IL TRIBUNALE

    Ha emesso la seguente ordinanza.
    Letti  gli  atti  del procedimento penale n. 796/2003 a carico di
Osun  Mary  Joy,  nata  in  Nigeria il 3 marzo 1982, sedicente, senza
fissa  dimora;  imputata  del reato p.e p. dall'art. 14, comma 5-ter,
d.lgs.  n. 286/1998  nel  testo  modificato dalla legge 189/2002, per
essersi  trattenuta  senza  giustificato  motivo nel territorio dello
Stato in violazione dell'ordine impartito dal Prefetto e dal Questore
ai  sensi  del  comma 5-bis, con decreti emessi da dette autorita' il
giorno  31 ottobre 2002 e notificati in pari data; reato per il quale
la  Osun  veniva  tratta  in arresto in Calenzano alle ore 2,30 del 5
marzo 2003;
    Fissata  l'udienza  per  la convalida dell'arresto sulla base del
decreto  di presentazione dell'arrestata dinanzi a questo giudice con
il quale il Procuratore della Repubblica ha sollevato la questione di
legittimita'  costituzionale  della  norma  di cui all'art. 14, comma
5-ter  e  5-quinquies  del citato d.lgs. ed ha formulato richiesta di
convalida  dell'arresto  subordinatamente  alla  risoluzione in senso
negativo della questione da parte del Giudice delle leggi;
    Sentita  la  relazione  del  personale  della  stazione  C.C.  di
Calenzano  e  sentita  l'imputata che si e' avvalsa della facolta' di
non rispondere;
    Udito il difensore che si e' associato alle conclusioni del p.m.;

                               Rileva

    In  ordine  alla  citata  normativa  l'esistenza  di  profili  di
incostituzionalita'  che  non appaiono manifestamente infondati e che
sembra  pertanto  indispensabile  sottoporre  al  vaglio  della Corte
costituzionale,  data  la  rilevanza  ai fini della decisione poiche'
dalla  loro risoluzione dipende la convalida o meno dell'arresto e la
conseguente  prosecuzione  del  giudizio  nelle  forme  del  giudizio
direttissimo      secondo      quanto      espressamente     previsto
dall'art. 5-quinquies dell'art. 13 del citato d.lgs.
    Dubbi di costituzionalita' appaiono profilarsi in relazione:
        all'art. 13  Cost. posto che la norma costituzionale consente
la  privazione,  con  carattere  di  provvisorieta',  della  liberta'
personale  di  cittadini  e  stranieri  ad  opera  dell'autorita'  di
pubblica  sicurezza  solo  «in  casi  eccezionali  di necessita' e di
urgenza»,  che  non appaiono ricorrere nella fattispecie. Da un lato,
infatti,  in  relazione  all'illecito in questione non si configurano
esigenze   di   acquisizione  e  di  conservazione  delle  prove  che
potrebbero  giustificare  l'immediato  intervento  dell'autorita'  di
polizia in temporanea vece dell'autorita' giudiziaria; dall'altro, se
la  finalita'  sottesa alla disciplina in esame e' da ritenere essere
quella  di  rendere  concretamente  operante  l'allontanamento  dello
straniero  illegittimamente  soggiornante nel territorio dello stato,
non  puo'  non  evidenziarsi  la ridondanza di un meccanismo (arresto
obbligatorio  e  conseguente  celebrazione  del rito direttissimo con
l'imputato  in  vinculis)  che  per  la  realizzazione  di tale scopo
appresti strumenti di privazione della liberta' personale;
        all'art. 3  Cost. per motivi diversi: a) perche' l'arresto si
manifesta del tutto inadeguato rispetto al raggiungimento dello scopo
anzidetto,  perseguibile  con  minore  dispendio di uomini e di mezzi
attraverso    il    gia'    apprestato    strumento    amministrativo
dell'accompagnamento alla frontiera; b) perche' la liberta' personale
dello  straniero  (e, si badi, non di tutti gli stranieri ma soltanto
dei cittadini extracomunitari e degli apolidi) risulta in questo caso
conculcabile   in  deroga  ai  principi  generali  riguardo  a  fatti
contravvenzionali.  La Corte costituzionale nella sentenza n. 39/1970
dichiaro'   l'illegittimita'  costituzionale  dell'art. 220  t.u.p.s.
nella  parte  relativa  all'arresto  obbligatorio  in  flagranza  del
contravventore  del  divieto  di  comparire  mascherato  in pubblico,
rilevando  come la privazione della liberta' personale ante iudicatum
fosse   consentita   solo   per  reali  ed  obiettive  situazioni  di
particolare  gravita'.  Ed e' indicativo ad esempio che l'arresto non
sia  previsto per la violazione delle prescrizioni della sorveglianza
speciale  di p.s. senza obbligo o divieto di soggiorno, per quanto si
tratti  di prescrizioni imposte dall'autorita' giudiziaria; mentre se
ricorrono   l'obbligo   o   il   divieto  di  soggiorno  la  relativa
inosservanza  costituisce  delitto  punito con la reclusione da uno a
cinque  anni, con facolta' di arresto anche fuori della flagranza; c)
infine   perche'   l'art. 13,   comma   13-ter   introduce  l'arresto
facoltativo  in relazione: 1) al reato previsto dal .precedente comma
13,  che,  in  quanto  sostanziantesi  nella condotta dello straniero
espulso  che  fa  rientro  nello  Stato  ed in quanto punito con pena
identica a quella comminata per il reato previsto dall'art. 14, comma
5-ter,   appare  valutato  dal  legislatore  di  pari  gravita',  per
sostanziale  omogeneita'  della condotta e per identita' di sanzione;
2)  in  relazione al reato previsto dal precedente comma 13-bis, che,
nella  stessa,  evidente  valutazione  del legislatore, e' assai piu'
grave,  trattandosi  di  trasgressione  ad  un  divieto  espresso dal
giudice,  configurato  come  delitto punito con pena della reclusione
fino  a quattro anni e dunque perfino suscettibile di applicazione di
misura  cautelare.  Sembra  dunque  corretto  ritenere che l'art. 14,
comma    5-quinquies,    prevedendo    l'arresto   obbligatorio   del
contravventore,  riservi  al medesimo un trattamento decisamente piu'
affittivo  di quello riservato, per fatti analoghi o addirittura piu'
gravi,  nel  medesimo  testo  normativa,  senza che, dalle norme, sia
desumibile la sussistenza di una indicazione di ragionevolezza di una
simile scelta.
    I  prospettati dubbi di legittimita' impongono la sospensione del
procedimento    e   dunque   l'immediata   rimessione   in   liberta'
dell'arrestato in mancanza di adeguato titolo detentivo;