Ricorso  della  Regione  Abruzzo,  in  persona del Presidente pro
tempore   della   giunta  regionale  on.le  Giovanni  Pace,  a  tanto
autorizzato  con  deliberazione  della  giunta regionale n. 821 del 7
ottobre  2003,  rappresentata  e  difesa, come da mandato in calce al
presente  atto,  disgiuntamente  e  congiuntamente  dagli avv. Sandro
Pasquali e Stefania Valeri dell'Avvocatura Regionale ed elettivamente
domiciliata  in  Roma  nello studio dell'avv. Fabio Francesco Franco,
via Giovanni Pierluigi da Palestrina n. 19;

    Contro  il  Presidente  del  Consiglio  dei  ministri,  ope legis
rappresentato  e  difesd  dall'Avvocatura Generale dello Stato per la
dichiarazione  di  illegittimita'  costituzionale dell'art. 5-bis del
decreto-legge  24  giugno 2003, n. 143, cosi' come e introdotto dalla
legge  di  conversione  del  1° agosto 2003, n. 212, pubblicata nella
Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento ordinario,
n. 131, avente ad oggetto «Disposizioni urgenti in tema di versamento
e  riscossione  di  tributi, di Fondazioni bancarie e di gare indette
dalla  CONSP  S.p.a.  nonche'  di alienazione di aree appartenenti al
patrimonio  e  al demanio dello Stato», per violazione degli articoli
114, 117, 118, 119 della Costituzione.

