LA COMMISSIONE TRIBUTARIA PROVINCIALE Ha emesso la seguente ordinanza sul ricorso n. 624/02 depositato il 5 giugno 2002 avverso avviso diniego rimborso n. 9213 IRAP 1998 e IRAP 1999; Contro Agenzia delle entrate Ufficio di Alba; Proposto dal ricorrente: Banca di Credito cooperativo Alba, Langhe e Roero S.C.R.L., via Torino n. 26 - 12040 Vezza D'Alba (CN), difeso da Risoli Pierfranco, c.so Soleri n. 3 - 12100 Cuneo. Rilevato in fatto La Banca di Credito Cooperativo di Alba, Langhe e Roero, S.c. a resp. limitata ricorre avverso il provvedimento di rigetto dell'Agenzia delle entrate dell'istanza di rimborso parziale dell'IRAP per gli anni 1998 e 1999 eccependo l'illegittimita' costituzionale dell'art. 45 del d.lgs. n. 446/1997, ulteriormente modificato dalle leggi n. 448/1999 e n. 388/2000, nella parte in cui prevede aliquote IRAP maggiori (5,4%) per banche ed enti finanziari rispetto all'aliquota del 4,25% applicata alle altre tipologie di imprese per contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3 Cost.), il principio di proporzionalita' dell'imposizione tributaria alla capacita' contributiva (art. 53 Cost.), il principio di generalita' dell'obbligo di concorso alla copertura delle spese pubbliche (art. 53 Cost.). L'Agenzia delle entrate - Ufficio di Alba (nel prosieguo definito sinteticamente l'Ufficio), costituendosi in giudizio, oltre a richiedere nel merito il rigetto del ricorso, chiede: a) in via preliminare, rigettare la domanda di remissione alla Corte costituzionale per l'impossibilita' di dichiarare quale comma dell'art. 45 del d.lgs. s'intenda sottoporre all'esame di legittimita' della Corte; b) in subordine, rigettare la domanda di remissione alla Corte costituzionale dell'art. 45 comma secondo, perche' non rilevante e manifestamente infondata. All'udienza pubblica del 14 gennaio 2003, assente parte ricorrente, il rappresentante dell'Ufficio ribadiva la richiesta di rigetto del ricorso. Questo collegio si riservava di decidere sulla preliminare eccezione di incostituzionalita' proposta dalla ricorrente. Successivamente, nella riunione in camera di consiglio del 15 aprile 2003, emetteva ordinanza di remissione alla Corte costituzionale cosi' come in appresso estesa e motivata. Ritenuto in diritto 1. - La ratio della introduzione dell'IRAP e' stata quella di regionalizzare il sistema tributario sostituendo ad una molteplicita' di tributi un unico tributo a carattere regionale (l'IRAP) mantenendo invariato il gettito fiscale e perequando il carico tributario fra i vari settori produttivi, con aliquote rapportate al valore aggiunto prodotto la base imponibile dell'IRAP e' costituita, per tutte le imprese che vi sono soggette, dal medesimo indice di capacita' contributiva: il «valore della produzione netta», misurato per ciascuna di esse secondo le regole che disciplinano la rappresentazione precisa, veritiera e corretta della rispettiva situazione economico patrimoniale e reddituale. 2. - Con la decisione 21 maggio 2001 n. 156, la Corte costituzionale ha ritenuto conformi ai principi costituzionali le norme istitutive della nuova imposta con particolare riferimento alla disciplina della determinazione della base imponibile: il valore della produzione netta, cosi' come determinato dagli artt. 4, 5, 6, 7 e seguenti del d.lgs. n. 446 del 1992 e' stato riconosciuto come legittimo indice di capacita' contributiva. 3. - L'introduzione della nuova imposta doveva assicurare lo stesso gettito complessivo dei tributi e del contributo soppressi: cio' comportava necessariamente una ridistribuzione del carico fiscale all'interno del mondo delle imprese. Nella relazione illustrativa dello schema di decreto legislativo il governo sottolineava che gli effetti redistributivi della riforma ne erano l'inevitabile e voluta conseguenza. Per rendere graduale la realizzazione del processo di riforma l'art. 45 del decreto legislativo n. 446/1997 - recante disposizioni transitorie in materia d'imposta regionale sulle attivita' produttive - e il decreto ministeriale del 5 maggio 1998, disciplinano la c.d. clausola di salvaguardia: un correttivo parziale e transitorio, posto a tutela dei contribuenti eccessivamente penalizzati