IL TRIBUNALE Ha emesso la seguente ordinanza. In data 20 giugno 2003 James Helen nata il 25 ottobre 1978 in Nigeria e' stata arrestata in Prato perche' inottemperante al decreto di espulsione emesso, in data 16 novembre 2002 dal Prefetto di Prato nei confronti della predetta, sedicente, in Italia senza fissa dimora, priva di regolare permesso di soggiorno. Dagli atti risulta che in ottemperanza a tale decreto la nominata in oggetto era stata temporaneamente trattenuta presso il centro di permanenza di Ponte Galeria su ordine del questore di Roma, quindi alla scadenza dei termini massimi di permanenza, in data 14 gennaio 2003 il questore di Roma, richiamato il decreto prefettizio innanzi citato, ordinava alla predetta cittadina straniera di lasciare il territorio dello Stato entro il termini di 5 giorni dalla notifica del provvedimento stesso, notifica che veniva eseguita, in pari data a mani proprie dell'interessata. All'udienza di convalida, in seguito alla relazione orale dell'U.P.G. che aveva operato l'arresto e all'interrogatorio di garanzia dell'arrestata, che dichiarava di essere a perfetta conoscenza del decreto di spulsione e del conseguente provvedimento del Questore di Roma e che non ha ottemperato perche' non sapeva dove andare, il p.m. ha sollevato questione di legittimita' costituzionale della norma 14, comma 5-ter e 5-quinquies, del testo unico d.lgs. 286/1998 come novellato dall'art. 13 della legge n. 189/2002, per contrasto con gli articoli 3, 24, 27, 104, 111 Cost., assumendone la non manifesta infondatezza e la rilevanza nel procedimento in esame. La questione e', in primo luogo, rilevante, incidendo sulla stessa legittimita' e sulla conseguente esperibilita' della presente procedura di convalida, la quale ancora il proprio presupposto normativo su una misura precautelare (appunto l'arresto in flagranza di reato ad iniziativa della stessa polizia giudiziaria) la cui conformita' al dettato costituzionale si intende rimettere al vaglio dei giudici della Consulta. Va da se' che il vaglio del giudice costituzionale influisce anche sulla possibilita' di esperire correttamente la successiva fase del giudizio con rito direttissimo, posto che lo stesso, cosi' come disciplinato nella normativa oggetto di gravame, presuppone l'arresto dell'imputato e la sua successiva convalida. La questione non e' manifestamente infondata, quanto meno in relazione agli artt. 13 e 3 della Costituzione. Ed invero, sotto il primo profilo, la scrivente osserva come la privazione della liberta' personale dell'odierna imputata, ad opera di un organo di polizia giudiziaria, sebbene non sia destinata a protrarsi oltre le quarantotto ore, non appaia tuttavia determinata da esigenze e ragioni di eccezionalita' ed urgenza, dal momento che tali esigenze, nel caso di specie, non possono essere poste in correlazione ne' con la particolare gravita' del reato, ne' (e conseguentemente) con la successiva applicazione di una misura cautelare, assolutamente inapplicabile in ragione della minima entita' pena prevista. Non puo' neppure ritenersi che la misura precautelare sia resa assolutamente necessaria, nel caso di specie, dall'esigenza di instaurare il giudizio nelle forme del rito direttissimo (posto che il nostro ordinamento prevede gia' altri casi di rito direttissimo instaurato nei confronti di imputato a piede libero, ovvero nei confronti di imputato reo confesso, e nei procedimenti per reati in materia di armi) ed infine non puo' neppure ritenersi che il giudizio da celebrarsi nelle forme di cui agli art. 448 c.p.p. sia funzionale al conseguimento dello scopo amministrativo, cui in definitiva tutta la normativa tende, ovvero la rapida espulsione dello straniero clandestino dal territorio dello stato con accompagnamento immediato alla frontiera, giacche', considerato che la privazione della liberta' personale non potrebbe comunque essere protratta oltre la fase della convalida (posto che non sono applicabili misure cautelari), il giudizio dovrebbe necessariamente proseguire, sebbene nelle forme indicate dagli articoli citati, nei confronti dell'imputato a piede libero, il quale (indipendentemente dalla sua facolta' di chiedere un termine a difesa) potrebbe decidere di non piu' partecipare all'udienza nella fase successiva alla convalida, in tal modo sottraendosi, del tutto legittimamente, alla sfera di controllo sia degli organi giu-diziari, sia degli organi di polizia, conseguentemente vanificando sia i risultati dell'attivita' gia' svolta al fine di assicurare l'osservanza dei provvedimenti amministrativi di espulsione, sia la stessa possibilita' di dar corso all'accompagnamento coattivo alle frontiere al termine del processo penale instauratosi per effetto dell'arresto del clandestino. In ragione di cio', la privazione sebbene temporanea e molto limitata nel tempo della liberta' personale dello straniero che si venga a trovare nelle condizioni in cui versa l'odierno imputato, per un verso sembra rispondere a finalita' estranee alle esigenze e alle ragioni di necessita' e urgenza, individuate dal terzo comma dell'art 13 della Costituzione, per altro verso, in ragione della sua inadeguatezza, per i motivi gia' indicati, rispetto allo scopo che intenderebbe perseguire (ovvero il rapido ed effettivo allontanamento dello straniero clandestino dal territorio dello Stato) appare essere irragionevole e come tale lesiva anche dell'art. 3 della Costituzione.