IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza di rimissione alla Corte
costituzionale,  art.  23,  terzo  comma,  della legge 11 marzo 1953,
n. 87, nel procedimento iscritto al n. 6/2003 R.G. Vol. Giur., avente
ad  oggetto  il  procedimento disciplinare promosso dal p.m. a carico
del  notaio  Domenico Antonio Zotta da Potenza per le contravvenzioni
contestate  nel  verbale  di  ispezione  del  26  settembre  2002 con
riguardo al biennio 2000-2001.
    I  -  Nel  corso dell'ispezione eseguita il 26 settembre 2002 dal
conservatore  dell'archivio nazionale di Potenza e dal presidente del
consiglio  notarile  di  Potenza  sugli  atti,  sui  repertori  e sui
registri  del  notaio  Domenico  Antonio  Zotta  da  Potenza,  veniva
contestata,  tra  l'altro, la contravvenzione all'art. 18 della legge
28 febbraio 1985, n. 47, in relazione all'art. 28, primo comma, n. 1)
della legge 16 febbraio 1913, n. 89 con la conseguente applicabilita'
della sanzione comminata dall'art. 138, secondo comma, della legge 16
febbraio  1913, n. 89, per l'allegazione alla compravendita stipulata
a  suo  Ministero  in  data  11  settembre 2000, rep. n. 40089, di un
certificato  di  destinazione  urbanistica rilasciato dal sindaco del
comune  di Tito (Potenza) in data 11 maggio 1999 e, pertanto, cessato
di  validita'  alla  data  del  di' 11 maggio 2000. Sul la base delle
risultanze  del verbale ispettivo, il p.m. promuoveva il procedimento
disciplinare  innanzi  al  Tribunale  di  Potenza. All'udienza del 15
maggio  2003,  il  notaio  compariva  personalmente  al  cospetto del
collegio, adducendo che l'allegazione del certificato di destinazione
urbanistica  scaduto  di validita' era addebitabile ad un mero errore
dei  suoi  collaboratori,  dal momento che egli era gia' in possesso,
all'epoca   della   rogazione,   del   certificato   di  destinazione
urbanistica  rilasciato  dal  sindaco del comune di Tito (Potenza) in
data  5  maggio  2000  (del  guale si faceva esibizione al collegio).
Nessuno  compariva  per  il  p.m. Nella medesima sede, il collegio si
riservava per la decisione.
    II  -  Secondo  l'interpretazione  datane dalla giurisprudenza di
legittimita', il termine di un anno dalla data del rilascio, previsto
dall'art. 18, terzo comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47 per la
validita'  del certificato di destinazione urbanistica da allegare, a
pena  di  nullita', agli atti traslativi della proprieta' di terreni,
deve  considerarsi  a  carattere perentorio, di guisa che la relativa
scadenza  importa la radicale inettitudine del certificato a produrre
effetti e, in particolare, osta a che l'allegazione dello stesso agli
atti venga ad assumere la portata di requisito di validita' di questi
(ex  plurimis:  Cass.,  28 novembre 1994, n. 7893; Cass., 15 dicembre
1997, n. 12650), essendo da puntualizzare, in merito, soltanto che la
dichiarazione   dell'alienante   attestante   il  non  intervento  di
modificazioni  degli  strumenti  urbanistici rispetto alla situazione
documentata  dal  certificato  considerato si configura come elemento
volto  ad  integrare  ed  a  rafforzare  l'efficacia  probatoria  del
certificato  medesimo,  nella  persistenza  della  relativa validita'
temporale,  nel  quadro di un meccanismo rigorosamente formale inteso
alla  tutela  sia dell'interesse generale alla difesa dell'equilibrio
del  territorio  dai  danni  connessi alla speculazione edilizia, sia
alla  protezione  degli interessi dell'acquirente (in termini: Cass.,
23 ottobre 1992, n. 11568).
    Con  la ovvia conseguenza che l'allegazione ad un negozio recante
traslazione  di  terreni di un certificato privo di validita' ratione
temporis  non  puo'  non  importare  la  nullita' del negozio a mente
dell'art. 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47, esigendo tale norma
la  produzione  a  corredo dell'atto recante consacrazione di un tale
negozio  di  un  certificato  valido sotto ogni profilo (ex plurimis:
Cass., 15 dicembre 1997, n. 12650).
