LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 3270/2002 depositato il 28 ottobre 2002, avverso cartella di pagamento n. 110200200696695 S.S.N. + IRPEF 1995; Contro Agenzia delle entrate Ufficio Chieri, proposto dal ricorrente: Giani Simona, via Boston, 63 - 10137 Torino, difesa da: Ferraro Giorgio, Corso Francia, 30 - 10100 Torino. F a t t o La sig.ra Giani Simona residente a Torino, rappresentata e difesa dal rag. Giorgio Ferraro, ricorre avverso la cartella di pagamento n. 110 2002 00696695 notificata il 18 luglio 2002 contenente l'iscrizione a ruolo per l'anno 1995 IRPEF e S.S.N. pari ad euro 30.160,29. Tale cartella e' conseguenza dell'avviso di accertamento notificato al sig. Mantelli Giovanni, gia' coniuge della ricorrente, con le modalita' di cui all'art. 143 c.p.c., in data 2 agosto 2001, essendo di fatto irreperibile poiche' emigrato negli Stati Uniti. Dal 5 febbraio 1995 i coniugi Giani Mantelli risiedevano separatamente in comuni diversi (Chieri e Torino), nel settembre 1996 iniziavano la pratica di separazione legale, sancita con sentenza 6 febbraio 1997, e successivamente con sentenza 15 settembre 2000, il matrimonio era sciolto ai fini civili. L'art. 17 della legge 13 aprile 1977 n. 114 prevedeva la possibilita' della dichiarazione congiunta dei coniugi non legalmente ed affettivamente separati e che l'accertamento delle maggiori imposte notificato al marito, avesse efficacia anche nei confronti della moglie la quale diventa una sorta di coobbligato solidale. Sostiene la ricorrente che la ratio della norma e' la convivenza tra i coniugi, venuta meno nel caso de quo, gia' dal settembre 1996. Solleva dubbi sulla legittimita' costituzionale del comma 3 art. 17 legge 13 aprile 1977 n. 114 nella parte in cui non prevede che la notifica degli accertamenti in rettifica in capo al marito operi anche in presenza di coniugi legalmente ed effettivamente separati, per contrasto con artt. 3 e 24 Cost. con disparita' di trattamento tra gli ex coniugi ai danni di quello che non e' stato destinatario della notifica. Cita giurisprudenza (Cass., I sez., 13 luglio 1999, n. 7393) secondo cui, in caso di separazione dei coniugi, l'accertamento deve essere notificato, a pena di nullita', ad entrambe le parti. In particolare la ricorrente sostiene che, l'obbligazione solidale tributaria (Corte cost. 21 gennaio 1988 n. 48) non e' diversa dall'obbligazione solidale di diritto comune per cui condebitori sono portatori di capacita' contributiva in posizione paritetica di fronte al fisco, al coobbligato, che non conosce le ragioni della pretesa impositiva, deve essere garantito l'esercizio deldiritto alla difesa, impossibile se la cartella, come nel caso de quo, contenga solo l'intimazione a pagare una somma senza alcuna possibilita' di impugnazione nel merito della pretesa tributaria. Tale avviso di mora (cartella di pagamento) pone il coabbligato nella posizione di non poter contestare in alcun modo la legittimita' e fondatezza della richiesta di pagamento. La Corte costituzionale con sentenza 184/1989 ha fornito un'interpretazione della norma in questione secondo cui il coniuge, chiamato a rispondere in via solidale, puo' tutelare i propri diritti innanzi al giudice competente. Nel merito sostiene non sussistere alcuna debenza quanto alle pretese erariali in materia di cessione di azienda, in quanto non e' stata realizzata nessuna plusvalenza. Chiede preliminarmente la sospensione dell'atto impugnato e nel merito l'annullamento dell'iscrizione a ruolo. L'Agenzia delle entrate, Ufficio di Chieri, si costituisce ritenendo l'infondatezza delle argomentazioni della ricorrente in quanto in contrasto con la legge. Sostiene che l'accertamento effettuato nei confronti del marito riguardava una plusvalenza connessa con una cessione di azienda. Resosi definitivo l'atto per mancata impugnazione l'ufficio provvedeva all'iscrizione a ruolo a titolo definitivo, e la relativa cartella di pagamento era notificata alla moglie. L'art. 17 commi 4 e 5 della legge n. 114/1977 stabilisce che e' facolta' dei coniugi non legalmente ed effettivamente separati presentare su unico modello la dichiarazione dei redditi. Tale dichiarazione congiunta comporta il collegamento dell'obbligazione tributaria dichiarata con riferimento al momento in cui la stessa e' sorta. L'imputazione del maggior reddito accertato ai sensi dell'art. 17 legge n. 114/1977 deve avvenire nei confronti dei soggetti passivi d'imposta (dichiarante e coniuge). La notifica al solo marito ha rilevanza soltanto al fine di portarlo legalmente a conoscenza dei destinatari, senza mutare l'imputabilita' e titolarita' dei redditi accertati con la responsabilita' in solido dell'altro coniuge (moglie). Sulla base anche della sentenza della Cassazione (5 aprile 2002 n. 4863) nessun profilo di lesione del diritto alla difesa e' ravvisabile nella norma in questione, pertanto in conseguenza dell'accertamento del reddito, infedelmente indicato