                              F a t t o

    Nella  Gazzetta Ufficiale n. 185 dell'11 agosto 2003, supplemento
ordinario  n. 131,  e' stata pubblicata la legge n. 212 del 1° agosto
2003  di  conversione  in legge, con modificazioni, del decreto-legge
n. 143 del 24 giugno 2003, n. 143.
     Rispetto all'originario decreto legge n. 143 del 2003, di tenore
ben   diverso   rispetto   alla  intervenuta  conversione,  e'  stato
introdotto,  pervenendo finanche alla modificazione del testo del suo
oggetto, una disciplina del tutto spuria relativa alla alienazione di
aree   appartenenti   al   patrimonio   e  al  demanio  dello  Stato,
accompagnata da una procedura di trasferimento parimenti discutibile.
    E'  stato cosi' aggiunto all'originario impianto normativo l'art.
5-bis che testualmente recita:
    «5-bis.  Alienazione  di  aree  appartenenti  al  patrimonio e al
demanio dello Stato.
        1) Le  porzioni  di  aree  appartenenti  al  patrimonio  e al
demanio  dello  Stato, escluso il demanio marittimo, che alla data di
entrata  in  vigore  del presente decreto risultino interessate dallo
sconfinamento  di  opere  eseguite entro il 31 dicembre 2002 su fondi
attigui  di  proprieta'  altrui,  in  forza  di licenze o concessioni
edilizie  o  altri  titoli  legittimanti  tali  opere, e comunque sia
quelle  divenute  area  di pertinenza, sia quelle interne a strumenti
urbanistici  vigenti, sono alienate a cura della filiale dell'Agenzia
del  demanio  territorialmente competente mediante vendita diretta in
favore del soggetto legittimato che ne faccia richiesta. L'estensione
dell'area  di  cui  si chiede l'alienazione oltre a quella oggetto di
sconfinamento   per   l'esecuzione  dei  manufatti  assentiti  potra'
comprendere,  alle  medesime condizioni, una superficie di pertinenza
entro  e  non  oltre  tre  metri  dai confini dell'opera. Il presente
articolo  non  si applica, comunque, alle aree sottoposte a tutela ai
sensi  del  testo  unico delle disposizioni legislative in materia di
beni  culturali  e  ambientali,  di cui ai decreto legislativo del 29
ottobre 1999, n. 490, e successive modificazioni.
        2) La  domanda  di acquisto delle aree di cui al comma 1 deve
essere  presentata,  a  pena  di  decadenza, entro centottanta giorni
dalla  data  di  entrata  in vigore del presente decreto alla filiale
dell'Agenzia del demanio territorialmente competente, corredata dalla
seguente documentazione concernente:
            a) la  titolarita'  dell'opera  la  cui  realizzazione ha
determinato lo sconfinamento;
            b) il frazionamento catastale;
            c) la  licenza  o  la concessione edilizia o altro titolo
legittimante l'opera.
        3) Alla  domanda di acquisto deve essere altresi' allegata, a
pena  di  inammissibilita'  della stessa, una ricevuta comprovante il
versamento  all'erario  per intero della somma, a titolo di pagamento
del  prezzo  dell'area, determinata secondo i parametri fissati nella
tabella A allegata al presente decreto.
        4) Le  procedure di vendita sono perfezionate entro otto mesi
dalla  data  di  scadenza  del  termine  di  cui  al  comma 2, previa
regolarizzazione  da  parte  dell'acquirente  dei pagamenti pregressi
attinenti  all'occupazione  dell'area,  il  cui  valore e determinato
applicando  i  parametri della tabella A allegata al presente decreto
nella  misura  di  un  terzo  dei  valori  ivi  fissati,  per anno di
occupazione,  per un periodo comunque non superiore alla prescrizione
quinquennale.  I pagamenti pregressi per l'occupazione sono dovuti al
momento   dell'ottenimento   del   titolo  legittimante  l'opera.  Si
intendono    decadute   le   richieste   e   le   azioni   precedenti
dell'Amministrazione finanziaria del demanio.
        5) Decorsi  i termini di cui al comma 2 senza che il soggetto
legittimato  abbia  provveduto  alla  presentazione  della domanda di
acquisto  di  cui  al  medesimo  comma,  la  filiale dell'Agenzia del
demanio  territorialmente competente notifica all'interessato formale
invito all'acquisto.
        6) L'adesione  all'invito di cui al comma 5 e' esercitata dal
soggetto   legittimato   entro  il  termine  di  novanta  giorni  dal
ricevimento  dello  stesso  con la produzione della documentazione di
cui al comma 2 e la corresponsione dell'importo determinato secondo i
parametri  fissati  nella  tabella  A  allegata  al presente decreto,
maggiorato   di  una  percentuale  pari  al  15  per  cento.  Decorso
inutilmente  il  suddetto  termine, la porzione dell'opera insistente
sulle  aree di proprieta' dello Stato e' da questo acquisita a titolo
gratuito».
    Con   la   disposizione   in   rassegna  lo  Stato  introduce  un
generalizzato  obbligo di dismissione, attraverso alienazione diretta
ad  opera  dell'Agenzia  del  Demanio verso i proprietari/occupatori,
delle aree appartenenti al suo patrimonio o demanio che:
        a) Risultino   interessate   dallo   sconfinamento  di  opere
eseguite,  entro  il 31 dicembre 2002, su fondi attigui di proprieta'
altrui;
        b) Siano divenute aree di pertinenza;
        c) Siano interne a strumenti urbanistici vigenti.
    Dal  tenore  della  norma  risulta,  dunque,  che  le Agenzie del
Demanio  sono  tenute soltanto, in osservanza dell'analitico precetto
legislativo,  a  verificare che le aree non siano sottoposte a tutela
ai  sensi  del  decreto  legislativo  n. 490  del  29  ottobre  1999,
successive   modificazioni,  e  che  risultino  rispettate  le  altre
condizioni soggettive e oggettive abilitanti l'alienazione.
    L'alienazione   costituisce,   quindi,   un   diritto   pieno   e
incondizionato  direttamente  riconosciuto dalla legge, nei termini e
con  i  limiti  gia'  rammentati,  a favore dei proprietari dei fondi
attigui,   esclusa  ogni  valutazione  dell'interesse  pubblico  alla
corretta gestione del territorio, ed esclusa ogni possibile ingerenza
della  Regione  Abruzzo  a presidio della cura degli interessi che le
sono attribuiti, costituzionalmente garantiti.
    Ad  avviso  della  Regione  Abruzzo  il  predetto articolo 5-bis,
aggiunto  dalla  legge  di  conversione  n. 212  del  1° agosto  2003
all'originario  decreto legge n. 143/2003, risulta costituzionalmente
illegittimo  in quanto lesivo della sfera regionale di competenza per
i seguenti motivi di

