IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza fuori udienza nella causa
R.G.  8234/03,  a scioglimento fuori udienza, della riserva di cui al
verbale che precede;
    Letti gli atti ed i documenti di causa;
    Rilevato che con ricorso depositato in data 22 marzo 2003 Orlando
Felice  proponeva  opposizione  avverso  la diffida ex art. 18 d.P.R.
31 dicembre  1972  n. 1035  e  ex  art.  30  legge regionale Piemonte
28 marzo  1995  n. 46  (con  il  quale gli veniva ingiunto, in quanto
occupante  senza  titolo, il rilascio immediato dell'immobile sito in
Torino,  via  Togliatti  29,  n. 13, complesso 190, edificio 1058, di
proprieta'  dell'Agenzia  per  la Casa della provincia di Torino - di
seguito  ATC  -  assegnato  a  Santarella  Grazia,  deceduta  in data
14 aprile  2001),  assumendo  di  essere legittimato a subentrare nel
contratto  in  qualita'  di convivente more uxorio della assegnataria
deceduta;
        che,  in  particolare, il ricorrente affermava (e riteneva di
provare  in giudizio) il pregresso stato di coabitazione stabile e di
comunione  morale  e  spirituale  che si era creata con la precedente
assegnataria   (fino   al  decesso  della  stessa),  conseguentemente
invocava  l'art. 6  della  convenzione  sottoscritta  tra  l'ATC e la
Santarella,  l'art. 15  della  legge  regionale  Piemonte  46/1995, e
richiamava a proprio sostegno quanto affermato dalla Suprema Corte di
cassazione e dalla stessa Corte costituzionale in materia;
        che    l'ATC,   ritualmente   costituitasi,   contestava   le
argomentazioni  difensive  ricorrente in punto «formalizzazione della
convivenza»   (l'assegnataria   dell'appartamento,   Santarella,   in
occasione  dei  censimenti  ufficiali  avrebbe  sempre  dichiarato di
vivere   sola;   non   risultava   presentata   alcuna  richiesta  di
«ospitalita'  temporanea»  all'ATC  da  parte  della  Santarella;  il
ricorrente  risultava  aver  assunto  la  residenza  nell'alloggio in
oggetto   dopo   la   morte  della  Santarella),  e  sottolineava  la
correttezza del proprio operato;
        che  all'udienza ex art. 420 c.p.c. del 27 maggio 2003, parte
ricorrente  proponeva  questione  di  legittimita'  costituzionale (a
mezzo di memoria di cui veniva autorizzata la produzione in giudizio)
dell'art. 3  lett.  b),  dell'art. 15  comma  1 e dell'art. 32 (primo
comma lett. b, comma 6, comma 7 e comma 8) legge regionale n. 46/1998
cit., per violazione e contrasto degli artt. 2, 3, 24 secondo comma e
117 lett. l) Cost.;
        che, a seguito di rinvio, all'udienza del 4 giugno 2003 parte
convenuta  veniva autorizzata alla produzione e scambio di memoria in
replica  alla questione dedotta, e che, alla stessa udienza, entrambe
le   parti  venivano  invitate  a  trattare  oralmente  la  questione
pregiudiziale qui esposta;
    Premesso  che  nella  fattispecie  deve  ritenersi  sussistere la
giurisdizione   del  giudice  ordinario  giacche'  il  ricorrente  ha
contestato  all'amministrazione l'esercizio di un potere incidente in
maniera   diretta   sul   proprio  diritto  soggettivo  al  godimento
dell'alloggio,  venendo  in  considerazione nella fattispecie vicende
successive  all'assegnazione,  relative  alla posizione personale del
convivente    more    uxorio    in   ipotesi   idonee   ad   incidere
sull'ammissibilita'  o  meno  di  subentrare  nella titolarita' di un
rapporto  gia'  costituito  (cfr.  Cass.  n. 8297/1995):  non  rileva
pertanto nel caso specifico il rapporto pubblicistico di assegnazione
(cfr.  Cass.  n. 4908/1997), onde, come piu' volte sottolineato dalla
suprema Corte, deve ritenersi la giurisdizione del giudice ordinario;
        che,  ai  sensi  dell'art. 134 Cost., la Corte costituzionale
giudica  sulle  controversie relative alla legittimita' delle leggi e
degli  atti,  aventi  forza di legge, dello Stato e (come nel caso in
oggetto) delle regioni;
    A) Sulla rilevanza della questione.
