IL TRIBUNALE

    Sulla  richiesta  del  p.m.  di  convalida dell'arresto di Maouia
Khouja   per  la  contravvenzione  prevista  e  punita  dall'art. 14,
comma 5-ter,   d.lgs.   n. 286/98   come   modificato   dalla   legge
n. 189/2002;
    Premesso   che   l'arrestato   e'   stato  espulso  con  regolare
provvedimento  del  prefetto  di  Frosinone  del  26 marzo  2003, che
successivamente  il  26  marzo  2003  il questore di Frosinone gli ha
ordinato  di  allontanarsi  dal  territorio  dello Stato entro cinque
giorni  ai  sensi  dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 come
modificato  dalla  legge  n. 189/2002,  e che egli non ha ottemperato
all'ordine,  venendo  arrestato  a  Bologna in data 30 maggio 2001 ai
sensi dell'art. 14, 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998;
    Rilevato   che   l'ordine   di   espulsione  del  prefetto  e  di
allontanamento   del   questore   risultano  regolarmente  notificati
all'arrestato anche in traduzione;
    Dato   atto   che   l'arrestato   e'   privo   di   documenti  di
identificazione   validi   ed   e'   stato   sottoposto   a   rilievi
dattiloscopici  per  la  sua  identificazione, in base ai quali si e'
accertato  che  lo  stesso - con le generalita' con le quali e' stato
arrestato o eventualmente con diverse generalita' - non ha precedenti
penali   definitivi   a  carico  ne'  pendenze  giudiziarie:  l'unica
segnalazione  di  polizia  a  suo  carico  - del tutto sommaria nelle
indicazioni  riportate nello stralcio CED - non risulta infatti avere
portato  all'iscrizione di un procedimento penale a suo carico (manca
il   certificato   dei   carichi  pendenti  dell'ufficio  giudiziario
territorialmente  competente,  sempre allegato dalla procura nel caso
di  iscrizioni  pregiudizievoli),  il  che non consente quindi un suo
apprezzamento come indice concreto di pericolosita' dell'arrestato;
    Osservato  che  sussistono  dubbi  a  legittimita' costituzionale
dell'arresto     obbligatorio     come     previsto     dall'art. 14,
comma 5-quinquies,  d.lgs.  n. 286/1998 - come modificato dalla legge
n. 189/2002  -  e  che  la  questione  di legittimita' di tale norma,
sollevata  dalla  difesa,  appare non manifestamente infondata per le
ragioni   che   seguono,  con  essenziale  riferimento  ai  parametri
costituzionali di cui agli articoli 13 e 3 Cost.;
    Quanto   al  parametro  dell'art. 13,  terzo  comma,  Cost.,  che
consente  provvedimenti  limitativi della liberta' personale da parte
della  P.S.  solo  «in  casi  eccezionali  di  necessita'  ed urgenza
indicati  tassativamente  dalla  legge»,  la  previsione dell'arresto
obbligatorio   contenuta   nell'art. 14,  comma  5-quinquies,  appare
contrastarvi per le seguenti ragioni:
    La  tutela  costituzionale  della liberta' personale e' assoluta:
essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e' consentita
la  limitazione  solo  con provvedimento dell'autorita' giudiziaria e
nei  casi previsti dalla legge al secondo comma, al terzo comma ne e'
consentita  una  eccezionale limitazione temporanea ad opera della PS
solo  se successivamente convalidata dall'autorita' giudiziaria e nei
casi  «eccezionali di necessita' ed urgenza» previsti dalla legge. Al
terzo  comma  -  diversamente  dal  secondo  - e' prevista quindi una
riserva  di  legge  qualificata  poiche' al legislatore ordinario non
spetta di determinare liberamente i casi in cui la liberta' personale
puo'  venire provvisoriamente limitata dalla p.s., ma puo' farlo solo
nei casi eccezionali di necessita' ed urgenza.