dall'introduzione dell'IRAP rispetto al prelievo fiscale che avrebbero subito per i tributi e contributi soppressi. A tale scopo e' prevista per tutti i contribuenti una riduzione dell'IRAP dovuta nei primi tre anni di applicazione della stessa (1998, 1999 e 2000), a condizione che l'introduzione di tale imposta abbia determinato un incremento del prelievo fiscale per il 1998 superiore a certi limiti percentuali e assoluti, rispetto al prelievo fiscale che sarebbe scaturito dall'applicazione dei tributi e contributi soppressi. La clausola di salvaguardia opera per tutti i contribuenti indipendentemente dall'attivita' svolta e dalla disciplina del calcolo della base imponibile. La relazione governativa allo schema di decreto legislativo comprende, poi, tra le agevolazioni territoriali e settoriali, la previsione, in via transitoria, di aliquote differenziate, rispetto all'aliquota di base, per il settore agricolo e per quello dell'intermediazione finanziaria. 4. - Vi si legge che «riguardo alle specificita' per i diversi settori di attivita', si e' constatato che il settore dell'intermediazione finanziaria godrebbe, mediamente, di uno sgravio consistente, mentre i produttori agricoli soffrirebbero di un aggravio significativo. Tenuto anche conto che il primo settore e' interessato da altri provvedimenti agevolativi, connessi con la sua ristrutturazione, mentre il secondo e' stato recentemente oggetto di inasprimenti (in particolare, dalle modifiche del regime speciale dell'IVA), si e' deciso di applicare aliquote difformi da quella base, prevedendo comunque un graduale riallineamento verso tale aliquota». La nota tecnica del governo, allegata allo schema di decreto legislativo, precisa che «data la base imponibile dell'IRAP e l'obbiettivo di ridurre alcuni impatti redistributivi tra settori produttivi (in particolare svantaggio del comparto agricolo e vantaggio per il settore dell'intermediazione finanziaria e monetaria), le aliquote di equilibrio che occorrono per compensare l'ammontare sopra indicato sono state fissate al 3% per l'agricoltura, al 5% per banche, assicurazioni e altri intermediari finanziari, al 4,25% per i restanti settori». Dalla stessa relazione al decreto legislativo risulta, peraltro, che la misura dell'aliquota base, fissata nel 4,25%, «rappresenta, data la stima della base imponibile, l'aliquota di equilibrio per il settore privato dell'economia: essa, cioe', permette di ottenere il gettito necessario per compensare le mancate entrate dovute all'abolizione dei tributi e contributi prima citati (dovuti dalle imprese e dai lavoratori autonomi), al netto del recupero del gettito per IRPEF ed IRPEG indotto dall'abolizione degli stessi prelievi». La previsione di un'aliquota piu' pesante per il settore dell'intermediazione finanziaria trova, quindi, la sua unica ragion d'essere nell'esigenza di assicurare la copertura finanziaria dell'agevolazione di gradualita' riconosciuta al settore agricolo. 5. - L'applicazione alle imprese del settore dell'intermediazione finanziaria, sia pure in via transitoria, di un'aliquota piu' pesante di quella prevista in via generale si traduce in una evidente violazione del principio costituzionale di uguaglianza (art. 3), del principio di proporzionalita' dell'imposizione tributaria alla capacita' contributiva del contribuente (art. 53), del principio di generalita' dell'obbligo di concorso alla copertura delle spese pubbliche (art. 53). E' del tutto pacifico, infatti, nella giurisprudenza costituzionale che «il principio della correlazione tra prestazioni tributarie e capacita' contributiva impone al legislatore di commisurare il carico tributario in modo uniforme nei confronti dei vari soggetti, allorche' sia dato riscontrare per essi una identita' della situazione di fatto presa in considerazione della legge ai fini dell'imposizione del tributo» (Corte cost. 17 aprile 1985, n. 104, in Foro it., 1985, I, 2198; Giur. Cost. 1985, I, 657; Cons. Stato, 1985, II, 523; Corte cost. 2 luglio 1987, n. 292, Cons. Stato 1987, II, 1205; Giur. Cost. 1987, I, 2285). In altri termini, dato un indice concretamente rivelatore di ricchezza, a pari capacita' contributiva deve corrispondere pari partecipazione al concorso alle spese pubbliche. 