Ricorso per il Presidente del Consiglio dei ministri, difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso la quale ha il proprio domicilio in via dei Portoghesi 12, Roma, nei confronti della Regione Sardegna, in persona del suo presidente, per l'accertamento dell'illegittimita' costituzionale della legge regionale 3 luglio 2003, n. 8, Dichiarazione della Sardegna territorio denuclearizzato (BUR n. 20 dell'8 luglio 2003). Nell'art. 1.1, parte finale, della legge impugnata il territorio regionale della Sardegna viene dichiarato denuclearizzato e «precluso al transito ed alla presenza, anche transitoria, di materiali nucleari non prodotti nel territorio regionale». Questa Dichiarazione (cosi' la norma viene definita nella sua rubrica) e' fondata sulla base «delle competenze esclusive in materia di urbanistica ed ambiente attribuite dall'art. 3, lettera f), dello Statuto speciale». L'art. 3 richiamato, alla lettera f), assegna alla regione la potesta' legislativa in materia di «edilizia ed urbanistica». Nell'art. 3 non si fa alcun accenno all'ambiente. Recentemente codesta Corte, proprio nel decidere sulla legittimita' costituzionale di una legge della Sardegna (sent. n. 536/2002), ha chiarito: «L'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione esprime una esigenza unitaria per cio' che concerne la tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ponendo un limite agli interventi a livello regionale che possano pregiudicare gli equilibri ambientali. Come gia' affermato da questa Corte, la tutela dell'ambiente non puo' ritenersi propriamente una «materia», essendo invece l'ambiente da considerarsi come un «valore» costituzionalmente protetto che non esclude la titolarita' in capo alle regioni di competenze legislative su materie (governo del territorio, tutela della salute, ecc.) per le quali quel valore costituzionale assume rilievo (sentenza n. 407 del 2002). E, in funzione di quel valore, lo Stato puo' dettare standards di tutela uniformi sull'intero territorio nazionale anche incidenti sulle competenze legislative regionali ex art. 117 della Costituzione. Gia' prima della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione, la protezione dell'ambiente aveva assunto una propria autonoma consistenza che, in ragione degli specifici ed unitari obiettivi perseguiti, non si esauriva ne' rimaneva assorbita nelle competenze di settore (sentenza n. 356 del 1994), configurandosi l'ambiente come bene unitario, che puo' risultare compromesso anche da interventi minori e che va pertanto salvaguardato nella sua interezza (sentenza n. 67 del 1992). La natura di valore trasversale, idoneo ad incidere anche su materie di competenza di altri enti nella forma degli standards minimi di tutela, gia' ricavabile dagli artt. 9 e 32 della Costituzione, trova ora conferma nella previsione contenuta nella lettera s) del secondo comma della Costituzione, che affida allo Stato il compito di garantire la tutela dell'ambiente e del1'ecosistema». Nei confronti della Regione Sardegna codesta Corte, dunque, ha gia' dichiarato che l'ambiente rientra nella legislazione esclusiva dello Stato. Che si sia al di fuori della materia urbanistica sembra cosi' evidente da non richiedere chiarimenti. Di conseguenza la norma impugnata gia' per questo va dichiarata illegittima costituzionalmente perche' le competenze esclusive della regione in materia di urbanistica ed ambiente non possono costituirne la base costituzionale, come invece il legislatore regionale ha ritenuto. Nell'art. 1.1 sono anche richiamati, ma in via subordinata, salute pubblica, protezione civile e governo del territorio. Per il governo del territorio non si puo' che ripetere quanto e' stato detto per l'urbanistica. Ugualmente non pertinente alla materia e' la protezione civile. Questi richiami a cascata sono la prova, sia pure indiretta, del fatto che la stessa regione non ha individuato una sicura base costituzionale al suo intervento legislativo e ha richiamato le varie materie in cui ha ritenuto che si potesse profilare una sua competenza, senza nessuna verifica sostanziale. L'unica materia per la quale potrebbe essere configurabile la