    La  giurisprudenza  costituzionale  ha  chiarito  le  nozioni  di
eccezionalita',  necessita'  ed  urgenza  che  giustificano l'arresto
obbligatorio.  Proprio  perche' l'art. 14, comma 5-quinquies, prevede
l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la flagranza
della  contravvenzione  dell'art. 14,  comma 5-ter,  le condizioni di
eccezionale  necessita'  ed urgenza della misura precautelare debbono
essere  valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata
la  previsione  dell'arresto  obbligatorio e non ne e' consentita una
modulazione in relazione al caso concreto.
    La  condotta  contravvenzionale  a  cui  e'  collegato  l'arresto
obbligatorio  e'  quella  dello straniero gia' espulso dal territorio
nazionale  in  quanto  clandestino  ed  inottemperante  al successivo
ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di
mera  condotta,  di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita',
dato  prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine
di  allontanamento.  La struttura del reato non prevede quindi ne' la
lesione  o  la  messa  in  pericolo  di  un  bene  costituzionalmente
protetto,  ne'  una  condizione soggettiva di pericolosita' specifica
dell'autore,  che  non e' gia' imputato o condannato per altri reati,
non  e'  socialmente pericoloso (vedi Corte costituzionale n. 64/1977
in  cui  la  legittimita'  dell'arresto era collegata al preesistente
accertamento  giudiziale  delle condizioni di pericolosita' sociale),
ne'  versa  in  una  condizione di pericolosita' specifica per le sue
condizioni personali (vedi Corte costituzionale n. 126/1972 in cui la
legittimita'  dell'arresto era collegata all'ubriachezza in atto): va
infatti considerato che la clandestinita' sul territorio dello stato,
cioe'  la  permanenza dello straniero in Italia senza i documenti che
la  legittimano formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione
ma  che  non  integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata
alla  formale assenza di documenti, non puo' essere indice di per se'
di    una    specifica   pericolosita'   del   soggetto   (si   pensi
all'innumerevole  numero  di  «badanti»  che  per periodi lunghissimi
lavorano  irregolarmente  nelle  famiglie  italiane  in condizioni di
clandestinita',   per   i   quali   e'  evidente  l'assenza  di  ogni
pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica
del  reato,  ne'  la  condotta  punita  ne' le condizioni dell'agente
appaiono  quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed
urgenza   che   giustificano  il  potere  limitativo  della  liberta'
personale  da  parte della p.s. ai sensi del terzo comma dell'art. 13
Cost.
    L'arresto  e'  in  questo caso obbligatoriamente previsto per una
contravvenzione  punita  con  l'arresto  da  sei  mesi ad un anno. Il
sistema  processuale  vigente  non  consente l'applicazione di misure
cautelari  personali per contravvenzioni (articoli 280 e 287 c.p.p.),
il  che rende evidente come in questo caso l'arresto non sia in alcun
modo  collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare.
Esso  si  affianca  ad  altri  eccezionali  casi in cui e' consentito
l'arresto  a  prescindere  dalla  successiva  applicazione  di misura
cautelare,   ma  si  discosta  da  tali  ipotesi  per  aspetti  molto
rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in
flagranza  previsto  per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s. (la cui
pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di
misure  cautelari)  e  per  le contravvenzioni p.p. dai commi primo e
secondo e art. 4, legge n. 110/1975 o dai commi quarto e quinto dello
stesso  articolo,  in  questo  caso  se  aggravate dalla finalita' di
discriminazione  o  odio  etnico,  razziale, ecc. Nella prima ipotesi
l'arresto  e'  consentito  per  consentire  «la  possibilita'  di  un
intervento  immediato di chi si sia dato alla fuga, abbia abbandonato
le  vittime  di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo
in   pericolo   la   sicurezza   individuale   e  collettiva»  (Corte
costituzionale n. 305/1996).
