Nel  procedimento  penale  n. 1546/1999  RGIP  iscritto  a carico
dell'on.  Maiolo Tiziana, indagata per il reato p. e p. dall'art. 368
c.p.  assistita  dai difensori avv. G. Pecorella del Foro di Milano e
G.  Benedetto  del  Foro  di  Roma,  in  cui parte offesa e' il dott.
Almerghi Mario;
    Letti gli atti del procedimento penale ed i documenti allegati;
    Ritenuto  che  la Camera dei deputati con delibera adottata il 26
settembre   2000  ha  approvato  la  proposta  della  giunta  per  le
autorizzazioni  a  procedere ed ha dichiarato che i fatti per i quali
pende   procedimento   penale  a  carico  della  on.  Tiziana  Maiolo
concernono opinioni espresse da quest'ultima nell'esercizio delle sue
funzioni ai sensi dell'art. 68, primo comma Cost.;
        con  esposto  presentato in data 5 novembre 1998 alla Procura
della Repubblica c/o il Tribunale di Perugia, Tiziana Maiolo chiedeva
di  accertare  se  i  fatti  oggetto di un'intervista riportata il 19
ottobre  1998  sul quotidiano Corriere della Sera e riferiti al dott.
Mario  Almerighi  nella sua qualita' di Presidente della Associazione
nazionale  magistrati  integrassero  l'ipotesi  di  reato  prevista e
punita dall'art. 414 c.p.
    Dichiarava l'esponente che «il giorno 19 ottobre 1998 Il Corriere
della  Sera pubblicava una intervista al dott. Mario Almerighi, nella
sua  qualita'  di  Presidente dell'Associazione nazionale magistrati,
nell'intervista,  rilasciata  nel  corso  della  formazione del nuovo
governo,  il  dott.  Almerighi formulava auspici, richieste e persino
velate  minacce nei confronti dell'on. Massimo D'Alema, all'epoca dei
fatti  Presidente  del Consiglio incaricato. Rispondendo alle domande
della giornalista, il dott. Almerighi pronunciava le seguenti parole:
Siamo  pronti a porgere alla politica un ramoscello d'ulivo, ma tutto
dipendera'  dalla  scelta  del  Ministro della giustizia da parte del
futuro  governo  ...  o  confermano Flick appoggiandolo politicamente
perche'  possa  varare  le  riforme  che  sono  in  cantiere,  oppure
dovrebbero metterci qualcuno che sia disponibile al dialogo ... ma se
invece  ci  mettono  qualche infiltrato del Polo nel Partito popolare
...  tutto  lo  staff  del  Ministero e' pronto a dimettersi. E cosi'
entriamo in un tunnel.».
    ...  Poiche'  nelle  parole  pronunciate  dal  dott. Almerighi e'
esplicito l'invito allo staff del Ministero della giustizia, composto
tutto   da   magistrati   -   e   quindi  presumibilmente  da  membri
dell'associazione  da lui diretta - a compiere atti volti ad usurpare
un  potere  politico  proprio  del  Presidente  del  Consiglio  e del
Presidente  della  Repubblica, ossia la proposta e, quindi, la nomina
del  Ministro  di  grazia  e  giustizia e poiche' tutto il tono delle
dichiarazioni rese e' volto ad indirizzare, condizionare, coartare ed
in  ultima  analisi  usurpare  le  prerogative  che  la  Costituzione
attribuisce  al  Presidente  del  Consiglio  ed  al  Presidente della
Repubblica la sottoscritta chiede alla anzidetta Procura di accertare
se  il  dott. Almerighi e' incorso nel reato di cui all'art. 414 c.p.