    Ritenuto    che    la   disposizione   della   cui   legittimita'
costituzionale  si dubita e' sicuramente applicabile alla fattispecie
oggetto  del  giudizio, in quanto il provvedimento impugnato (come si
evince  dalle  stesse argomentazioni difensive svolte, all'atto della
costituzione  in  giudizio,  dall'amministrazione procedente, e dalla
stessa documentazione prodotta) e' stato emesso in applicazione delle
norme   previste   nella  legge  regionale  Piemonte  n. 46/1995  che
disciplinano  il  subentro  del  convivente more uxorio nell'alloggio
intestato all'altro convivente poi successivamente deceduto;
        che,  in  particolare,  nel  caso di specie l'amministrazione
convenuta,  applicando le norme della cui legittimita' costituzionale
si  discute,  ha escluso che il ricorrente rivestisse i requisiti ivi
previsti   per   il   subentro   nella   posizione  della  convivente
assegnataria  deceduta,  e  ne  ha  pertanto  diffidato  il  rilascio
immediato con il provvedimento impugnato in giudizio;
        che,   per   tali   considerazioni,  la  decisione  circa  la
legittimita'  costituzionale  della norma de qua appare preliminare e
decisiva  ai  fini  della  valutazione  della  fondatezza  o meno del
ricorso;
    B) Sulla non manifesta infondatezza della questione.
    Osservato   che   ex  l'art. 3  («definizioni»)  lett.  b)  legge
regionale  Piemonte n. 46/1995 cit. «Ai fini della presente legge ...
per  nucleo familiare si intende la famiglia costituita dai coniugi e
dai  figli  legittimi,  naturali,  riconosciuti  ed  adottivi e dagli
affiliati  con  loro  conviventi.  Fanno altresi' parte del nucleo il
convivente  more  uxorio gli ascendenti, i discendenti, i collaterali
fino  al  terzo  grado, gli affini entro il secondo grado, purche' la
stabile  convivenza  con il concorrente duri da almeno due anni prima
della  data  di  pubblicazione  del bando di concorso e si dimostrata
nelle forme di legge (...)»;
        che  ex  art. 15,  comma  1,  legge  cit. («Successione nella
domanda  e  nella  convenzione»),  si prevede che «in caso di decesso
dell'aspirante  assegnatario o dell'assegnatario, gli succedono nella
domanda   o   nella   assegnazione   o   nella  convenzione  relativa
all'assegnazione  i  componenti del nucleo familiare come definito al
comma 1, lettera b), dell'art. 3 e secondo l'ordine ivi indicato»;
        che, l'art. 32 legge cit. («Ospitalita»), prevede:
          «(comma  1)  L'Ente  gestore  puo'  concedere l'ospitalita'
temporanea per il periodo di un anno, alle seguenti condizioni: (...)
b)  per  i  casi  di  convivenza more uxorio, dichiarata con, atto di
notorieta'   sia   da  parte  dell'assegnatario,  sia  da  parte  del
convivente.
          (comma  6)  Dopo  due anni di ospitalita' temporanea l'ente
gestore    puo'    autorizzare,   su   richiesta   dell'assegnatario,
l'ampliamento stabile del nucleo familiare, sempreche' l'ingresso del
nuovo  componente  non  comporti  la  perdita  di  uno  qualsiasi dei
requisiti previsti per la permanenza.
          (comma   7)  L'ampliamento  stabile  del  nucleo  familiare
istituisce   per  il  nuovo  componente  autorizzato  il  diritto  al
subentro, con relativa applicazione della normativa di gestione.