    A   fronte  delle  perplessita'  manifestate  con  riguardo  alla
violazione  del  principio  di  tassativita' delle cause di nullita',
dell'inesistenza  nella  legge  di  una  equiparazione quoad effectum
della  mancata  allegazione  all'atto  del  certificato  in argomento
all'allegazione  di  un certificato scaduto, dell'inconcepibilita' di
una  nullita'  del  negozio correlata all'irregolarita' formale di un
documento  ad  esso  accessorio, la giurisprudenza di legittimita' ha
puntualizzato che:
        a) la  nullita', degli atti traslativi dei terreni in ragione
della   mancata   allegazione   agli  stessi  di  un  certificato  di
destinazione   urbanistica  valido  rientra  nella  previsione  della
normativa  di  cui  all'art. 18,  secondo  comma e terzo comma, della
legge   22   febbraio   1985,   n. 47   (a   tutto  voler  concedere,
estensivamente interpretata);
        b) la  nullita' di cui trattasi e' una nullita' cli carattere
formale,  ed  e', percio', perfino ovvio che essa possa discendere da
un  difetto,  asserito,  di  forma  di uno dei documenti attinenti al
perfezionamento  della fattispecie negoziale (in tal senso: Cass., 15
dicembre 1997, n. 12650).
    III - Posta in siffatti termini l'attuale configurazione del c.d.
«diritto vivente», l'atto pubblico o la scrittura privata autenticata
aventi  per  oggetto  il  trasferimento  della  proprieta' di terreni
verrebbero ad essere affetti da nullita' in caso di allegazione di un
certificato  di  destinazione urbanistica rilasciato oltre il termine
previsto  per  la  vendita  dall'art  18, terzo comma, della legge 23
febbraio  1935,  n. 47  (vale  a  dire,  oltre  un  anno  prima della
stipulazione).
    Peraltro,  ai  sensi  dell'art. 21,  primo  comma, della legge 28
febbraio   1985,   n. 47,   la   rogazione  di  un  atto  pubbilco  o
l'autenticazione  di  una  scrittura privata a cui sia allegato un un
certificato  cessato  di validita' per il decorso del termine annuale
costituisce  violazione  dell'art. 28,  primo  comma, n. 1), legge 16
febbraio  1913,  n. 89  (divieto  di ricervere atti nulli, secondo la
piu'  recente interpretazione della locuzione «atti ... espressamente
proibiti  dalla  legge»  -  ex  plurimis:  Cass.,  11  novembre 1997,
n. 11128;  Cass.,  19  febbraio  1998,  n. 1766;  Cass. 9 marzo 1998,
n. 2591;  Cass.,  4  maggio  1998,  n. 4441;  Cass., 4 novembre 1998,
n. 11071;  Cass.,  1°  febbraio  2001,  n. 1394),  con la conseguente
applicabilita'  al  notaio  della  sanzione  comminata dall'art. 138,
seoondo  comma,  della  legge 15 febbraio 1913, n. 89 (sospensione da
sei  mesi  ad un anno), trattandosi di una nullita' insuscettibile di
sanatoria.
    Difatti,  l'art. 18  della  legge  28  febbraio  1985,  n. 47 - a
differenza  dell'art. 17, quarto comma, della legge 28 febbraio 1985,
n. 47,  per  i  casi  in  cui,  negli atti pubblici o nelle scritture
private   autenticate   aventi   ad   oggetto  il  trasferimento,  la
costituzione  o  lo  scioglimento  della  comunione  di diritti reali
relativi  ad  edifici  o  loro  parti,  la  mancata indicazione degli
estremi   della   concessione  edilizia  non  sia  dipesa  dalla  sua
insussistenza   all'epoca  della  stinulazione  -  non  contempla  la
conferma  per  gli  atti  pubblici o le scritture private autenticate
aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento
della  comunione  di  diritti  reali  relativi a terreni. Per cui, e'
inevitabile  che  il ricevimento o l'autenticazione di atti nulli per
violazione  dell'art. 18 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 comporta
a  carico del notaio le conseguenze sanzionatorie dell'art. 21, primo
comma, della legge 22 febbraio 1985, n. 47.
