ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 129 del codice
di  procedura  penale,  promosso  con ordinanza del 5 luglio 2002 dal
Tribunale  di Locri - sezione staccata di Siderno, iscritta al n. 483
del  registro  ordinanze  2002  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 44, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 7 maggio 2003 il giudice
relatore Carlo Mezzanotte.
    Ritenuto  che,  con ordinanza in data 5 luglio 2002, il Tribunale
di  Locri  -  sezione  staccata  di  Siderno,  dovendo decidere sulla
richiesta,  avanzata dalla difesa di una imputata, di declaratoria di
estinzione    del    reato   per   intervenuta   prescrizione   prima
dell'esercizio  dell'azione  penale  con  l'emissione  del decreto di
citazione a giudizio e sulla conseguente richiesta di rifusione delle
spese   processuali   sostenute  per  la  difesa,  ha  sollevato,  in
riferimento  agli  artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, questione di
legittimita'  costituzionale  dell'art. 129  del  codice di procedura
penale,  nella  parte  in  cui non prevede la condanna dello Stato al
rimborso  delle spese difensive in caso di declaratoria di estinzione
del reato prima dell'esercizio dell'azione penale;
        che  il  remittente,  premesso che alla data di emissione del
decreto  di citazione a giudizio il reato contestato all'imputata era
gia'  prescritto,  non  risultando al fascicolo del dibattimento atti
idonei   ad   interrompere   la   prescrizione,  tale  non  potendosi
considerare  l'avviso di cui all'art. 415-bis cod. proc. pen., rileva
che  la  questione  della  rifusione delle spese processuali e' stata
correttamente  proposta  dal difensore dell'imputata, «atteso che nel
caso  di  specie non viene richiesto un giudizio di assoluzione - che
avrebbe    potuto   giustificare   un   vaglio   dibattimentale   per
l'accertamento  dei fatti - ma la mera declaratoria di estinzione del
reato  (perche'  prescritto  prima dell'esercizio dell'azione penale,
cioe'  dell'emissione  del  decreto di citazione a giudizio), sicche'
viene richiesto anche il rimborso delle spese inutilmente sostenute»,
attesa l'obbligatorieta' della difesa tecnica nel processo penale;
        che,  quanto alla rilevanza della questione, il giudice a quo
ne   afferma   la   sussistenza,  dovendo  procedere  alla  immediata
declaratoria  di  estinzione  del  reato, ai sensi dell'art. 129 cod.
proc. pen;
        che,  quanto  alla  non manifesta infondatezza, il remittente
rileva  che la disposizione censurata contrasterebbe con gli artt. 3,
24  e  111 Cost., in quanto non risulterebbe assicurata la condizione
di  parita'  tra  l'accusa  e la difesa, posto che il principio della
parita'  delle  parti,  introdotto  nel testo dell'art. 111 Cost. con
legge  costituzionale  23 novembre  1999,  n. 2, si riferisce ad ogni
tipo  di  giudizio  e  che  nel giudizio penale, a differenza che nel
giudizio  civile,  l'imputato  e'  in ogni caso gravato del pagamento
delle  spese  processuali,  sia  in  caso di condanna, sia in caso di
assoluzione,  sia  -  come  nella  specie  -  in  caso  di  immediata
declaratoria  di  non  punibilita'  senza  necessita' di procedere al
vaglio dibattimentale dei fatti contestati;
        che,  ad  avviso del giudice a quo, il fatto che all'imputato
vengano  addebitate le spese sostenute anche nel caso in cui l'azione
penale non avrebbe dovuto essere esercitata sarebbe quindi lesivo del
principio della parita' di condizioni tra le parti, giacche' lo Stato
non  e'  mai  gravato  delle  spese  sostenute  dall'imputato  e  per
quest'ultimo la partecipazione al processo e' certamente piu' gravosa
rispetto alla pubblica accusa;
        che  e'  intervenuto  nel presente giudizio il Presidente del
Consiglio   dei  ministri,  rappresentato  e  difeso  dall'Avvocatura
generale  dello  Stato,  chiedendo  che  la  questione sia dichiarata
inammissibile e comunque manifestamente infondata;
        che,   ad   avviso  della  difesa  erariale,  il  presupposto
argomentativo  dal quale muove il remittente sarebbe errato, giacche'
l'azione  penale  viene  esercitata  con  la  richiesta  di  rinvio a
giudizio e non gia' con il decreto che dispone il giudizio;
        che  in  ogni  caso, prosegue l'Avvocatura, il remittente non
avrebbe  valutato che l'azione penale, a differenza di ogni altra, e'
costituzionalmente  obbligatoria e, come tale, non puo' dare luogo al
rimborso  delle spese giudiziali, che presuppone invece un'iniziativa
autonoma e volontaria.
    Considerato che il dubbio di legittimita' costituzionale investe,
in  riferimento agli artt. 3, 24 e 111 della Costituzione, l'art. 129
del  codice  di  procedura  penale, nella parte in cui non prevede la
condanna  dello  Stato  al  rimborso delle spese difensive in caso di
declaratoria di estinzione del reato prima dell'esercizio dell'azione
penale;
        che,  con  ordinanza  n. 286  depositata in pari data, questa
Corte   ha   dichiarato  manifestamente  infondata  la  questione  di
legittimita'  costituzionale  degli  artt. 529  e  649, comma 2, cod.
proc.  pen.,  sollevata  in riferimento agli artt. 3, 24 e 111 Cost.,
nella  parte in cui non prevedono la condanna dello Stato al rimborso
delle  spese  in  favore  dell'imputato, quando si pronuncia nei suoi
confronti  sentenza  di  proscioglimento per il divieto di un secondo
giudizio;
        che,   pur   investendo   l'odierna   questione  una  diversa
disposizione,  la  sostanza  e' la medesima, giacche' si pretende che
nell'ipotesi  di  pronuncia  favorevole all'imputato - in questo caso
proscioglimento  immediato  per  intervenuta  prescrizione - lo Stato
debba essere condannato a rifondere le spese processuali;
        che  nella  citata  ordinanza  si  e'  chiarito  che  nessuna
comparazione  puo' essere effettuata tra processo penale e altri tipi
di  processo,  che il diritto di difesa e' assicurato ai non abbienti
dagli  istituti  che  hanno dato attuazione all'art. 24, terzo comma,
Cost.,  e  che la condanna dello Stato alla rifusione delle spese non
e'     soluzione     costituzionalmente    imposta,    poiche'    non
irragionevolmente  il  legislatore  ha inquadrato i casi di esercizio
doloso o gravemente colposo dell'attivita' giudiziaria fra le ipotesi
di  responsabilita' civile dei magistrati che gli imputati, assolti o
prosciolti,  ricorrendone  i presupposti, hanno diritto di far valere
in giudizio;
        che   pertanto   anche  la  presente  questione  deve  essere
dichiarata  manifestamente infondata in relazione a tutti i parametri
evocati.
    Visti  gli articoli 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.