IL TRIBUNALE Sulla richiesta del p.m. di convalida dell'arresto di «Bodac Mirela nata il 30 marzo 1981 in Romania» per la contravvenzione, prevista e punita dall'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002; Premesso che l'arrestata e' stata espulsa con regolare provvedimento del Prefetto di Bologna in data 17 luglio 2003, che in pari data il Questore di Bologna le ha ordinato di allontanarsi dal territorio dello Stato entro 5 giorni ai sensi dell'art. 14, comma 5-bis, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, e che ella non ha ottemperato all'ordine, venendo arrestata a Bologna il 9 agosto 2003 ai sensi dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. cit.; Dato atto che l'arrestata e' priva di documenti di identificazione validi ed e' stata sottoposta a rilievi dattiloscopici per la sua identificazione, in base ai quali si e' accertato che la stessa - con le generalita' con le quali e' stata arrestata salvo il nome Mery e non Mirela di cui alla precedente unica identificazione del 17 luglio 2003 comportante l'espulsione per irregolarita' nella posizione di ingresso e soggiorno; che dunque non ha precedenti penali definitivi a carico, non risultano pendenze giudiziarie, ne' alcuna altra segnalazione di polizia; che in altri termini nel periodo di accertata recente presenza in Italia l'interessata non risulta avere commesso reati di alcun genere; che anzi l'arresto odierno e' avvenuto in circostanze del tutto particolari ovvero a seguito di richiesta di intervento rivolta alla centrale operativa della Questura di Bologna da parte di tale Matei Nadia a proposito di una rapina aggravata dall'uso di un coltello e con limitazione della liberta' personale subita dalla richiedente e dalla Bodac da parte degli occupanti di una autovettura indicati come di nazionalita' albanese che le avevano avvicinate con il pretesto di consumare un rapporto sessuale a pagamento e che le avevano invece depredate dei loro averi, costringendo anzi uno di loro ad avere un rapporto sessuale senza protezione; che tutto cio' risulta dalla relazione di servizio 9 agosto 2003 del personale della volante 33 della Questura di Bologna allegata in atti; che solo successivamente emergevano negli uffici della questura, come precisato in sede di odierna relazione orale all'udienza di convalida, le circostanze che determinavano all'arresto; che la Bodac ha dichiarato di aver nel frattempo presentato denuncia per i gravi delitti da lei subiti, specificando a domanda del giudice che e' in grado di riconoscerne gli autori e che non le sono stati esibiti in visione album fotografici; Osservato che nella situazione soggettiva suddetta, incidente sulla rilevanza della questione, sono da ribadire i dubbi di legittimita' costituzionale dell'arresto obbligatorio come previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 - come modificato dalla legge n. 189/2002 - e che la questione di legittimita' di tale norma appare non manifestamente infondata, con essenziale riferimento ai parametri costituzionali di cui agli artt. 13 e 3 della Costituzione, in accoglimento di eccezione difensiva, richiamata da parte dell'Ufficio la propria ordinanza emessa da ultimo il 22 gennaio 2003 Yemen Sar n. 226/2003 e da questo Tribunale in altra composizione in data 30 novembre 2002 per motivi analoghi, proc. n. 2351/2002 r.g., Selti; Quanto al parametro dell'art. 13, terzo comma della Costituzione, che consente provvedimenti limitativi della liberta' personale da parte della P.S. solo «in casi eccezionali di necessita' ed urgenza indicati tassatimente dalla legge», la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies, appare contrastarvi per le seguenti ragioni: la tutela costituzionale della liberta' personale e' assoluta: essa viene definita come inviolabile al primo comma, ne e' consentita la limitazione solo con provvedimento dell'autorita' giudiziaria e nei casi previsti dalla legge al secondo comma; al terzo comma ne e' consentita una eccezionale limitazione temporanea ad opera della P.S. solo se successivamente convalidata dall'autorita' giudiziaria e nei casi «eccezionali di necessita' ed urgenza» previsti dalla legge. Al terzo comma - diversamente dal secondo - e' prevista quindi una riserva di legge qualificata poiche' al legislatore ordinario non spetta di determinare liberamente i casi in cui la liberta' personale puo' venire provvisoriamente limitata dalla P.S., ma puo' farlo solo nei casi eccezionali di necessita' ed urgenza; la giurisprudenza costituzionale ha chiarito le nozioni di eccezionalita', necessita' ed urgenza che giustificano