          (comma  8) L'ospitalita' abusiva, configurando una cessione
parziale  dell'alloggio,  comporta per il cedente e l'occupante senza
titolo l'applicazione della normativa di cui agli articoli 29 e 30»;
        che  la  ratio  della  normativa  sopra  citata  deve  essere
individuata nella ragionevole e giustificata esigenza di disciplinare
-   previa  verifica  della  sussistenza  di  requisiti  formali  (di
stabilita'  e  certezza)  ed  in  condizioni di parita' con tutti gli
altri  soggetti  che  rivestono  i  requisiti  ex  lege  previsti per
accedere   alle   particolari  condizioni  relative  all'alloggio  di
edilizia  residenziale  pubblica - il passaggio diretto (ossia, senza
ricorso  alle  ordinarie  graduatorie) nella conduzione dell'alloggio
popolare  di  colui  che si trovi in condizioni convivenza in se' non
formalizzate  «ufficialmente»,  al  fine di una corretta gestione del
patrimonio   affidato   all'ente  competente  (in  particolare,  come
ricordato  dalla  stessa  convenuta,  «maggior  rigore e' stato posto
nelle forme di denuntiatio della convivenza all'ente gestore che sono
poi le medesime fissate dall'art. 3 lett. b, per tutti coloro che non
siano  legati da coniugio o parentela con l'assegnatario», al fine di
sopperire  ad  un  «inesistente  vincolo  famigliare  anagraficamente
verificabile,  con  inequivocabili  manifestazioni  di  volonta'  che
risultino  anche  corroborate,  sul piano fattuale, da una concreta e
seria corrispondenza tra, realta' e manifestazione»);
        che,  come argomentato dalla stessa parte convenuta, l'art. 3
legge   cit.   individua,   ai   fini   del  subentro  nel  godimento
nell'alloggio, «tre ambiti»:
          1)  la  famiglia  nucleare  in  senso  stretto («per nucleo
familiare  si  intende la famiglia costituita dai coniugi e dai figli
legittimi,  naturali,  riconosciuti ed adottivi e dagli affiliati con
loro  conviventi»),  per  i cui componenti, atteso lo stretto vincolo
con  l'assegnatario,  il  requisito  della convivenza non deve essere
connotato da particolare durata;
          2)  la famiglia estesa («fanno altresi' parte del nucleo il
convivente  more uxorio, gli ascendenti, i discendenti, i collaterali
fino  al  terzo  grado, gli affini entro il secondo grado, purche' la
stabile  convivenza  con il concorrente duri da almeno due anni prima
della  data  di  pubblicazione del bando di concorso e sia dimostrata
nelle  forme  di  legge»),  composta  da  soggetti  il cui legame con
l'assegnatario  risulta  meno forte e che pertanto devono dimostrare,
nelle  forme  di  legge, sia la sussistenza di una convivenza stabile
sia la durata almeno biennale;
          3)  persone che, pur senza vincoli di parentela, per fictio
iuris   vengono   fatte   rientrare   nel  nucleo  famigliare  («sono
considerati  componenti del nucleo familiare anche persone non legate
da   vincoli   di   parentela  o  affinita'  qualora,  alla  data  di
pubblicazione  del  bando, la convivenza istituita duri da almeno due
anni,   abbia  quale  fine  l'assistenza  a  persone  anziane  o  non
autosufficienti  e  sia  dichiarata  in  forma  pubblica  con atto di
notorieta'  sia  da parte del concorrente, sia da parte delle persone
conviventi.  La  stabilita'  della  convivenza  non viene meno quando
l'interruzione della stessa sia dovuta a comprovati motivi di salute,
di  lavoro,  di studio»), e la cui convivenza con l'assegnatario deve
avere  fini  precisi,  deve  essere  di durata biennale e deve essere
esternata nelle forme di legge;
