IL TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE

    Ha  pronunciato  la  seguente  ordinanza  sul  ricorso  n. 977/02
proposto  dall'avv.  Roberto  Colzi  rappresentato  e  difeso  da  se
medesimo  e  dagli  avv.  Sergio  Segneri  e Pier Francesco Lotito ed
elettivamente  domiciliato  presso  lo  studio  dell'avv.  Segneri in
Cagliari, via XX Settembre n. 25;
    Contro   la  Regione  autonoma  della  Sardegna  in  persona  del
presidente  e  l'assessorato  regionale  alla difesa dell'ambiente in
persona dell'assessore, non costituiti in giudizio;
    Per  l'annullamento  del provvedimento n. 13847 in data 13 maggio
2002  con  il  quale  il  direttore  del Servizio conservazione della
natura  e  degli  habitat,  tutela della fauna selvatica ed esercizio
dell'attivita'  venatoria,  Istituto  regionale della fauna ha negato
all'avv.  Colzi  il rinnovo dell'autorizzazione per l'esercizio della
caccia in Sardegna.
    Visto il ricorso con i relativi allegati;
    Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive
difese;
    Visti gli atti tutti della causa;
    Nominato  relatore  per  la pubblica udienza del 25 marzo 2003 il
consigliere Manfredo Atzeni;
    Uditi  l'avv.  Sergio Segneri per il ricorrente, nessuno comparso
per l'Amministrazione resistente;
    Ritenuto in fatto e considerato in diritto quanto segue.

                                Fatto

    Con  ricorso  a  questo Tribunale, notificato il 12 luglio 2002 e
depositato  il  successivo 31 maggio il sig. Roberto Colzi impugna il
provvedimento  n. 13847  in  data  13 maggio  2002  con  il  quale il
direttore  del  Servizio  conservazione della natura e degli habitat,
tutela  della  fauna selvatica ed esercizio dell'attivita' venatoria,
Istituto   regionale   della   fauna   gli   ha   negato  il  rinnovo
dell'autorizzazione per l'esercizio della caccia in Sardegna.
    Il ricorso e' affidato ai seguenti motivi:
        1-2)  l'art. 98, terzo comma, della legge regionale 29 luglio
1998,   n. 23,   sul   quale   si  fonda  il  diniego  impugnato,  e'
incostituzionale, sotto vari profili.
    Il  ricorrente  chiede quindi l'annullamento, previa sospensione,
dei provvedimenti impugnati.
    Alla  camera  di  consiglio del 22 agosto 2002 e' stata decisa la
riunione al merito dell'istanza cautelare.
    Alla  pubblica  udienza  il procuratore della parte ricorrente ha
insistito nelle proprie conclusioni.

