IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. Visti gli atti relativi all'arresto di Khamsane El Mostafa, nato in data 1° gennaio 1969 a Khourigba (Marocco), arrestato in Padova il 24 giugno 2003 in relazione al reato di cui all'art. 14 comma 5-ter del decreto legislativo 286 del 1998, perche' senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine impartito dal questore di Modena con provvedimento in data 14 febbraio 2003 che disponeva di lasciare il territorio nazionale entro il termine di 5 giorni; sentita la relazione del carabiniere Bruni che ha operato l'arresto, sentito l'imputato presente ed in grado di comprendere la lingua italiana, il pubblico ministero e la difesa; osservato in fatto che l'imputato e' stato colto nella flagranza del reato, nonostante l'atto notificatogli in data 14 febbraio 2003 e nonostante la circostanza, obiettivamente accertata durante l'interrogatorio, che l'imputato ben avesse compreso il contenuto del precetto intimatogli e non avesse di fatto giustificato motivo per trattenersi nel territorio dello Stato; considerato che l'arresto era obbligatorio per disposizione di legge; tenuto conto del rispetto dei termini di cui gli artt. 386 e 390 (codice di procedura; considerato che alla luce di tutto questo, stando alla disposizione normativa correrebbe l'obbligo di convalidare l'arresto; che tuttavia vanno svolte che seguenti considerazioni ritenendo le stesse rilevanti e non manifestamente infondate, osserva quanto segue. Questo giudice non ritiene di poter convalidare l'arresto di Khamsane El Mostafa poiche' il disposto dell'art. 14 comma 5-quinquies del decreto legislativo n. 286/1998 come inserito dalla cosiddetta legge Bossi-Fini, nella parte in cui introduce nell'ordinamento una nuova figura di arresto obbligatorio il flagranza, appare in conflitto con le norme costituzionali in appresso indicate. 1. - Violazione degli artt. 2 e 3 della Costituzione. La previsione di un arresto obbligatorio in flagranza in riferimento ad un reato di mera natura contravvenzionale, come si desume dal tipo di sanzione predisposta, appare confliggere con il principio di ragionevolezza e di uguaglianza affermato dalla norma costituzionale di cui all'art. 3, non trovando alcuna apprezzabile giustificazione nell'ambito dei principi generali della sistematica processuale, che fra l'altro disciplinano tale provvedimento restrittivo ponendolo in esclusiva correlazione con illeciti penali aventi natura delittuosa (cfr. artt. 380 e 381 codice di rocedura penale) e contraddistinti da una elevata pericolosita' sociale, cosi' come del resto era stato enunciato esplicitamente dalla direttiva n. 32 dell'art. 2 della legge delega 16 febbraio 1987 n. 81 per l'emanazione del nuovo codice di procedura penale, laddove per l'appunto tale obbligatorieta' era stata circoscritta la sola materia di delitti puniti con la pena della reclusione non inferiore nel minimo a 5 anni e consentiva l'arresto facoltativo - avuto riguardo a speciali esigenze di tutela della collettivita' - esclusivamente per quei delitti che apparissero connotati da particolare gravita' oggettiva o da particolare pericolosita' del soggetto agente. Analogamente si dica per le altre ipotesi in cui il legislatore ha reputato di introdurre, attraverso normative speciali, ipotesi di arresto obbligatorio anche al di fuori dei casi di flagranza, ma sempre ed esclusivamente con riferimento a fattispecie delittuose e improntate da particolare gravita' e soprattutto finalizzate alla imprenscindibile necessita' di celebrare in via immediata il giudizio e comunque tese a favorire l'immediata applicazione di misure cautelari personali. Per contro nel caso di specie essendo per esplicito dato normativo (cfr. art. 273 e seguenti codice di procedura) del tutto preclusa nel caso di specie l'applicazione di misure cautelari e difettando come sopra evidenziato il carattere di gravita' dell'illecito penale sotto un profilo sanzionatorio, appare violato il paradigma dell'uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione a fronte della cogenza dell'arresto di chi sia imputato della fattispecie in esame. 