ha pronunciato la seguente Ordinanza nel giudizio di legittimita' costituzionale dell'art. 40 legge 25 giugno 1865, n. 2359, in combinato disposto con gli artt. 15 e 16 legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilita'; modifiche ed integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; legge 18 aprile 1962, n. 167; legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), come modificati dall'art. 14 legge 28 gennaio 1977, n. 10 promosso con ordinanza del 26 aprile 2002 dalla Corte d'appello di Torino nel procedimento civile vertente tra Fabio Frisa c/ Autostrada Serravalle Milano Ponte Chiasso S.p.A., iscritta al n. 303 del registro ordinanze 2002 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, 1ยช serie speciale, dell'anno 2002. Visto l'atto di costituzione di Fabio Frisa; Udito nell'udienza pubblica del 6 maggio 2003 il giudice relatore Alfio Finocchiaro; Uditi gli avvocati Mario Marchio' e Luca Verrienti per Fabio Frisa. Ritenuto che nel corso di causa civile iniziata da Fabio Frisa per la determinazione delle indennita' di esproprio e di occupazione relativamente ad una porzione di terreno agricolo di sua proprieta', sottoposta a procedura ablatoria dalla Autostrada Serravalle Milano Ponte Chiasso s.p.a., per la realizzazione di uno svincolo autostradale, la Corte d'appello di Torino ha sollevato questione di legittimita' costituzionale relativamente al combinato disposto degli artt. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Espropriazione per causa di utilita' pubblica) e 15-16 della legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilita'; modifiche ed integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; legge 18 aprile 1962 n. 167; legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata), per violazione dell'art. 3 della Costituzione; che la Corte d'appello ha rilevato: che, avendo l'espropriazione interessato solo una parte del mappale n. 48 del locale catasto, l'indennita' di esproprio va calcolata in base alla differenza fra il valore dell'intero prima dell'esproprio ed il valore della parte residua, con riferimento all'intera impresa agricola, prima e dopo l'esproprio, di cui il terreno faceva parte, e non, semplicemente, allo specifico mappale parzialmente espropriato; che, secondo il diritto vivente, il criterio differenziale di cui all'art. 40 della legge 2359 del 1865 e' applicabile anche ai terreni agricoli, e che, nel caso di specie, l'indennita' va liquidata tenendo conto dell'incidenza dell'espropriazione sul valore dell'azienda agricola nel suo complesso, considerandosi, tra l'altro, i maggiori costi di conduzione determinati dallo smembramento dei terreni; che l'indennita' per l'esproprio parziale di un mappale appartenente ad un'azienda agricola si deve determinare attraverso la stima differenziale del valore dell'azienda, prima e dopo l'espropriazione; che, diversamente, nell'ipotesi di esproprio che interessi un intero mappale, che pur partecipi funzionalmente ad una piu' vasta unita' aziendale, l'indennita' e' liquidata in base al valore del suolo agricolo, commisurato al tipo di coltura cui e' adibito, valore nel quale e' conglobato non solo il pregio del terreno in se' considerato, ma anche il danno riflesso all'azienda nel suo complesso, ed eventualmente con ulteriore indennita' a favore dell'affittuario, ovvero con la triplicazione dell'indennizzo ove il proprietario, coltivatore diretto del fondo, addivenga a cessione volontaria; che, con riferimento alla causa in corso, il giudice rimettente ha osservato che il consulente tecnico ha stimato la differenza tra valore dell'azienda agricola prima e dopo l'esproprio in L. 99 milioni, da aggiungere ovviamente al valore della parte espropriata, cui l'attore pretende doversi cumulare la perdita dell'avviamento aziendale, riconducibile all'impossibilita' tecnica di proseguire razionalmente la gestione del vivaio sulla ridotta superficie ancora disponibile e che, in via ipotetica, qualora l'espropriazione avesse interessato l'intero mappale, l'applicazione dell'art. 15 della legge n. 865 del 1971 avrebbe indotto ad una valutazione del compendio, secondo i dati forniti dal c.t.u., in L. 44,5 milioni; che, secondo il giudice a quo, emerge