    In  verita', con una serie di provvedimenti legislativi d'urgenza
si  era  tentato  di rimediare alla evidenziata omissione, prevedendo
tra  l'altro,  che  anche  gli  atti  sprovvisti dell'allegazione del
certificato   di  destinazione  urbanistica  (e,  quindi,  stante  la
parificazione  degli effetti, anche di quelli a cui fosse allegato un
certificato   di   destinazione   urbanistica  cessato  di  validita)
potessero  essere  confermati  mediante  un atto redatto nella stessa
forma   del  precedente,  al  quale  fosse  allegato  un  certificato
contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree attinenti
al giorno in cui fosse stato stipulato l'atto da confermare (artt. 8,
nono  comma,  del  d.l.  27 settembre 1994 n. 551, 7, nono comma, del
d.l.  25  novembre  1994,  n. 649, 7, nono comma, del d.l. 26 gennaio
1995,  n. 24,  7,  ottavo  comma,  del  d.l. 27 marzo 1995, n. 88, 7,
ottavo  comma,  del d.l. 26 maggio 1995, n. 193, 7, ottavo comma, del
d.l.  26  luglio 1995, n. 310, 7, ottavo comma, del d.l. 20 settembre
1995,  n. 400,  7 ottavo comma, del d.l. 25 novembre 1995, n. 498, 8,
settimo comma, del d.l. 24 gennaio 1996, n. 30, 8, settimo comma, del
d.l.  25  marzo  1996,  n. 154,  8; settimo comma, del d.l. 25 maggio
1996,  n. 285, 8, settimo comma, del d.l. 22 luglio 1996, n. 388 e 8,
settimo comma, del d.l. 24 settembre 1996, n. 495).
    Tuttavia,  nonostante  la implicita consapevolezza dell'iniquita'
insita  nella  permanenza  dell'originaria  discrepanza,  non  e' mai
seguita   alcuna   conversione   in   legge,  essendosi  limitato  il
legislatore  a  salvaguardare  «gli atti e i provvedimenti adottati»,
nonche'  «gli effetti prodottisi ed i rapporti giuridici sorti» sulla
base  del  d.l.  26  luglio 1994, n. 468, del d.l. 27 settembre 1994,
n. 551, del d.l., 25 novembre 1994, n. 649, del d.l. 26 gennaio 1995,
n. 24,  del  d.l.  27  marzo  1995,  n. 88,  del d.l. 26 maggio 1995,
n. 193,  del d.l. 26 luglio 1995, n. 310, del d.l. 20 settembre 1995,
n. 400,  del d.l. 25 novembre 1995, n. 498, del d.l. 24 gennaio 1996,
n. 30,  del  d.l.  25  marzo  1996,  n. 154; del d.l. 25 maggio 1996,
n. 285, del d.l. 22 luglio 1996, n. 388 e del d.l. 24 settembre 1996,
n. 495.
    Ne'  l'art. 30  del d.lgs. 6 giugno 2001, n. 378 - la cui entrata
in  vigore,  peraltro,  e  stata  ora  differita  al  30  giugno 2003
dall'art. 2   del  d.l.  20  giugno  2002,  n. 122,  convertito,  con
modificazioni,  nella  legge  1°  agosto  2002, n. 185 - ha apportato
alcuna innovazione al riguardo, limitandosi a riprodurre, seppure con
taluni  adattamenti,  il  testo  dell'art. 18 della legge 28 febbraio
1985, n. 47.
    Pertanto,  l'attuale  quadro normativo esclude la confermabilita'
degli  atti  aventi per oggetto terreni e carenti dell'allegazione di
un  valido certificato di destinazione urbanistica. In tale contesto,
quindi,  un'eventuale  conferma  della  compravendita  non  puo'  che
assumere - allo stato - la valenza di una vera e propria rinnovazione
del   contratto   nullo,  cioe'  di  una  reiterazione  dell'identico
contratto  con l'emenda del vizio di nullita', senza che il contratto
nullo possa rivestire - a differenza che nelle ipotesi tipiche in cui
la  conferma  e'  consentita  -  alcun  ruolo  nella produzione degli
effetti traslativi.