in una dichiarazione congiunta (nella fattispecie anno 1995), sussiste la responsabilita' solidale dei coniugi. Chiede la conferma della legittimita' dell'iscrizione a ruolo con l'avvio della procedura esecutiva nei confronti della ricorrente e la condanna alle spese. Alla pubblica udienza del 14 gennaio 2003, sentite le parti, la Commissione emana ordinanza con la quale accoglie l'istanza di sospensione ravvisando la sussistenza dei requisiti di legge e rinvia per la discussione nel merito all'udienza del 7 aprile 2003. A tale udienza le parti ribadiscono quanto agli atti. D i r i t t o Atteso che ai fini della decisione del presente ricorso sono rilevanti i commi terzo, quarto e quinto dell'art. 17) della legge n. 137 del 13 aprile 1977 (modificazioni alla disciplina dell'imposta sul reddito delle persone fisiche) che cosi' recitano: «3° - Nell'ipotesi prevista nel primo comma, la notifica della cartella dei pagamenti dell'imposta sul reddito delle persone fisiche iscritta nei ruoli e' eseguita nei confronti del marito. 4° - Gli accertamenti in rettifica sono effettuati a nome di entrambi i coniugi e notificati a norma del comma precedente. 5° - I coniugi sono responsabili in solido per il pagamento dell'imposta, soprattasse, pene pecuniarie e interessi iscritti a ruolo a nome del marito». Si solleva d'ufficio la questione di legittimita' costituzionale della legge suindicata per contrasto con gli artt. 3, 24 e 53 Cost., nella parte in cui, nell'ipotesi in cui i coniugi siano legalmente separati o sciolti dal vincolo matrimoniale, consente all'Ufficio Tributario di provvedere alla notifica dell'atto di accertamento in rettifica e della cartella al solo marito con la responsabilita' in solido dell'obbligazione tributaria in capo ad entrambi i coniugi. La ratio dell'art. 17 in questione appare quella di consentire, ai coniugi di optare per un'unica dichiarazione dei redditi, e quindi, con un unico adempimento sommare le ritenute ed i crediti di imposta, evitando al coniuge che vanta un credito di imposta attendere anni - stanti i cronici ritardi dell'amministrazione - per il rimborso, mentre l'altro coniuge, che ha un debito di imposta, deve effettuare i versamenti nei ristretti tempi di cui alla normativa sulla dichiarazione dei redditi. Il legislatore, pur considerando i due soggetti passivi (marito e moglie) distinti ed autonomi l'uno dall'altro, ha voluto, stante la particolare affectio spiritualis riconoscere la famiglia come un'unica entita', sotto il profilo tributario al momento della dichiarazione dei redditi, nel senso di consentire ai coniugi, fermi restando che il loro reddito e' assoggettato al prelievo in modo autonomo, questa semplificazione negli adempimenti fiscali e, grazie alla somma algebrica dei debiti e crediti di imposta, un'unica liquidazione d'imposta. I commi 3 e 4 comportano che la notifica della cartella di pagamento e degli accertamenti avvenga soltanto in capo al marito. Tale normativa e' stata interpretata dalla Corte costituzionale con sentenza 12 aprile 1989 n. 184 nel senso che «sia data la possibilita' al soggetto oberato di avvalersi dello tutela giurisdizionale prevista dall'art. 24 della Costituzione come diritto inviolabile ... nulla vieta che la moglie, chiamata a rispondere in via solidale, possa tutelare i propri diritti dell'avviso di mora nei propri confronti, nel caso in cui venga per la prima volta, attraverso tale notifica, a legale conoscenza della pretesa avanzata dall'amministrazione finanziaria in via solidale e cio', eventualmente, anche per contestare nel merito l'obbligazione tributaria del coniuge, proponendo, attraverso l'impugnativa dell'avviso di mora, gravame avverso l'accertamento operato nei confronti del marito». Con tale sentenza la Corte costituzionale sottrae dalla decadenza dell'impugnativa il coniuge che, incolpevolmente non sia venuta a conoscenza dell'avviso di accertamento. Va pero' osservato come il diritto alla difesa non sia sufficientemente tutelato. lnfatti pur nell'interpretazione data dal giudice delle Leggi, la moglie puo', sia pure tardivamente, contestare la pretesa tributaria su fatti ed atti imputabili esclusivamente al marito, nel caso de quo una cessione di azienda, di cui, essendo in regime di separazione dei beni, la stessa non ne e' assolutamente a conoscenza. Non siamo in presenza di soci di una s.n.c. o soci accomandatari di una s.a.s i quali, ai sensi di legge hanno il diritto e la facolta' di prendere visione dei documenti e dei libri sociali, e, in qualita' di amministratori, il potere di prendere decisioni a nome e per conto della societa'. La moglie, cui puo' essere forse imputata la leggerezza di avere optato per la dichiarazione congiunta, le cui conseguenze sono a conoscenza certamente degli addetti ai lavori, ma non del normale contribuente, e' tenuta a ricostruire dati contabili e documenti fiscalmente rilevanti, senza avere accesso a tutto cio', poiche' non nella sua