(istigazione  a  delinquere).  E' evidente nel caso in oggetto che la
«chiamata  alle  armi»  che il magistrato Almerighi ha compiuto nella
sua  qualita'  di presidente della piu' significativa Associazione di
magistrati  era  volta  ad  intraprendere iniziative, compiere gesti,
realizzare  una  o  piu'  azioni  tali da integrare il delitto di cui
all'art. 287  c.p.  (usurpazione  di  potere  politico  o  di comando
militare)  ...  ...  Il  gesto  delle  dimissioni  dei  magistrati in
servizio al Ministero di grazia e giustizia, le indicazioni di natura
politica  sulla  persona  del  Ministro  di  grazia  e  giustizia  da
nominare, le stesse indicazioni di politica giudiziaria e di politica
istituzionale  contenute  nell'intervista  al  dott.  Almerighi  sono
precise  istigazioni a commettere il delitto di cui all'art. 287 c.p.
Secondo  la  Costituzione  infatti  la  prerogativa  di  nominare  il
Ministro  di grazia e giustizia cosi' come tutti gli altri membri del
Governo,  spetta  al  Presidente  della  Repubblica  su  proposta del
Presidente  del Consiglio, la politica giudiziaria compete al governo
e  le  riforme  dell'ordinamento  giudiziario,  cosi' come ogni altra
legge   concernente   l'amministrazione  della  giustizia  spetta  al
Parlamento.  Nel  disegno  costituzionale l'ordine giudiziario non ha
alcuna  competenza  in  queste  materie  ed  e' soggetto alla legge.E
pertanto  qualunque intervento volto a condizionare e limitare poteri
e  prerogative  dei  piu'  alti organi costituzionali si caratterizza
come  un  tentativo  di  usurpazione  di  potere politico, cosi' come
indicato dall'art. 287 c.p. La scrivente allega all'esposto:
          intervista pubblicata sul Corriere della Sera il 19 ottobre
1998;
          note  dell'agenzia ANSA e AGI del 19 ottobre 1998 in cui si
da'   conferma   dell'intervista   pubblicata   e   so   rende   noto
dell'esistenza  della registrazione fonografica dell'intervista, cio'
in contrasto con la labiale smentita resa dal medesimo Almerighi.
    La  scrivente  chiede  anche  di acquisire come fonte di prova la
registrazione  fonografica  dell'intervista  in possesso del Corriere
della Sera o della giornalista Maria Antonietta Calabro»;
        che  per  tali  fatti  il dott. Almerighi, il 19 ottobre 1998
smentiva i contenuti dell'intervista ritenendola manipolata, chiedeva
alla  direzione  del  quotidiano di poter ascoltare ed ottenere copia
della  registrazione  come  previsto  dall'art. 13  della legge sulla
privacy  ed  in conformita' al codice di deontologia per la categoria
giornalistica.  Allo  scadere  del  termine  previsto  dalla legge il
direttore  del  Corriere  della  Sera  comunicava l'impossibilita' di
aderire  a  tale  richiesta  precisando  che la registrazione non era
inserita  nell'archivio  del quotidiano e quindi non si trovava nella
sua   disponibilita'   ma  che  poteva  trovarsi  in  possesso  della
giornalista Maria Antonietta Calabro'.
    Quest'ultima  il  5 novembre 1998 contestando la affermazione del
magistrato  secondo  cui  la  registrazione  della  intervista che il
magistrato   le  aveva  concesso  potesse  essere  ritenuta  un  dato
personale  e  come  tale  accessibile  ai  sensi  dell'art. 13  legge
n. 675/1996,  comunicava  che  l'unica  cassetta  esistente  di  tale
registrazione non era piu' in suo possesso.
    Veniva  rinnovata  in  data 27 novembre 1998 formale richiesta di
immediato  accesso  alla  registrazione  dell'intero colloquio con la
dott.  Calabro'  fatta  alla  Direzione affari legali societari della
Rizzoli  Corriere  della  Sera  ed  alla stessa giornalista con esito
negativo.
