Il tribunale, in composizione monocratica, nella persona del giudice dott.ssa Teresa Fenari da Passano; A scioglimento della riserva espressa all'udienza del 18 marzo 2002 nel procedimento penale a carico di Dell'Utri Marcello, nato a Palermo l'11 settembre1941, Biondani Paolo, nato a Verona il 10 marzo 1961, De Bortoli Ferruccio, nato a Milano il 20 maggio 1953 in relazione alla richiesta del p.m. e della difesa della parte civile dottori Gian Carlo Caselli, Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava, Umberto De Giglio, di sollevare conflitto di attribuzione avanti la Corte costituzionale, ai sensi dell'art. 37 della legge 11 marzo 1953, nei confronti della Camera dei deputati che con deliberazione assembleare, adottata nella seduta del 14 marzo 2002, ha dichiarato che i fatti per i quali e' in corso il procedimento concernono opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art 68, primo comma della Costituzione, O s s e r v a In data 9 giugno 1999 i dott. Gian Carlo Caselli, Guido Lo Forte, Domenico Gozzo, Antonio Ingroia, Mauro Terranova, Lia Sava, Umberto De Giglio depositavano presso la Procura della Repubblica c/o il Tribunale di Palermo, pervenuta il 21 giugno 1999 c/o la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Milano, querela nei confronti dell'on. Marcello Dell'Utri del giornalista Paolo Biondani e del Direttore responsabile del quotidiano «Il Corriere della sera», Ferruccio De Bortoli per il reato di diffamazione a mezzo stampa in relazione al contenuto dell'articolo pubblicato a pag. 2 il 10 marzo 1999 sul predetto giornale con il titolo «Voglio una candidatura alle europee» e sottotitolato «Dell'Utri: servira' alla difesa, io non scappero'. Ai miei familiari dico: sono un eroe perseguitato» ed ancora: «Conferenza stampa del parlamentare di Forza Italia: e' un accanimento con fini politici, e' iniziata la campagna elettorale». Con decreto del 6 marzo 2001 gli imputati venivano tratti a giudizio innanzi a questo tribunale, in composizione monocratica, per rispondere dei delitti a loro rispettivamente ascritti. In particolare al senatore Marcello Dell'Utri (all'epoca dei fatti deputato) viene contestato di avere, in qualita' di persona intervistata, offeso la reputazione dei predetti magistrati in servizio alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Palermo affermando tra l'altro, in relazione all'indagine in corso presso quella Procura della Repubblica a carico anche di Marcello Dell'Utri «questa richiesta d'arresto e' l'inizio della campagna elettorale. Il leit-motiv della difesa resta pero' "l'accanimento politico della Procura". "Se nel '94 non avessi creato Forza Italia - ripete l'onorevole - non mi sarebbe successo nulla". Quindi il vero bersaglio dei p.m. e' Berlusconi? "Forse" risponde Dell'Utri, avvisando che tra i diplomatici "forse significa si"». Con delibera del 14 marzo 2002 la Camera dei deputati si e' pronunciata nel senso di ritenere che i fatti per cui e' processo nei confronti dell'on. Dell'Utri riguardino opinioni espresse da un membro del Parlamento nell'esercizio delle sue funzioni ai sensi dell'art. 68, comma 1 Cost. A fronte della dichiarazione di insindacabilita' delle opinioni espresse da parte del ramo parlamentare di appartenenza il giudice deve applicare la causa di non punibilita', salvo che intenda sollevare conflitto di attribuzione per vizi in procedendo o per l'arbitrarieta' o la non plausibilita' della valutazione del nesso funzionale fra le espressioni ritenute diffamatorie e le prerogative parlamentari (v. Cass. sez. V dell'8 luglio 1999). Nel caso in esame, il Tribunale ritiene che il potere valutativo non sia stato legittimamente esercitato dalla Camera dei deputati, che ha erroneamente valutato i presupposti richiesti per il valido esercizio del suo potere, dal momento che tra le dichiarazione rese dal deputato Dell'Utri nel corso della conferma stampa e la funzione parlamentare dallo stesso ricoperta difetta quel nesso funzionale indispensabile perche' possa ritenersi sussistente l'immunita' di cui all'art. 68, 1° comma, Cost., con conseguente lesione