LA CORTE DEI CONTI Ha pronunciato la seguente ordinanza sul ricorso in appello, iscritta al numero 932/AC del registro di segreteria, proposto dall'Istituto nazionale previdenza ed assistenza dipendenti pubblici (INPDAP) in persona del suo pro tempore domiciliato presso la sede legale in Palermo, via Resuttana n. 360; Contro Elvira Dal Palu', elettivamente domiciliata presso lo studio dell'avv. Luigi Domingo, rappresentata e difesa dall'avv. Aldo Troina; Avverso la sentenza n. 385/2002 del 15 gennaio 2002 pubblicata il 25 marzo 2002, del giudice unico della szione giurisdiziona1e della Corte dei conti per la Regione Sicilia. Uditi alla pubblica udienza del 19 giugno 2003 il relatore, consigliere dott. Luciana Savagnone, il dott. Dino per l'INPDAP e l'avvocato Luigi Domingo per l'appellata. Esaminati gli atti ed i documenti della causa. Fatto La signora Elvira Dal Palu', titolare dall'agosto 1978 di una pensione diretta a carico della Regione siciliana e dal 3 gennaio 1994 di due pensioni di reversibilita' a carico della Direzione provinciale del Tesoro, in qualita' di vedova del prof. Tullio Agrigento, aveva richiesto la corresponsione dell'indennita' integrativa speciale in misura intera anche sulle pensioni di reversibilita'. Poiche' l'amministrazione aveva opposto il divieto di cumulo di indennita' integrativa speciale, previsto dall'art. 99 del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092/1973, per il titolare di piu trattamenti pensionistici, la signora Dal Palu' proponeva ricorso dinnanzi la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Regione siciliana, deducendo di avere diritto alla erogazione della indennita' integrativa speciale in misura intera su entrambi i trattamenti di quiescenza. Con sentenza n. 385/2002, il giudice unico per le pensioni presso detta Sezione dichiarava il diritto della ricorrente alla corresponsione, sulle pensioni di reversibilita', dell'indennita' integrativa speciale in misura intera, con decorrenza dal 3 gennaio 1994. Condannava l'INPDAP al pagamento dei ratei arretrati con rivalutazione monetaria ed interessi legali, fatta salva l'applicazione dal 1° gennaio 1992 del combinato disposto di cui agli artt. 16, comma 6, legge n. 412/91 e 45, comma 6, legge n. 448/1998. Con ricorso depositato il 24 aprile 2002, l'INPDAP ha impugnato la predetta sentenza, chiedendone la riforma con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 494 del 1993, sostenendo che il cumulo di indennita' integrative speciali potrebbe operare solo per consentire l'integrazione della pensione al minimo previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti (minimo INPS). L'appellante, quindi, ha chiesto, preliminarmente, che venga sospesa l'efficacia della sentenza impugnata e, nel merito, che sia dichiarato vietato il divieto di cumulo dell'indennita' integrativa speciale sulle due pensioni di cui e' titolare la signora Dal Palu'. Con memoria depositata il 16 maggio 2002, si e' costituita in giudizio la sig.ra Dal Palu' Elvira, rappresentata e difesa dall' avv. Licinio Agrigento, che ha chiesto il rigetto dell'appello e la conferma della sentenza impugnata. A seguito della morte del difensore, l'appellata si e' costituita a mezzo dell'avv. Aldo Troina che ha insistito nelle richieste gia' formulate. All'udienza dibattimentale le parti hanno ribadito le richieste formulate con gli atti scritti. Diritto L'INPDAP, nell' atto di appello, sostiene che la ricorrente, in godimento di due trattamenti pensionistici a carico di enti pubblici non ha diritto alla corresponsione dell'indennita' integrativa speciale su entrambe le pensioni percepite, stante l'operare del divieto di cumulo ribadito dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 494 del 1993, fatto salvo l'importo corrispondente al minimo INPS. Nel caso all'esame del collegio, dunque, viene in questione nuovamente il problema del cumulo dell'indennita' integrativa speciale tra due o piu' trattamenti pensionistici, al quale deve applicarsi la disposizione del secondo comma dell'art. 99 del t.u. n. 1092 del 1973, disposizione che, anche dopo la integrazione operata dal giudice delle leggi (Corte cost. n. 494 del 1993) vieta il cumulo delle indennita' integrative speciali facendo salvo soltanto dell'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo pensioni lavoratori dipendenti. Al riguardo deve rilevarsi che con la sentenza n. 516 del 2000, emessa in occasione di questione analoga riferita al cumulo di indennita di contingenza a favore di pensionati della Regione siciliana, il giudice delle leggi ha ritenuto che l'illeggittimita' costituzionale non deriva dal divieto di cumulo, di per se' non incostituzionale, in relazione alla originaria funzione della indennita' di contingenza (o similare) come elemento aggiuntivo (correlato a percentuale di stipendio o pensione) e separato dalla retribuzione o