ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel    giudizio    di   legittimita'   costituzionale   dell'art. 33,
comma 2-bis,  del  decreto  legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo
unico  delle disposizioni concernenti la disciplina dell'immigrazione
e norme sulla condizione dello straniero), promosso con ordinanza del
7  giugno 2002 dal Tribunale di Vercelli sul ricorso proposto da Mila
Iliada  contro il Comitato per i minori stranieri, iscritta al n. 544
del  registro  ordinanze  2002  e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale
della Repubblica n. 50, 1ª serie speciale, dell'anno 2002.
    Visto  l'atto  di  intervento  del  Presidente  del Consiglio dei
ministri;
    Udito  nella  camera  di  consiglio  del 2 luglio 2003 il giudice
relatore Romano Vaccarella.
    Ritenuto  che,  a  seguito  del  ricorso  ai  sensi dell'art. 30,
comma 6,  del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 (Testo unico
delle  disposizioni  concernenti  la  disciplina  dell'immigrazione e
norme  sulla  condizione  dello straniero), proposto da una minore di
nazionalita'  albanese,  rappresentata dal suo tutore (nominato nella
persona  dell'assessore pro tempore alle politiche sociali del comune
di  Vercelli),  contro il provvedimento in data 21 marzo 2002, con il
quale  il  Comitato  per  i  minori  stranieri  ha  disposto, a norma
dell'art. 33,  comma 2-bis,  del  medesimo d.lgs. n. 286 del 1998, il
rimpatrio assistito della ricorrente presso i suoi genitori residenti
in  Albania, il giudice monocratico dell'adito Tribunale di Vercelli,
con   ordinanza   del   7  giugno 2002,  ha  sollevato  questione  di
legittimita'   costituzionale,   in   riferimento   all'art. 3  della
Costituzione,  del citato art. 33, comma 2-bis, del d.lgs. n. 286 del
1998,  nella parte in cui non prevede la competenza del tribunale per
i  minorenni in ordine ai ricorsi contro i provvedimenti del Comitato
per i minori stranieri ivi contemplati;
        che - osserva il giudice rimettente - l'art. 30, comma 6, del
d.lgs.  n. 286  del 1998 prevede il ricorso al tribunale ordinario in
composizione  monocratica  contro  i provvedimenti amministrativi «in
materia di diritto all'unita' familiare», ma fra questi provvedimenti
non  possono  comprendersi quelli di cui agli artt. 31 e seguenti del
medesimo  d.lgs.  n. 286  del  1998, in particolare quelli emessi dal
Comitato  per  i  minori  stranieri  ex art. 33, comma 2-bis, i quali
riguardano la diversa materia della «tutela dei minori»;
        che   l'estraneita'   dei   provvedimenti  teste'  menzionati
all'ambito applicativo del rimedio giurisdizionale innanzi richiamato
troverebbe  conferma  sia in argomenti letterali (l'art. 30, comma 6,
del  d.lgs.  n. 286  del  1998  parla  solo  di  «diritto  all'unita'
familiare»,  mentre  il  titolo  IV  del medesimo decreto, titolo nel
quale   tale   articolo  e'  collocato,  e'  intestato  alla  «tutela
dell'unita'  familiare» e alla «tutela dei minori»); sia in argomenti
«topografici»  (la  disposizione  che  prevede  il  rimedio de quo e'
ubicata non gia' alla fine del titolo, ma a chiusura delle sole norme
disciplinanti   l'unita'   familiare);   sia   in   argomenti  logici
(diversamente  opinando,  il  ricorso  previsto  a tutela del diritto
all'unita'  familiare  potrebbe  essere proposto contro provvedimenti
diretti a provocare il ricongiungimento del minore alla sua famiglia,
e,  cosi',  potrebbe  essere, assurdamente, utilizzato per perseguire
una finalita' antitetica a quella che ne costituisce la ratio);
        che,  poiche'  l'art. 33,  comma 2-bis, del d.lgs. n. 286 del
1998,  nel  prevedere  il  provvedimento  di  rimpatrio assistito del
minore  straniero  non  accompagnato,  non  somministra uno specifico
strumento   di  tutela  giurisdizionale  contro  tale  provvedimento,
questo,  in  quanto proveniente da un'autorita' amministrativa (quale
senza dubbio e' il Comitato per i minori stranieri), sarebbe soggetto
alla giurisdizione di legittimita' del giudice amministrativo, con la
conseguenza  che  il  giudice a quo dovrebbe dichiarare il difetto di
giurisdizione del giudice ordinario, ai sensi dell'art. 37 del codice
di procedura civile;
        che,  quanto  alla  rilevanza della questione di legittimita'
costituzionale,  il  giudice  rimettente  osserva che, ove essa fosse
accolta,   egli   dovrebbe   dichiarare   non   gia'  il  difetto  di
giurisdizione,  ma  la  propria  incompetenza per materia ex art. 38,
primo  comma, cod. proc. civ., e indicare quale giudice competente il