6. - La previsione di aliquote differenziate per settori di attivita' non puo' trovare autonoma giustificazione nell'esigenza di un passaggio graduale dal vecchio al nuovo regime. L'analisi degli effetti dell'introduzione della nuova disciplina sui conti delle aziende dimostra, infatti, che gli effetti del passaggio al nuovo regime risultano analoghi in tutti i settori economici. Essi risultano diversi all'interno dei singoli settori, in funzione della diversa struttura dei conti economici delle imprese ed in particolare del diverso rapporto tra costo del lavoro e utile lordo: cio' discende dalla struttura stessa della riforma, che agevola le imprese con i conti in ordine e basso costo del lavoro, e penalizza quelle in situazione economica peggiore. E' naturale che, proprio per l'effetto redistributivo tipico dell'IRAP, vi possano essere contribuenti che vedono ridotto il prelievo a loro carico e contribuenti che lo vedono aggravato: ma se questo e' l'effetto voluto della riforma, e' del tutto incoerente e irragionevole prevedere meccanismi di mantenimento proprio di quelle distorsioni che la riforma vuole eliminare. L'esigenza di assicurare la gradualita' del passaggio al nuovo sistema d'imposizione e' stata del resto, coerentemente gia' soddisfatta, senza introdurre discriminazioni tra i settori di attivita', dalla previsione della cosiddetta clausola di salvaguardia prevista dai commi 3, 4, 5 e 6 del medesimo art. 45 dello stesso decreto legislativo, che opera allo stesso modo in situazioni di pari capacita' contributiva. Una volta entrata in vigore la riforma del sistema di tassazione delle imprese, il riferimento al gettito derivante dai tributi e contributi soppressi non puo' giustificare, sotto il profilo costituzionale, differenze di trattamento. Si tratta, infatti, di un elemento che la legge istitutiva della nuova imposta non prende in considerazione ai fini dell'applicazione del tributo: non puo' costituire, pertanto, secondo la costante giurisprudenza della Corte costituzionale, un parametro di valutazione del rispetto dei principi richiamati dagli artt. 3 e 53 della Costituzione. 7. - La realta' e' che la previsione dell'aliquota piu' elevata per il settore dell'intermediazione finanziaria, in senso lato (comprensivo cioe' delle imprese di assicurazione), risponde soltanto all'esigenza di assicurare, ad alcune categorie di imprese agricole, un'agevolazione di gradualita' ulteriore rispetto a quella prevista per la generalita'' dei contribuenti. E' certamente vero che le disposizioni legislative le quali contengano agevolazioni e benefici tributari di qualsiasi specie, quali che ne siano le finalita' costituiscono il risultato di scelte del legislatore, al quale soltanto spetta valutare e decidere non solo in ordine all'an, ma anche al quantum e ad ogni altra modalita' e condizione afferente alla determinazione di dette agevolazioni (Corte cost. 21 gennaio 1988, n. 52), cosi' come rientra nella discrezionalita' del legislatore limitare ad alcuni soggetti determinate agevolazioni fiscali temporanee, in vista di specifiche esigenze di politica economica e sociale (Corte cost. 17 dicembre 1987, n. 543, in Foro it., 1989, I, 1682, (Giur. Cost. 1987, I, 3471). Ma cio' non significa che l'onere di sopportare il carico tributario conseguente alla scelta del legislatore possa essere posto a carico di una specifica categoria di contribuenti, esonerandone ogni altra. La norma costituzionale prevede infatti che «tutti» siano tenuti a concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacita' contributiva. Nella specie, l'onere di sostenere il carico conseguente al riconoscimento dell'agevolazione al settore agricolo e' posto, invece, interamente ed esclusivamente, a carico delle imprese del settore finanziario. Emerge sotto questo aspetto una evidente violazione dei principi costituzionali. Da un lato, viene imposto a questa categoria di imprese un prelievo maggiore, a pari capacita' contributiva (artt. 3 e 53 sotto il profilo della proporzionalita' del prelievo alla capacita' contributiva); dall'altro, l'onere del finanziamento di interventi di sostegno di una particolare categoria viene posto a carico soltanto di alcuni soggetti passivi dell'imposta esonerandone tutti gli altri (violazione art. 53 sotto il profilo della generalita' dell'imposizione tributaria: «tutti devono concorrere»). 