    Il  dott. Almerighi presentava quindi il 28 gennaio 1999 denuncia
orale  dinanzi alla Procura della Repubblica del Tribunale di Perugia
ravvisando  nei fatti il reato di calunnia commesso dalla on. Tiziana
Maiolo ai suoi danni;
    Il  p.m.  formulava  richiesta di rinvio a giudizio nei confronti
della  on.  Maiolo  ed  il  g.u.p.  fissava  udienza  eliminare il 30
novembre 1999. Dopo alcuni rinvii disposti dapprima al 23 maggio 2000
ed  al  27  settembre 2000, successivamente all'udienza del 4 ottobre
2000  il difensore dell'indagata depositava la deliberazione adottata
dalla  Camera dei deputati nella seduta del 26 settembre 2000, con la
quale,   in   conformita'   alla   proposta   della   giunta  per  le
autorizzazioni   a   procedere   e'   stata   dichiarata,   ai  sensi
dell'art. 68,  primo  comma Cost. l'insindacabiita' dei fatti oggetto
del  presente  procedimento  penale  in  quanto  concernono  opinioni
espresse  da  un  membro  del  Parlamento  nell'esercizio  delle  sue
funzioni;
    Rilevato  che,  a  fronte  di  una  delibera di insindacabilita',
l'autorita'  giudiziaria  e'  tenuta  ad arrestare il procedimento in
corso,  salva  la  possibilita' di provocare, attraverso lo strumento
del  conflitto  di  attribuzione tra poteri dello Stato, il controllo
della  Corte  costituzionale sulla correttezza di tale delibera (cfr.
Corte  cost.  n. 375  del  1997,  n.129  del 1996) anche se alla luce
recenti  sentenze  (sentenze  n. 10  e 11 del 2000) tale controllo va
inteso   nel   senso   di   una  funzione  di  garanzia  da  un  lato
dell'autonomia   della   Camera   di   appartenenza  del  Parlamento,
dall'altro    della    sfera    di   attribuzione   della   autorita'
giurisdizionale  e,  quindi,  di verifica della correttezza sul piano
costituzionale di una pronuncia di insindacabilita';
        che per consolidata giurisprudenza costituzionale il predetto
controllo  e'  diretto  «ad accertare se vi sia stata una illegittima
interferenza  nelle  attribuzioni  dell'autorita'  giudiziaria»  e si
sostanzia  in  una  verifica  sulla eventuale sussistenza di vizi del
procedimento   ovvero   sull'omessa   o   erronea  valutazione  delle
condizioni  e  dei  presupposti  richiesti dall'art. 68, primo comma,
della Costituzione;
        che,  in  particolare,  il  presupposto di operativita' della
prerogativa  dell'insindacabilita'  va  individuato  nel  c.d.  nesso
funzionale  tra le opinioni espresse e l'esercizio delle attribuzioni
parlamentari  dovendosi  ricondurre  in tale ambito non solo gli atti
tipici  della  funzione, ma anche quelli presupposti e consequenziali
ambito  che  pero'  non puo' estendersi sino a ricomprendere l'intera
attivita' politica del parlamentare si' da trasformare la prerogativa
costituzionale  in  privilegio personale (cfr. Corte cost. n. 329 del
1999, n.289 del 1998, n.375 del 1997);
    Ritenuto  che  tale  nesso con le attivita' parlamentari consiste
non  gia'  in  una  semplice  forma di collegamento di argomento e di
contesto   fra   attivita'  parlamentari  e  dichiarazioni,  ma  piu'
precisamente  nell'identificabilita' della dichiarazione stessa quale
espressione  di  attivita'  parlamentare (cfr. sentenze n. 10 e n. 58
del   2000)   che  occorre,  quindi,  che  nell'opinione  manifestata
all'esterno  «sia  riscontrabile  una  corrispondenza  sostanziale di
contenuti  con  l'atto parlamentare, non essendo sufficiente una mera
comunanza di tematiche» (cfr. sent. n. 11 del 2000);
    Ritenuto   che   non   deve,   percio',   ritenersi   coperta  da
insindacabilita'  quella  opinione che non sia collegata da nesso con
l'esercizio  delle  funzioni parlamentari, ancorche' riguardi temi al
centro  di  un  dibattito politico e parlamentare (v. sent. n. 56 del
2000);