    IV  - Su  tali  premesse  in punto di diritto, l'adito giudicante
valuta  di  dover  sollevare  d'ufficio  la questione di legittimita'
costituzionale  dell'art. 18  della  legge  28  febbraio 1985, n. 47,
denunciando  la  violazione dell'art. 3 Cost., sotto il profilo della
logicita' e della ragionevolezza, nella parte in cui esso non prevede
che  gli  atti  tra vivi, sia in forma pubblica che in forma privata;
aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo scioglimento
della  comunione  di  diritti  reali  relativi  a  terreni, ove siano
sprovvisti  dell'allegazione di un valido certificato di destinazione
urbanistica, possano essere confermati mediante un atto redatto nella
stessa  forma  del  precedente,  al quale sia allegato un certificato
contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti le aree attinenti
al giorno in cui e' stato stipulato l'atto da confermare.
    V  - La  questione  appare  rilevante  ai  fini  della decisione.
Difatti,  il  procedimento non puo' essere definito indipendentemente
dalla  sua  risoluzione,  per  la  semplice  regione  che la rigorosa
applicazione   della   norma   richiamata  nell'attuale  formulazione
determinerebbe  l'imputabilita'  dell'illecito  disciplinare a carico
del  notaio con il corollario sanzionatorio, laddove la manipolazione
additiva  della  norma richiamata nel senso prospettato comporterebbe
l'esenzione  del  notaio  da  ogni  responsabilita'  disciplinare nei
termini  fissati  dall'art. 21,  primo comma, della legge 28 febbraio
1935, n. 47.
    VI  - La  questione  non  e' manifestamente infondata. Come si e'
detto,  l'art. 17,  quarto comma, della legge 28 febbraio 1985, n. 47
consente  la  conferma  degli atti pubblici e delle scritture private
autenticate  aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo
scioglimento  della  comunione di diritti reali relativi ad edifici o
loro  parti  (la  cui costruzione sia stata iniziata dopo il 17 marzo
1985),  nei  casi  in  cui la mancata indicazione degli estremi della
concessione  non  sia  dipesa dalla sua insussistenza all'epoca della
stipulazione.  Parimenti,  l'art. 40,  terzo  comma,  della  legge 28
febbraio 1985, n. 47 consente la conferma degli atti pubblici e delle
scritture  private autenticate aventi ad oggetto il trasferimento, la
costituzione  o  lo  scioglimento  della  comunione  di diritti reali
relativi  ad  edifici  o  loro  parti  (la  cui costruzione sia stata
ultimata entro il di' 1° ottobre 1983 ovvero sia stata iniziata prima
del 17 marzo 1985 o ultimata dopo il 31 ottobre 1983 ovvero sia stata
iniziata  prima  del  di'  1°  settembre  1967),  nei  casi in cui la
mancanza  delle  dichiarazioni  o  dei  documenti  da  indicarsi o da
allegarsi  non  sia  dipesa  dall'insussistenza della licenza o della
concessione  o  dall'inesistenza  della  domanda  di  concessione  in
sanatoria  al  tempo  in  cui  gli atti medesimi sono stati stipulati
ovvero da fatto che la costruzione sia stata iniziata successivamente
al di' 1° settembre 1967.
    Viceversa,  l'art. 18  della  legge  28  febbraio 1985, n. 47 non
ammette  la  conferma  degli  atti pubblici e delle scritture private
autenticate  aventi ad oggetto il trasferimento, la costituzione o lo
scioglimento della comunione di diritti reali relativi a terreni, nei
casi  in  cui  non  sia stato allegato il certificato di destinazione
urbanistica  ovvero sia stato allegato un certificato di destinazione
urbanistica cessato di validita'.
    Ora,  e'  convinzione  del  collegio che tale lacuna ingeneri una
palese  disparita'  di  trattamento,  la  quale  viola i canoni della
logicita' e della regionevolezza (art. 3 Cost. ), non trovando alcuna
giustificazione   nell'esigenza   di   diversificare  il  trattamento
normativo di fattispecie eterogenee.