tribunale  per i minorenni, davanti al quale il procedimento potrebbe
essere riassunto a norma dell'art. 50, primo comma, cod. proc. civ;
        che,  quanto alla non manifesta infondatezza della questione,
il  giudice  a  quo  osserva  che,  alla  stregua  del  principio  di
razionalita'  e  di  intrinseca  coerenza  dell'ordinamento ex art. 3
Cost.,  dovrebbe  essere  affermata la competenza del tribunale per i
minorenni  in subiecta materia, giacche' i provvedimenti del Comitato
per  i  minori  stranieri  devono  essere finalizzati alla tutela dei
diritti di tali minori (come si evince dallo stesso art. 33, comma 2,
del   d.lgs.   n. 286   del   1998)  e,  quindi,  pure  il  sindacato
giurisdizionale  di detti provvedimenti deve essere svolto tenendo in
prioritaria   considerazione   l'interesse   del   minore  straniero,
interesse  che  ha  giustificato  la  competenza  del tribunale per i
minorenni in ordine agli altri provvedimenti - riguardanti i medesimi
soggetti  - previsti dallo stesso decreto legislativo (autorizzazione
all'ingresso  o  alla  permanenza del familiare del minore straniero:
art. 31, comma 3; espulsione del minore straniero: art. 31, comma 4);
        che,  in  particolare,  poiche'  tanto l'espulsione quanto il
rimpatrio   del   minore   straniero  si  risolvono  entrambi  in  un
«allontanamento  coatto» del minore dal territorio nazionale, sarebbe
manifestamente irragionevole prevedere l'intervento del tribunale per
i  minorenni  solo  per  il  primo  provvedimento  e non anche per il
secondo;
        che  e' intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri,
rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, il quale
ha   dedotto   l'irrilevanza  e  l'infondatezza  della  questione  di
legittimita' costituzionale;
        che,  con successiva memoria, il Presidente del Consiglio dei
ministri  ha  ribadito l'eccezione d'inammissibilita' della questione
per la carenza di giurisdizione del giudice rimettente, da lui stesso
riconosciuta,  e,  comunque,  l'infondatezza  della questione, avendo
questa   Corte   gia'   ritenuto  non  irragionevole  il  riparto  di
giurisdizione  operato dal t.u. n. 286 del 1998 tra giudice ordinario
e  giudice amministrativo (ordinanza n. 414 del 2001) e rientrando in
ogni  caso nella discrezionalita' del legislatore «il conferimento al
giudice ordinario o al giudice amministrativo ovvero al giudice per i
minori  del  potere  di  conoscere ed eventualmente annullare un atto
della   pubblica   amministrazione   o   di   incidere  sui  rapporti
sottostanti»  (sentenza  n. 275 del 2001); senza dire, ancora, che il
rimpatrio  previsto  dall'art. 33,  comma 2,  non  e' assimilabile al
provvedimento  di  cui  all'art. 31 di competenza del tribunale per i
minorenni.
    Considerato  che  il Tribunale di Vercelli dubita, in riferimento
all'art. 3  Cost.,  della  legittimita'  costituzionale dell'art. 33,
comma 2-bis,  del  d.lgs.  n. 286  del  1998,  nella parte in cui non
prevede,  in luogo della giurisdizione del giudice amministrativo, la
competenza  del  tribunale  per  i  minorenni a giudicare dei ricorsi
avverso  i  provvedimenti  di  rimpatrio  del  minore  straniero  non
accompagnati  (cosiddetto  «rimpatrio assistito») emessi dal Comitato
per  i  minori stranieri istituito presso la Presidenza del Consiglio
dei ministri ai sensi del medesimo art. 33, comma 1;
        che  la  questione  di  costituzionalita'  e'  manifestamente
inammissibile  in quanto la sua rilevanza nel giudizio a quo e' stata
oggetto di disamina del tutto inadeguata;
        che,  infatti, il giudice a quo esclude radicalmente di poter
emettere  nel  giudizio  davanti  a  lui pendente un provvedimento di
merito  in  ogni caso - e cioe', sia nell'ipotesi che la questione di
legittimita'  costituzionale  sia  ritenuta infondata da questa Corte
(nel  qual  caso  la  potestas  iudicandi spetterebbe, a suo dire, al
tribunale  amministrativo  regionale)  sia  nell'opposta  ipotesi  di
fondatezza (nel qual caso spetterebbe al tribunale per i minorenni) -
sicche'  la  pronuncia  di  questa  Corte  varrebbe  esclusivamente a
definire  il  tipo  (se declinatoria della giurisdizione ovvero della
competenza)  della pronuncia di rito che il giudice a quo ritiene, in
ogni caso, di dover emettere;
        che  -  anche a voler prescindere dal rilievo per cui solo il
giudice  (che  sarebbe)  competente  puo'  pronunciarsi sul (preteso)
difetto di giurisdizione e, conseguentemente, sulla costituzionalita'
di  tale (pretesa) attribuzione della giurisdizione - e' evidente che