2. - Violazione dell'art. 13 comma terzo Costituzione. L'arresto obbligatorio nella flagranza della contravvenzione in oggetto non sembra, inoltre, rispettare la riserva di legge imposta da tale principio costituzionale poiche' non rientra nei casi eccezionali di necessita' ed urgenza ai quali e' sempre subordinata la restrizione della liberta' della persona in particolare per effetto di provvedimenti provvisori dell'autorita' di pubblica sicurezza (qual e' un arresto) che debbono essere comunicati e successivamente ratificati dall'autorita' giudiziaria entro un termine perentorio. In vero se si considera che nei confronti dello straniero che non abbia ottemperato all'ordine del questore di lasciare il territorio dello Stato non e' consentita, ne' dal codice di procedura penale ne' dal testo unico sull'immigrazione, l'applicazione di alcuna misura cautelare di carattere personale, tantomeno di natura coercitiva riesce arduo riconoscere un qualsiasi connotato di necessita' nel suo arresto in flagranza essendo evidente che in intanto l'arresto in flagranza di reato ad opera della polizia giudiziaria si giustifica in quanto lo stesso sia preordinato all'eventuale applicazione da parte del giudice della misura predetta. Di talche' sembrerebbe essere addirittura obbligatorio per il pubblico ministero informato dell'intervenuto arresto disporre l'iminediata liberazione del soggetto ai sensi del vigente art. 121 disposizioni di attuazione codice di procedura; ne' tale necessita' e' dato ancora poter desumersi dalla immediata instaurazione del giudizio direttissimo obbligatorio richiesto dall'art. 14 comma 5-quinquies testo unico citato, per la semplice ragione per nei casi in esame tale giudizio dovrebbe essere celebrato a tutto concedere dopo la necessaria liberazione dell'arrestato resa comunque doverosa dalla impossibilita' per pubblico ministero di richiedere al giudice l'emanazione di una misura cautelare di carattere custodiale e comunque personale, salvo restando per il giudicabile il diritto di chiedere un termine a difesa. Neppure e' dato ravvisare nell'arresto obbligatorio nella flagranza della contravvenzione de qua il requisito dell'urgenza, poiche' sarebbe una forzatura indebita ritenere che tale arresto sia pragmaticamente finalizzato a rendere possibile l'immediata espulsione dell'arrestato da effettuarsi mediante il suo accompagnamento alla frontiera, potendo (come e' noto) tale espulsione - ove in ipotesi ne sussistano i presupposti amministrativi e burocratici - essere ipso facto posta in essere dalla polizia subito dopo aver sorpreso lo straniero inottemperante all'ordine di espatrio. Per altro verso non si puo' negare che difetti il carattere dell'urgenza anche a fronte di un ulteriore ordine di considerazioni: come e' noto, proprio a seguito dello modifiche introdotte dalla legge n. 189 del 2002, l'espulsione e' sempre eseguita a mezzo di accompagnamento alla frontiera con la forza pubblica (cfr. art. 13 comma 4 decreto legislativo n. 286/1998) ad eccezione dei casi di cui al comma 5 della medesima norma. Pertanto le ipotesi in cui lo straniero sia destinatario della intimazione a lasciare il territorio dello Stato sono esattamente quelle in cui non e' possibile operare immediatamente l'accompagnamento alla frontiera, nella maggior parte dei casi per la carenza dei documenti di identificazione dell'imputato e quindi per la pratica impossibilita' di destinarlo al paese d'origine. Ne consegue che l'arresto obbligatorio dei predetti cittadini non vale a favorire una loro diretta apprensione prodromica ad una successiva ed immediata espulsione tramite accompagnamento alla frontiera per la semplice ragione che i medesimi cittadini ab inizio non erano nella condizione di essere in tal modo direttamente espulsi. L'arresto obbligatorio in flagranza ed il successivo giudizio direttissimo valgono dunque solo quali meccanismi sanzionatori, peraltro blandi come si e' visto a fronte del tipo di sanzione individuata e dei