8. - Per la verita', la relazione illustrativa dello schema di decreto sembra giustificare l'imposizione di un'aliquota piu' pesante per il solo settore delle imprese finanziarie con la previsione di interventi agevolativi per le ristrutturazioni aziendali che lo starebbero interessando. Si tratta pero' di un elemento del tutto estraneo alla disciplina del tributo. Non solo l'IRAP trova applicazione nei confronti della generalita' delle imprese; i provvedimenti agevolativi riguarderanno soltanto le imprese concretamente coinvolte in processi di ristrutturazione. Sotto questo profilo, emerge un ulteriore vizio di legittimita' costituzionale, perche' vengono messe sullo stesso piano situazioni diverse. 9. - La discriminazione attuata dal legislatore delegato all'introduzione dell'Irap e' dimostrata dall'aggravamento della situazione per effetto delle modifiche dell'art. 45 del decreto introdotte dalla legge n. 488/1999, che hanno prolungato la durata del regime transitorio, tendendo a renderlo almeno in via di principio addirittura stabile, sia aumentato la misura dell'imposizione. Il comma 17 dell'art. 6 della legge 23 dicembre 1999, n. 488 modifica, infatti la disciplina transitoria dettata dal d.lgs. di introduzione dell'IRAP. In particolare, le aliquote di favore previste da quella disciplina sono cosi' modificate: «per i periodi d'imposta in corso al 1° gennaio 1998 ed al 1° gennaio 1999 l'aliquota e' stabilita nell'1,9%; per i quattro periodi d'imposta successivi l'aliquota e' stabilita rispettivamente nelle misure del 2,3, del 2,5, del 3,10, del 3,75 per cento»; contemporaneamente sono inasprite le aliquote previste per banche ed assicurazioni che per il periodo di imposta in corso al 1° gennaio 1998 - 1° gennaio 1999 - 1° gennaio 2000 vengono stabilite nel 5,4%; per i due periodi successivi rispettivamente del 5 e del 4,75%. Il comma 19 del medesimo articolo prevede, poi, che «a decorrere dall'anno 2000 il Fondo sanitario nazionale di parte corrente e' ridotto dell'importo generato dalla rimodulazione delle aliquote di cui al comma 18 in misura pari a lire 542 miliardi, lire 644 miliardi e lire 551 miliardi, rispettivamente, per gli anni 2000, 2001 e 2002. Qualora l'aumento del gettito risulti inferiore a tali importi, le aliquote di cui al comma 17 sono rideterminate in modo da assicurare i gettiti previsti». Vi e' quindi una esplicita correlazione tra le variazioni reciproche delle aliquote transitorie dell'IRAP disposte dal comma 17 e il finanziamento di specifici capitoli di spesa. Cio' significa che l'aumento dell'aliquota a carico delle banche e delle imprese assicurative finanzia direttamente l'abbassamento dell'aliquota prevista per le imprese agricole. La disciplina introdotta dalla legge finanziaria per il 2000 costituisce, quindi la dimostrazione piu' evidente dei vizi di costituzionalita' denunciati sopra: l'ultimo periodo dell'art. 19 prevede espressamente ulteriori rimodulazioni delle aliquote differenziate per assicurare gli obiettivi di gettito indicati nella prima parte della disposizione: si prevede cioe' una vera e propria stabilizzazione sia del regime differenziato per i settori agricolo e finanziario che del reciproco collegamento. La tendenza a rendere stabile una disciplina discriminatoria, originariamente prevista in via transitoria, esclude alla radice la possibilita' di ricercare la giustificazione nella temporaneita' del sacrificio dell'interesse costituzionalmente protetto, per esigenze di contemperamento solidaristico con altri valori. 10. - La disciplina dettata dal terzo comma dell'art. 45 del d.lgs. n. 446/1997 in punto di determinazione dell'aliquota IRAP applicabile alle banche, e agli altri soggetti che svolgono attivita' finanziaria, non e' quindi compatibile con i principi costituzionali. La lesione dei valori costituzionali si e' addirittura aggravata per effetto delle modificazioni della disciplina transitoria dell'IRAP introdotte dalla legge n. 488 del 1999.