la  pronuncia  richiesta  a  questa  Corte  esigerebbe  una  adeguata
motivazione   sul   presupposto   interpretativo   da  cui  muove  il
rimettente,  dal  momento  che questa Corte dovrebbe, nell'ipotesi di
accoglimento,  ad  un  tempo,  dichiarare costituzionalmente doverosa
l'attribuzione   della   giurisdizione   al   giudice   ordinario  e,
nell'ambito di questa, della competenza al tribunale per i minorenni,
ovvero,  in  caso  di  rigetto, «confermare», quasi «regolandola», la
giurisdizione del Tribunale amministrativo regionale;
        che   tale   adeguata   motivazione  non  e'  dato  rinvenire
nell'ordinanza   di  rimessione,  attesa  tanto  l'inconsistenza  del
cosiddetto  argomento  «topografico» quanto l'evidente tautologia che
si annida negli argomenti letterale e logico;
        che,   superfluo   ogni   indugio  sul  primo  argomento,  e'
sufficiente,  quanto agli altri due, considerare che la denominazione
del  titolo  IV  del  d.lgs.  n. 286  del  1998  («diritto all'unita'
familiare  e tutela dei minori») non allude certamente a due distinte
-  e, nella prospettazione del rimettente, non comunicanti - materie,
come  testualmente  (a  tacer d'altro) chiarisce l'art. 28 (rubricato
«diritto  all'unita'  familiare»),  quando, al comma 3, prescrive che
«in tutti i procedimenti amministrativi e giurisdizionali finalizzati
a  dare  attuazione  al  diritto all'unita' familiare e riguardanti i
minori,   deve  essere  preso  in  considerazione  con  carattere  di
priorita' il superiore interesse del fanciullo»;
        che, costituendo il «diritto all'unita' familiare e la tutela
dei  minori»  una  endiadi,  e' ben concepibile un ricorso avverso un
provvedimento  che  miri,  ma  ledendo  «il  superiore interesse» del
minore,  a  ricongiungerlo alla famiglia, senza che possa parlarsi di
«finalita' antitetica rispetto a quella che rappresenta la ratio» del
rimedio stesso;
        che,  peraltro,  l'unitarieta' della materia disciplinata dal
titolo  IV  del  d.lgs.  n. 286  del  1998  -  il  diritto all'unita'
familiare  nel  rispetto  del  superiore  interesse  del  minore - e'
presupposta   dal   d.P.C.m.  9 dicembre  1999,  n. 535  (Regolamento
concernente  i  compiti  del Comitato per i minori stranieri), la cui
disciplina  rispecchia  l'intreccio tra unita' familiare e tutela del
minore   (art. 1,   comma 4;  art. 2,  commi 1  e  2),  ed  e'  stata
espressamente riconosciuta da questa Corte, che ha ritenuto legittima
la  scelta  legislativa  di  «affidare  la tutela relativa al diritto
all'unita'  familiare  (comprensiva  della protezione dei minori)» al
giudice ordinario (ordinanza n. 140 del 2001);
        che,  ancora,  trattandosi  certamente di diritti soggettivi,
una  deroga  al  normale riparto di giurisdizione avrebbe richiesto -
come, peraltro, ritenuto dalla dominante giurisprudenza dei Tribunale
amministrativo  regionale,  declinatoria  della  giurisdizione  - una
espressa  (o,  quanto  meno,  non  equivoca)  previsione legislativa,
certamente   non   desumibile  dalla  collocazione  della  norma  che
attribuisce  al  tribunale  i ricorsi «contro gli altri provvedimenti
dell'autorita'   amministrativa  in  materia  di  diritto  all'unita'
familiare»;
        che,  infine,  non  e'  ravvisabile  alcuna  omogeneita'  tra
l'ipotesi  di  cosiddetto  «rimpatrio assistito» di cui all'art. 33 e
quella  di  espulsione del minore di cui all'art. 31, comma 4, e cio'
non  soltanto  per  la  diversita'  dei presupposti, ma anche perche'
nella  seconda  ipotesi  il  tribunale per i minorenni e' chiamato ad
emettere  quel medesimo «provvedimento di espulsione» del minore che,
nel  caso  del  maggiorenne,  e' di competenza del prefetto (art. 13,
comma 2)  e  contro  il  quale e' dato ricorso al tribunale ordinario
(art. 13, comma 8);
        che,  conclusivamente, e' del tutto inadeguata la motivazione
dell'ordinanza di rimessione, volta ad escludere la giurisdizione del
giudice   ordinario   per   poi   postulare  come  costituzionalmente
necessitata - in contrasto con la giurisprudenza di questa Corte, che
riconosce   in   proposito   ampia  discrezionalita'  al  legislatore
(sentenze  n. 135  del  1980,  n. 429  del  1991,  n. 451 del 1997 e,
implicitamente,  la citata ordinanza n. 140 del 2001) - la competenza
del tribunale per i minorenni in luogo di quella del tribunale che ha
sollevato la questione di costituzionalita'.
    Visti  gli  artt. 26,  secondo  comma, della legge 11 marzo 1953,
n. 87,  e  9,  secondo  comma,  delle norme integrative per i giudizi
davanti alla Corte costituzionale.