ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nei  giudizi  di  legittimita' costituzionale dell'art. 126, comma 7,
del  decreto  legislativo  30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),   come   modificato   dall'art. 19,   comma 3,  del  decreto
legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507  (Depenalizzazione  dei reati
minori  e  riforma  del  sistema  sanzionatorio, ai sensi dell'art. 1
della  legge  25 giugno 1999, n. 205) e dell'art. 214, comma 6, dello
stesso decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della
strada),  promossi  con  ordinanze del 16 maggio e del 12 aprile 2002
dal  giudice  di pace di Carrara nei procedimenti civili vertenti tra
la Mi.Mar. di De Feo Michele & c. S.n.c. e il Comune di Carrara e tra
Navari  Cinzia  e il Prefetto di Massa Carrara, iscritte ai nn. 559 e
560 del registro ordinanze 2002 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 1, 1ยช serie speciale, dell'anno 2003.
    Visti  gli  atti  di  intervento del Presidente del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 maggio 2003 il giudice
relatore Paolo Maddalena.
    Ritenuto  che  il  giudice  di pace di Carrara, con ordinanza del
12 aprile  2002  (r.o. n. 560 del 2002), ha sollevato, in riferimento
all'art. 3    della    Costituzione,    questione   di   legittimita'
costituzionale   dell'art. 126,   comma 7,  del  decreto  legislativo
30 aprile  1992,  n. 285 (Nuovo codice della strada), come modificato
dall'art. 19,  comma 3,  del  decreto  legislativo  30 dicembre 1999,
n. 507  (Depenalizzazione  dei  reati  minori  e  riforma del sistema
sanzionatorio,  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno 1999,
n. 205)  e,  in  riferimento  agli  artt. 3  e 24 della Costituzione,
questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 214,  comma 6,
dello stesso decreto legislativo;
        che il remittente espone, in punto di fatto, che, con ricorso
ai sensi degli artt. 22 e 22-bis della legge 24 novembre 1981, n. 689
(Modifiche   al  sistema  penale),  il  proprietario  di  un  veicolo
sottoposto  al  fermo amministrativo per la violazione dell'art. 126,
comma 7,  del  codice  della  strada,  ha  eccepito  l'illegittimita'
costituzionale  di  tale  ultima norma, nella parte in cui prevede la
predetta  sanzione  accessoria  del fermo amministrativo del veicolo,
per l'asserito contrasto con gli artt. 4 e 35 della Costituzione, che
tutelano il diritto al lavoro;
        che,  ritenuto  manifestamente infondato l'asserito contrasto
con  i suddetti parametri costituzionali, il giudice a quo, dopo aver
sospeso  il  provvedimento  sanzionatorio,  ha sollevato d'ufficio la
questione   di  legittimita'  costituzionale  di  cui  alla  predetta
ordinanza del 12 aprile 2002 (r.o. n. 560 del 2002);
        che,  ad  avviso  del  remittente,  l'art. 126,  comma 7, del
codice  della  strada,  nella  parte  in  cui  prevede come ulteriore
sanzione  accessoria, nei confronti di chi guida con patente scaduta,
il  fermo  del  veicolo,  sarebbe  in  contrasto  con  l'art. 3 della
Costituzione,  in  quanto: 1) punisce piu' severamente la condotta di
chi  affida un veicolo a persona che sia in possesso del documento di
guida,  ma  ne  abbia  omesso  il  rinnovo,  rispetto alla piu' grave
violazione  consistente  nell'affidamento di un veicolo a persona che
non  abbia conseguito la patente, sanzionata dall'art. 116, comma 12,
del  medesimo  codice  della  strada, con la sola pena pecuniaria; 2)
stabilisce,  per  la  condotta  di  chi guida con patente scaduta, la
stessa  sanzione  prevista  dall'art. 116, comma 13, del codice della
strada,  per chi guida senza aver conseguito la patente o non essendo
in   possesso  dei  requisiti  per  la  conduzione  dei  veicoli;  3)
stabilisce,  per  la  circolazione  con patente scaduta, una sanzione
piu'  afflittiva rispetto a quella prevista dall'art. 128 del decreto
legislativo  n. 285 del 1992 per chi conduce un veicolo nonostante la
dichiarata  inidoneita'  temporanea  o  senza essersi sottoposto agli
esami o accertamenti disposti dalla competente autorita';
        che  il remittente ritiene, inoltre, che l'art. 214, comma 6,