    Nel secondo caso l'arresto consente che le forze di p.s. limitino
la  liberta' personale di soggetti in possesso di armi o oggetti atti
ad  offendere nel corso di riunioni pubbliche (comma quarto e quinto)
o  con  armi  od  oggetti  atti  ad  offendere  fuori  dalla  propria
abitazione  il  cui possesso sia destinato specificamente a finalita'
di  discriminazione o odio razziale (commi primo e secondo, aggravati
dall'art. 3,   comma   primo,  decreto-legge  n. 122/1993),  condotte
entrambe  evidentemente riconducibili ad un pericolo per la sicurezza
individuale   e   collettiva  evitabile  soltanto  con  la  materiale
apprensione  del  soggetto  armato ed il suo allontanamento dal luogo
pericoloso.   In   entrambi   i  casi,  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo  e non come obbligatorio (art. 189, comma sesto, c.s.d. e
art. 6,  comma  secondo,  legge  n. 654/1975). In entrambe le ipotesi
citate   di   arresto  consentito  a  prescindere  dalla  conseguente
applicabilita'  di  misura  cautelare  si  tratta  di condotte attive
(lesioni  personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni
o  con  finalita'  non  consentite),  che  concretamente  pongono  in
pericolo  la  sicurezza  individuale  e  collettiva e necessariamente
dolose,  mentre  l'arresto  previsto  dall'art. 14, comma 5-quinquies
riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto
pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la
negligente  non  ottemperanza  all'ordine.  Mentre  nelle  prime  due
ipotesi   l'arresto  e'  quindi  previsto  per  casi  in  cui  appare
necessario  ed  urgente  bloccare  l'autore di condotte pericolose da
parte  della  PS  che  lo  sorprenda  in  flagranza,  nel caso di cui
all'art. 14,   comma 5-quinquies  non  emerge  alcuna  necessita'  ed
urgenza  di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa
e  priva  di  concreta  pericolosita'.  Sul  punto va aggiunto che il
Giudice  delle  leggi  nella  sentenza  n. 305/1996  ha confermato la
legittimita'  dell'arresto  previsto dall'art. 189 c.d.s. ancorandola
alla  sua facoltativita', in quanto tale arresto «richiede pur sempre
la  sussistenza,  nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali
l'art. 381,  comma 4,  subordina  in  via generale l'adozione di tale
misura».  Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto
prescinde  da  ogni  valutazione  sulla  concreta pericolosita' della
condotta  e nella sua generale ed astratta necessita' di applicazione
si  pone in contrasto con i requisiti della eccezionale necessita' ed
urgenza della misura imposti dall'art. 13, terzo comma, Cost.
    L'arresto  obbligatorio  non  potrebbe  neppure  trovare  ragione
nell'eccezionale  necessita'  ed  urgenza  di poter procedere al rito
direttissimo  imposto  dallo  stesso  art. 14,  comma 5-quinquies per
l'accertamento  della  contravvenzione  dell'art. 14, comma 5-ter. Il
rito  direttissimo  nel  nostro  ordinamento non e' infatti vincolato
alla  necessaria  presenza  dell'imputato  in  udienza,  come  appare
dall'art. 449  che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non
arrestato  ne'  detenuto  - abbia reso confessione, nei casi previsti
dall'art. 450,  c.p.p.,  comma  secondo, che espressamente dispone le
regole   processuali   per   l'ipotesi   di   citazione   a  giudizio
dell'imputato  a  piede  libero,  oltre  che  nei casi previsti dallo
stesso  d.lgs.  n. 286/1998  come modificato dalla legge n. 189/2002,
che  all'art. 13, comma 13-ter prevede ipotesi di arresto facoltativo
disponendo che in ogni caso - e quindi anche quando la facoltativita'
dell'arresto  non  sia  stata  esercitata  e  quindi l'imputato resti
libero - contro l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo.
    Non puo' infine ritenersi che l'eccezionale necessita' ed urgenza
dell'arresto  sia  collegata alla necessita' di eseguire l'espulsione
dell'arrestato,   che   di   per   se'   puo'   essere  eseguita  con
accompagnamento  alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto
autonomo  ed  indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma
quinto d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002.