disponibilita' materiale e giuridica. L'irragionevolezza della legge emerge in tutta evidenza quando l'accertamento sia intervenuto in presenza di una separazione legale o addirittura scioglimento del matrimonio ai fini civile. La legge riconosce che il legame familiare non esiste piu' o che comunque c'e' una totale separazione dei coniugi, ma per una sorta di retaggio del precedente vincolo familiare, la moglie separata o l'ex moglie per evitare di dover pagare, per fatti a lei non imputabili, deve difendersi ed instaurare un contenzioso senza avere gli strumenti conoscitivi, con violazione del diritto alla difesa sancito dall'art. 24 Cost. Quanto alla responsabilita' in solido dei coniugi, a giudizio di questa Commissione, come peraltro gia' adombrato dalla ricorrente, anche se non formalmente sollevato, sussiste violazione dell'art. 53 primo comma Cost. relativo al principio di capacita' contributiva e dell'art. 3 Cost. relativo al principio di uguaglianza. Questa Commissione e' a conoscenza che la Corte costituzionale ha dichiarata manifestatamente infondata tale questione sia con ordinanza n. 316/1987 che con sentenza 184/1989 (citata), ma, fermo restando che e' riproponibile la questione di legittimita' costituzionale di una legge, sussistono argomenti che fanno ritenere a questo giudice rimettente che il rilievo di illegittimita' costituzionale non sia infondato, quando crea una fascia di aggravio ingiustificato e manifestatamente discriminatorio, in palese violazione dei principi di uguaglianza e di capacita' contributiva. Secondo l'insegnamento della Corte costituzionale (sentenza n. 143, 4 maggio 1995 «la capacita' contributiva, quale idoneita' alla obbligazione di imposta, desumibile dal presupposto economico al quale l'imposizione e' collegata, va, in linea di principio, ravvisata in qualsiasi indice rivelatore di ricchezza, secondo valutazioni riservate al legislatore, salvo il controllo di costituzionalita' sotto il profilo della arbitrarieta' ed irrazionalita», idem (Corte cost. n. 156, 21 maggio 2001). «E' costante nella giurisprudenza di questa Corte l'affermazione secondo la quale rientra nella discrezionalita' del legislatore, con il solo limite della non arbitrarieta', la determinazione dei singoli fatti espressivi della capacita' contributiva che, quale idoneita' del soggetto all'obbligazione di imposta, puo' essere desunta da qualsiasi indice che sia rivelatore di ricchezza». E' ben vero che la Corte costituzionale ha ritenuto (sentenza 184/1989) che la valutazione sulla scelta della dichiarazione congiunta, con la conseguente solidarieta' dei dichiaranti, spetta esclusivamente al legislatore senza essere per questo irragionevole e che «il collegamento con la capacita' contributiva non escluda che la legge possa stabilire prestazioni tributarie solidali a carico, oltreche' del debitore principale, anche di altri soggetti, comunque non estranei alla posizione giuridica cui inerisce il rapporto tributario». Nel caso de quo i coniugi, in regime di separazione dei beni hanno optato per la dichiarazione congiunta, dopo pochi mesi si sono separati sino a giungere alla separazione legale e successivamente il matrimonio e' stato sciolto ai fini civili. Se la norma impugnata puo' avere una sua ratio in costanza di matrimonio, ossia in presenza dell'unione spirituale ed affettiva della famiglia, in cui si condividono valori ed esperienze comuni in una casa coniugale, quale senso puo' avere che la moglie, separata o divorziata, sia tenuta a distanza di anni a rispondere di obbligazioni tributarie del marito, nel caso di specie irreperibile da anni con notifiche effettuate ex art. 143 c.p.c., di cui la medesima non e' assolutamente a conoscenza. Si tratta di una specie di nemesi fiscale, per cui la moglie, avendo un anno incautamente optato per una dichiarazione congiunta, dovra', sino alla fine della sua vita, rispondere dei debiti di un marito separato o di un ex marito. La Pubblica amministrazione, incapace di esigere ed ottenere i versamenti di quanto accertato in capo al contribuente (marito), si rivale sulla moglie la quale e' totalmente estranea alle fattispecie incriminate. Sotto il profilo della ragionevolezza e della logicita', non puo' certo sostenersi l'esistenza di una capacita' contributiva (art. 53 Cost. primo comma) in capo alla moglie, la quale era estranea alla posizione giuridica del marito che agiva in regime di separazione dei beni. In caso contrario sussisterebbe una sorta di responsabilita' oggettiva, sanzionata a carico della moglie per il solo fatto di avere optato per la dichiarazione congiunta, in totale assenza di un presupposto economico o di fatti espressivi della capacita' contributiva. A meno che si voglia ritenere che il vincolo matrimoniale, attenuato in conseguenza della separazione legale o addirittura sciolto, possa valere per sempre, in presenza di una dichiarazione congiunta, come fatto rivelatore di capacita' contributiva.