IL GIUDICE DI PACE Ha emesso la seguente ordinanza nella causa civile: Di Bello Donato Giovanni contro Assitalia Assicurazioni S.p.a. La causa e' stata riservata all'udienza del 14 maggio 2003 sulle conclusioni delle parti per decidere sulla questione di legittimita' costituzionale sollevata da parte attrice in riferimento al decreto-legge 8 febbraio 2003 n. 18 per violazione degli artt. 3-24-25-41-77-101-102 e 104 della Costituzione, nella parte in cui, a modificazione dell'art. 113 comma 2 del c.p.c., sottrae alla valutazione secondo equita' i giudizi pendenti innanzi agli uffici del giudice di pace e relativi a contratti di massa di cui all'art. 1342 c.c. La parte attrice ha insistito per l'accoglimento della eccezione riportandosi ai motivi indicati nelle note conclusive prodotte. La parte convenuta si e' riportata alle proprie controdeduzioni sul punto chiedendo il rigetto della sollevata eccezione in quanto manifestamente infondata. Fatto e svolgimento della causa Con atto di citazione notificato il 7 febbraio 2003, Di Bello Donato Antonio ha convenuto in giudizio la Assitalia Assicurazioni per sentirla condannare: 1) in via principale, al pagamento della somma di Euro 167,72, in via equitativa ex art. 1226 c.c., per violazione dei doveri di correttezza, trasparenza ed equita'; 2) in via subordinata, al pagamento delle stessa cifra ex art. 2042 per risarcimento danni; 3) in via ancor piu' subordinata, alla restituzione della somma di Euro 167,72. Sempre con condanna alle spese di causa. Assumeva l'attore che l'autorita' garante delle comunicazioni e del mercato, con provvedimento n. 8546 del 28 luglio 2000 aveva accertato l'esistenza di un intesa restrittiva della concorrenza, in violazione dell'art. 2 comma 2 della legge n. 287/1990, da parte di 39 imprese di assicurazione operanti in Italia nel campo della RCA, tra cui la convenuta. Tale intesa, secondo l'autorita' garante, aveva comportato un aumento del premio previsto in polizza di circa il 20%. Per effetto di tale accordo l'attore sosteneva di aver versato Euro 167,72 in piu' di quanto dovuto negli anni 1999 e 2000. Si costituiva ritualmente la societa' assicuratrice convenuta contestando l'avversa pretesa ed eccependo: la carenza di legittimazione attiva in quanto tale azione conseguente alla violazione della legge n. 287/1990 non e' consentita al consumatore finale; e la nullita' della citazione per indeterminatezza; rilevava anche la sopravvenuta prescrizione del preteso diritto. In ogni caso, nel merito, riteneva infondata la domanda in quanto la vicenda amministrativa che aveva riguardato la societa' convenuta, non poteva interferire nei singoli rapporti contrattuali. Alla prima udienza la parte attrice chiedeva fosse sollevata l'eccezione di legittimita' costituzionale dell'art. l del decreto-legge n. 18 dell'8 febbraio 2003 ritenuto in contrasto con gli artt. 3-24-77-101-102-104 e 111 della Costituzione. La parte convenuta chiedeva il rigetto della eccezione e, comunque, breve termine per meglio controdedurre in merito alla proposta eccezione: Il giudice concedeva termine per concludere sul punto. All'udienza del 14 maggio 2003 il giudice si riservava sulle conclusioni delle parti, si ritiene il provvedimento in contrasto con gli artt. 3 e 77 della Costituzione. MOTIVI DELLA DECISIONE Da un attento esame di tutti i motivi indicati nelle deduzioni di parte attrice, a proposito della illegittimita' costituzionale del decreto-legge 8 febbraio 2003 n. 18, si ritiene che quanto disposto nello stesso sia in contrasto con gli artt. 3 e 77 della Costituzione. Il decreto legislativo n. 18/03 e' composto di due soli articoli. L'art. l recita «Il secondo comma dell'art. 113 del c.p.c. e' sostituito dal seguente «Il giudice di pace decide secondo equita' le cause il cui valore non eccede Euro 1.100,00 salvo quelle derivanti da rapporti giuridici relativi a contratti conclusi secondo le modalita' di cui all'art. 1342 del C.C.». L'art. 2 invece prevede soltanto l'entrata in vigore del provvedimento il giorno successivo alla sua pubblicazione sulla G.U. La motivazione del ricorso alla decretazione d'urgenza e' data nello stesso provvedimento ove e' scritto «Ritenuta la straordinaria necessita' ed urgenza di modificare l'art. 113 del c.p.c. escludendo il parametro equitativo per il giudice di pace nelle controversie derivanti da contratti di massa allo scopo di evitare che il soggettivo apprezzamento, sulla base di tale parametro da parte