        che  la  questione di costituzionalita', prospettata da parte
ricorrente, ha ad oggetto la disciplina tra il convivente more uxorio
e gli altri soggetti ricompresi sub punto 2), ossia nell'ambito della
cd. «famiglia estesa»;
    Ritenuto che, cosi' interpretata la disciplina in esame (artt. 3,
15  e 32 legge regionale Piemonte n. 46/1995), deve osservarsi che la
categoria  del convivente more uxorio e' solo formalmente equiparata,
tra  gli  idonei  ad  accedere  (art. 3) ed a succedere nell'alloggio
pubblico  (art. 15)  in  caso di decesso del precedente assegnatario,
alle altre categorie di soggetti sopra indicati sub punto 2);
        che,  infatti,  pur  se  per  tutti i citati soggetti (di cui
all'art. 3  lett.  b  e  15 legge cit.) la «stabile convivenza con il
concorrente»  deve  durare  da  almeno  due  anni prima della data di
pubblicazione  del  bando di concorso e deve essere dimostrata «nelle
forme  di  leggi»,  come  argomentato  dalla  stessa  convenuta nella
comparsa  di  costituzione  e risposta (pag. 8) ai sensi dell'art. 32
per  il  solo convivente more uxorio e' necessariamente richiesto che
la prova di detta convivenza passi attraverso la previa «concessione»
da parte dell'ente gestore dell'ospitalita' temporanea per il periodo
di  un  anno  su  certificazione con «atto di notorieta' sia da parte
dell'assegnatario,  sia  da parte del convivente», e, dopo la proroga
di   un   anno   e   dopo   due   anni   di  ospitalita'  temporanea,
l'«autorizzazione»   da   parte  dell'ente  gestore  e  su  richiesta
dell'assegnatario all'ampliamento stabile del nucleo familiare;
        che   se   per   costante  giurisprudenza  costituzionale  il
trattamento  normativo  differenziato  della  convivenza  more uxorio
rispetto  al  matrimonio  trova giustificazione perche' «diversamente
dal   rapporto  coniugale,  la  convivenza  more  uxorio  e'  fondata
esclusivamente  sulla  affectio  quotidiana  -  liberamente e in ogni
istante  revocabile  -  di ciascuna delle parti e si caratterizza per
l'inesistenza  di  quei diritti e doveri reciproci, sia personali che
patrimoniali,  che nascono dal matrimonio» (ex plurimis, sentenze 491
e  461  del  2000; sent. 352 del 2000; sent. 127 del 1997; sent. n. 8
del  1996; sent. 423 del 1988), nel caso in oggetto e nella normativa
sopra   richiamata  (art. 3  lett. b)  il  tertium  comparationis  e'
costituito  da  altre  categorie  soggettive  che,  pur  se legate da
vincoli  di  parentela-affinita' con l'assegnatario (i «discendenti»,
diversi  dai  figli  di  cui  alla  prima  parte  dell'art. 3 cit.; i
«collaterali  sino  al  terzo  grado»;  gli  «affini entro il secondo
grado»),  danno  comunque luogo a situazioni di convivenza anch'esse,
in  se',  caratterizzate  da  assenza di stabilita' e di certezza (ai
fini  intesi dalla norma, il mero legame parentale non garantisce, il
requisito  della  «stabilita»  di coabitazione, tant'e' che la stessa
legge  ne richiede la prova), ma per le quali la prova della «stabile
convivenza»,  a  differenza  del  convivente  more  uxorio  (il  solo
menzionato nell'art. 32 cit.), e' assolutamente libera e non soggiace
ad alcun controllo amministrativo;
        che,  non  potendo nei loro confronti (a differenza di quanto
accade,  ad  es., nel caso di matrimonio o di filiazione) ipotizzarsi
alcuna  esigenza  superiore  di  tutela della «istituzione familiare,
basata sulla stabilita' dei rapporti di fronte alla quale soltanto si
giustifica  l'affievolimento  della  tutela  del  singolo componente»