termini prescrizionali conseguenti, ma a nulla valgono sotto un profilo special preventivo e tanto meno sotto un profilo cautelare posto che, come si e' gia' piu' volte ripetuto, non e' praticabile la via dell'adozione della misura cautelare personale. La conseguenza e' che a seguito di tali arresti, che richiedono un significativo impegno di personale delle forze dell'ordine oltre che di attivita' giurisdizionale, si celebrano processi al termine dei quali gli imputati vengono immediatamente rilasciati e semmai nuovamente resi destinatari di analoghi provvedimenti di intimazione. Tutto cio' porta inevitabilmente a ritenere che l'arresto in flagranza dello straniero inottemperante altro non sia, in concreto, che un provvedimento inutile, ponendosi per cio' come tale in insanabile contrasto con i presupposti di necessita' ed urgenza che sempre, ai sensi dell'art. 13 comma terzo citato della Costituzione, debbono essere sottese ad un simile provvedimento restrittivo della liberta' personale. 3. - Violazione degli artt. 97 comma primo e 111 comma secondo della Costituzione. L'introduzione obbligatoria del giudizio direttissimo entro le 48 ore di cui l'art. 449 comma primo codice di procedura (comprensivo cioe' del giudizio sulla convalida dell'arresto) per tutti i casi di arresto obbligatorio in flagranza conseguenti alla violazione dell'art. 14 comma 5-ter decreto legislativo n. 286/1998 determina significative conseguenze sul funzionamento degli uffici giudiziari e sull'utilizzo delle risorse degli uffici amministrativi, come e' agevole desumere dall'esperienza dell'ultimo anno, determinando di fatto senza alcun raggiungimento di significativi risultati ne' in termini di prevenzione, ne' in termini di repressione, un parallelo aggravamento del gia' difficile funzionamento dell'attivita' giurisdizionale, sotto un profilo di appesantimento dei ruoli dei processi: situazione questa che si traduce in un immediato, costante, sensibile e destinato a non decrescere pregiudizio per il corretto andamento della pubblica amministrazione tutelato dalla norma costituzionale in questione, con danno per l'intera collettivita' e ulteriore lesione al principio costituzionale recentemente introdotto circa la ragionevole durata dei processi. Gli argomenti esposti sono a parere di questo giudice idonei a far ritenere rilevante e non manifestamente infondata la questione di illegittimita' costituzionale dell'art. 14 comma 5-quinquies decreto legislativo 25 luglio 1998 n. 286, cosi' come modificato dalla legge 26 agosto 2002 n. 189, in relazione alla prospettata violazione degli artt. 2, 3, 13 comma 3, 97 comma primo e 111 comma 2 della Costituzione. Cio' comporta la sospensione del giudizio di convalida dell'arresto di Khamsane El Mostafa del quale, se non detenuto per altra causa, e' da ordinarsi contestualmente l'immediata liberazione dati i termini previsti per legge ai fini della valida adozione di un provvedimento di convalida dell'arresto, termini che la presente sospensione non consente di rispettare, e dovendo comunque per legge la convalida precedere l'eventuale applicazione di misura cautelare, che peraltro il pubblico ministero nel caso di specie non potrebbe mai richiedere per carenza di presupposti normativi. La rilevanza della presente decisione e in re ipsa poiche' da un lato la mancanza di decisione sulla convalida dell'arresto entro i termini previsti dall'art. 391 comma 7 codice di procedura penale comporta la perdita di efficacia dell'arresto e dall'altro la persistenza del procedimento di convalida dell'arresto nonostante la liberazione dell'arrestato, rende evidente l'interesse generale ad una pronuncia sulla legittimita' dell'arresto in esame, trattandosi di stabilire - come ha motivato il giudice delle leggi con sentenza 54 del 16 febbraio 1993 - se la liberazione dell'arrestato debba considerarsi conseguente all'applicazione dell'art. 391 comma 7 codice di Procedura ovvero, piu' radicalmente alla caducazione con effetto retroattivo della disposizione in base alla quale l'arresto fu eseguito.