dei singoli giudici di pace, possa comportare pronunce difformi riferite ad identiche tipologie contrattuali». La modifica dell'art. 113 comma 2 sottrae al giudizio secondo equita' del giudice di pace tutte le controversie relative ai c.d. contratti di massa (quelli che ai sensi di quanto previsto dall'art. 1342 c.c. sono redatti su moduli standard e riguardano tutti i contraenti). Il giudizio di equita' permane invece per tutte quelle altre controversie che, ratione valoris, siano inferiori ad Euro 1.100,00. Il provvedimento trae la propria giustificazione storica dalla sentenza della S.C. (Sezione I civile n. 17475 del 27 giugno 2002 depositata il 9 dicembre 2002) che ha affermato il principio della capacita' e legittimazione del consumatore ad avvalersi direttamente dello strumento risarcitorio nei confronti di quei soggetti (imprese) di cui sia stata accertata la violazione dei divieti posti dalla speciale normativa a tutela della concorrenza del mercato. La stessa S.C. ha poi affermato che l'azione risarcitoria promossa dal consumatore/utente nei confronti della impresa/professionista ... «rivestira' per cio' stesso, i caratteri ordinari di una ordinaria azione di responsabilita' soggetta agli ordinari criteri di competenza ...». La nuova formulazione dell'art. 113 comma 2 c.p.c. sicuramente interviene su tutti i contratti c.d. di massa perche' rispondenti ai richiamati requisiti previsti dall'art. 1342 c.c. Quindi la riscrittura dell'art. 113 c.p.c. sottrae questi contratti al vaglio secondo equita' introducendo il grado d'appello precedentemente escluso. Cio' rende quanto meno piu' difficoltoso l'esercizio di un diritto da parte degli utenti piu' deboli facendo venir meno uno dei motivi dell'introduzione dello stesso istituto del giudice di pace che avrebbe dovuto celebrare il processo bagatellare e permettere di ottenere giustizia sostanziale anche alle fasce economicamente meno tutelate. Di qui la opportunita' di rimettere al vaglio della Corte costituzionale il profilo di costituzionalita' del decreto-legge di cui si discute in quanto: Viola l'art. 3 della Costituzione ed in particolare il principio della ragionevolezza della differenziazione adottata dalla legge per questo tipo di azione risarcitoria in confronto alle altre. Infatti da un lato e' stata riconosciuta la capacita' e la legittimazione del consumatore finale ad avvalersi dello strumento risarcitorio davanti al giudice ritenuto competente in base ai criteri ordinati nei riguardi dell'avvenuta violazione dei divieti posti nelle singole legislazioni negoziali a tutela della concorrenza e del mercato (Cass. 17475/02), dall'altro si differenzia l'azione risarcitoria escludendo per le cause di valore fino ad Euro 1.100,00 il giudizio di equita' per i contratti di massa ed ammettendolo per cause aventi lo stesso oggetto ma relative a contratti non definibili di massa. Il soggettivo apprezzamento da parte dei giudici di pace, possa comportare pronunce difformi riferite ad identiche tipologie contrattuali». Questo rischio infatti era gia' ipotizzabile prima della entrata in vigore della nuova disposizione e lo sara' ancora successivamente per tante altre decisioni. Inoltre l'esclusione del giudizio secondo equita' a favore di quello secondo diritto non garantisce assolutamente di raggiungere il risultato delle uniformita'. La garanzia per la conclamata uniformita' potra' derivare dal solo controllo della S.C. sulla esatta applicazione e l'uniforme interpretazione del diritto da parte di tutti i giudici, anche dei giudici di pace. E il ricorso per cassazione e' gia' previsto anche per i giudizi di equita! L'introduzione del grado di appello in Tribunale puo' solo dissuadere i soggetti che avevano aderito al c.d. contratti di massa, dall'attivarsi per intraprendere una semplice azione di risarcimento di somme spesso insignificanti e, comunque, non tali da far ritenere conveniente esperire un'azione giudiziaria con i suoi costi, le sue lungaggini ed i suoi rischi. La scelta «costretta» di non agire puo' pregiudicare il diritto di difesa ai cittadini piu' deboli avvantaggiando le parti piu' forti! Si ritiene altresi' violato l'art. 77 Cost. perche' in questo caso non sembrano ricorrere i presupposti della necessita' e dell'urgenza per la decretazione. E' principio generale che la norma debba essere astratta e quindi il legislatore non deve legiferare facendo nascere il sospetto di voler incidere su fattispecie concrete gia' sub iudice.