                               Diritto

    Il  ricorrente  e' cittadino italiano, non residente in Sardegna,
al quale e' stata piu' volte rilasciata, dalla Regione autonoma della
Sardegna, autorizzazione per l'esercizio della caccia nell'ambito del
territorio regionale.
    Con  il provvedimento indicato in epigrafe gli e' stato negato il
rinnovo  della  predetta autorizzazione, in quanto l'art. 98, secondo
comma,  della  legge  regionale  29 luglio 1998, n. 23, ha sospeso il
rilascio  di  nuove autorizzazioni, o il rinnovo di quelle scadute, a
favore dei cacciatori non residenti in Sardegna, fino all'attivazione
degli  ambiti  territoriali  di  caccia previsti dal piano faunistico
regionale,  con  determinazione  dell'indice  di  densita'  venatoria
territoriale.
    Il  ricorrente  sostiene  l'illegittimita'  costituzionale  della
predetta  norma,  chiedendo  la  rimessione  del  problema alla Corte
costituzionale.
    La   questione   e'   palesemente  rilevante,  nell'ambito  della
controversia  sottoposta  al  collegio,  in  quanto  il provvedimento
impugnato costituisce attuazione vincolata della predetta norma.
    Essa, inoltre, non e' manifestamente infondata.
    Il  ricorrente  sostiene  la  contrarieta'  della disposizione in
questione  con  gli  artt. 3, 16 e 120 della Costituzione, affermando
l'arbitrarieta' della limitazione dell'esercizio della caccia in base
alla  residenza  (art. 3),  nonche'  la  violazione  del principio di
libera  circolazione  dei  cittadini  (art. 16,  primo  comma)  e del
divieto, per le Regioni, di adottare provvedimenti che ostacolino, in
qualsiasi  modo,  la  libera  circolazione delle persone e delle cose
(art. 120).
    Osserva,  al riguardo, il collegio, che l'interesse dei cittadini
all'esercizio    dell'attivita'   venatoria   non   puo'   esplicarsi
liberamente,  in  quanto  necessariamente  confligge con l'interesse,
pubblico, alla conservazione della fauna.
    Di  conseguenza,  il  suo  esercizio  deve essere assoggettato al
potere conformativo dell'amministrazione la quale, nei limiti dettati
dalla   legge,   e'  chiamata  ad  assicurare  modalita'  d'esercizio
dell'attivita'  in  questione  compatibili con gli interessi pubblici
coinvolti.
    Il principio e' implicitamente accettato dal ricorrente, il quale
peraltro  ritiene  che  la  residenza  del cacciatore sia ininfluente
rispetto allo svolgimento dell'attivita' venatoria.
    Tale profilo non e' condiviso dal collegio.
    E'  evidente  che il coordinamento fra l'esercizio della caccia e
la  conservazione  della  fauna  puo'  essere attuato solo sulla base
della  conoscenza  della cosiddetta pressione venatoria, e quindi del
numero dei cacciatori che impegnano il territorio.
    Il principio del collegamento del cacciatore con il territorio e'
recepito  dalla  legge  11  febbraio  1992,  n. 157  (in particolare,
art. 14,  quinto  comma)  e  costituisce  principio fondamentale, che
vincola  la  potesta'  legislativa  anche  delle Regioni ad autonomia
differenziata  (Corte  cost.  12 gennaio  2000,  n. 4;  si veda anche
T.R.G.A., 4 luglio 1995, n. 210).
    La stessa formulazione del calendario venatorio deve tenere conto
di   tale   elemento,   in   quanto  giustamente  la  sua  durata  ed
articolazione  deve  essere decisa sulla base del numero dei soggetti
che possono essere ammessi al prelievo.
    E'   chiaro  che  se  il  numero  dei  cacciatori  residenti  nel
territorio   della   regione   e'  agevolmente  prevedibile,  non  e'
altrettanto  prevedibile  il  numero  di  coloro  che di anno in anno
decidano  di svolgere attivita' venatoria in Sardegna, pur risiedendo
altrove.
    Si   tratta,   quindi,  di  un  elemento  in  grado  di  incidere
sensibilmente  sul  complesso  sistema di pianificazione disciplinato
dal capo quarto della legge regionale 29 luglio 1998, n. 23.
    Ad avviso del collegio, pertanto, il legislatore regionale non e'
necessariamente   vincolato   ad   assicurare  integrale  parita'  di
trattamento  fra  i  cacciatori  residenti  in  Sardegna e quelli che
provengono   da  altre  parti  del  territorio  nazionale  (Tribunale
amministrativo  regionale  Puglia,  Bari,  I, 16 luglio 1997, n. 496,
afferma  che  l'interesse  all'esercizio della caccia nell'ambito del
territorio  di  residenza  ha natura di diritto soggettivo, mentre ha
consistenza  d'interesse  legittimo  la  pretesa  all'esercizio della
medesima  attivita'  al  di  fuori  del suddetto ambito territoriale:
l'opinione  meriterebbe  un  approfondimento,  estraneo alla presente
controversia, ma rafforza il principio appena affermato).
    Peraltro,  e' ovvio che eventuali differenziazioni di trattamento