competenza regionale, nella forma della legislazione concorrente, e' la tutela della salute (art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001 in relazione all'art. 117, terzo comma, Cost.). Ma anche in proposito codesta Corte ha chiarito che «la previsione per cui il nuovo regime stabilito dalla riforma si applica anche alle regioni a statuto speciale ove sia piu' favorevole all'autonomia regionale (art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001) non implica che, ove una materia attribuita dallo statuto speciale alla potesta' regionale interferisca in tutto o in parte con un ambito ora spettante in forza del secondo comma dell'art. l17 della Costituzione alla potesta' esclusiva statale, la regione speciale possa disciplinare la materia (o la parte della materia) riservata allo Stato senza osservare i limiti statutari imposti alla competenza primaria delle regioni, tra cui quelli derivanti dall'osservanza degli obblighi internazionali e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali». Anche sotto il profilo della tutela della salute la legge risulta, pertanto, illegittima costituzionalmente sotto un duplice profilo: per aver interferito in materia di ambiente, attribuito alla legislazione esclusiva dello Stato; per non essersi attenuta ai principi fondamentali che, come codesta Corte ha confermato, in mancanza di una formulazione espressa vanno desunti dalla legislazione preesistente, principi fondamentali secondo i quali restrizioni generalizzate alle attivita' economiche, non legate a situazioni particolari di ambiente o di operatore, vanno fondati su dati scientifici attendibili e non su valutazioni genericamente prudenziali, suggerite dalle convinzione locali, non motivate sperimentalmente. La legge impugnata e' costituzionalmente illegittima anche per violazione dell'art. 117, primo comma, Cost. La materia e' disciplinata dal d.lgs. 17 marzo 1995, n. 230, «Attuazione delle direttive 89/618/Euratom, 90/641/Euratom, 92/3/Euratom e 96/29/Euratom in materia di radiazioni ionizzanti». Nell'art. 1.1 che delimita il «Campo di applicazione», le disposizioni del decreto sono dichiarate applicabili (1) alla «produzione, trattamento, manipolazione detenzione, deposito, trasporto, importazione, esportazione, impiego, commercio, cessazione della detenzione, raccolta e smaltimento di materie radioattive». Il testo normativo, in attuazione delle direttive comunitarie, ha posto la disciplina completa della materia rivolta a realizzare, in forma coordinata e compatibile, gli interessi del mercato e la tutela dell'ambiente e della salute. Il testo normativo e' complesso e disciplina tutte le operazioni che possono interessare le attivita' che rientrano nel suo campo di applicazione. Disciplina, in particolare, il «Trasporto di materie radioattive» (art. 21), le «Spedizioni, importazioni ed esportazioni di rifiuti radioattivi» (art. 32), «Limiti di esposizione» (art. 96), ha introdotto «Disposizioni particolari per i rifiuti radioattivi» (art. 102), e sul «Controllo sulla radioattivita' ambientale» (art. l 04) e «Particolari disposizioni per le attivita' di protezione civile e polizia giudiziaria» (art. 126-quater). Le legge impugnata, precludendo in via generale il transito e la presenza nella regione di materiale nucleare, ha violato, prima delle norme richiamate, il d.lgs. nel suo complesso, in quanto fonte della disciplina integrale della materia. Come noto, i rifiuti, di qualsiasi natura, costituiscono merce, ai sensi dell'art. 23 del Trattato CE, e per essi vige il principio di libera circolazione che comporta il divieto di qualsiasi restrizione quantitativa (art. 28). Precludendo la circolazione nel suo territorio la Regione Sardegna ha violato non solo l'art. 23 CE, ma anche l'art. 117, secondo comma, lett. e) Cost. perche' ha interferito nel mercato di materiali nucleari, anche essi soggetti alla disciplina della concorrenza, nel rispetto della normativa richiamata. Dalla illegittimita' costituzionale dell'art. 1 della legge regionale quella degli artt. 2 e 3 deriva come conseguenza necessaria, in quanto norme destinate ad operare sul presupposto della efficacia dell'art. 1.