ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di legittimita' costituzionale dell'art. 8 della legge
5 marzo   1990,  n. 45  (Norme  per  la  ricongiunzione  dei  periodi
assicurativi  ai  fini  previdenziali  per  i liberi professionisti),
promosso con ordinanza del 20 aprile 2002 dal Tribunale di Torino nel
procedimento   civile   vertente  tra  Vanda  Graziosi  contro  Cassa
nazionale   di   previdenza   e   assistenza  a  favore  dei  dottori
commercialisti,  iscritta  al  n. 339  del  registro ordinanze 2002 e
pubblicata   nella  Gazzetta  Ufficiale  n. 33,  1ª  serie  speciale,
dell'anno 2002.
    Visti  gli  atti  di costituzione di Vanda Graziosi e della Cassa
nazionale   di   previdenza   e   assistenza  a  favore  dei  dottori
commercialisti  nonche'  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del
Consiglio dei ministri;
    Udito   nell'udienza  pubblica  del  20 maggio  2003  il  giudice
relatore Francesco Amirante;
    Uditi  gli  avvocati Marcello Troiani per Vanda Graziosi, Michele
Iacoviello  Jr.  per  la Cassa nazionale di previdenza e assistenza a
favore  dei  dottori  commercialisti  nonche'  l'avvocato dello Stato
Massimo Mari per il Presidente del Consiglio di ministri.
    Ritenuto che nel corso di un procedimento civile instaurato dalla
signora  Vanda  Graziosi  nei  confronti  della  Cassa  nazionale  di
previdenza  e  assistenza a favore dei dottori commercialisti al fine
di ottenerne la condanna alla restituzione di quanto complessivamente
versato  dal  fratello defunto a titolo sia di contributi relativi al
periodo  1° gennaio  1970-27  giugno 2000  di  iscrizione  alla Cassa
convenuta,  sia  di  onere  per  la  ricongiunzione  di  sei  anni di
anzianita'   contributiva   maturati   presso   l'INPS  (nel  periodo
1° gennaio 1963-31 gennaio 1969), chiesta ed ottenuta dal de cuius il
19 aprile  1994,  il Tribunale di Torino ha sollevato, in riferimento
all'art. 3     dellaCostituzione,     questione    di    legittimita'
costituzionale dell'art. 8 della legge 5 marzo 1990, n. 45 (Norme per
la  ricongiunzione dei periodi assicurativi ai fini previdenziali per
i  liberi  professionisti),  nella  parte  in  cui  dispone  che  nei
confronti  dei  soggetti  che  si  siano  avvalsi  della  facolta' di
ricongiunzione  non si applica l'art. 21 della legge 29 gennaio 1986,
n. 21,  il  quale  consente a coloro che cessano dall'iscrizione alla
Cassa  convenuta  senza  aver  maturato  i requisiti per il diritto a
pensione  -  ed,  eventualmente,  agli  eredi  di questi che, come la
ricorrente,   non  abbiano  diritto  alla  pensione  indiretta  -  di
richiedere la restituzione dei contributi versati alla Cassa stessa;
        che  il  remittente,  dopo  aver  precisato che la domanda di
rimborso  formulata dalla signora Graziosi e' inaccoglibile in quanto
fondata   sul  menzionato  art. 21  rispetto  alla  cui  applicazione
l'art. 8  impugnato  rappresenta  «un limite insormontabile», osserva
che, pur contrastando con la ratio del contratto di tipo aleatorio la
previsione  della restituzione dei contributi nell'ipotesi in cui non
vengano  raggiunti  i  requisiti  per il diritto a pensione, tuttavia
l'impugnata  disposizione appare lesiva del principio di razionalita'
poiche',  senza  alcuna  valida  giustificazione, porta a trattare in
modo diverso situazioni uguali;
        che  al  riguardo  il giudice a quo precisa che, in casi come
quello  in  esame,  pur  dovendo  escludersi  la  rimborsabilita' dei
contributi  trasferiti  dall'INPS  alla Cassa in quanto essi comunque
dovrebbero  tornare  all'ente di provenienza avendo avuto a suo tempo
una precisa funzione assicurativa, tuttavia, «almeno fino a quando si
considera   valido,   costituzionale   e   finanziariamente  corretto
l'art. 21»,  non vi e' alcuna giustificazione per negare, in funzione
del  solo esercizio della facolta' di ricongiunzione, la restituzione
sia dei contributi versati direttamente alla Cassa (sulla cui entita'
e destinazione la ricongiunzione non incide affatto) sia di quanto ad
essa   corrisposto   come   onere   per  la  ricongiunzione  (il  cui
trattenimento  da  parte della Cassa, in un sistema in cui e' ammessa
la  possibilita'  del rimborso dei contributi non utilizzati da parte
dell'assicurato,  viene a costituire una sorta di arricchimento senza
causa);
        che,  infatti,  l'equilibrio  finanziario  della  prestazione
gravante  sulla  Cassa  non subisce alcuna modifica per effetto della
ricongiunzione  perche'  l'ente,  per  dare  attuazione alla relativa
istanza  dell'assicurato,  non  si  limita  a  chiedere ed ottenere i
contributi  versati  a  suo  tempo  nella gestione di provenienza, ma
ottiene  dall'assicurato  cospicue  integrazioni di tale somma, sulla
base del calcolo della riserva matematica, corrispondente al capitale
destinato  ad  alimentare  l'incremento  di  pensione derivante dalla
ricongiunzione  che  dovra'  essere  erogato  all'iscritto non appena