del  codice  della  strada,  se  interpretato nel senso di inibire al
giudice   il   potere  di  disporre,  nelle  more  del  giudizio,  la
sospensione del provvedimento di fermo, contrasti con l'art. 24 della
Costituzione, in quanto lede il diritto di difesa;
        che  lo stesso remittente sostiene, altresi', che detta norma
contrasti con l'art. 3 della Costituzione;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo:  a)  che  la  questione  di costituzionalita' sollevata in
ordine  all'art. 126, comma 7, del codice della strada sia dichiarata
manifestamente  infondata;  b)  che la questione di costituzionalita'
sollevata  in  ordine  all'art. 214, comma 6, del medesimo codice sia
dichiarata manifestamente inammissibile;
        che  con altra ordinanza, del 16 maggio 2002 (r.o. n. 559 del
2002),  lo  stesso  giudice  di  pace  di  Carrara  ha sollevato, con
riferimento  all'art. 3 della Costituzione, questione di legittimita'
costituzionale dell'art. 126, comma 7, del decreto legislativo n. 285
del  1992  e,  con  riferimento agli artt. 3 e 14 della Costituzione,
questione  di legittimita' costituzionale dell'art. 214, comma 6, del
medesimo decreto legislativo;
        che  il  giudice remittente, dopo aver esposto, in fatto, che
nel  giudizio  a  quo  e'  stata impugnata la sanzione accessoria del
fermo  del  veicolo  per  guida  con  patente  scaduta,  si  limita a
richiamare  l'ordinanza di remissione del 12 aprile 2002 (r.o. n. 560
del 2002);
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato   e   difeso   dall'Avvocatura  generale  dello  Stato,
chiedendo che la questione sia dichiarata inammissibile.
    Considerato  che  con  entrambe  le ordinanze di remissione viene
sollevata,  in  relazione  a  parametri  costituzionali solo in parte
diversi,  questione  di  legittimita'  costituzionale  dell'art. 126,
comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (nuovo codice
della  strada),  come  modificato  dall'art. 19, comma 3, del decreto
legislativo  30 dicembre  1999,  n. 507 e dell'art. 214, comma 6, del
medesimo decreto legislativo;
        che  i giudizi, avendo ad oggetto questioni analoghe, possono
essere riuniti per essere decisi con un unico provvedimento;
        che la questione sollevata con l'ordinanza del 12 aprile 2002
(r.o.  n. 560  del  2002)  nei  confronti dell'art. 126, comma 7, del
codice della strada, si evidenzia manifestamente infondata;
        che, infatti, il legislatore puo' discrezionalmente stabilire
le condotte punibili e determinare, per ciascuna di esse, la sanzione
ritenuta piu' opportuna;
        che,  al tempo stesso, uno scrutinio che direttamente investa
il  merito  delle  scelte  sanzionatorie del legislatore e' possibile
solo nel caso in cui esse confliggano in modo manifesto con il canone
della  ragionevolezza,  configurandosi  come  l'espressione di un uso
distorto  della  discrezionalita'  (ordinanze n. 144 del 2001 e n. 58
del 1999);
        che  la  questione  sollevata  con  la  stessa  ordinanza nei
confronti  dell'art. 214,  comma 6,  del  codice  della  strada,  per
contrasto  con gli artt. 3 e 24 della Costituzione, e' manifestamente
inammissibile,  in quanto, come risulta dall'ordinanza di remissione,
il giudice a quo ha gia' sospeso il provvedimento sanzionatorio;
        che le questioni sollevate con l'ordinanza del 16 maggio 2002
(r.o.  n. 559  del  2002) sono inammissibili, in quanto il remittente
non  ha  in  alcun  modo motivato in ordine alla rilevanza e alla non
manifesta  infondatezza,  limitandosi a richiamare, nonostante evochi
parametri costituzionali in parte diversi, la precedente ordinanza di
remissione del 12 aprile 2002 (r.o. n. 560 del 2002);
        che,  peraltro,  non  possono  avere  ingresso  nel  giudizio
incidentale  di  legittimita'  costituzionale questioni motivate solo
per  relationem,  dovendo il remittente esplicitare le ragioni per le
quali  ritiene  la questione rilevante e non manifestamente infondata
mediante una motivazione autosufficiente.
    Visti l'art. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87,
e  l'art. 9,  secondo  comma,  delle  norme integrative per i giudizi
innanzi alla Corte costituzionale.