorso al giudizio abbreviato da parte del difensore non munito di procura speciale, in caso di contumacia dell'imputato, ovvero anche di irreperibilita' o latitanza, non ostano neppure - sotto il profilo della eventuale indisponibilita' di diritti - le norme che disciplinano l'impugnazione, essendo consentito senza limitazioni di sorta la possibilita' di esperire appello per conto e nell'interesse dell'imputato autonomamente e pienamente da parte del difensore. Ne' l'indisponibilita' del diritto e, quindi, il necessario espresso consenso dell'imputato formulato personalmente ovvero mediante procura speciale, pare possa essere argomentata con riferimento alla composizione del giudice, monocratico, innanzi a cui si svolge il giudizio abbreviato, ove si consideri, da un lato, che la gran parte dei giudizi si svolge innanzi a giudice monocratico ex art. 33-ter c.p.p.; dall'altro lato, che il legislatore ha inteso nutrire fiducia anche in un giudice a composizione monocratica quale e' il g.u.p., attribuendogli la possibilita' di giudicare anche reati di competenza della Corte di assise. Tutte le considerazioni che precedono dovrebbero riguardare - ad avviso di questo decidente - sia l'imputato genericamente contumace, che quello irreperibile, che, ancora, quello latitante, in considerazione del fatto che i rilievi sopra formulati privilegiano l'aspetto della difesa tecnica, che spetta al difensore a prescindere dalla veste formale che la mancata presenza dell'imputato ha finito con il rivestire. Nondimeno non puo' omettersi di rilevare che tutte le questioni sollevate accentuano la loro rilevanza nei confronti dell'imputato irreperibile. E cio' per la considerazione che la irreperibilita' e' una condizione non necessariamente volontaria dell'imputato, trattandosi invero di una situazione di fatto che puo' anche essere involontaria e incolpevole e che diviene processualmente rilevante per effetto della chiamata in giudizio, oltre che per le modalita' di accertamento ed i corrispondenti effetti. Laddove, invece, sia la situazione di latitanza che quella di contumacia in qualche modo presuppongono la volonta' e comunque l'inerzia difensiva dell'imputato, con la conseguenza che, in astratto, potrebbero essere riconnesse a tali scelte personali dell'imputato conseguenze negative. Cio' non puo' affermarsi nel caso dell'irreperibile, in cui l'imputato il piu' delle volte e' del tutto ignaro del procedimento penale a suo carico, dipendendo la detta condizione dalla circostanza che semplicemente si sconosce e non si e' stati in grado di individuare il recapito dell'imputato. Orbene non vi e' chi non veda come privare oltre che il contumace ed il latitante, anche l'irreperibile delle facolta' e delle strategie difensive che la difesa tecnica e' in grado di approntare, costituisce un ulteriore e ben piu' rilevante contrasto della norma di cui all'art. 438, comma 3 c.p.p., con gli artt. 3, 24 e 111 Cost. Nella tematica del rilevato contrasto tra la norma di cui all'art. 438 comma 3 c.p.p., nella parte in cui prevede che la volonta' dell'imputato debba essere espressa personalmente ovvero a mezzo di procura speciale, con gli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, non possono non essere considerati anche i risvolti pratici. E cio' soprattutto ove si osservi che costante del legislatore ogni qual volta ha posto mano a modifiche legislative del procedimento penale e dei procedimenti speciali in particolare, ovvero del giudice costituzionale nelle pronunzie susseguitesi, e' quella di agevolare il piu' possibile la speditezza e l'economia processuale, facilitando il ricorso a riti alternativi, quali appunto quello abbreviato o di applicazione della pena. La pratica giudiziaria che si osserva presso questo ufficio, strettamente connessa alla impossibilita' per il difensore del contumace, dell'irreperibile ovvero del latitante di accedere al rito alternativo del giudizio abbreviato, e' quella - in taluni dei casi - della pratica frustrazione della economia processuale, atteso che, specie in procedimenti complessi a carico di piu' imputati, con posizioni definibili allo stato degli atti innanzi al g.u.p., la definizione che tale giudice opera mediante il rito di cui agli artt. 438 e ss. c.p.p. a carico di taluni imputati finisce, di fatto, con il non sollevare il tribunale dalla celebrazione - e in sostanza dalla duplicazione - del procedimento, posto che in assenza di procura speciale per taluni imputati contumaci, irreperibili o latitanti e' doverosa la separazione della posizione processuale di costoro ed il rinvio al giudizio del tribunale, che si trova in tal modo a celebrare un processo (o meglio a ricelebrare il processo, trattandosi spesso di posizioni processuali del tutto simili) che ben poteva essere definito allo stato degli atti innanzi al g.u.p., con grave dispendio di energia processuale (basti pensare alle operazioni di formazione del fascicolo processuale in copia a seguito della separazione dei procedimenti, alla deposizione di testimoni, alla necessita' di procedere a complesse operazioni di trascrizione di conversazioni telefoniche o tra presenti fatte oggetto di ascolto autorizzato, alla necessita' di esperire perizie, e quant'altro). Per altro aspetto, e, segnatamente, sotto il profilo della rilevanza della questione di legittimita' costituzionale come sollevata dal difensore del Finocchietti nel presente giudizio, la detta rilevanza si coglie pienamente ove si consideri che si e' in fase di celebrazione della udienza preliminare immediatamente precedente la discussione, con la conseguenza che l'impossibilita' di chiedere subito il giudizio abbreviato da parte del difensore non munito di procura speciale dell'imputato irreperibile condurrebbe all'effetto preclusivo di cui all'art. 438, comma 2 c.p.p., e, quindi, alla impossibilita' per l'imputato - nel caso astratto in cui si dovesse pervenire ad una pronunzia di condanna - di usufruire della diminuzione di pena di cui all'art. 442, comma 2 c.p.p. La questione come proposta va ritenuta, pertanto, alla stregua delle argomentazioni che precedono, non manifestamente infondata e rilevante nell'ambito del presente procedimento, con conseguente doveroso interessamento della Corte costituzionale per la risoluzione.