IL TRIBUNALE Premesso: che alle ore 11 del 22 agosto 2003 Muhamed Adel Amid, nato in Algeria il 4 aprile 1972, elett. dom. presso l'avv. Enrico Cogo con studio in Padova, via Bellini, 5, veniva tratto in arresto in quanto colto in flagranza del reato p. e p. dell'art. 14, comma 5-ter d.lgs. n. 286/1998 poiche' senza giustificato motivo si tratteneva nel territorio dello Stato in violazione dell'ordine di lasciare il territorio nazionale entro il termini di giorni cinque impartitogli dal questore di Rovigo il 12 luglio 2003 emesso ai sensi del comma 5-bis del suddetto articolo di legge e notificato loro il medesimo giorno. In Bibione il 22 agosto 2003; che Muhamed Adel Amid e' stato presentato in stato di arresto il giorno 23 agosto 2003 davanti a questo giudice per la convalida ed il contestuale giudizio direttissimo a norma dell'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998; che successivamente all'interrogatorio dell'arrestato il p.m. ha chiesto la convalida dell'arresto senza chiedere l'applicazione di alcuna misura cautelare; Osserva quanto segue 1. - L'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 e successive modificazioni, nel prevedere un generale obbligo di arresto ad opera della P.G. per il reato di cui all'art. 14, comma 5-ter legge citata, si pone in violazione dell'art. 13, comma 3 Cost. L'articolo in questione, dopo aver stabilito che la liberta' personale e' inviolabile ed aver specificato che eventuali restrizioni della liberta' in questione possono essere disposte solo in base a previsione di legge e per atto motivato dell'autorita' giudiziaria, prevede al comma 3 una deroga in forza della quale in casi eccezionali di necessita' ed urgenza indicati tassativamente dalla legge e' possibile l'adozione di provvedimenti provvisori da parte dell'autorita' di pubblica sicurezza. Orbene, nel nostro ordinamento processuale, l'arresto obbligatorio e' previsto solo per reati connotati da particolare gravita', ossia quelli per i quali la legge stabilisce la pena dell'ergastolo o della reclusione non inferiore nel minimo a cinque anni e nel massimo a venti (art. 380 comma 1 c.p.p.) e nei casi di flagranza di altri reati specificamente indicati (art. 380 comma 2 c.p.p.), individuati dal legislatore in base alla legge delega 16 febbraio 1987, n. 81 che prevedeva di contemplare l'arresto obbligatorio, oltre che nelle ipotesi suddette, anche in caso di flagranza di reati puniti meno gravemente in relazione ai quali la misura fosse pero' imposta da speciali esigenze di tutela della collettivita', trattandosi di fattispecie connotato comunque da particolare gravita' ed idonee ad ingenerare un significativo allarme sociale. E' dunque evidente che n tali casi ricorrono i presupposti della necessita' ed urgenza. Il reato di cui all'art. 14 comma 5-ter non rientra invece in tale categoria di reati: lo stesso legislatore ha infatti inteso sanzionare la condotta dello straniero che non ottempera l'ordine di espulsione emanato dal questore con la pena detentiva meno grave dell'arresto, qualificando la fattispecie come semplice contravvenzione. Il reato in esame non e' quindi tale da destare un elevato allarme sociale, tale cioe' da giustificare da solo l'adozione immediata di un provvedimento limitativo della liberta' personale. Giova inoltre osservare che la natura contravvenzionale del reato in oggetto esclude in radice che possa essere adottata nei confronti del soggetto agente una misura cautelare. Anche sotto tale profilo, dunque, l'arresto viene snaturato della sua caratteristica saliente di misura precautelare, cioe' di strumento adottato dalla P.G. per ragioni di necessita' ed urgenza in funzione della successiva applicazione da parte dell'autorita' giudiziaria di misure cautelari personali privative in tutto od in parte della liberta'. L'art. 121 disp. att. c.p.p. stabilisce infatti che quando il p.m. ritiene di non dover chiedere al giudice l'applicazione di misura cautelare coercitiva deve disporre l'immediata liberazione dell'arrestato o del fermato. E' evidente che tale norma deve trovare applicazione anche nell'ipotesi in cui il reato non consenta nemmeno in astratto di poter emettere alcuna misura coercitiva. 2. - Si osserva inoltre che non si vede sotto quale altro profilo l'arresto possa assolvere una utile funzione, posto che il giudizio direttissimo non e' necessariamente collegato all'arresto in flagranza e non presuppone dunque la privazione dello status libertatis. Appare dunque evidente che nel caso di specie l'arresto obbligatorio si rivela essere misura irragionevole e sproporzionata alla fattispecie di reato oggettivamente considerata, quantomeno prescindendo a priori da altri elementi soggettivi relativi ai cittadino extracomunitario che ne giustifichino in concreto l'adozione. Si ritiene pertanto che l'art. 14, comma 5-quinquies d.lgs. n. 286/1998 norma in esame sia costituzionalmente illegittimo nella parte in cui prevede l'arresto obbligatorio anche sotto il profilo del canone generale di ragionevolezza e proporzionalita' delle misure sanzionatorie sancito dall'art. 3 Cost. 3. - Si ritiene pertanto di investire la Corte costituzionale della questione di legittimita' dell'art. 14, comma 5-quinquies legge citata per violazione degli artt. 3 e 13, comma 3 Cost. La questione e' rilevante ai fini del decidere nel presente giudizio: trattasi di udienza di convalida, pertanto la liberazione dell'arrestato per oggettiva impossibilita' di emettere nei suoi confronti una misura cautelare coercitiva non esime questo ufficio dalla decisione in ordine alla legittimita' o meno dell'arresto operato dalla P.G., legittimita' che verrebbe meno nell'ipotesi in cui venisse dichiarata incostituzionale la disposizione di legge in base alla quale esso e' stato eseguito.