    Invero,  la ratio degli artt. 17, 18 e 40 della legge 28 febbraio
1985,  n. 47  e'  rappresentata  dalla  prevenzione, rispettivamente,
della commercializzazione di fabbricati abusivi e della lottizzazione
abusiva di terreni a scopo edificatorio rispettivamente, per i primi,
attraverso  l'indicazione  degli  estremi  dei  titoli  autorizzativi
dell'edificazione   ovvero   attraverso   l'autocertificazione  della
risalenza  della  edificazione ad epoca anteriore al di' 1° settembre
1967,  e,  per  i  secondi,  attraverso l'allegazione di un documento
attestante  le prescrizioni urbanistiche della superficie interessata
dalla negoziazione.
    Per  cui,  in  ambedue  i casi, si tratta di nullita' formali, le
quali   non  conseguono  all'illiceita'  dell'oggetto  del  contratto
(art. 1418, secondo comma, cod. civ., in relazione all'art. 1346 cod.
civ.:  fabbricato  risultante  da  edificazione  abusiva  ovvero area
derivante  da  lottizzazione  abusiva),  ma  scaturiscono  dalla mera
inosservanza  degli  adempimenti  imposti  per  la  regolarita' della
contrattazione  (per  i  fabbricati,  l'omessa indicazione dei titoli
autorizzativi  dell'edificazione  ovvero  l'omessa autocertificazione
della  risalenza  della  edificazione  ad  epoca  anteriore al di' 1°
settembre  1967;  per  i  terreni,  l'omessa allegazione di un valido
certificato di destinazione urbanistica).
    In  tale  prospettiva,  non  ha  alcun senso la restrizione della
confermabilita'  agli  etti  relativi a fabbricati (od a loro parti).
Invero, l'allegazione del certificato di destinazione urbanistica non
esclude   che  il  terreno  negoziato  possa  essere  derivato  dalla
lottizzazione   non   autorizzata  dall'amministrazione  comunale  di
un'area  dotata di maggiore consistenza, cosi' come l'indicazione dei
titoli  autorizzativi  dell'edificazione  ovvero l'autocertificazione
della  risalenza  della  edificazione  ad  epoca  anteriore al di' 1°
settembre 1967 non escludono che il fabbricato sia stato edificato in
difformita'  dai  titoli  autorizzativi ovvero in epoca posteriore al
di' 1° settembre 1967.
    Ne'  puo' ritenersi che l'inammissibilita' della conferma per gli
atti   relativi   a   terreni   sia   ravvisabile  nell'apprezzamento
legislativo di una maggiore pericolosita' delle lottizzazioni abusive
rispetto alle edificazioni abusive.
    Come  si e' detto, la validita' degli atti relativi ad edifici e'
subordinata  alla  menzione ed all'esistenza dei titoli autorizzativi
ovvero  alla  dichiarazione  ed  alla  veridicita' della risalenza ad
epoca anteriore al di' 1° settembre 1967. Pertanto, la carenza di uno
dei due requisiti comporta la nullita' dell'atto, ma con la rilevante
differenza che, mentre l'assenza della menzione o della dichiarazione
comporta,  qualora  non  sia  conseguenza dell'inesistenza dei titoli
autorizzativi  ovvero  della  risalenza ad epoca posteriore al di' 1°
settembre   1967,   una   nullita'   formale,   come  tale  sanabile,
l'inesistenza  dei  titoli autorizzativi ovvero la risalenza ad epoca
posteriore  al  1°  settembre 1967 comporta una nullita' sostanziale,
come  tale  insanabile.  Dunque,  la  conferma  e'  esclusa  quando i
provvedimenti autorizzativi siano carenti e l'edificazione risalga ad
epoca  posteriore  al  di' 1° settembre 1967. Il che significa che il
fabbricato  risultante  da edificazione abusiva non e' commerciebile,
essendo impossibile l'osservanza degli adempimenti formali prescritti
dagli  artt.  17  e  40  della  legge  28  febbraio  1985,  n. 47 sia
contemporaneamente    (cioe',    in   sede   di   stipulazione)   che
successivamente  (cioe',  in  sede  di conferma) alla conclusione del
contratto.