(sentenza   352  del  2000;  sent.  8  del  1996),  appare  priva  di
razionalita'  l'imposizione normativa al solo convivente more uxorio,
al  fine  di  un  pieno  esercizio  del  diritto all'abitazione di un
alloggio  in edilizia residenziale pubblica, dell'onere di provare la
convivenza stabile «nelle forme di legge» di cui all'art. 32 cit.;
    Ritenuto che, per i motivi sopra esposti, gli artt. 3 lett. b, 15
comma 1, e 32 (primo comma lett. b, comma 6, comma 7 e comma 8) legge
regionale   n. 46/1995  cit.  legge  tegionale  Piemonte  n. 46/1995,
appaiono in contrasto con:
          l'art. 2  Costituzione, in quanto la disciplina legislativa
viola  il  principio  di  tutela  delle  formazioni sociali in cui si
sviluppa  la persona umana tra le quali pacificamente rientrano anche
le  convivenze di fatto «purche' caratterizzate da un grado accertato
di  stabilita»  (sentenze  n. 310  del  1989  e  n. 237  del 1986), e
rientrando  sicuramente  il  diritto  all'abitazione  dignitosa tra i
diritti  inviolabili  dell'uomo  salvaguardati dalla norma de quo (ex
plurimis, cfr. sent. n. 119 del 1999; sent. n. 404 del 1988);
          l'art. 3  della  Costituzione in quanto viene a trattare in
maniera  disomogenea  situazioni  tra  loro omogenee (in quanto tutte
prive,  in se', del requisito della stabilita' e della certezza della
convivenza) (cfr. in generale, sent. n. 61 del 2003; sent. n. 409 del
2002), senza che detta discrezionalita' legislativa, nella disparita'
di  trattamento,  sia  in qualche modo giustificata dal perseguimento
dello  scopo  di  pubblico interesse che illumina tutta la disciplina
dell'edilizia  residenziale  pubblica  (e  che, ad es., giustifica il
diverso  trattamento normativo rispetto alle locazioni private; cfr.,
da  ultimo  Corte  costituzionale  sent.  3-11 giugno 2003 n. 203, in
«Gazzetta  Ufficiale,  1ª serie speciale», del 18 giugno 2003, n. 24;
cfr. anche sent. n. 159 del 1969 e n. 419 del 1991);
          l'art. 24, 111 comma 2 e 117 lett. l) della Costituzione in
quanto  il limite (previsto per il solo convivente more uxorio, e con
evidenti  riflessi  preclusivi  in sede processuale) di dimostrare la
convivenza  solo  delle  forme  di  legge  a  fronte  della  facolta'
discrezionale   dell'amministrazione  provinciale  di  rilasciare  le
prescritte concessioni ed autorizzazioni ex art. 32, commi 1 e 6 - si
noti   che  le  «forme  di  legge»  cui  la  normativa  regionale  fa
riferimento   si   sostanziano   nell'acquisizione  di  provvedimenti
autorizzatori  discrezionalmente  concessi  dalla stessa p.a. nei cui
confronti   il  diritto  all'abitazione  viene,  poi,  giudizialmente
azionato  - introduce, in sede giudiziale, una sostanziale disparita'
di  posizione e del trattamento, ai fini della formazione della prova
e della sua produzione in giudizio, tra le due situazioni processuali
ricorrente-conduttore  ed  amministrazione-locatore, a detrimento del
primo;
          l'art. 97   della  Costituzione  in  quanto  l'adozione  di
provvedimenti  emessi  in  attuazione  dei  criteri qui denunciati si
pongono in conflitto con i principi di imparzialita' e buoi andamento
costituzionalmente  imposti, ne' potendosi l'esplicazione di potesta'
pubblicistiche   risolvere   nella   lesione  di  diritti  soggettivi
costituzionalmente tutelati;
        che  pertanto la questione proposta non appare manifestamente
infondata;
        che   non   risultano   precedenti   pronunce   della   Corte
costituzionale relative a fattispecie analoga;