IL TRIBUNALE

    Ha  pronunciato  la  seguente ordinanza nel giudizio di rinvio in
materia   previdenziale   pendente   tra   Istituto  nazionale  della
previdenza  sociale (avv. I. Pierdominici), Panfini Giovanni (avv. M.
Boretti).
    Va  premesso  che  con sentenza del 415/1993 il pretore di Ascoli
Piceno,  in  funzione  di giudice del lavoro, dichiarava irripetibili
alcune somme indebitamente percepite dal pensionato Panfini Giovanni,
e  in  conseguenza condannava l'I.N.P.S. alla restituzione, in favore
dello stesso Panfini, di quanto trattenuto a titolo di ripetizione.
    La  sentenza,  gravata  di appello da parte dell'I.N.P.S., veniva
confermata  dal  Tribunale  di  Ascoli  Piceno  con  decisione del 1°
dicembre  1994,  che  argomentava  nel senso della mancanza di alcuna
prova   del   dolo   da   parte  del  percipiente,  cio'  comportando
l'applicabilita' dell'art. 52 della legge n. 88/1989.
    Avverso  la sentenza proponeva ricorso per cassazione l'I.N.P.S.,
e  la  S.C., con sentenza n. 6747/1999, depositata il 1° luglio 1999,
cassava la decisione impugnata e rinviava a questo tribunale.
    Affermava  la  S.C.  che  in  tema  di  indebito  pagamento della
pensione  di  invalidita'  per  superamento del limite di reddito, la
ripetibilita'  delle  relative  somme  era  disciplinata  dalla norma
dell'art. 8 del d.l. 12 settembre 1983 n. 463, convertito in legge 11
novembre  1983,  n. 638.  Peraltro,  a seguito dell'entrata in vigore
della  legge n. 662/1996, per le indebite erogazioni precedenti al 1°
gennaio   1996   dovevasi   ritenere   applicabile   tale   normativa
sopravvenuta,  cio'  rendendo necessario l'accertamento, da parte del
giudice di merito, del limite reddituale relativo all'anno 1995. Cio'
in  quanto  i  commi  260  e  261 dell'art. 1 della legge richiamata,
disponevano,  rispettivamente, l'irripetibilita' per i redditi pari o
inferiori  a  sedici  milioni di lire, e la ripetibilita', nei limiti
dei tre quarti dell'importo, per i redditi superiori a sedici milioni
di lire.
    Aggiungeva  la  S.C.  che  le  disposizioni sopravvenute erano da
ritenere applicabili anche agli importi gia' recuperati dall'istituto
previdenziale.
    Con  ordinanza  resa  all'udienza del 1° aprile 2001 il tribunale
disponeva procedersi all'accertamento del requisito reddituale di cui
sopra,  con cio' ottemperando al principio di diritto enunciato dalla
sentenza della S.C.
    Acquisiti  i  necessari  elementi  documentali,  e' accertato che
nell'anno  1995 il reddito a fini IRPEF del Panfini aveva superato il
limite  di  16  milioni  di  lire,  il collegio, con ordinanza del 14
novembre  2001  sollevava  questione di illegittimita' costituzionale
dell'art. 1,  commi  260  e 261 della legge 1996, in riferimento agli
artt. 3 e 38 della Costituzione.
    La  Corte  costituzionale,  con  ordinanza  del  14  giugno 2002,
disponeva  restituirsi  gli  atti  a questo tribunale per nuovo esame
della  questione,  alla  luce  della  sopravvenuta  disciplina di cui
all'art. 38, commi 7, 8, 9 e 10 della legge n. 448/2001.
    All'udienza  dell'11  dicembre  2001 comparivano le parti, che si
riportavano ai rispettivi scritti.
    Con ordinanza riservata del 14 gennaio 2003 il tribunale invitava
la  difesa  del  Panfini  a  esibire  la dichiarazione reddituale per
l'anno    2000,   tale   parametro   apparendo   decisivo   ai   fini
dell'applicabilita' della normativa dapprima richiamata.
    All'odierna udienza il difensore del Panfini depositava prospetto
dei  redditi  per  l'anno  2000, estratto dal casellario centrale dei
pensionati,  deducendo  l'insussistenza dell'obbligo di dichiarazione
per il proprio assistito.
    Dal  prospetto  in  questione risulta che il Panfini ha percepito
nel 2000 una pensione I.N.P.S. per l'importo di euro 1.891,1154 e una
pensione INPDAP per l'importo di euro 10.622,6482.
    La  somma  dei  due redditi comporta il superamento del limite di
euro 8.263,31 di cui al comma 7 dell'art. 38 della legge n. 448/2001.
    Poste  queste  premesse,  deve  il collegio ritenere che tutte le
ragioni  che  fondarono  il sospetto di illegittimita' costituzionale
dei  commi  260  e 261 dell'art. 1 della legge n. 662/1996 permangono
intatte  a  proposito del sopra richiamato comma 7 dell'art. 38 della
legge  n. 448/2001,  alla  luce della sostanziale identita' delle due
normative.
    Invero, va considerato che non ravvisa il collegio alcuna ipotesi
di   dolo  dell'accipiens  per  il  solo  fatto  del  silenzio  nelle
comunicazioni   all'I.N.P.S.,   e   che  il  superamento  del  limite
reddituale  comporterebbe  l'applicazione al Panfini della disciplina
sulla ripetizione dell'indebito. Onde la rilevanza della questione di
legittimita' costituzionale sollevata dalla difesa del Panfini.
    Questione  che appare, altresi', non manifestamente infondata, in
riferimento  tanto al parametro dell'art. 3 Cost. quanto al parametro
dell'art. 38 Cost.
    Quanto  al  primo aspetto, occorre rilevare che per effetto della
nuova   normativa   si   verificherebbe   una  palese  diversita'  di
trattamento,  in  presenza  di  situazioni omogenee, tra i pensionati
gia' assoggettati a recupero prima dell'entrata in vigore della nuova
norma  e  pensionati nei cui confronti il recupero sia stato promosso
successivamente.  La  disparita'  di  trattamento  emerge anche dalla
considerazione  dell'effetto  retroattivo della norma, che appare del
tutto  irragionevole.  Quanto  all'altro  aspetto, va ritenuto che la
disciplina in tema di recupero si manifesta irragionevolmente diretta
a  colpire emolumenti pensionistici di assai basso livello, garantiti
dall'art. 38 Cost. per categorie di cittadini piu' deboli, e tuttavia
esposti  alla  ripetizione  per effetto di un indebito maturato prima
dell'entrata   in   vigore   della  disciplina  normativa  della  cui
legittimita' costituzionale si sospetta.
    Va  considerato,  sotto  il profilo teste' richiamato, che non si
riscontrano   esigenze   di   bilancio   tali   da  giustificare  una
compressione del diritto degli assicurati, tanto piu' considerando il
rilievo  che  va  dato al loro incolpevole affidamento sulla certezza
dei rapporti giuridici.
    La  questione  di  costituzionalita'  a  suo  tempo  proposta va,
pertanto, reiterata.