della propria sfera di attribuzioni giurisdizionali, costituzionalmente garantita. Secondo la relazione della Giunta per le autorizzazioni, quanto dichiarato dall'on. Dell'Utri costituisce «espressione di un diritto di critica di un membro della Camera in ordine a questioni di indubbio rilievo pubblico, nel quadro di quelle attivita' che possono senz'altro definirsi prodromiche e conseguenti agli atti tipici del mandato». In particolare la vicenda - e' stata ritenuta dalla grande maggioranza della Giunta - «rientrare nel contesto della polemica politica assai accesa, involgente i temi del rapporto tra politica e magistratura, da sempre terreno di dibattito politico-parlamentare e di aspra contrapposizione tra esponenti dei partiti». La Giunta individua uno stretto collegamento tra le dichiarazioni rese dall'onorevole Dell'Utri e la sua attivita' parlamentare nel fatto che «l'argomento dell'intervista riportata dal Biondani concerneva la vicenda specifica che riguardava direttamente l'on. Dell'Utri, deputato all'epoca dei fatti, vale a dire come accennato una richiesta di esecuzione di una misura cautelare nei suoi confronti avanzata alla Camera dei deputati ai sensi dell'art. 68, secondo comma, della Costituzione». Inoltre la Giunta, evidenziando come il Gruppo parlamentare di Forza Italia -, movimento politico fondato da Berlusconi e Dell'Utri -, fosse gia' stato oggetto di richieste di esecuzione dell'arresto a carico di suoi appartenenti, rileva come «l'intervista pubblicata il 10 marzo 1999 si collegava non solo ad un singolo episodio della vita parlamentare, bensi' ad un vero e proprio filone di temi portati dalla magistratura all'attenzione della Camera». A conferma di quanto esposto viene sottolineato che «i componenti il gruppo parlamentare di Forza Italia per tutta la XIII legislatura si sono impegnati in una incessante attivita' di sindacato ispettivo sui temi della giustizia, sulle modalita' di conduzione delle indagini da parte degli uffici della pubblica accusa e sull'amministrazione dello strumento dei "pentiti" (principali fonti d'accusa proprio nel caso Dell'Utri)». La Giunta, inoltre, rileva come «l'intervista dell'on. Dell'Utri debba essere ricollegata al suo ruolo di esponente dell'opposizione politica e parlamentare» non essendo privo di rilievo il fatto che egli «parlasse anche e soprattutto mosso da un moto di autodifesa, posto che il provvedimento giudiziario lo attingeva personalmente». Tali argomentazioni non possono essere condivise, in quanto non individuando un collegamento specifico fra le dichiarazioni rese dal parlamentare ed atri o documenti parlamentari allo stesso riconducibili, ma sostanzialmente ravvisando la ricorrenza di un collegamento genericamente ascrivibile all'attivita' politica in senso lato posta dal parlamentare in qualita' di esponente del partito politico dallo stesso fondato, appaiono in aperto contrasto con il consolidato orientamento della giurisprudenza della Corte costituzionale, formatasi in materia di immunita' riconosciuta ai sensi dell'art. 68 Cost. In particolare la Corte costituzionale ha piu' volte sottolineato che, per non trasformare la prerogativa in un privilegio personale, il primo comma dell'art. 68 Cost., va interpretato nel senso che esso «non copre tutte le opinioni espresse dal parlamentare nello svolgimento della sua attivita' politica, ma solo quelle legate da «nesso funzionale» con le attivita' svolte nella qualita' «di membro delle Camere». Tale «nesso funzionale», inoltre, non deve essere inteso «come semplice collegamento di argomento o di contesto fra attivita' parlamentare e dichiarazione, ma come identificabilita' della dichiarazione stessa quale espressione di attivita' parlamentare» (v. sent. Corte cost. n. 10 del 2000). Nel caso in cui, poi, si tratti della riproduzione all'esterno degli organi parlamentari di dichiarazioni gia' rese nell'esercizio di funzioni parlamentari sussistono i presupposti per ravvisare l'insindacabilita' «solo ove sia riscontrabile corrispondenza sostanziale di contenuti con l'atto parlamentare, non essendo sufficiente a questo riguardo