l'arresto obbligatorio. Proprio perche' l'art. 14, comma 5-quinquies, prevede l'obbligatorieta' dell'arresto ogni volta che si accerti la fragranza della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter, le condizioni di eccezionale necessita' ed urgenza della misura precautelare debbono essere valutate in astratto in relazione al reato a cui e' collegata la previsione dell'arresto obbligatorio e non ne e' consentita una modulazione in relazione al caso concreto; la condotta contravvenzionale a cui e' collegato l'arresto obbligatorio e' quella dello straniero gia' espulso dal territorio nazionale in quanto clandestino ed inottemperante al successivo ordine di allontanamento del questore: si tratta cioe' di un reato di mera condotta, di doppia disobbedienza ad un ordine dell'autorita', dato prima nella forma del decreto di espulsione e dopo con l'ordine di allontanamento. La struttura del reato non prevede quindi ne' la lesione o la messa in pericolo di un bene costituzionalmente protetto, ne' una condizione soggettiva di pericolosita' specifica dell'autore, che non e' gia imputato o condannato per altri reati, non e' socialmente pericoloso (vedi Corte costituzionale n. 64/1977 in cui la legittimita' dell'arresto era collegata al preesitente accertamento giudiziale delle condizioni di pericolosita' sociale), ne' versa in una condizione di pericolosita' specifica per le sue condizioni personali (vedi Corte cost. n. 126/1972 in cui la legittimita' dell'arresto era collegata all'ubriachezza in atto): va infatti considerato che la clandestinita' sul territorio dello Stato, cioe' la permanenza dello straniero in Italia senza i documenti che la legittimano formalmente, e' condizione che legittima l'espulsione ma che non integra alcun reato e che, proprio perche' e' collegata alla formale assenza di documenti, non puo' essere indice di per se' di una specifica pericolosita' del soggetto (si pensi all'innumerevole numero di «badanti» che per periodi lunghissimi lavorano irregolarmente nelle famiglie italiane in condizioni di clandestinita', per i quali e' evidente l'assenza di ogni pericolosita' sociale). Per quanto descritto nella fattispecie tipica del reato, ne' la condotta punita ne' le condizioni dell'agente appaiono quindi assumere quei connotati di eccezionale necessita' ed urgenza che indicano il potere limitativo della liberta' personale da parte della P.S. ai sensi del terzo comma dell'art. 13 Cost.; l'arresto e' in questo caso obbligatoriamente previsto per una contravvenzione punita con l'arresto da 6 mesi ad un anno. Il sistema processuale vigente non consente l'applicazione di misure cautelari personali per contravvenzioni (artt. 280 e 287 c.p.p.), il che rende evidente come in questo caso l'arresto non sia in alcun modo collegato alla successiva applicazione di una misura cautelare. Esso si affianca ad altri eccezionali casi in cui e' consentito l'arresto a prescindere dalla successiva applicazione di misura cautelare, ma si discosta da tali ipotesi per aspetti molto rilevanti. Significativo e' il raffronto con le ipotesi di arresto in flagranza previsto per il delitto p.p. dall'art. 189 c.d.s. (la cui pena edittale e' inferiore ai limiti che consentono l'applicazione di misure cautelari) e per le contravvenzioni p.p. dai commi primo e secondo art. 4 legge n. 110/1975 o dai commi quarto e quinto dello stesso articolo, in questo caso se aggravate dalla finalita' di discriminazione o odio etnico, razziale ecc. Nella prima ipotesi l'arresto e' consentito per consentire «la possibilita' di un intervento immediato di chi si sia dato alla fuga, abbia abbandonato le vittime di incidenti stradali a lui riconducibili ed abbia messo in pericolo la sicurezza individuale e collettiva» (C. cost. n. 305/1996). Nel secondo caso l'arresto consente che le forze di P.S. limitino la liberta' personale di soggetti in possesso di armi o oggetti atti ad offendere nel corso di riunioni pubbliche (comma quarto e quinto) o con armi od oggetti atti ad offendere fuori dalla propria abitazione il cui possesso sia destinato specificamente a finalita' di discriminazione o odio razziale (comma primo e secondo, aggravati dall'art. 3 comma 1, decreto-legge n. 122/1993), condotte entrambe evidentemente riconducibii ad un pericolo per la sicurezza individuale e collettiva evitabile soltanto con la materiale apprensione del soggetto armato ed il suo allontanamento dal luogo pericoloso. In entrambi i casi, l'arresto e' previsto come facoltativo e non come obbligatorio (art. 189, comma sesto, cds e art. 6, comma secondo, legge n. 654/1975). In entrambe le ipotesi