    Di   contro  la  validita'  degli  atti  relativi  a  terreni  e'
subordinata  alla  sola  allegazione  di  un  valido  certificato  di
destinazione  urbanistica.  Pertanto,  il  difetto  di tale requisito
comporta «tout court» la nullita' dell'atto. Ma, a differenza che per
i  fabbricati  risultanti  da  edificazione  abusiva,  per i quali la
commerciabilita' e' esclusa dall'impossibilita' di fare le menzioni o
di  rendere le dichiarazioni previste dagli artt. 17 e 40 della legge
28   febbraio   1985,   n. 47,   l'allegazione   del  certificato  di
destinazione  urbanistica  non ostacola la disponibilita' dei terreni
derivanti da lottizzazione abusiva, dal momento che la strumentalita'
della   contrattazione   alla   consumazione   dell'illecito   penale
(artt. 18,  primo  comma, e 20, primo comma, lett. c), della legge 28
febbraio  1985,  n. 47)  non  e'  riconoscibile  in  re  ipsa  ma  e'
desumibile  soltanto  ex  post,  all'esito di un controllo rimesso al
sindaco  del  comune  ove e' ubicato il terreno, al quale deve essere
trasmessa  copia  dell'atto  ricevuto  o autenticato dal notaio entro
trenta  giorni dalla registrazione (art. 18, sesto comma, della legge
28  febbraio  1985, n. 47). In caso di riscontro positivo, il sindaco
promuove  il  procedimento  sanzionatorio di cui all'art. 18, settimo
comma,  ottavo  comma  e  nono  comma,  della legge 28 febbraio 1985,
n. 47.
    Nondimeno,  al  di  la'  della specifica peculiarita' dei sistemi
repressivi   (l'incommerciabilita'   degli   edifici   risultanti  da
edificazione    abusiva    consegue    all'inesistenza   dei   titoli
autorizzativi   ed   alla   risalenza  della  edificazione  ad  epoca
posteriore  al di' 1° settembre 1967, mentre l'incommerciabilita' dei
terreni derivanti da lottizzazione abusiva consegue alla trascrizione
nei  registri  immobiliari dell'ordinanza emanata dal sindaco con cui
si  interrompe  l'esecuzione delle opere e si vieta ai proprietari di
disporre delle aree e delle opere mediante atti tra vivi), i quali si
ricollegano  alla  conformazione  ontologica delle singole illiceita'
sul  piano  dei  riflessi  civilistici,  la  mera  inosservanza delle
prescrizioni formali, tanto per gli atti relativi a fabbricati quanto
per  gli  atti  relativi  a  terreni,  si  traduce  in  una  nullita'
suscettibile  di  essere  sanata  con  la postuma rimozione del vizio
iniziale,   in   modo   da   far   riacquistare   validita'  all'atto
originariamente nullo.
    Difatti,  le  formalita' prescritte degli artt. 17, 18 e 40 della
legge 28 febbraio 1985, n. 47, per loro natura, si prestano ad essere
osservate  anche in epoca successiva alla conclusione del contratto a
cui  accedono,  senza  che  cio'  comporti alcuna incidenza sul piano
sostanziale.
    Sotto  il  profilo  delineato,  ogni discriminazione tra gli atti
aventi  per  oggetto fabbricati e gli atti aventi per oggetto terreni
non   e'   sorretta   da   una   adeguata   motivazione   di   stampo
logico-giuridico  ed  e'  incoerente  al  perseguimento  dell'intento
legislativo   di   recuperare  gli  effetti  dispositivi  degli  atti
inficiati  da  sole  irregolarita' di carattere formale. Il che rende
indispensabile l'intervento del giudice delle leggi per l'adeguamento
del  sistema  normativo,  stante  l'impossibilita' di interpretazioni
estensive  o analogiche della disciplina vigente in materia. Difatti,
l'art. 1423  cod.  civ. non consente la convalida del contratto nullo
al  di  fuori  delle  ipotesi  previste in via eccezionale. Pertanto,
sussistendo  i presupposti stabiliti dall'art. 23, terzo comma, della
legge  11  marzo  1953, n. 87, il collegio dispone la sospensione del
presente  procedimento  e  la  trasmissione  degli  atti  alla  Corte
costituzionale   per   la   decisione   incidentale  della  questione
preudiziale.