IL TRIBUNALE All'udienza del 10 ottobre 2002, udita l'eccezione di illegittimita' costituzionale dall'art. 516 c.p.p. sollevata dalla difesa degli imputati all'udienza del 9 luglio 2002 e la replica del pubblico ministero; Osserva quanto segue La difesa degli imputati, a fronte della modifica dell'imputazione ai sensi dell'art. 516 c.p.p. operata dal pubblico ministero all'udienza del 7 maggio 2002, lamenta l'ingiustificata lesione del diritto di difesa, conseguente all'impossibilita' di adire riti alternativi al dibattimento (in particolare: rito abbreviato) nonostante il fatto sia diverso da quello originariamente contestato. In ordine alla rilevanza della questione nel procedimento a quo, la stessa deriva dalla circostanza che la difesa degli imputati, a fronte della suddetta modifica del capo d'imputazione, ha formulato istanza di rito abbreviato, rilevando come il rigetto di tale istanza, benche' conforme all'attuale disposto dell'art. 516 c.p.p., si porrebbe in insanabile contrasto con l'art. 24 Cost. Ora, la Corte costituzionale, con sentenza n. 265 del 1994, ha stabilito che qualora non possa rimproverarsi alcuna inerzia all'imputato, ossia nessuna addebitabilita' al medesimo delle conseguenze della mancata instaurazione dei riti alternativi al dibattimento, sarebbe molto difficile negare che la impossibilita' di ottenere i relativi benefici concretizzi un'ingiustificata compressione del diritto di difesa. Nella suddetta sentenza alla base della sostanziale rimessione in termini a favore della difesa al fine di accedere ai riti alternativi vi e' la circostanza che la libera determinazione dell'imputato verso tali riti risulta sviata da aspetti di anomalia caratterizzanti la condotta processuale del pubblico ministero, come nel caso di incompletezza dell'imputazione a fronte degli elementi gia' emergenti dagli atti di indagine preliminare: elementi che gia' avrebbero consentito, ove correttamente valutati, la formulazione dell'imputazione cosi' come risultante dalle nuove contestazioni operate in sede dibattimentale. Nel caso in esame la contestazione del pubblico ministero all'udienza del 7 maggio 2002 e' stata determinata dalla modifica legislativa dell'art. 223 comma 2 n. 1, legge fall. ex d.lgs. n. 61 del 2002. Pertanto non viene in rilievo alcun profilo di anomalia nella condotta del pubblico ministero al momento della formulazione dell'originaria imputazione, posto che quest'ultima attivita' e' stata correttamente espletata in conformita' al disposto dell'art. 223 legge. fall. all'epoca vigente. Tuttavia, se nessun rimprovero puo' muoversi alla condotta del pubblico ministero, neppure puo' ritenersi rimproverabile sotto alcun profilo la condotta difensiva dell'imputato, il quale, in sede di valutazione della scelta tra riti alternativi e dibattimento, non poteva ragionevolmente tenere conto della possibilita' di una modifica normativa, ne' tanto meno del contenuto della stessa. L'art. 516 c.p.p. appare pertanto in contrasto con il diritto di difesa dell'imputato di cui all'art. 24 Cost., privando irragionevalmente quest'ultimo della concreta possibilita' di optare un rito alternativo, e nel caso di specie abbreviato, a fronte della contestazione maturata solo in sede dibattimentale e assolutamente non prevedibile in sede di udienza preliminare di un fatto radicalmente diversa da quello originariamente descritto nel capo d'imputazione. Visto l'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87;