citate di arresto consentito a prescindere dalla conseguente applicabilita' di misura cautelare si tratta di condotte attive (lesioni personali con conseguente fuga e porto di armi in occasioni o con finalita' non consentite), che concretamente pongono in pericolo la sicurezza individuale e collettiva e necessariamente dolose, mentre l'arresto previsto dall'art. 14, comma 5-quinquies, riguarda un reato di mera condotta omissiva, che non pone in concreto pericolo la sicurezza altrui, punibile anche a titolo di colpa per la negligente non ottemperanza all'ordine. Mentre nelle prime due ipotesi l'arresto e' quindi previsto per casi in cui appare necessario ed urgente bloccare l'autore di condotte pericolose da parte della P.S. che lo sorprenda in flagranza, nel caso di cui all'art. 14, comma 5-quinquies, non emerge alcuna necessita' ed urgenza di procedere all'arresto dell'autore di una condotta colposa e priva di concreta pericolosita'. Sul punto va aggiunto che il giudice delle leggi nella sentenza n. 305/1996 ha confermato la legittimita' dell'arresto previsto dall'art. 189 c.d.s. ancorandola alla sua facoltativita', in quanto tale arresto «richiede pur sempre la sussistenza, nei singoli casi concreti, dei presupposti ai quali l'art. 381, comma quarto, subordina in via generale l'adozione di tale misura». Nel caso qui in esame invece l'obbligatorieta' dell'arresto prescinde da ogni valutazione sulla concreta pericolosita' della condotta, con la conseguenza che la misura potrebbe essere costituzionalmente rientrante nella previsione dell'art. 13, terzo comma Cost. solo se si ritenesse eccezionalmente necessario ed urgente limitare la liberta' di uno straniero tutte le volte in cui egli abbia violato l'ordine di allontanamento del questore successivo alla sua espulsione dal territorio nazionale, il che non appare conforme alla inviolabilita' della liberta' personale imposta dall'art. 13 Cost.; l'arresto obbligatorio non potrebbe neppure trovare ragione nell'eccezionale necessita' ed urgenza di poter procedere al rito direttissimo imposto dallo stesso art. 14, comma 5-quinquies, per l'accertamento della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter. Il rito direttissimo nel nostro ordinamento non e' infatti vincolato alla necessaria presenza dell'imputato in udienza, come appare dall'art. 449 che lo prevede in tutti i casi in cui l'imputato - non arrestato ne' detenuto - abbia reso confessione, nei casi previsti dall'art. 450 c.p.p. comma secondo, che espressamente dispone le regole processuali per l'ipotesi di citazione a giudizio dell'imputato a piede libero, oltre che nei casi previti dallo stesso d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, che all'art. 13, comma 13-ter, prevede ipotesi di arresto facoltativo disponendo che in ogni caso - e quindi anche quando la facoltativita' dell'arresto non sia stata esercitata e quindi l'imputato resti libero - contro l'autore del fatto si proceda con rito direttissimo; non puo' infine ritenersi che l'eccezionale necessita' ed urgenza dell'arresto sia collegata alla necessita' di eseguire l'espulsione dell'arrestato, che di per se' puo' essere eseguita con accompagnamento alla frontiera in via generale, ed in modo del tutto autonomo ed indipendente dall'arresto, ai sensi dell'art. 13, comma quarto, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002. Quanto al parametro dell'art. 3 Costituzione, che impone al legislatore il rispetto del limite della ragionevolezza come qualificato nelle sentenze Corte cost. n. 26/1979; n. 103/1982; n. 409/1989; n. 341/1994 (vedi anche Corte cost. n. 53/1958 secondo cui «non si controlla l'uso del potere discrezionale del legislatore se si dichiara che il principio dell'uguaglianza e' violato quando il legislatore assoggetta ad una indiscriminata disciplina situazioni che esso stesso considera e dichiara diverse), la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nell'art. 14, comma 5-quinquies, appare contrastarvi per le seguenti ragioni: l'art. 13, comma 13, del d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002 prevede la contravvenzione dello straniero che, espulso e materialmente accompagnato alla frontiera, rientri nel territorio nazionale, punendola con l'arresto da 6 mesi ad l anno (si tratta della prima disobbedienza ad un ordine, ma la condotta di rientro e' attiva e manifesta una intenzionalita' particolarmente forte dello straniero poiche' segue alla materiale attivita' della pubblica amministrazione che lo ha accompagnato alla frontiera coattivamente, con rilevante impegno di risorse umane e materiali). Tale