                            D i r i t t o

    1.  -  Violazione  degli articoli 114, 117 e 118 Cost. Violazione
del principio di leale collaborazione.
    Ai sensi dei novellati articoli 114, 117 e 118 della Costituzione
vi  e'  assoluta equiordinazione - per quel che qui interessa - della
Regione con lo Stato e la prima, ai sensi dell'articolo 117, n. 3, e'
titolare,  sotto  il  profilo  della  legislazione concorrente, delle
matene  inerenti  al  «governo  del  territorio»  e  alla «Protezione
Civile».
    Nella   legislazione   concorrente  spetta  allo  Stato  la  solo
determinazione  dei  principi fondamentali e alla Regione la potesta'
legislativa generale.
    La   disposizione   in  argomento  non  appare  rispettosa  della
distinzione  indicata atteggiandosi sicuramente quale legislazione di
dettaglio  ed  interferendo  significativamente  con  gli  ambiti  di
legislazione  regionale,  regolando  concrete  situazioni  giuridiche
riservate alla legislazione regionale.
    Alla  Regione  spetta, infatti, di esercitare le funzioni dirette
ad  assicurare  il  corretto  ed  ottimale  governo  del  territorio,
compresa  in  questa  ampia  direzione  ogni  intervento  di  assetto
idrogeologico  e  regimazione  delle  acque,  e  quindi  di razionale
manutenzione  ordinaria  e straordinaria dei corsi d'acqua, come pure
spetta alla Regione di provvedere con interventi di protezione civile
al  soccorso  di  persone  e  beni  interessati  da  eventi  naturali
calamitosi, sino al pieno il ripristino del territorio.
    In  particolare,  sotto  il  profilo  della rilevanza idraulica e
territoriale  del governo del territorio, e' alla Regione affidato il
compito  di provvedere, attraverso il Piano Difesa Alluvione ai sensi
della legge n. 183 del 1989 (le cui disposizioni «costituiscono norme
fondamentali  di  riforma  economicosociale  della Repubblica nonche'
principi    fondamentali    ai    sensi   dell'articolo   117   della
Costituzione»),  mentre  il successivo decreto legislativo n. 112 del
1999,  articolo  86,  espressamente  recita che «1. Alla gestione dei
beni  del  demanio  idrico  provvedono  le  regioni e gli enti locali
competenti  per  territorio.  2. I proventi ... sono introitati dalla
regione  e  destinati ... al finanziamento degli interventi di tutela
delle risorse idriche ...».
    Per   l'esercizio   delle   rammentate  funzioni  amministrative,
connesse  alle funzioni di legislazione generale regionale, e' dunque
essenziale  che  i  beni  (ad  oggi) costituenti il c.d. patrimonio o
demanio   idrico   statuale   conservino   la   originaria  natura  e
destinazione  immanente  per  la cura degli interessi pubblici che ne
penneano il particolare regime giuridico.
    A  ben  vedere,  dunque,  non  puo'  lo Stato, salvo incorrere in
illegittimita',  sottrarre  in via generale, senza valutazione alcuna
delle   singole  e  particolari  situazioni  fattuali  e  di  diritto
(valutazione  che  e'  e  deve essere affidata alla Regione), beni in
concreto destinati alla «gestione dei demanio idrico» le cui funzioni
legislative  ed  amministrative  non  sono  piu'  ad esso attualmente
imputate.
    La  disposizione  legislativa  impugnata  viola,  al  contempo ed
inoltre,   il   principio   di   leale  collaborazione  e  quello  di
sussidiarieta'  avendo  ritenuto  lo  Stato di poter incidere (anche)
nell'esercizio  concreto  di  funzioni  amministrative regionali alla
corretta  regolazione  ed  assetto  del  territorio,  rendendole piu'
onerose o, addirittura, compromettendole.
    2. - Violazione dell'articolo 119 Cost.
    Prevede    l'articolo    119   della   Costituzione   l'autonomia
patrimoniale e finanziaria delle regioni, in uno alla esistenza di un
proprio patrimonio, o meglio ancora demanio.
    E'   di   tutta  evidenza  che  seppur  non  ancora  in  concreto
identificato,  il  patrimonio  (o demanio) della Regione non puo' che
essere   strettamente   correlato   alle   funzioni,  legislative  ed
amministrative,  ad  essa  assegnate dalla Costituzione e dalle altre
norme  vigenti,  dal  quale  potra'  e  dovra'  ritrarre  le relative
entrate.
    Se  lo  Stato  ha,  nel passato, costituito in particolare regime
giuridico  i  beni connessi ed immanenti all'esercizio delle funzioni
di  gestione  del  demanio idrico e' di tutta evidenza che, oggi, gli
stessi  beni  non possono essere separati dallo scopo di destinazione
e,  dunque,  deve  ritenersi  che nelle more della determinazione, ai
sensi  del comma 6 del predetto articolo 119 Cost., con legge statale
del  complesso dei beni costituenti il patrimonio regionale non possa
essere  consentita  la  impugnata  generalizzata  dismissione di tali
beni,  al  contempo,  anche  sotto  questo profilo, in violazione del
principio costituzionalmente affermato di leale cooperazione.
    Il  carattere dettagliato della disposizione gravata, in uno alla
sua palese non conferenza ai principi costituzionali indicati siccome
violati,  sortisce  l'effetto  di  pregiudicare  qualsiasi intervento
legislativo  regionale  in tema di governo e gestione del territorio,
sia   in  fase  preventiva  che  di  emergenza  (protezione  civile),
pregiudicando  inoltre  la integrita' della massa di beni costituenti
il   realizzando   patrimonio   regionale  ed  interferendo  sinanche
sull'esercizio   materiale   delle   funzioni:  il  tutto  in  palese
violazione   della   ripartizione  di  competenze  costituzionalmente
enunciata e garantita.