ha pronunciato la seguente

                              Ordinanza

nel  giudizio  di  legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 2,
del  decreto  legislativo  24 febbraio  1997, n. 46 (Attuazione della
direttiva  93/42/CEE,  concernente i dispositivi medici) promosso con
ordinanza   del   27 settembre  2002  dal  Tribunale  di  Milano  nel
procedimento  penale a carico di S.A., iscritta al n. 17 del registro
ordinanze 2003 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica
n. 5, 1ยช serie speciale, dell'anno 2003.
    Udito  nella camera di consiglio del 24 settembre 2003 il giudice
relatore Giovanni Maria Flick.
    Ritenuto  che con l'ordinanza in epigrafe, emessa nel corso di un
processo  penale  nei  confronti  di  persona  imputata  del reato di
pubblicita'  non  autorizzata  di dispositivi medici, il Tribunale di
Milano  ha  sollevato,  in riferimento all'art. 3 della Costituzione,
questione  di  legittimita' costituzionale dell'art. 23, comma 2, del
d.lgs. 24 febbraio 1997, n. 46 (Attuazione della direttiva 93/42/CEE,
concernente  i  dispositivi  medici),  nella parte in cui punisce con
sanzione   penale  (arresto  fino  a  tre  mesi  e  ammenda  da  lire
duecentomila  a  lire  un  milione)  chi  effettua  la pubblicita' di
dispositivi  medici  in  violazione dell'art. 21 del medesimo decreto
legislativo;
        che  il  giudice  a  quo  esclude, in via preliminare, che la
norma impugnata - in quanto lex specialis, attuativa di una direttiva
comunitaria  -  possa  ritenersi tacitamente abrogata in seguito alla
depenalizzazione,   disposta  dal  d.lgs.  30 dicembre  1999,  n. 507
(Depenalizzazione   dei   reati   minori   e   riforma   del  sistema
sanzionatorio,  ai  sensi  dell'art. 1  della  legge  25 giugno 1999,
n. 205),  del  reato  di cui all'art. 201 del regio decreto 27 luglio
1934,  n. 1265  (Approvazione del testo unico delle leggi sanitarie),
concernente,  tra  l'altro, la pubblicita' non autorizzata di presidi
medico-chirurgici:  nozione,  questa,  che,  in base alla definizione
gia'   offerta   dall'art. 1   del   d.P.R.   13 marzo  1986,  n. 128
(Regolamento  di esecuzione delle norme di cui all'art. 189 del testo
unico  delle  leggi  sanitarie,  approvato  con  r.d. 27 luglio 1934,
n. 1265,  e  successive  modificazioni,  in  materia  di produzione e
commercio di presidi medico-chirurgici), comprende anche la categoria
dei dispositivi medici;
        che  la  disposizione  denunciata  continuerebbe, pertanto, a
sanzionare  penalmente  chi  effettua  la  pubblicita' di dispositivi
medici  senza  l'autorizzazione prevista dall'art. 21, comma 2, dello
stesso  decreto  legislativo n. 46 del 1997, quando invece, a seguito
del  citato d.lgs. n. 507 del 1999, la pubblicita' non autorizzata di
medicinali  per  uso  umano - anch'essa precedentemente prevista come
reato - e' stata trasformata in semplice violazione amministrativa;
        che  il  diverso  trattamento  riservato  alle due violazioni
risulterebbe  irragionevole, posto che la pubblicita' non autorizzata
di  dispositivi medici e la pubblicita' non autorizzata di medicinali
per  uso  umano  integrerebbero  condotte  lesive  del  medesimo bene
giuridico   e   di  eguale  disvalore,  tanto  da  essere  state,  in
precedenza, disciplinate sempre in modo identico dal legislatore;
        che  entrambe  le  fattispecie risultavano difatti sanzionate
penalmente, in origine, dall'art. 201, quinto comma, del r.d. n. 1265
del  1934  con  l'arresto  fino  a  tre  mesi e con l'ammenda da lire
duecentomila a un milione;
        che tale uguaglianza di regime era stata indi ribadita da due
decreti  legislativi  attuativi  di  direttive comunitarie: il d.lgs.