contravvenzione e' punita con l'arresto nella stessa misura rispetto alla contravvenzione prevista dall'art. 14, comma 5-ter, (disobbedienza reiterata di due ordini, ma con condotta meramente omissiva e anche colposa), il che e' indice inequivoco della valutazione del legislatore di pari gravita' delle condotte considerate. Mentre nel primo caso l'arresto e' previsto come facoltativo (art. 13, comma 13-ter), nel secondo caso esso e' previsto come obligatorio (art. 14, comma 5-quinquies); l'art. 13, comma 13-bis, del d.lgs. n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002 prevede il delitto dello straniero che rientri in Italia dopo l'espulsione disposta in sede giudiziale, punendolo con la reclusione da 1 a 4 anni e l'art. 13, comma 13-ter. In questo caso di delitto con pena edittale fino a 4 anni e' previsto l'arresto come facoltativo dall'art. 13, comma 13-ter, mentre nel caso piu' lieve della contravvenzione dell'art. 14, comma 5-ter, punita con l'arresto fino ad 1 anno l'arresto e' previsto come obbligatorio dal citato art. 14, comma 5-quinquies; dall'esame delle disposizioni sopra citate emerge quindi che anche all'interno del d.lgs n. 286/1998, come modificato dalla legge n. 189/2002, la previsione dell'arresto obbligatorio contenuta nel comma 5-quinquies, dell'art. 14 e' irragionevole, sia poiche' a situazioni di analoga gravita' (art. 13, comma 13) conseguono modalita' d'arresto facoltative e quindi piu' lievi, senza che emergano apprezzabili ragioni che giustifichino il differente trattamento della liberta' personale dell'arrestato nelle due ipotesi, sia perche' a situazioni di maggiore gravita' (art. 13, comma 13-bis) conseguono addirittura modalita' di arresto facoltative e quindi piu' lievi, senza che vi siano ragioni specifiche che giustifichino il piu' lieve trattamento di reati piu' gravi nella fase della previsione delle misure precautelari; che la questione e' rilevante per la pronuncia sulla convalida dell'arresto, poiche' il rilievo difensivo sulla carenza di motivazione dell'intimazione del questore pertiene in concreto al merito del giudizio e all'esercizio dei poteri di disapplicazione dell'atto amministrativo da parte del giudice penale e in quanto l'eventuale declaratoria di illegittimita' costituzionale dello stesso arresto farebbe venir meno il fondamento normativo della richiesta di convalida preposta dal p.m. Infatti nella fattispecie «Bodac Mirela» e' stata tratta in arresto perche' tale misura e' prevista come obbligatoria dall'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998, mentre ella non sarebbe stata passibile di arresto se tale misura fosse stata prevista come facoltativa in quanto non sussistono nella fattispecie le condizioni richieste dall'art. 381, comma quarto, della gravita' del fatto (rispetto alla specifica condotta sviluppatasi per un tempo legalmente indebito, ma non particolarmente protratto e soprattutto in considerazione delle circostanze del tutto particolari in cui e' stato occasionato l'accertamento a richiesta dell'amica dell'interessata e certo non contro la sua volonta' in funzione di richiesta di aiuto e soccorso rispetto ai gravi delitti subiti) a meno di ritenere grave ogni caso di violazione di questa norma incriminatrice, (che e' una contravvenzione punita da 6 mesi a 1 anno), ne' della pericolosita' del soggetto desunta dalla sua pericolosita' (l'arrestato e' del tutto privo di pregiudizi ed e' qui per la prima volta accusato di una contravvenzione, richiamandosi per il resto le premesse) o dalle circostanze del fatto (la condotta contestata e' meramente passiva, di disobbedienza ad un ordine dell'autorita). Ritenuto quindi conclusivamente che la questione di legittimita' costituzionale dell'art. 14, comma 5-quinquies, d.lgs. n. 286/1998 come modificato dalla legge n. 189/2002, nella parte in cui prevede come obbligatorio l'arresto per il reato previsto dall'art. 14, comma 5-ter, appare non manifestamente infondata e rilevante nel giudizio di convalida in corso, per cui va sollevata d'ufficio, per le ragioni sopra esposte; che la conseguente sospensione ex lege del giudizio di convalida comporta quella sulla pronuncia di nulla osta all'espulsione che a norma dell'art. 13, comma 3-bis, d.lgs. cit. va data «all'atto della convalida» ovvero all'esito del relativo giudizio positivo; che di quanto sopra, anche in relazione al disposto di cui all'art. 14, comma 5-ter, d.lgs. cit., va data opportuna comunicazione al Prefetto di Bologna, oltre che al Questore di Bologna per le sue competenze per la fase esecutiva dei provvedimenti amministrativi di espulsione.