da quanto detto che l'applicazione del diritto vivente puo' condurre all'anomalia di un esproprio parziale piu' oneroso di un esproprio totale riferito al medesimo mappale, con il risultato di dover compensare un detrimento minore in misura piu' elevata di un detrimento maggiore, essendo la scelta dell'espropriante, riguardo all'oggetto espropriando, vincolata alle caratteristiche tecniche dell'opera da realizzare e all'effettiva esistenza della pubblica utilita' riferibile, a seconda dei casi, all'intero mappale o a una parte di esso; che l'irrazionalita' del trattamento potrebbe essere evitata ove nel caso di esproprio parziale venisse posto al valore differenziale il limite massimo dell'indennizzo virtuale per il caso di esproprio totale, limite non altrimenti desumibile in via interpretativa dal sistema della legge; che, in ordine alla rilevanza, la Corte d'appello assume che a seconda se si faccia applicazione del puro criterio del valore differenziale o dell'ipotizzato contemperamento con il limite massimo del valore espropriativo totale, si giunge a risultati diversi sotto il profilo del quantum da liquidare; che sulla fattispecie non incide il d.P.R. 8 giugno 2001, n. 327 (Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita), non applicabile alle espropriazioni gia' concluse; che nel giudizio si e' costituito Frisa Fabio che ha concluso per l'inammissibilita' e comunque per l'infondatezza della proposta questione, motivando ampiamente su tali eccezioni con la memoria illustrativa depositata nell'imminenza della udienza. Considerato che la Corte d'appello ha ritenuto rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimita' costituzionale del combinato disposto degli artt. 40 della legge 25 giugno 1865, n. 2359 (Espropriazioni per causa di utilita' pubblica), e 15-16 legge 22 ottobre 1971, n. 865 (Programmi e coordinamento dell'edilizia residenziale pubblica; norme sulla espropriazione per pubblica utilita'; modifiche ed integrazioni alla legge 17 agosto 1942, n. 1150; legge 18 aprile 1962, n. 167; legge 29 settembre 1964, n. 847; ed autorizzazione di spesa per interventi straordinari nel settore dell'edilizia residenziale, agevolata e convenzionata) laddove non prevede che in caso di espropriazione parziale di terreno agricolo l'indennita' differenziale riferita al complessivo pregiudizio subito dall'intera azienda agricola non possa mai eccedere quello che sarebbe l'importo dell'indennita' dovuta in caso di esproprio totale del medesimo mappale, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, per ingiustificata irrazionalita' nella disciplina di situazioni uguali, o quanto meno raffrontabili; che il giudice rimettente, con scarsa chiarezza ed incompletezza nell'esposizione della fattispecie, omette del tutto i passaggi del procedimento estimatorio - per il quale si limita a richiamare la c.t.u. - e non spiega, in definitiva, perche', adottando il sistema differenziale stima un valore di L. 99 milioni, e adottando invece la somma algebrica perviene ad un risultato (L. 44,5 milioni) inferiore alla meta'; che l'irrazionalita' denunciata sembra connessa all'adozione, in sede applicativa, di particolari criteri valutativi concorrenti alla formulazione del giudizio sul fatto, di non diretta derivazione legale, per cui il dubbio di legittimita' costituzionale attiene in realta' a pregiudizi e inconvenienti privi di rilievo costituzionale, e dunque a materia propria dell'osservazione dei giudici di merito; che, anche a non volere ricondurre la problematica sollevata dalla Corte d'appello di Torino alla difficolta' applicativa di mero fatto, si deve comunque rilevare l'erroneita' del presupposto interpretativo da cui muove il giudice a quo, nel senso dell'obbligatorieta', discendente dal combinato disposto delle norme censurate, della stima differenziale dell'azienda, invece che della somma algebrica tra valore del fondo e perdite dell'azienda; che una simile ordinanza e' inidonea a dare valido ingresso al giudizio di legittimita' costituzionale (ex plurimis: ordinanze nn. 50, 2, 1 del 2003; nn. 388, 261 del 2002); che, pertanto, la questione deve essere dichiarata manifestamente inammissibile. Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.