    Preso   atto   che  nella  specie  qui  in  esame  si  tratta  di
dichiarazioni rese dalla Maiolo alla autorita' giudiziaria al preciso
scopo  di  far  instaurare,  stante il principio dell'obbligatorieta'
dell'azione   penale,   un  procedimento  penale  nei  confronti  del
dott. Almerighi,  attraverso le forme di un esposto alla magistratura
specificamente   individuata   secondo   i   criteri   di  competenza
dell'art. 11 c.p.p.;
        che,  nel  caso  di  specie,  non  e'  dato  ravvisare  alcun
collegamento  tra  le espressioni contenute nell'esposto e contestate
come  calunniose all'on. Maiolo nel presente procedimento penale e la
sua  attivita'  parlamentare,  rivestendo le stesse espressione di un
piu'  generale  diritto  di  manifestazione  del  pensiero, garantita
dall'art. 21   Cost.,  nei  limiti  connaturali  al  diritto  stesso,
spettando  alla  a.g.  nell'esercizio  del  suo  potere istituzionale
accertarne la violazione;
           che   l'iniziativa   giudiziaria   di   cui   al  presente
procedimento,  infatti, non risulta, ad una verifica degli atti, aver
formato  oggetto  di  un atto interno del Parlamento che la onorevole
intendeva  esternare  (quali  una  mozione,  una  interrogazione, una
interpellanza)  condizione  che, in ogni caso, non avrebbe di per se'
legittimato una insindacabilita' delle opinioni espresse posto che le
dichiarazioni  potrebbero  essere  coperte  della  immunita'  solo in
quanto  risultassero  «sostanzialmente»  riproduttive  di un'opinione
espressa  in  sede  parlamentare  e,  quindi,  limitatamente  a  quel
contenuto storico;
    Rilevato, invece, che tali dichiarazioni risultano inserite in un
contesto  genericamente  politico  come  e'  dato  ritenere  non solo
tenendo   conto   della  prospettazione  difensiva  resa  in  udienza
nell'interesse  della  Maiolo  ma anche considerando il convincimento
che  emerge  dalla  relazione  della giunta e dalla motivazione della
delibera  adottata  dalla  Camera, «che la denuncia si inquadra in un
ambito di polemica politica»;
    Considerato  che,  sulla  scorta  del  piu' recente e restrittivo
orientamento   seguito   dalla   Corte  costituzionale,  la  semplice
comunanza  di  argomenti  tra  le  dichiarazioni  rese  e le opinioni
espresse  in  sede  parlamentare non basta ad estendere alla prima la
insindacabilita'  che  copre  le  seconde, ne' si puo' invocare a tal
fine  l'esistenza  di un contesto politico in cui la dichiarazione si
inserisca  giacche' siffatto tipo di collegamento non vale di per se'
a  conferire  il carattere di attivita' parlamentare a manifestazioni
di  pensiero  oggettivamente estranee ad essa (cfr. Corte cost. n. 56
del 2000);
          che  la  denuncia  penale  non rientra tra quelle attivita'
tipiche  collegate  da nesso funzionale con l'attivita' parlamentare,
altrimenti  si  verrebbe  a  creare  una ingiustificata disparita' di
trattamento  tra  cittadino parlamentare e cittadino non parlamentare
anche  per  quanto concerne le conseguenze connesse ad iniziative che
mettano in moto l'attivita' giudiziaria attraverso lo strumento della
denuncia penale;
        che  da  tutto cio' consegue che la valutazione operata dalla
Camera  dei  deputati  con la deliberazione in data 26 settembre 2000
circa  la  sussistenza,  nel  caso  di  specie,  dei  presupposti per
l'applicazione  dell'art. 68,  primo  comma  della  Costituzione,  si
presenta  palesemente  erronea  e  come  tale  lesiva  della sfera di
attribuzione   costituzionalmente   riservata   a   questo   giudice,
legittimato  a sollevare conflitto innanzi alla Corte costituzionale,
in quanto organo cui spetta di dichiarare definitivamente la volonta'
del  potere  giudiziario  cui  appartiene  nell'ambito delle funzioni
giurisdizionali  attribuitegli  in  relazione  al  giudizio penale in
oggetto;