    L'arresto    obbligatorio    qui    previsto    potrebbe   essere
costituzionalmente  rientrante  nella  previsione dell'art. 13, terzo
comma,  Cost.  solo  se  si  ritenesse  eccezionalmente necessario ed
urgente  limitare  la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui
egli abbia violato l'ordine di allontanamento del questore successivo
alla  sua espulsione dal territorio nazionale. Tale limitazione della
liberta' puo' perdurare comunque soltanto poche ore (e cioe' soltanto
fino  a  che il p.m. non ritenga di avvalersi dei poteri conferitigli
dall'art. 121  disp.att.  c.p.p.  o  al  massimo  fino all'udienza di
convalida,  alla quale comunque il p.m. non puo' chiedere l'emissione
di  misure cautelari) e non e' necessaria ne' per l'instaurazione del
giudizio  direttissimo,  ne' per la successiva applicazione di misure
cautelari,  ne'  perche'  in  tale  arco  di  tempo  possa  ottenersi
l'identificazione   dell'arrestato,  ne'  perche'  con  l'arresto  si
interrompe  una  situazione  di  pericolo, ne' perche' sia funzionale
all'espulsione,  che  invece  e'  presupposto  dell'arresto  stesso e
comunque   puo'   essere   autonomamente   disposta:  non  e'  quindi
apprezzabile  alcun  profilo di eccezionale necessita' ed urgenza che
renda l'arresto obbligatorio qui in esame rientrante nella previsione
dell'art. 13,  terzo comma Costituzione e quindi non in contrasto con
la inviolabilita' della liberta' personale sancita dall'art. 13 Cost.
    Quanto  al parametro dell'art. 3 Cost., che impone al legislatore
il  rispetto  del  limite della ragionevolezza come qualificato nelle
sentenze  Corte  costituzionale n. 26/1979; n. 103/1982; n. 409/1989;
n. 341/1994  (vedi  anche Corte costituzionale n. 53/1958 secondo cui
«non  si  controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se
si  dichiara  che  il principio dell'uguaglianza e' violato quando il
legislatore  assoggetta  ad  una indiscriminata disciplina situazioni
che   esso  stesso  considera  e  dichiara  diverse),  la  previsione
dell'arresto  obbligatorio  contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies
appare contrastarvi per le seguenti ragioni:
        l'art. 13,  comma  tredicesimo  del  d.lgs.  n. 286/1998 come
modificato  dalla  legge n. 189/2002 prevede la contravvenzione dello
straniero  che,  espulso e materialmente accompagnato alla frontiera,
rientri  nel  territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi
ad  1  anno  (si tratta della prima disobbedienza ad un ordine, ma la
condotta  di  rientro  e'  attiva  e  manifesta  una  intenzionalita'
particolarmente  forte  dello  straniero poiche' segue alla materiale
attivita'  della pubblica amministrazione che lo ha accompagnato alla
frontiera  coattivamente,  con  rilevante  impegno di risorse umane e
materiali). Tale contravvenzione e' punita con l'arresto nella stessa
misura   rispetto   alla   contravvenzione   prevista   dall'art. 14,
comma 5-ter  (disobbedienza  reiterata di due ordini, ma con condotta
meramente  omissiva  e  anche  colposa),  il che e' indice inequivoco
della  valutazione  del  legislatore  di pari gravita' delle condotte
considerate.  Mentre  nel  primo  caso  l'arresto  e'  previsto  come
facoltativo (art. 13, comma 13-ter), nel secondo caso esso e previsto
come obbligatorio (art. 14, comma 5-quinquies);
        l'art. 13,   comma 13-bis   del   d.lgs.   n. 286/1998   come
modificato dalla legge n. 189/2002 prevede il delitto dello straniero
che  rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale,
punendolo  con la reclusione da 1 a 4 anni. In questo caso di delitto
con   pena  edittale  fino  a  4  anni  e'  previsto  l'arresto  come
facoltativo  dall'art. 13,  comma 13-ter,  mentre nel caso piu' lieve
della  contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter punita con l'arresto
fino  a  1  anno  l'arresto  e' previsto come obbligatorio dal citato
art. 14, comma 5-quinquies.