30 dicembre   1992,  n. 541  (Attuazione  della  direttiva  92/28/CEE
concernente  la  pubblicita' dei medicinali per uso umano), quanto ai
medicinali  per  uso umano; ed il decreto legislativo n. 46 del 1997,
attuativo della direttiva 93/42/CEE, quanto ai dispositivi medici;
        che  anche  la  procedura per il rilascio dell'autorizzazione
risulta regolata allo stesso modo nei due casi;
        che, di contro, per effetto dell'art. 7, comma 1, lettera f),
della  legge  25  giugno 1999,  n. 205  (Delega  al  Governo  per  la
depenalizzazione  dei  reati  minori  e modifiche al sistema penale e
tributario),   e   del  susseguente  d.lgs.  n. 507  del  1999  -  in
particolare,  dei  relativi  artt. 68  e  90  (recte:  70  e 92) - la
disciplina delle due fattispecie e' venuta a divergere in modo netto:
infatti, mentre la pubblicita' non autorizzata di medicinali e' stata
depenalizzata,  la  pubblicita' non autorizzata di dispositivi medici
ha  conservato natura penale; e cio' senza che nei lavori preparatori
della  citata  legge  delega  emerga  in  alcun  modo  la ratio della
soluzione adottata.
    Considerato  che, successivamente all'ordinanza di rimessione, e'
stato  emanato  il  d.lgs.  31 ottobre  2002,  n. 271  (Modifiche  ed
integrazioni   al   decreto   legislativo  24 febbraio  1997,  n. 46,
concernente  i  dispositivi  medici,  in  attuazione  delle direttive
2000/70/CE  e  2001/104/CE),  pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del
12 dicembre  2002,  serie  generale,  n. 291, il cui art. 4, comma 1,
lettera b), ha sostituito la norma impugnata;
        che   per   effetto  della  citata  novella  legislativa,  le
violazioni  in materia di pubblicita' di dispositivi medici - oltre a
risultare diversamente identificate, in correlazione all'integrazione
apportata  dall'art. 3 del medesimo d.lgs. n. 271 del 2002 alla norma
precettiva  di cui all'art. 21 del d.lgs. n. 46 del 1997 - sono state
trasformate  in  illeciti  amministrativi,  puniti  con  le  sanzioni
pecuniarie   previste  dall'art. 201  del  testo  unico  delle  leggi
sanitarie:  vale a dire, con le stesse sanzioni applicabili, in forza
degli  artt. 6, comma 10, e 15, comma 1, del d.lgs. 30 dicembre 1992,
n. 541,  come  modificati  dall'art. 90  del d.lgs. 30 dicembre 1999,
n. 507, per le violazioni in materia di pubblicita' di medicinali per
uso  umano  (fattispecie invocata dal giudice rimettente come tertium
comparationis);
        che  e'  quindi  sopravvenuta la legge 3 febbraio 2003, n. 14
(Disposizioni     per    l'adempimento    di    obblighi    derivanti
dall'appartenenza   dell'Italia   alle   Comunita'   europee.   Legge
comunitaria 2002), pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 7 febbraio
2003,  serie generale, n. 31, il cui art. 15, comma 4, ha abrogato la
norma  impugnata,  essendo  stati  i  relativi contenuti trasfusi nel
comma 3  dello  stesso  articolo,  con ulteriori lievi modifiche, che
lasciano  comunque ferma la natura amministrativa della violazione ed
il relativo assetto sanzionatorio;
        che  va  disposta,  pertanto,  la  restituzione degli atti al
giudice  a  quo  per  un  nuovo esame della rilevanza (cfr. ordinanza
n. 65 del 2003, relativa ad identica questione).