una mera comunanza di tematiche» (v. sent. Corte cost. 17 gennaio 2000, n. 11). Alla luce di tale constante giurisprudenza costituzionale deve, innanzitutto rilevarsi che la' ove la Giunta ravvisa nelle dichiarazioni rese «un'espressione del diritto di critica» esprime una valutazione che non rientra nella propria sfera di attribuzioni, essendo demandato esclusivamente al giudice penale il compito di pronunciarsi se una espressione sia manifestazione del diritto di critica politica. Ne' si puo' sostenere che tali dichiarazioni rientrerebbero nel quadro di «attivita' prodromiche e conseguenti agli atti tipici del mandato» in quanto le stesse potrebbero essere coperte dalla immunita' soltanto se risultassero riproduttive di un'opinione gia' espressa in sede parlamentare e non nel caso in cui queste siano state rese antecedentemente. Cosi' facendo si finirebbe per «attrarre nell'area dell'insindacabilita' la divulgazione di gravi addebiti nelle piu' diverse occasioni pubbliche, ma non nella sede parlamentare» (v. sent. Corte cost. 18 luglio 1998 n. 289). In secondo luogo, nessuno degli elementi di collegamento evidenziati a sostegno del nesso funzionale tra le dichiarazioni rese dall'on. Dell'Utri e la funzione parlamentare da esso svolta appaiono possedere quei connotati di «identita' sostanziale di contenuto fra l'opinione espressa in sede parlamentare e quella manifestata nella sede "esterna"». Tale collegamento, infatti non puo' essere genericamente individuato nella circostanza che, come nei confronti di Dell'Utri, fondatore di Forza Italia unitamente a Berlusconi, e' stata fatta richiesta di esecuzione della custodia cautelare cosi' analogamente nei confronti di altri appartenenti al medesimo gruppo parlamentare era stata inoltrata in passato analoga richiesta. Tale richiamo se, infatti, evidenzia un collegamento esclusivamente soggettivo riconducibile all'attivita' politica generica svolta dall'on. Dell'Utri quale esponente del medesimo gruppo parlamentare, non consente di ravvisare alcun nesso con uno specifico atto parlamentare adottato in tali occasioni dal medesimo deputato. Analogamente deve dirsi per quanto riguarda la citata attivita' di sindacato ispettivo sui temi della giustizia, sulle modalita' di conduzione delle indagini da parte degli uffici della pubblica accusa e sull'amministrazione dello strumento dei pentiti. Infatti anche in tale caso, si tratta soltanto di un generico richiamo che evideazia una mera comunanza di tematiche al centro del dibattito politico o parlamentare, ma di per se' non sufficiente per fondare un giudizio di insindacabilita' in quanto non correlata a nessuna specifica «funzione parlamentare, attraverso atti e procedure specificamente previsti dai regolamenti parlamentari». Le stesse interpellanze richiamate nella relazione della Giunta, non possono assumere alcun rilievo proprio perche' comunque non direttamente attribuibili all'on. Dell'Utri, essendo state tutte proposte da altri parlamentari ed aventi al piu' «un generico collegamento tematico con il contenuto delle dichiarazioni in questione». Nessuno, dunque, dei fatti indicati nella relazione della Giunta quale espressione del collegamento funzionale richiesto consente di ravvisare una stretta connessione tra le dichiarazioni rese nel corso della conferenza stampa e l'attivita' parlamentare dell'on. Dell'Utri. Il ricollegare tali dichiarazioni al «ruolo di esponente dell'opposizione politica parlamentare non e' sufficiente per potere ritenere l'insindacabilita', proprio perche' come gia' sopra evidenziato non e' sufficiente la semplice comunanza di argomento o la ricorrenza di un contesto genericamente politico in cui la dichiarazione si inserisce. In conclusione, dissentendo questo tribunale dalla deliberazione con cui la Camera, nella seduta del 14 marzo 2002 ha dichiarato insindacabile ex art. 68, primo comma Costituzione, le espressioni oggetto del capo di imputazione, in quanto invasiva delle funzioni giurisdizionali e' necessario investire la Corte costituzionale, sollevando conflitto di attribuzioni previsto dall'art. 134 della Costituzione.