pensione, con finalita' di adeguarla ad un livello minimo rispetto alle variazioni del costo della vita, ma si verifica in presenza di divieto di cumulo di indennita' di contingenza (o similare) generalizzato, cioe' senza che sia fissato un limite minimo o trattamento complessivo per le attivita' alle quali si riferisce, al di sotto del quale non debba operare il divieto stesso. Ha, altresi', osservato che, d'altro canto, spetta al legislatore la scelta tra diverse soluzioni, ferma l'esigenza di un equilibrio finanziario del sistema retributivo e pensionistico, purche' sia rispettata l'esistenza dignitosa del lavoratore-pensionato, con possibilita' di distinguere la disciplina del cumulo anche con ragionevoli differenziazioni temporali, collegate alla diversa nuova natura e funzione della indennita' anzidetta e alla progressiva trasformazione - anche per effetto del conglobamento pensionistico - della incidenza del problema a partire dalla legge 23 dicembre 1994, n. 724, pervenendo alla dichiarazione di illegittimita' costituzionale. La Corte ha conseguentemente statuito «che un divieto generalizzato di cumulo di indennita' di contingenza (o indennita' equivalenti nella funzione di soppetire ad un maggior costo della vita) sia illegittimo dal punto di vista costituzionale quando, in presenza di diversi trattamenti a titolo di attivita' di servizio o di pensione (ovviamente quando non vi sia una incompatibilita), non sia previsto (v. sentenza n. 566 del 1989; n. 376 del 1994) un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo (o altro sistema con un indice rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del lavoratore-pensionato e della sua famiglia o del pensionato con pluralita' di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso.». La sentenza n. 516 del 2000 chiude con un dispositivo diverso da quello con il quale aveva chiuso la sentenza n. 376 del 1994, sebbene la norma denunciata fosse sostanzialmente identica, poiche', mentre nella seconda il giudice delle leggi ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale dell'art. 4 della legge della Regione Sicilia 24 luglio 1978 n. 17 nella parte in cui non prevede che, nei confronti del titolare di piu' pensioni o assegni vitalizi, ferma restando la spettanza ad un solo titolo dell'indennita' cli contingenza e di ogni altra maggiorazione dipendente dall'adeguamento al costo della vita, salvo l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il fondo lavoratori dipendenti, con la prima ha dichiarato l'illegittimita' costituzionale della norma sostanzialmente riprodotta «nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni ed assegni vitalizi, il divieto di cumulo della indennita' di contingenza ed indennita' similari». Ne deriva che, alla stregua di tale ultima pronuncia del giudice delle leggi, la decurtazione dell'i.i.s. in presenza di diversi trattamenti pensionistici, anche quando sia salvaguardata l'integrazione al minimo INPS, deve ritenersi priva di qualsiasi ragionevole giustificazione con evidente vulnus degli artt. 3 e 38 della Costituzione, perche' in ogni caso l'art. 99, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica n. 1092 del 1973 non stabilisce un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo (o altro sistema con un indice rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del pensionato con pluralita' di posizioni assicurative), al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso: limite che, come la Corte costituzionale ha ripetutaniente affermato, e' necessario sia posto dalla legge. La questione di legittimita' costituzionale e' rilevante nel presente giudizio, perche' l'appello dell'INPDAP puo' essere accolto soltanto se permanga nell'ordinamento la disposizione delle cui legittimita' costituzionali si dubita. Rileva, infine, il collegio che, poiche' con presente ordinanza non viene definito il giudizio di appello, occorre esaminare la richiesta di sospensione della sentenza impugnata formulata dall'INPDAP in considerazione del grave ed irreparabile danno che subirebbe l'amministrazione ove eseguisse la sentenza e dovesse, poi, recuperare, in caso di accoglimento dell'appello, le somme erogate. Rileva, al riguardo, il collegio che la normativa applicabile (artt. 10, legge n. 205/2000 e 431 c.p.c.) consente la sospensione dell'esecuzione quando dalla stessa possa derivare all'altra parte un gravissimo danno. Poiche' in caso di accoglimento dell'appello le somme corrisposte potranno e dovranno essere recuperate nelle forme e con i mezzi di cui l'amministrazione dispone per la ripetizione dell'indebito, non sembra che vi siano il gravissimo danno, che legittima la sospensione dell'esecuzione o degli effetti esecutivi della sentenza, o i gravi motivi paventati dall'anmiinistrazione. In conseguenza viene rigettata l'istanza preliminare di sospensione della esecutivita' della sentenza.