devono  essere  giustificate  sulla base di considerazioni oggettive,
che nella specie non ricorrono.
    L'art. 98, secondo comma, di cui ora si discute esclude, infatti,
il  rilascio  di  nuove  autorizzazioni;  quanto  alle autorizzazioni
scadute,  consente il rinnovo di quelle rilasciate ai residenti, e lo
vieta per quelle rilasciate ai non residenti.
    Osserva  il  collegio  che  l'esigenza  di  non  incrementare  la
pressione  venatoria  si  pone  tanto  in  relazione  al  numero  dei
cacciatori residenti quanto a quello dei cacciatori non residenti.
    Peraltro,  la  norma in commento non appare dettata dall'esigenza
di diminuire la pressione venatoria, alla quale non viene fatto alcun
richiamo,  ma  da quella di non interferire con la programmazione, di
competenza   della   Regione,   fino   all'attivazione  degli  ambiti
territoriali  di  caccia previsti dal piano faunistico regionale, con
determinazione  dell'indice  di  densita' venatoria territoriale, che
concludera' il procedimento di pianificazione.
    Osserva  il  collegio che le anzidette esigenze di programmazione
possono    giustificare    limitazioni    nel   rilascio   di   nuove
autorizzazioni.
    Peraltro,  la  Regione  conosce  il  numero  delle autorizzazioni
rilasciate  in  precedenza  ai  non  residenti,  e  quindi  di quelle
potenzialmente rinnovabili.
    Di   conseguenza,  deve  essere  escluso  che  il  rinnovo  delle
autorizzazioni  a  suo tempo rilasciate ai non residenti introduca un
elemento  imprevedibile, che puo' scardinare la logica sulla quale si
fonda la programmazione del prelievo venatorio.
    Deve,  pertanto,  essere rilevato che non sussistono elementi che
consentano   di   differenziare   il   rinnovo  delle  autorizzazioni
rilasciate  ai  residenti  da  quelle rilasciate ai non residenti, in
vista   del  completamento  della  procedura  di  programmazione  del
prelievo venatorio, disciplinata dalla legge di cui si discute.
    Rileva il collegio, in conclusione, che l'art. 98, secondo comma,
della  legge  regionale 29 luglio 1998, n. 23, appare avere contenuto
discriminatorio  laddove esclude i soli non residenti in Sardegna dal
rinnovo dell'autorizzazione all'esercizio della caccia nel territorio
regionale  fino  al  perfezionamento  degli  atti  programmatori  ivi
previsti, consentendo, nel frattempo, il rinnovo delle autorizzazioni
rilasciate ai residenti.
    Dubita,  quindi,  il  collegio  della  conformita'  del  medesimo
articolo  con l'art. 3 della Costituzione, nella parte in cui esclude
i  cacciatori  non  residenti  nel  territorio  della  Regione  dalla
possibilita'  di  rinnovare l'autorizzazione venatoria, in difetto di
dimostrate  ragioni  di  differenziazione  con i cacciatori residenti
nella Regione.
    Ritiene,   inoltre,   il  collegio  che  ulteriore  parametro  di
costituzionalita'   della   disposizione   debba  essere  individuato
nell'art. 120  della  Costituzione  (secondo  e terzo comma nel testo
vigente all'epoca dell'entrata in vigore della normativa regionale di
cui  ora  si tratta, primo comma dopo l'entrata in vigore della legge
costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3) il quale specifica, nell'ambito
dei   rapporti   fra   le   Regioni,  il  principio  del  divieto  di
discriminazione  dettato,  in termini generali, dall'art. 3, vietando
ai  legislatori regionali di adottare provvedimenti che ostacolino in
qualsiasi  modo la libera circolazione delle persone e delle cose fra
le  Regioni  (si  veda,  al  riguardo,  Corte  cost., 27 aprile 1993,
n. 195,   con   la   quale   e'   stata   affermata  l'illegittimita'
costituzionale,  per  contrasto  con  l'art. 120,  terzo comma, della
Costituzione,  di  una  legge  della  Regione  Abruzzo  relativa alla
concessione  di  contributi per la realizzazione di edifici di culto,
accordati  solamente alle confessioni religiose i cui rapporti con lo
Stato  siano  regolati  per legge, sulla base di intese, in quanto il
requisito  richiesto viene, di fatto, a limitare il libero esercizio,
in  una  parte  del territorio nazionale, dell'attivita' dei ministri
del culto della congregazione cristiana dei Testimoni di Geova).
    Ad  avviso  del  collegio  non puo' invece essere invocato, quale
parametro  di  costituzionalita',  l'art. 16  della  Costituzione  in
quanto  la norma di cui si discute non ostacola la circolazione delle
persone  fra  le  regioni,  ma  stabilisce  una  differenziazione  di
trattamento   in   base   alla   regione   di  residenza,  della  cui
ragionevolezza  puo'  dubitarsi,  in  base  alle  considerazioni  che
precedono.
    Il  collegio sospende, di conseguenza, il giudizio, e rimette gli
atti alla Corte costituzionale.