    Dall'esame  delle  disposizioni  sopra  citate  emerge quindi che
anche all'interno del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge
n. 189/2002,  la  previsione  dell'arresto obbligatorio contenuta nel
comma 5-quinquies   dell'art. 14   e  irragionevole,  sia  poiche'  a
situazioni   di   analoga  gravita'  (art. 13,  comma 13)  conseguono
modalita'  d'arresto  facoltative  e  quindi  piu'  lievi,  senza che
emergano   apprezzabili   ragioni  che  giustifichino  il  differente
trattamento   della   liberta'  personale  dell'arrestato  nelle  due
ipotesi,  sia  perche'  a  situazioni  di maggiore gravita' (art. 13,
comma 13-bis) conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative
e  quindi  piu'  lievi,  senza  che  vi  siano ragioni specifiche che
giustifichino  il  piu'  lieve  trattamento di reati piu' gravi nella
fase della previsione delle misure precautelari;
        che   la  questione  e'  rilevante  per  la  pronuncia  sulla
convalida    dell'arresto   poiche'   l'eventuale   declaratoria   di
illegittimita'  costituzionale  dello  stesso  farebbe  venir meno il
fondamento  normativo  della richiesta di convalida proposta dai p.m.
Infatti  nella  fattispecie  Maouia Khouja e' stato tratto in arresto
perche'  tale  misura  e'  prevista  come  obbligatoria dall'art. 14,
comma 5-quinquies,  d.lgs. n. 286/1998, mentre egli non sarebbe stato
passibile  di  arresto  se  tale  misura  fosse  stata  prevista come
facoltativa  in quanto non sussistono nella fattispecie le condizioni
richieste  dall'art. 381,  comma 4 della gravita' del fatto (il reato
contestato  e' una contravvenzione punita da sei mesi a un anno), ne'
della  pericolosita'  del  soggetto  desunta  dalla  sua personalita'
(l'arrestato  e' privo di pregiudizi penali ed e' qui accusato di una
contravvenzione;  il  fatto  che  egli sia clandestino sul territorio
nazionale  non e' previsto come reato dal nostro ordinamento) o dalle
circostanze  del  fatto (la condotta contestata e' meramente passiva,
di disobbedienza ad un ordine dell'autorita).
    Osservato  che la rilevanza della questione permane nonostante la
necessaria  liberazione dell'arrestato imposta dall'art. 391, settimo
comma  c.p.p.  e  «(...) trova ragione nell'interesse generale ad una
pronuncia   sulla   legittimita'  dell'arresto,  che  ha  pur  sempre
determinato   una  privazione  della  liberta'.  La  rilevanza  della
questione,   dunque,   permane,   trattandosi   di  stabilire  se  la
liberazione    dell'arrestato    debba    considerarsi    conseguente
all'applicazione    dell'art. 391,    settimo   comma   ovvero   piu'
radicalmente   alla   caducazione   con   effetto  retroattivo  della
disposizione  in  base alla quale gli arresti furono eseguiti» (Corte
cost. n. 54/1993);
    Ritenuto  quindi  conclusivamente  la  questione  di legittimita'
costituzionale  dell'art. 14,  comma 5-quinquies,  d.lgs. n. 286/1998
come  modificato  dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede
come  obbligatorio  l'arresto  per  il  reato  previsto dall'art. 14,
comma 5-ter,  appare  non  manifestamente  infondata  e rilevante nel
giudizio  di  convalida in corso, per cui va sollevata per le ragioni
sopra esposte.