avra' maturato i requisiti per accedere alla prestazione;
        che  nel  caso  di  specie,  infatti, il periodo contributivo
presso l'INPS, pari al valore nominale di lire 4.379.000 (comprensivo
di   interessi),   e'   stato  significativamente  integrato  con  il
versamento  da  parte dell'assicurato della somma di lire 44.802.000,
onde raggiungere la riserva matematica calcolata in lire 49.181.000:
        che  nel  giudizio  davanti  alla Corte si sono costituiti la
Cassa  nazionale  di  previdenza  e  assistenza  a favore dei dottori
commercialisti e la signora Vanda Graziosi;
        che  la  Cassa chiede una dichiarazione di infondatezza della
questione  rilevando  che  un eventuale diritto alla restituzione dei
contributi  non  utilizzati  dall'interessato puo' sussistere solo se
specificamente  attribuito  da apposite norme derogatorie - una delle
quali  e' l'art. 21 della legge n. 21 del 1986 - che, come tali, sono
di stretta interpretazione;
        che,  nel  caso di specie, i requisiti di cui all'art. 21 ora
menzionato  non  sussistono  in quanto l'art. 8 della legge n. 45 del
1990  esclude  espressamente  il  diritto  al  suddetto  rimborso nei
confronti  dei  soggetti  che  si  siano  avvalsi  della  facolta' di
ricongiunzione prevista dalla stessa legge;
        che  la signora Graziosi chiede, invece, che la questione sia
dichiarata  fondata ribadendo, sostanzialmente, le argomentazioni del
giudice  remittente  e  soggiungendo che la auspicata rimborsabilita'
dovrebbe  essere estesa anche ai contributi trasferiti dall'INPS alla
Cassa convenuta;
        che  e'  intervenuto  in giudizio il Presidente del Consiglio
dei  ministri,  rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello
Stato,  chiedendo  che  la  questione  sia  dichiarata infondata, sul
principale  rilievo  della non condivisibilita' della premessa logica
da  cui  muove  il remittente, rappresentata dalla asserita identita'
della  situazione  del  professionista  che  versa  esclusivamente  i
contributi  alla  rispettiva  Cassa  previdenziale  e  di  quella del
professionista  che  si  avvalga della facolta', prevista dalla legge
n. 45  del  1990, di chiedere la ricongiunzione di tutti i periodi di
contribuzione ovunque versati;
        che  la  difesa erariale sottolinea, inoltre, la specificita'
dell'istituto  della  ricongiunzione,  la quale giustifica il diverso
trattamento  anche  con  riferimento  alla ripetizione dei contributi
versati;
        che,  in  altri termini, la contestata esclusione del diritto
al  rimborso  e'  perfettamente corrispondente alla logica che ispira
tutta  la normativa dettata dalla legge n. 45 del 1990 nella quale va
attribuito  un  ruolo  centrale  alla disposizione di cui all'art. 4,
comma 3,    che    prevede   l'irrevocabilita'   della   domanda   di
ricongiunzione  in  caso di accettazione - anche implicita - da parte
dell'interessato della proposta della gestione previdenziale circa le
modalita' di versamento e l'entita' del relativo onere.
    Considerato  che  il  Tribunale  di  Torino  dubita, in relazione
all'articolo 3  della Costituzione, della legittimita' costituzionale
dell'articolo 8  della  legge 5 marzo 1990, n. 45, nella parte in cui
dispone  che  nei  confronti  dei soggetti che si siano avvalsi della
facolta'  di  ricongiunzione  dei  contributi  previdenziali  non  si
applica l'articolo 21 della legge 29 gennaio 1986, n. 2l;
        che   tale   disposizione   consente  a  coloro  che  cessano
dall'iscrizione  alla  Cassa  di previdenza e assistenza a favore dei
dottori  commercialisti  e  ai  loro  eredi  non  aventi diritto alla
pensione indiretta di chiedere la restituzione dei contributi versati
purche',  nell'un  caso e nell'altro, l'iscritto non abbia maturato i
requisiti per il diritto a pensione;
        che il giudice remittente, mentre espone che l'iscritto aveva
versato  per  oltre  trent'anni contributi alla Cassa ed aveva fruito
per  oltre  sei  anni  di  una  posizione previdenziale presso l'INPS
riguardo  alla quale si era avvalso della facolta' di ricongiunzione,
non   descrive  compiutamente  la  fattispecie,  omettendo  anche  di
indicare l'eta' del professionista;
        che l'ordinanza di rimessione non fornisce alcuna motivazione
sull'accertamento del mancato conseguimento da parte del medesimo dei
requisiti  del diritto a pensione e quindi sull'esistenza del diritto
alla  restituzione  dei  contributi,  ma  si  limita  sul punto a far
propria implicitamente la tesi della ricorrente;
        che le suindicate omissioni, impedendo alla Corte di svolgere
la  necessaria  verifica  circa l'incidenza della richiesta pronuncia
sulla situazione soggettiva fatta valere in giudizio, si risolvono in
una   carenza   di   motivazione   sulla  rilevanza  della  questione
prospettata nel giudizio a quo;
        che,   pertanto,   la   questione  stessa  e'  manifestamente
inammissibile.